Nei primi quattro anni del suo governo il settore ha conosciuto un boom senza precedenti. A fine 2012 il giro d'affari toccherà quota 11,7 miliardi di dollari. Dopo la strage di Tucson nel 2011 il Dipartimento di Giustizia mise a punto una lista di provvedimenti ma le elezioni erano troppo vicine e le proposte finiscono in archivio.
Mercoledì 19 dicembre nella briefing room della Casa Bianca l’aria era irrespirabile. Dopo l’eccidio dei 20 bambini di Newtown, Barack Obama sa che sul controllo delle armi non potrà limitarsi alle solite promesse. “Il vicepresidente Biden metterà a punto un piano da approvare entro gennaio per impedire che tragedie simili si ripetano”, ha scandito il presidente. Quando un giornalista gli ha fatto notare che finora non ha fatto nulla per evitare che pistole e fucili invadessero le case degli americani, Obama “è apparso irritato – scrive il New York Times - ha tirato in ballo la crisi, il collasso dell’auto e due guerre che hanno richiesto tutta la sua attenzione”. Un nervosismo dettato dalla consapevolezza: nei primi quattro anni del suo governo il settore ha conosciuto un boom senza precedenti. A fine 2012 il giro d’affari toccherà quota 11,7 miliardi di dollari. “Obama è la miglior cosa che sia mai accaduta all’industria delle armi”, ha spiegato a theblaze.com Jim Barrett, analista di C.L. King & Associates Inc., società di analisi di New York.
Nella prima campagna elettorale, Obama aveva seminato promesse a piene mani. “Aveva giurato che avrebbe lottato contro le lobby - ricorda il Brady Center To Prevent Gun Violence, la più attiva e potente tra le organizzazioni che si battono per il gun control - e che avrebbe fatto leggi in grado di frenare la diffusione delle armi“. Nella convention democratica dell’agosto 2008, il futuro presidente promette per la prima volta di reintrodurre il bando contro le armi automatiche in vigore tra il 1994 e il 2004: “Terremo gli AK-47 lontano dalle mani dei criminali”, annuncia nel discorso di investitura. Ma pochi giorni fa, dopo la strage di Newtown, è stato costretto a rinverdire l’impegno mai mantenuto.
Ogni mossa di Obama in materia è da sempre ponderata al millesimo. Il 26 giugno 2008 la Corte Suprema stabilisce il diritto degli americani ad essere armati, annullando una legge che da 32 anni a Washington proibiva di tenere in casa una pistola per difesa personale. La decisione è storica, l’argomento è delicato, le urne sono vicine: schierarsi contro il verdetto sarebbe un suicidio elettorale. Così Barack si limita ad un commento indolore: “Possiamo proteggere il diritto della gente a possedere una pistola e al contempo la sicurezza dei nostri bambini”. Undici mesi dopo, il 12 maggio 2009, il suo Senato dava l’ok a una legge voluta da George W. Bush per consentire di introdurre armi semi-automatiche nei parchi nazionali.
L’ultima promessa, prima di Newtown, risale ai fatti di Tucson, in Arizona: l’8 gennaio 2011 un 22enne apre il fuoco durante un comizio della deputata Gabrielle Gifford e uccide 6 persone. Il Dipartimento di Giustizia mette a punto una lista di provvedimenti per migliorare il sistema di controllo sul background degli acquirenti: l’idea – scrive il New York Times - è quella di incrociare i dati della Social Security Administration e dell’Fbi su chi ha fatto richiesta della licenza, per evitare che l’arma finisca nelle mani di criminali o psicopatici. Il presidente ne parla due mesi dopo in un editoriale scritto per l’Arizona Daily Star, ma tutto si ferma lì: le elezioni del 2012 sono troppo vicine e le proposte finiscono in archivio.
Ora che è stato rieletto e l’ondata emotiva per la strage di Newtown è fortissima, Obama ha un’occasione storica: infrangere il tabù del diritto garantito dal Secondo Emendamento di possedere armi. Al Congresso i democratici hanno il controllo del Senato, ma la Camera è rimasta in mano ai repubblicani e la partita si giocherà tutta lì. Il Grand Old Party promette battaglia: “I criminali troverebbero comunque il modo di entrare in possesso di armi – ha detto al New York Times Jim Jordan, deputato repubblicano dell’Ohio – quindi eventuali restrizioni sarebbero inutili”. Howard Coble, North Carolina, fa appello alle statistiche: “Tradizionalmente gli Stati che hanno regole più rigide non vedono diminuire il loro tasso di criminalità”.
Domenica 16 settembre la senatrice democratica Dianne Feinstein ha chiesto di riportare in vita il bando contro le armi d’assalto in vigore fino al 2004 e Obama si è detto d’accordo. Ma potrebbe non bastare. Quella legge, scrive il Washington Post, aveva una lunga serie di falle propiziate a suon di milioni dall’azione di lobbying della National Rifle Association e utilizzate dai costruttori per continuare a produrre indisturbati: fosse stata in vigore oggi, il fucile da guerra Colt AR-15 sarebbe stato fuorilegge e James Holmes non avrebbe potuto utilizzarlo il 20 luglio per fare strage nel cinema di Aurora, ma se l’assassino avesse deciso di usare il gemello Colt Match Target Rifle, differente dal primo solo per una manciata di particolari, avrebbe potuto comperarlo indisturbato. Magari anche sceglierlo su internet, sul catalogo dedicato ai fucili d’assalto dalla catena di supermercati Walmart.