giovedì 14 febbraio 2013

Clini, tutto famiglia e potere. - Emiliano Fittipaldi




Si vede poco, ma è uno degli uomini forti del governo. Perché per decenni ha intrecciato reti ad alto livello, in Italia e all'estero. Con qualche conflitto di interesse.

Corrado Clini è un vecchio socialista e sa, come gli ha insegnato il suo maestro Gianni De Michelis, che del politicamente corretto bisogna diffidare. Anzi: fregarsene. «La Tav si deve fare, il Ponte di Messina sarebbe un'opera bellissima, il nucleare a certe condizioni mi va bene, gli Ogm sarebbero utili», ha chiosato appena nominato ministro dell'Ambiente. Distillando nei mesi successivi altre pillole che hanno fatto rabbrividire i verdi duri e puri. «Le grandi navi? Continueranno a entrare nella Laguna di Venezia, non ci sono altre soluzioni praticabili. L'Ilva? I rischi da considerare sono quelli dei decenni passati. Il protocollo di Kyoto? Non è uno strumento adatto per combattere la CO2». Parole che in bocca ai suoi predecessori avrebbero scatenato un pandemonio, ma se enunciate da lui, il supertecnico voluto da Mario Monti, trovano adepti persino tra le associazioni green.

«Chi è Clini? Uno degli uomini più potenti del governo. E' stato direttore generale del ministero dal 1989 al 2011, la storia della sua carriera è parallela alle drammatiche vicende ambientali di questo Paese, ma difficilmente troverà qualcuno che ne parli male», racconta Fabrizio Fabbri, ex Greenpeace, che l'ha conosciuto quando era capo della segreteria dell'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio. «Nel 2008 tentammo di sostituirlo, dimostrò di avere robusti appoggi politici e perdemmo la partita. Col tempo scoprimmo che aveva costruito una rete di relazioni importanti non solo in Italia, ma in tutto il mondo. In Cina e nei Balcani è il regista di una diplomazia parallela a quella del ministero degli Esteri. E' capace, preparato, ambizioso. L'obiettivo principale di Clini? E' Clini».

TRA MARGHERA E DE MICHELIS. Ventitré anni consecutivi al potere, il ministro che adora Freddy Mercury è tra i pochi boiardi sopravvissuti alla fine della Prima Repubblica. Per raccontare la sua ascesa bisogna partire dall'inizio. Nato a Latina 65 anni fa, faccia da attore e una laurea in medicina a Parma, il giovane Corrado si trasferisce a Venezia all'inizio degli anni '70. Operaista cattolico, diventa direttore del servizio di igiene e medicina del lavoro della Usl e si batte per la salute degli operai di Marghera. Pietro Comba, epidemiologo di fama, lo ricorda così: «Abbiamo lavorato molto bene insieme al suo staff». «Era abile, intelligente e preparato, a Marghera ha fatto seriamente il suo lavoro», aggiunge Massimo Cacciari: «E' la sua carriera al ministero che critico e ho criticato, visto che si è sempre svolta in ossequio ai potenti di turno. Quando ero sindaco non mi ha mai dato una mano su nulla: nessuna polemica con l'Eni, nessun aiuto quando chiedevamo al governo due lire per le bonifiche. Il Mose? Non è un segreto che lui sia un entusiasta sostenitore del progetto.


Clini si sposa, diventa padre di quattro figli, compra casa a Merano, comincia a curare il vestiario e a frequentare il giro di De Michelis. Le serate in discoteca cementano l'amicizia e la militanza socialista: diventa inseparabile compagno di Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, conosce Franco Frattini e Letizia Moratti. Sono sponsor che pesano: nel 1984 viene eletto all'assemblea nazionale del Psi, nel 1987 il neo ministro dell'Ambiente, Giorgio Ruffolo, lo chiama a Roma come responsabile dell'ufficio studi. Nel 1989 deve gestire lo smaltimento dei rifiuti tossici della nave Jolly Rosso, inceneriti (nonostante le proteste di Legambiente che sospetta la presenza di uranio) nell'impianto della Monteco. Pochi mesi dopo è promosso direttore generale del dicastero.

AMBIENTE E AZIENDE. Clini sa come farsi voler bene da tutti. Il suo contratto è rinnovato sotto governi di ogni forma e colore. Con Ciampi, Amato, Berlusconi e Prodi tiene le deleghe su questioni cruciali come la qualità dell'aria, le emissioni degli impianti industriali, le industrie a rischio. La sua linea è chiara: le aziende non vanno combattute come fossero nemici, ma l'ambiente va protetto attraverso uno sviluppo che sia «sostenibile». Una posizione da "ambientalista liberista", dice qualche suo detrattore che lo avrebbe visto meglio al ministero dell'Industria. Nel 1995, mentre celebrava l'Enel capace «di investire 20 mila miliardi (di lire, ndr) per abbattere le emissioni e far crescere la qualità» entra in polemica con Greenpeace, che denunciava collegamenti tra la presenza di diossina nella Laguna e il petrolchimico di Marghera. «Non bisogna criminalizzare le aziende che abbiamo anche costretto a investire miliardi nel disinquinamento», spiegò. Pochi mesi dopo i magistrati sequestrarono gli impianti, proprio per la presenza dei veleni. Clini elabora per primo i piani di risanamento di Brindisi, Taranto, Priolo e Gela (nel 1994 annunciò finanziamenti per 650 miliardi di lire, di cui una grande percentuale pubblica) e Piombino, ma i lavori di bonifica - che, va detto, erano di stretta competenza della direzione comandata dall'altro dominus del ministero, il suo rivale Gianfranco Mascazzini - sono rimasti spesso solo sulla carta.


IL DOPO KYOTO. Ottimi rapporti con Confindustria, eccellenti con le associazioni ambientaliste (che ricevono finanziamementi anche dal ministero) e con i partiti di destra e sinistra, Clini spicca il volo nel 2001, quando Berlusconi rimette all'Ambiente Altero Matteoli. Tra loro c'è un asse di ferro e Corrado aggiunge alle deleghe della "protezione internazionale dell'ambiente" quelle per lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia. E' sulle prime che concentra maggiormente l'azione dei suoi uffici. Capisce che il protocollo di Kyoto (che lui avrebbe voluto più flessibile per accontentare gli Usa: per i maligni non è un caso che l'ambasciata americana lo consideri, come si legge in un file di WikiLeaks, «il nostro migliore amico al ministero») e il mercato internazionale delle quote di CO2 possono diventare un'opportunità. Per le aziende italiane, e per le sue ambizioni personali. Il protocollo permette infatti ai Paesi industrializzati che hanno vincoli di emissione di realizzare nei Paesi in via di sviluppo progetti per ridurre i gas serra: in questo modo le imprese italiane possono fare business e contemporaneamente guadagnare crediti nella borsa mondiale delle emissioni. Certificati che possono essere scontati sia per rispettare gli impegni di Kyoto sia venduti sul mercato. Un'operazione spesso conveniente: intervenire sugli impianti che inquinano in Italia è in media molto più costoso che aprire una discarica verde o piantare alberi nel Terzo mondo. «L'effetto serra ha un impatto globale, e abbattere i gas all'estero per il clima ha lo stesso identico risultato, se non meglio, che farlo dentro i confini nazionali», chiosa lui. «Inoltre la cooperazione internazionale rappresenta per l'Italia un obbligo, non una scelta».

TRA CINA E BALCANI. L'ex socialista, che guadagna circa 200 mila euro l'anno e dichiara di possedere solo una Fiat 500, punta sui paesi della ex Jugoslavia e sulla Cina, e crea due progetti di cui pochi, in patria, conoscono l'esistenza: il "Sino-italian Cooperation Program" e la "Task-Force Central and Eastern Europe"(i siti Internet, solo in inglese, non sono linkati su quello del ministero. «Strano, provvederò subito», commenta il ministro). Il primo gestisce dal 2000 due uffici a Pechino e Shanghai, pagati dal ministero dell'Ambiente e dall'Ice con personale italiano (quasi tutti esperti esterni al ministero) e un gran viavai di imprenditori e politici cinesi che pianificano iniziative di cooperazione e investimenti per milioni di euro. Nel 2004 Clini lancia poi la "Task Force" europea con sede a Belgrado e l'intento di offrire opportunità di investimento alle aziende in Serbia, Montenegro, Macedonia e Albania, ma progetti speciali vengono realizzati anche in Belize, Libia e Marocco. 


A capo della struttura (anche qui la gran parte dei dipendenti sono co.co.co.) il direttore generale sceglie di piazzare la sua nuova compagna Martina Hauser. Triestina doc, classe '68, oggi fa un doppio lavoro: prende lo stipendio come consulente del ministero («I ragazzi hanno bisogno ancora di lei, è una grande esperta in materia ambientale», spiega il ministro) sia come assessore allo Sviluppo sostenibile a Cosenza.
Se qualcuno sostiene che le attività coordinate da Clini non abbiano dato grandi risultati per la difesa dell'ambiente («Figuriamoci, ho realizzato 1.200 progetti avanzati per l'idrogeno, per il telecontrollo del traffico, per l'edilizia ecoefficiente», si difende), di sicuro l'attivismo fuori dai confini nazionali ha potenziato a dismisura la sua rete: è entrato nel board di influenti istituti cinesi, ha incontrato da semplice dirigente i ministri di mezzo mondo, ha stretto rapporti con aziende importanti come Eni ed Enel. Comincia così ad attirarsi qualche invidia. Romano Prodi e Pecoraro Scanio cercano di cacciarlo, ma a dargli qualche grattacapo saranno solo i comboniani di padre Alex Zanotelli, che criticarono pesantemente la sua decisione, nel 2007, di assegnare 721 mila euro a una società di Napoli (con poche credenziali e rapporti con mercanti di armi, disse il frate) per uno studio di fattibilità relativo alla bonifica di una discarica in Kenya. Indagato dai pm di Roma insieme ai soci della srl, la sua posizione venne poi archiviata.


CONFLITTI DI INTERESSE. Al ministero Clini può contare su una squadra compatta. Il braccio operativo Antonio Strambaci gestisce la cassaforte, la fedelissima Valeria Rizzo è la nuova negoziatrice sul clima, il sottosegretario Tullio Fanelli, laureato in ingegneria nucleare, conosce l'industria italiana come pochi altri. A dargli suggerimenti c'è anche lo spin doctor Paolo Messa, direttore di "Formiche", ma è la compagna Martina, un tempo moglie del ministro dell'Interno montenegrino Andrija Jovicevic, la sua prima consigliera.

Tanto che lo scorso Natale l'ha voluta vicino a sé al vertice di Durban in Sudafrica. I due si incontrano per lavoro anche all'università Ca' Foscari di Venezia, dove siedono in un comitato di gestione voluto dal rettore, e spesso in terra calabrese. La triestina nel 2011 si è trasferita nel profondo Sud chiamata dal neosindaco di Cosenza Mario Occhiuto, vecchio amico di Clini e architetto di grido che molto ha lavorato in Cina con il ministero. Il ministro, che a marzo è andato di persona all'inaugurazione del canile voluto dalla fidanzata, di recente ha firmato con il Comune un accordo da 450 mila euro per lo sviluppo sostenibile di Cosenza. «Identici accordi», spiega lui, «sono stati firmati anche con altri comuni». Tra i quali c'è di sicuro Duino, un paesino vicino Trieste dove la Hauser possiede un appartamento di otto stanze acquistato nel 2009 da una società americana, la Bluberry Llc, che ha trasformato un rudere di tre stanze in una bella villa vista mare. La casa è di fronte a un porticciolo (dove Clini quest'estate ha ormeggiato il suo motoscafo), che verrà presto riqualificato con i soldi del ministero dell'Ambiente. Già: lo scorso marzo il ministro è volato a Duino e ha promesso che i finanziamenti stanziati nel 2009 (1,6 milioni) arriveranno presto. Serviranno a ripristinare la Costa dei Barbari e il centro del paese. «Non si tratta solo del porticciolo, ma di una fascia costiera che arriva fino a Trieste. Il motoscafo? E' lungo poco più di cinque metri, non scherziamo. A Duino io amo andare soprattutto in canoa».


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/clini-tutto-famiglia-e-potere/2191117

Arrestato a Roma Angelo Rizzoli. La Procura gli contesta crac da 30 milioni.



Roma - (Adnkronos/Ign) - E' accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. I fondi delle società fallite usati per ristrutturare immobili. Sospeso il trasferimento in carcere per motivi di salute. Indagata la moglie, sequestrati beni per 7 milioni di euro.

Roma, 14 feb. (Adnkronos/Ign) - Il produttore televisivo e cinematografico, nonché ex editore, Angelo Rizzoli, è stato arrestato dai finanzieri del Comando provinciale di Roma, per un crac da oltre 30 milioni di euro, in qualità di amministratore unico della 'Rizzoli Audiovisivi Srl' (oggi Tevere Audiovisivi Srl) società holding in liquidazione, con l'accusa di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale per aver cagionato con dolo il fallimento di 4 delle società controllate: Produzioni internazionale Srl, Ottobre Film Srl, Delta Produzioni Srl e nuove produzioni Srl.
L'operazione rappresenta l'epilogo di complesse indagini del Nucleo Polizia Tributaria di Roma, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, avviate a seguito dell'istanza di concordato preventivo presentata il 30 aprile 2012 dalla Tevere Audiovisivi Srl, storica casa di produzione televisiva e cinematografica costituita e diretta da Rizzoli, capogruppo di una holding composta da altre società operanti nel medesimo settore, tutte fallite tra il gennaio 2011 e il marzo 2012.
Rizzoli per il momento è rimasto a casa a causa delle sue precarie condizioni di salute. A segnalare la situazione è stato il professor Franco Coppi suo difensore. A questo punto gli investigatori della Finanza hanno fatto la segnalazione alla Procura della Repubblica e l'ufficio del pubblico ministero dopo aver disposto accertamenti medico-legali ha chiesto al gip Aldo Morgigni che l'ordine di custodia cautelare in carcere non venga per il momento eseguito e che il produttore venga trasferito sempre provvisoriamente in una struttura ospedaliera idonea.Secondo una delle accuse mosse dagli inquirenti, Angelo Rizzoli avrebbe fatto fallire le società del suo gruppo "distraendo" e "dissipando" le risorse economiche della Rizzoli Audiovisivi per la costituzione di "un notevole patrimonio immobiliare" e non per salvaguardare l'equilibrio patrimoniale della holding, peraltro anch'essa in stato di insolvenza.Le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma hanno evidenziato come Rizzoli "abbia fatto fallire le società del suo gruppo non per salvaguardare l'equilibrio patrimoniale della holding (peraltro anch'essa in stato di insolvenza) - sottolineano i finanzieri in una nota - ma per il profitto personale proprio e della sua famiglia".''A prescindere dei risultati economici dell'attività produttiva infatti - si sottolinea - le risorse economiche della Rizzoli Audiovisivi sono state sistematicamente distratte e dissipate nel corso degli anni a favore della costituzione di un notevole patrimonio immobiliare (oggi sottoposto a sequestro), concentrato in un'altra società partecipata, la Gedia srl, quest'ultima amministrata dalla moglie del Rizzoli Angelo", la parlamentare del Pdl Melania De Nichilo, indagata per bancarotta fraudolenta.Tale ultima società, secondo gli investigatori, avrebbe beneficato di continui finanziamenti, per oltre 6,7 milioni di euro, provenienti dalla Rizzoli Audiovisivi, per sostenere le spese per l'acquisizione, la ristrutturazione, la gestione ed il mantenimento delle possidenze immobiliari in uso ai coniugi Rizzoli, tra cui la residenza ai Parioli e la tenuta di Capalbio."Successivamente, con atto di scissione, la società Gedia srl, una vera e propria cassaforte di famiglia - scrivono i finanzieri in una nota - usciva dal gruppo Rizzoli, in modo da sottrarre ai creditori in sede di concordato il patrimonio immobiliare che avrebbe ben potuto garantire l'ingente buco del gruppo, pari ad oltre 30 milioni di euro".Contestualmente all'esecuzione del provvedimento restrittivo nei confronti di Angelo Rizzoli, le Fiamme Gialle hanno eseguito, nei confronti dello stesso Rizzoli e della moglie, un decreto di sequestro preventivo di tutti i beni della famiglia, consistenti nelle quote del capitale sociale della Gedia Srl, in 7 immobili, tra cui la residenza ai Parioli e la tenuta 'ca' de dogi' e diversi terreni nell'Argentario, per un valore stimato di circa 7 milioni di euro. Per quanto riguarda il sequestro dell'immobile di via Pietro Paolo Rubens, di 21 vani, in Procura si sottolinea che resta a disposizione della moglie De Nichilo, in quanto il sequestro preventivo dei beni non deve limitare la sua libertà di movimento.

Tra le produzioni televisive realizzate dalle società poi fallite riconducibili ad Angelo Rizzoli ci sono anche le fiction tv 'Capri', 'Il generale Della Rovere', 'Ferrari', 'Cuore', 'Marcinelle' e l'opera cinematografica 'Si può fare'. Gli accertamenti compiuti e la ricostruzione dei fatti gestionali che hanno riguardato prima le società fallite in serie e poi la Rizzoli Audiovisivi in liquidazione, hanno consentito agli investigatori delle Fiamme Gialle di Roma di accertare come Rizzoli fosse "il dominus assoluto" di queste imprese, mentre gli amministratori di diritto delle stesse si limitavano unicamente a svolgere una funzione di 'prestanome'.Questi ultimi infatti, secondo quanto accertato dai finanzieri, "erano privi di qualsiasi potere decisionale e percepivano per il loro ruolo solo saltuarie remunerazioni da Rizzoli stesso, che invece incamerava tutti gli utili". Dal 2004 al 2011 Rizzoli avrebbe "prelevato dalle casse della Rizzoli Audiovisivi, soltanto a titolo di compenso di amministratore, oltre 6 milioni di euro, in controtendenza rispetto all'andamento economico della società ed al progressivo aumento della sua esposizione debitoria"."In pratica Rizzoli - spiegano i finanzieri - utilizzava le società controllate, poi dichiarate fallite, per la produzione in subappalto dalla controllante Rizzoli Audiovisivi di prodotti cinematografici e televisivi, i cui proventi venivano poi incamerati interamente dalla controllante stessa. Quest'ultima ometteva di pagare le fatture delle controllate operative, rendendo le stesse non in grado di far fronte ai debiti assunti nei confronti dei propri fornitori e soprattutto dell'Erario (per oltre 14,5 milioni di euro) e degli Istituti Previdenziali (Inps e Enpals), per oltre 6 milioni di euro. Da qui l'istanza di fallimento presentata dall'Agente della riscossione Equitalia".


http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Arrestato-a-Roma-Angelo-Rizzoli-La-Procura-gli-contesta-crac-da-30-milioni_314181633886.html

Pistorius spara alla fidanzata: la polizia esclude un errore.



Atleta è accusato di omicidio: non regge ipotesi che abbia scambiato la fidanzata per un ladro.

JOHANNESBURG - Tragedia questa mattina all'alba in Sud Africa nell'abitazione di Oscar Pistorius, nell'elegante quartiere Silverlakes di Pretoria, una sessantina di chilometri a nord di Johannesburg: l'atleta olimpico e paralimpico ha ucciso la sua fidanzata.
La polizia accusa l'atleta di omicidio per la morte della modella Reeva Steenkamp escludendo l'ipotesi che il campione l'abbia scambiata per un ladro. Lo sostiene la polizia sudafricana citata dai media. Pistorius alle 14 locali (le 13 in Italia), potrebbe comparire davanti al tribunale di Pretoria.
In un primo momento i media locali avevano sostenuto la tesi che lei, una modella 30enne, volesse fargli una sorpresa nel giorno di San Valentino e lui l'avesse scambiata per un ladro.
La polizia non ha voluto rivelare ufficialmente l'identità della vittima, né quella del presunto assassino, limitandosi a dire che una donna morta è stata trovata nell'abitazione del 26/enne Pistorius e che un uomo di 26 anni è stato arrestato. Ma la conferma è arrivata in mattinata dal padre di Pistorius - Henke - il quale ha detto che il figlio è stato arrestato per la morte della sua fidanzata e si è detto "sotto shock".
Reeva Steenkamp è morta sul colpo, raggiunta da diversi colpi di pistola (due o quattro a seconda delle versioni) alla testa e ad un braccio. I paramedici hanno cercato di salvarla, ma per lei non c'era più niente da fare.
La polizia sudafricana era a conoscenza di "precedenti casi" di "accuse di natura domestica" a casa di Oscar Pistorius. Lo riferisce il Telegraph citando un funzionario della polizia che non entra nel dettaglio delle denunce.
Nell'abitazione di Pistorius è stata trovata una pistola calibro nove. "Abbiamo trovato sul posto una pistola da nove millimetri - ha detto una portavoce della polizia, Katlego Mogale - Un uomo di 26 anni è stato arrestato". L'atleta, scrive la stampa locale, dovrà comparire oggi davanti ai giudici , mentre la polizia conferma solo che un uomo di 26 anni sarà sentito questo pomeriggio dal "tribunale di Pretoria".
Steenkamp era considerata tra le cento donne più sexy del mondo, secondo le classifiche stilate da diversi magazine. Bionda, di una bellezza raffinata, la donna è stata protagonista di tante copertine e campagne pubblicitarie, era suo il primo volto di Avon Sud Africa ed è stata presentatrice per Fashion Tv sudafrica.

E oggi l'universo di Twitter è stato invaso da una valanga di messaggi di condoglianze sulla sua morte. 'Nessun genitore dovrebbe seppellire il proprio figlio', recita un messaggio. 'Le mie piu' profonde condoglianze', aggiunge un altro tweet. E poi: 'Condoglianze, mi unisco alle preghiere. E' sempre tragicò. Sul suo account Twitter, Steenkamp si definisce una 'modella, cover girl, concorrente del Tropika Island of Treasure, laureata in legge, figlia di Dio'. Il suo ultimo tweet ieri: 'Cosa tirerete fuori dalla manica per il vostro amore domani?', accompagnandolo con gli 'hashtag' #getexcited ('entusiastì), e #ValentinesDay. Un San Valentino finito nel sangue.

Finmeccanica, Berlusconi: “Tangenti sono una necessità che non si può evitare”.


Finmeccanica, Berlusconi: “Tangenti sono una necessità che non si può evitare”


L'ex premier sostiene che quando le aziende italiane trattano con altri Paesi devono adeguarsi per vendere i prodotti e negarlo è moralismo da "sepolcri imbiancati". E torna sul tema del condono, sostenendo che "fa emergere chi non paga le tasse".

Silvio Berlusconi tesse l’elogio della mazzetta in televisione. “La tangente è un fenomeno che esiste ed è inutile negare questa condizione di necessità se si ha da trattare con qualche regime o Paese del terzo mondo”, ha detto l’ex premier ospite di Agorà su Raitre, a proposito dell’inchiesta che coinvolge Finmeccanica. E ha aggiunto: “Negarlo è moralismo da sepolcri imbiancati”. 
“Ho fotografato la realtà globale esistente nel mondo”, ha detto, “quando EniEnel e Finmeccanica trattano con altri Paesi per vendere i loro prodotti devono adeguarsi alle condizioni di quel Paese”, perché “in Paesi che non sono complete democrazie ci sono altre condizioni che bisogna accettare se si vuole vendere quel prodotto”. “Con questa magistratura che ha dimostrato un autolesionismo nei confronti dell’Italia assoluto”, ha aggiunto, “noi ci stiamo facendo fuori dalla possibilità di competere nel mondo con altri importanti gruppi, perché nessuno tratterà più con Eni, Enel o Finmeccanica”. Secondo Berlusconi, le recenti indagini su Eni e FInmeccanica, ma anche la condanna all’ex governatore Fitto, sono “cose per sviare l’attenzione dal macroscopico scandalo di Monte Paschi, in cui il Pd è assolutamente coinvolto”.
L’ex presidente del consiglio è poi tornato sul tema del condono, sostenendo che “fa emergere chi non paga le tasse” ed è una possibilità che ha lo Stato per “perseguire chi non le paga e metterli nel mirino”. Per quanto riguarda l’immunità parlamentare, invece, Berlusconi dichiara che dovrà essere reintrodotta, perché “c’è una magistratura rossa che è il cancro della nostra democrazia”. L’ex premier ha infine lasciato uno spiraglio aperto per una prossima candidatura. Alla domanda se questa sarà l’ultima campagna elettorale per il Cavaliere, l’ex premier ha risposto: “spero assolutamente di sì. Ma se l’Italia chiamasse, io amo l’Italia”, ricordando di essere “tornato indietro per amore del mio Paese, perché c’è ancora il rischio che la sinistra, che ha invidia per il ceto medio e vuole mettere piu’ tasse, vada al governo”.
Contemporaneamente, Pier Luigi Bersani, a Omnibus, ha commentato la situazione europea, annunciando che “a un certo punto bisogna capire se sull’Europa vogliamo andare avanti o indietro, se vogliamo andare verso gli Stati Uniti di Europa”. “Bisognerebbe fare una convenzione per discutere i trattati e poi chiamare gli europei a un referendum“, ha aggiunto, chiedendo un rilancio dell’Unione Europea. Il leader del Pd ha poi assicurato che non intende chiedere all’Ue un rinvio dell’impegno per il pareggio di bilancio, fissato al 2013. “In questo momento dilazioni non ne chiedo. Chiedo che ci sia un’iniziativa europea sul tema degli investimenti”, ha detto. “Intendo che tendiamo a bada al meglio la spesa pubblica. L’italia mantiene i suoi impegni, ma chiede una diversa politica europea”.

martedì 12 febbraio 2013

Chiusa l’inchiesta Maugeri: Formigoni accusato di associazione a delinquere.


Roberto Formigoni


Oltre al governatore uscente della Lombardia, coinvolte complessivamente 17 persone. Per tutti le accuse sono, a vario titolo, associazione finalizzata alla corruzione, frode, riciclaggio e interposizione fittizia. Secondo il pm, il Celeste "è il promotore dell'associazione a delinquere".

Associazione a delinquere per l’affaire Maugeri. E’ il reato di cui è accusato il governatore uscente della Lombardia Roberto Formigoni. E’ quanto emerge dalla chiusura delle indagini della Procura di Milano, che contesta al numero uno del Pirellone l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Secondo gli inquirenti, il Celeste è il “promotore e organizzatore” dell’associazione a delinquere e avrebbe garantito stabilmente tra il 1997 e il 2011 favori alla Fondazione Maugeri e tra il 2002 e il 2011 al San Raffaele. Stando alla ricostruzione della procura, avrebbe favorito, grazie a delibere di giunta, i due poli sanitari e in cambio avrebbe ricevuto favori (tra cui viaggi e l’uso della yacht) e 8 milioni di euro. In tutti questi anni dai conti correnti di Formigoni non sarebbe uscito nemmeno un euro.
Complessivamente sono 17 le persone per le quali la procura milanese ha chiuso l’inchiesta con accuse che a vario titolo comprendono l’associazione finalizzata alla corruzione, frode, riciclaggio e interposizione fittizia. Dall’avviso di chiusura delle indagini, inoltre, emergono nuove accuse – rispetto a quelle già note – a carico del Celeste, già indagato per corruzione sempre nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Maugerie, più recentemente, anche nel fascicolo riguardante il caso San Raffaele. Oltre che a Formigoni l’atto che sigla la fine delle indagini e precede, di solito, la richiesta del processo, è stato notificato, tra gli altri, al faccendiere Pierangelo Daccò, all’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone, agli ex vertici della fondazione Maugeri, a Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, al direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e Alberto Perego, memores domini e amico di lunga data del presidente Formigoni. La vicenda riguarda una distrazione milionaria dalle sue casse avvenuta tra il 1997 e il 2011. Per la vicenda Daccò, Simone e altre cinque persone furono destinatarie di una ordinanza di custodia cautelare.

Lega: “Mai preso tangenti da Finmeccanica”. Maroni: “Ipotesi fuori dal mondo”.



Per l'ex ministro dell'Interno il partito "non si fa intimidire da queste stronzate fangose". Via Bellerio prende le distanze dalle dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, l’ex direttore centrale del gruppo pubblico, che ai pm ha parlato di una mazzetta di circa dieci milioni di euro destinata al Carroccio.

“Mai preso tangenti nè da Finmeccanica nè da nessun altro”. La Lega Nord rispedisce al mittente l’accusa di avere intascato mazzette milionarie dopo le perquisizioni di ieri in Svizzera nell’ambito dell’inchiesta degli appalti condotta dalla Procura di NapoliRoberto Maroni, che già ieri aveva preso le distanze dalla vicenda, scrive su Facebook che si tratta di ipotesi “fuori dal mondo” e mentre rilancia il Lega Unita Day del primo maggio, aggiunge che “la Lega non si fa intimidire di certo da queste stronzate fangose”.
Gli sviluppi investigativi sarebbero legati alle dichiarazioni fatte ai pm da Lorenzo Borgogni, l’ex direttore centrale del gruppo pubblico, che ai pm aveva parlato di dieci milioni di euro destinati al Carroccio nella vendita di 12 elicotteri Agusta Westland all’India. Un’operazione che sarebbe stata orchestrata dall’amministratore delegato della storica azienda varesina, Giuseppe Orsi, vicinissimo a Roberto Maroni e oggi numero uno del gruppo pubblico.
Ma via Bellerio si dice “totalmente estranea a questa vicenda” e prosegue: “In merito alle insinuazioni riportate oggi da alcuni quotidiani riguardo a presunte tangenti alla Lega Nord da parte di Finmeccanica” precisa che “chi associa la Lega Nord a questa vicenda sarà perseguito in sede civile e penale”.
Già in alcuni precedenti interrogatori, Borgogni aveva toccato questo tema e i magistrati hanno tentato di approfondirlo alla luce delle loro recenti acquisizioni investigative. In particolare, secondo quanto ha detto ai pm, i costi di mediazione della vendita all’India degli elicotteri militari sarebbero stati gonfiati per pagare mazzette milionarie alla Lega Nord con il consenso dell’allora amministratore delegato di Agusta Westland Giuseppe Orsi, promosso prima ad amministratore delegato di Finmeccanica nel maggio 2011 e poi alla guida dell’intero gruppo nel dicembre scorso. Orsi rappresenta da decenni l’anima lombarda del gruppo pubblico romano e non fa mistero di essere un buon amico di Roberto Maroni ed è l’unico manager vicino alla Lega nord a ricoprire un ruolo manageriale di primo piano in una grande società pubblica.
Orsi ha guidato nella sua fase di espansione Agusta, l’azienda più forte del gruppo dal punto di vista industriale e Maroni lo ha sponsorizzato nelle ore decisive della promozione. I due si conoscono da almeno 15 anni. Agusta Westland ha il suo cuore nella provincia di Varese e Maroni ha cominciato a frequentare l’amministratore di questo colosso industriale per ragioni istituzionali. L’importanza del gruppo Finmeccanica è nota a tutti in queste zone e soprattutto a casa Maroni: la moglie dell’ex ministro dell’interno, Emilia Macchi, da 25 anni lavora alla Aermacchi, una società controllata da Finmeccanica che recentemente si è fusa, ma forse sarebbe meglio dire ha inglobato, la Alenia dando vita alla Alenia Aermacchi. Emilia Macchi, molto stimata in azienda, è diventata dirigente qualche anno fa grazie a una delibera del Consiglio di amministrazione che ha riconosciuto la sua professionalità. Ovviamente Orsi conosce benissimo la signora Maroni e le due famiglie si frequentano.
Lorenzo Borgogni ha riferito di avere saputo in ambito aziendale (anche se non ha rivelato la fonte delle sue informazioni che a maggior ragione sono tutte da riscontrare) che nella vendita di 12 elicotteri da parte di Agusta Westland al governo indiano sarebbe stato riconosciuto un compenso di 41 milioni di euro a un consulente del gruppo che ha rapporti storici con la Agusta, un imprenditore che opera in India ma è residente a Lugano e si chiama Guido Ralph Haschke. Questa somma, dovuta per le sue prestazioni, stando al racconto di Borgogni, però sarebbe stata poi elevata a 51 milioni per far fronte alle “esigenze” dei politici della Lega Nord.
Proprio Giuseppe Orsi avrebbe chiesto inizialmente ad Haschke di sottrarre al suo compenso la somma di 9 milioni di euro da far tornare attraverso un intermediario nella disponibilità del manager. Di fronte al rifiuto del consulente di rinunciare a una parte della sua fetta di commissione, si sarebbe trovata una via diversa a carico della società: in un incontro apposito – sempre stando al racconto di Borgogni tutto da verificare – si sarebbe raggiunto l’accordo di aumentare il costo della consulenza di dieci milioni “per soddisfare le esigenze dei partiti e in particolare della Lega Nord”, partito che avrebbe appoggiato la nomina ad amministratore delegato di Giuseppe Orsi. Un racconto tutto da verificare. I magistrati hanno convocato Guido Haschke ma il consulente si è avvalso della possibilità di non presentarsi essendo un cittadino straniero.

Finmeccanica, arrestato il presidente Orsi per corruzione internazionale. - Massimo Martinelli


Giuseppe Orsi (foto Daniel Dal Zennaro - Ansa)


Ai domiciliari l'ad di Augusta Westland, Spagnolini, e i due presunti mediatori della maxitangente per la vendita in India di 12 elicotteri. Orsi: ho fatto il bene dell'azienda. Scoppia la polemica, Maroni: la Lega non c'entro nulla.

ROMA - Giuseppe Orsi, l’uomo che aveva promesso di dare nuovo lustro all’immagine di Finmeccanica dopo le inchieste che avevano coinvolto l’ex consulente Lorenzo Cola, è stato arrestato nelle scorse ore per corruzione internazionale. Era stato eletto amministratore delegato a maggio del 2011 e aveva successivamente assunto anche la carica di presidente nel dicembre successivo. Ma già a quell’epoca i magistrati napoletani avevano nei loro fascicoli i primi indizi per sviluppare l’indagine che lo ha portato in carcere stanotte.

L’INCHIESTA
Il provvedimento è stato firmato di magistrati della procura di Busto Arsizio, che avevano ricevuto nei mesi scorsi il fascicolo d’inchiesta dai colleghi napoletani. Il reato contestato è la corruzione internazionale, peculato e concussione, per presunte tangenti che sarebbero state pagate per la vendita di 12 elicotteri in India dalla Agusta Westland, la consociata di Finmeccanica della quale Orsi era l’ad prima di approdare al vertice del colosso di piazza Montegrappa. Insieme a lui, sono stati raggiunti da provvedimenti restrittivi anche all’amministratore delegato di Agusta Westland, Bruno Spagnolini, che andrà ai domiciliari, e i due presunti mediatori della maxitangente, Guido Haschke e Carlo Gerosa, che sono stati fermati dalle autorità elvetiche in quanto residenti in Svizzera. Dopo l’esecuzione dei provvedimenti cautelari, gli investigatori del Noe dei Carabinieri hanno perquisito le abitazioni di numerosi manager del gruppo, anche a Roma e Milano. Nel capoluogo lombardo, i carabinieri hanno visitato gli uffici di Finmeccanica in piazza S.Babila e presso uno studio legale a Cornaredo. E ancora, sono state perquisite la sede di Agusta Westland, a Cascina Costa Samarate (Varese) e altre filiali dell’azienda.

LE RIVELAZIONI 
Le indagini della procura partenopea, poi condotte da quella di Busto Arsizio che è competente per territorio perché la sede centrale di Agusta è in quel distretto giudiziario, erano partite dalle dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, ex direttore delle relazioni esterne di Finmeccanica. Era stato lui a raccontare una serie di episodi di corruttela che si era verificata negli ultimi anni; tra questi il presunto pagamento di una maxi tangente da dieci milioni per aggiudicarsi una commessa milionaria per la fornitura di dodici elicotteri militari al governo indiano. Gli inquirenti napoletani arrivarono ad ipotizzare che dal prezzo finale di quei velivoli, che era di 560 milioni, fosse stata distratta una fetta di circa dieci per cento (51 milioni), che sarebbe stata ripartita tra i funzionari del governo indiano che avevano pilotato l’appalto, la politica italiana (Borgogni ipotizzò che dieci milioni fossero finiti alla Lega e a Comunione e Liberazione) e infine agli stessi della holding pubblica e ai due mediatori, Guido Ralph Haschke e Carlo Gerosa.

INCHIESTA INDIANA
Sulla vicenda era stata avviata anche un’inchiesta del ministro della Difesa indiano, Antony Ak, che nella scorsa primavera aveva chiesto al segretario generale della Difesa Shashi Kant Sharmit di accertare che non fossero stati episodi di corruzione per la stipula del contratto che Agusta Westland firmò nel 2010 con la Indian Air Force, sbaragliando la concorrenza della statunitense Sikorsky Aircraft Corporation che voleva piazzare i suoi elicotteri S-92. Nell’ambito di quelle indagini furono richieste in via informale alle autorità indiane alcune conferme circa le trattative che portarono alla stipula della commessa. E subito dopo, la segreteria del ministro della Difesa Antony Ak avrebbe cominciato a monitorare anche i mezzi di informazione italiani per capire l’origine dell’interessamento della magistratura italiana per l’appalto con Agusta Westland.