sabato 13 settembre 2014

Ucraina: Slitta l'accordo con l'Ue. Putin, "le sanzioni minano la pace".

Vladimir Putin (foto: EPA)

'Non portano mai risultati e danneggiano chi ne fa ricorso'.

La scure delle sanzioni Ue si abbatte su Mosca colpendo i giganti del petrolio Rosneft, Gazprom Neft, e Transneft, dell'aerospazio come Opk Oboronprom e della produzione di armi, come la Khalashnikov, ma anche personalità vicine al presidente Vladimir Putin, come il top manager pubblico Serghiei Chemezov, alla guida di RosTekhnologi, principale società manifatturiera nel settore della difesa. Un'azione che in tutto colpisce 15 società e 24 personalità (anche se 'risparmia' nomi di primissimo piano, lasciando fuori il ministro della Difesa Serghiei Shoigu, indicato nei giorni scorsi come possibile bersaglio), e imprime un nuovo giro di vite alle misure di luglio contro i principali istituti di credito a controllo pubblico: Sberbank; Vnesheconombank; Rosselkhozbank; Vtb bank; e Gazprombank.
Una ghigliottina che si incrocia con quella del nuovo pacchetto di misure varato dagli Usa, dopo giorni di indecisione e attente valutazioni, nelle capitali, sulla tenuta della tregua e sull'evoluzione della situazione sul terreno. Nuove sanzioni, che fanno colare a picco il rublo, al suo nuovo record negativo (a quota 37,72 per un dollaro), e suscitano la dura reazione del capo del Cremlino: "passi che minano il processo di pace", li definisce. Perchè "le sanzioni", sostiene, "non sono mai state efficaci come strumento di politica estera e non portano mai i risultati attesi". Anche se di fronte alla possibilità di ulteriori contromisure Putin si mostra cauto: si faranno solo se queste non danneggeranno l'economia russa. Mosca, del resto, non si mostra intimidita: e in serata fa sapere che una nuova colonna di aiuti destinati alle zone controllate dagli insorti ha attraversato il confine russo con l'Ucraina orientale per un totale di almeno 35 camion. Dal canto suo il presidente ucraino Petro Poroshenko ribadisce la promessa che la Crimea tornerà sotto Kiev, ma ammette che questo avverrà "non necessariamente" con l'uso delle armi.
Mentre il presidente della commissione Josè Manuel Barroso, da Kiev dove è in vista a Poroshenko spiega: "non abbiamo voluto aggravare la situazione". Con queste misure l'Ue ha "dimostra alla Russia e al mondo che ci sono comportamenti che non possono essere accettati". Anche se "le porte del dialogo", e del "compromesso" restano aperte. Esempio della disponibilità europea a mediare è la decisione di rinviare al 31 dicembre 2015 l'applicazione dell'accordo di libero scambio Ue-Ucraina (il pezzo economico dell'Accordo di associazione all'origine di tutto il conflitto) al termine di una trilaterale (Ue-Ucraina-Russia) a Bruxelles. Aprendo così "uno spazio politico di dialogo tra Mosca e Kiev", come spiega il commissario europeo al Commercio Karel De Gucht.
Intanto il colosso dell'energia statunitense Exxon perde lo 0,94% in borsa. Pesa il rischio di uno stop all'accordo da 3,2 miliardi di dollari con Rosneft nel mar Artico, dopo che il Tesoro americano ha "imposto sanzioni che vietano l'esportazione di beni, servizi (non inclusi quelli finanziari) o tecnologia" che possa aiutare la produzione di petrolio nel mar Artico a Gazprom, Gazprom Neft, Lukoil, Surgutneftegas e Rosneft.
Minano la pace, mettendo a rischio l'erogazione di gas; la scusa buona per farne aumentare il prezzo anche se non dovesse verificarsi nulla di quanto detto.....

Province, l’ultimo trucco della casta: via il nome, restano tutte le funzioni.

Province, l’ultimo trucco della casta: via il nome, restano tutte le funzioni

Tra le competenze fondamentali che rimarranno agli enti intermedi anche l'ambiente, le scuole, il trasporto pubblico, la pianificazione del territorio. Infatti dai territori si chiedono risorse altrimenti, come dice il presidente della Conferenza delle Regioni Chiamparino, non potranno essere garantite funzioni fondamentali come il riscaldamento delle scuole o la pulizia delle strade dalla neve.

Tutela dell’ambiente, gestione delle strade provinciali, pianificazione del territorio e del trasporto pubblico, controllo di quello privato, gestione dell’edilizia scolastica. Sono le competenze fondamentali delle nuove Province. Le vecchie Province, invece, prima della riforma Delrio, si occupavano anche di tutela dell’ambiente, gestione delle strade provinciali, pianificazione del territorio e del trasporto pubblico, controllo di quello privato, gestione dell’edilizia scolastica. Cioè le stesse materie. Per capirci qualcosa servirebbe uno bravo nel gioco della Settimana Enigmistica: trova le differenze. Il cerchietto finirebbe forse sul taglio delle poltrone (tra assessori e consiglieri saranno poco meno di mille anziché 2500) e magari sulle modalità di elezione: non più i cittadini che votano i politici, ma i politici che votano i politiciCioè i consiglieri comunali che votano i consiglieri provinciali, presidenti compresi. L’elezione di secondo livello, come quella per il Senato disegnato dai consiglieri regionali. In queste ore, anche se nessuno se ne accorge, ci sono tavoli diplomatici per cercare alleanze, sostegni, appoggi esterni tra i partiti. Una vera e propria campagna elettorale sottotraccia: arrivare al vertice ha soprattutto un significato politico (per dire: con un po’ di alleanze il M5s potrebbe prendersi Livorno).
Ma non solo. Regioni e Stato si sono incontrati, l’11 settembre, per definire se le Province dovranno prendere altre materie da gestire e su cui intervenire. Ma quelle 5-6 ci saranno di sicuro e il paradosso è che sono state proprio quelle il cuore della ragione d’essere delle Province conosciute fino a ora. Sembra un gioco di prestidigitazione: Matteo Renzi non avrà la bacchetta magica, ma forse un cilindro e un mazzo di carte se li è procurati. Come spiega il presidente dell’Upi Alessandro Pastacci, d’altronde, le Province continuano “a erogare funzioni fondamentali, in particolare, sulla costruzione e gestione dell’80% delle strade, pari a circa 130mila chilometri e sulla gestione della edilizia scolastica delle superiori secondarie, che sono circa 5mila edifici. Per questo è necessario che vengano erogate le risorse adeguate”. E d’altra parte la conferma è arrivata dalle dichiarazioni anche di chi rappresenta le Regioni: se non ci saranno trasferimenti sufficienti, dice il presidente Sergio Chiamparino, non saranno garantite funzioni fondamentali “come il riscaldamento nelle scuole o la pulizia delle strade dalla neve“. “Proceduralmente – aggiunge chiedendo che le risorse siano già nella legge di stabilità – ci sono delle garanzie che verranno attribuite le risorse per far si che le nuove province possano ottemperare almeno alle funzioni fondamentali , alla parte fondamentale dei loro compiti, però i soldi non ci sono ancora quindi questo è un altro tema. Rischiamo di non riuscire a mantenere le scuole aperte o la minima funzionalità delle viabilità in particolare in zone impervie e montagna”. Mentre tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre verranno eletti sindaci e consigli metropolitani di 8 città e presidenti e consigli di 64 Province, 33 di queste presentano una situazione di “pre-dissesto”, come è emerso dalla due diligence realizzata da Upi, ministero dell’Economia e Viminale.
Ogni Regione deciderà sulle competenze da delegare alle Province
In questo scenario c’è che la riunione dell’11 settembre non ha sciolto il nodo sulle (ulteriori) competenze che le Regioni dovrebbero distribuire alle Province. Anzi l’incontro è terminato con la decisione che ogni Regione deciderà per sé. L’unica decisione già definitiva riguarda la tutela delle minoranze linguistiche. Per il resto bisogna aspettare ancora – come scrive il Corriere della Sera – lasciando scoperte competenze importanti come culturaturismo e sport sulle quali è necessario un coordinamento di “area vasta” che non sia il piccolo territorio di un comune, ma neanche l’estensione di una regione nella quale ogni area ha esigenze e dinamiche diverse. Il risultato è che da semplificazione diventi ulteriore complicazione.
 
Le elezioni di fine settembre e inizio ottobre
Per le prime la presentazione delle liste dei candidati, secondo quanto fissato dalla circolare 32 del 2014 del ministero dell’Interno, è stata prevista entro il 20esimo giorno precedente le votazioni e per le seconde entro il 40esimo. Tutto ciò inevitabilmente ha dato vita a un fitto gioco di alleanze tra i vari gruppi consiliari, ancora in via di definizione in molte realtà, che va a sommarsi a una delle novità della legge 56 di riforma degli enti locali, vale a dire il voto di secondo livello, che esclude i cittadini conferendo la scelta a coloro che sono già stati eletti (i sindaci), che saranno chiamati ad eleggere i consigli metropolitani di 8 città metropolitane – MilanoBolognaGenovaFirenze e Bari, che andranno alle urne il 28 settembreRoma5 ottobre, e Torino e Napoli il 12 ottobre – e i presidenti e i consigli di 64 province (per i quali le urne saranno aperte nella maggior parte dei casi il 12 ottobre).
Città metropolitane
Il sindaco metropolitano sarà di diritto il primo cittadino del comune capoluogo (condizione che vale sempre a meno di modifiche stabilite per statuto); sono eleggibili come consigliere metropolitano i sindaci e i consiglieri comunali in carica. Il consiglio metropolitano sarà composto da: sindaco metropolitano, 24 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti (RomaMilanoNapoli); oppure da 18 (nelle realtà con popolazione residente superiore a 800mila e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti (TorinoVeneziaGenovaBolognaFirenzeBari). Quattordici infine nelle altre (Reggio Calabria).
I termini per la presentazione delle liste di candidati al Consiglio metropolitano sono stati fissati tra il 19 e il 13 settembre, nel caso in cui si vota il 28 settembre, e tra il 23 e il 27 settembre se si va alle urne il 12 ottobre. Otto giorni prima della votazione le liste definitive dei candidati al consiglio metropolitano sono pubblicate sul sito internet della Provincia (entro il 20 settembre se si vota il 28 settembre o entro il 4 ottobre nel caso del 12 ottobre).
Nuove Province
Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica, nonché, limitatamente alle prime elezioni, i consiglieri provinciali uscenti. Il consiglio dura in carica 2 anni. Sono eleggibili a presidente della Provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dallo svolgimento delle elezioni e, in sede di prima applicazione, anche i consiglieri provinciali uscenti. Il presidente dura in carica 4 anni. Eleggono il presidente e il consiglio provinciale, i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. Le date per la presentazione delle liste dei candidati sono state fissate al 7 settembre, in caso di voto il 28 settembre, e al 21 settembre nel caso del 12 ottobre.
Il profilo di innovazione che contempla, entro il 2015, la nascita delle città metropolitane e delle nuove province di area vasta, prevede anche un taglio dei nuovi amministratori, che alla fine saranno in tutto 986, anziché 2500, distribuiti tra 162 consiglieri metropolitani, 64 presidenti di provincia e 760 consiglieri provinciali. La legge prevede l’introduzione del voto ponderato: ogni elettore cioè esprimerà una scelta che sarà proporzionale al numero di cittadini che il consigliere comunale e il sindaco rappresentano nell’ambito del comune di appartenenza. Per l’elezione del consiglio metropolitano e del consiglio provinciale la legge introduce, oltre al voto ponderato, un voto di lista, con la possibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza per uno dei candidati compreso nella lista.
Regione Lombardia: “E’ il funerale della legge Delrio”
Tra gli amministratori locali del centrodestra si usano immagini nette: “Si è sentito di fatto il fallimento della riforma Delrio”, dice l’assessore all’Economia della Regione Lombardia Massimo Garavaglia (Lega) e questo perché “nel testo del decreto che il governo emana a supporto della riforma all’articolo 3, comma 3, viene scritto che il governo non metterà un euro in più sulle funzioni in capo alle nuove province e lo stesso faranno le regioni”. Per il sottosegretario alle Riforme lombardo Daniele Nava (Ncd) “si celebra il funerale della legge Delrio”“Il Parlamento – aggiunge – ha votato una legge e il Governo non la finanzia. È una grandissima presa in giro per i cittadini e presto ci sarà un cortocircuito istituzionale, che pagheranno gli stessi cittadini. Non ci può essere trasferimento delle funzioni alle Province ma senza soldi. E’ una decisione molto pericolosa per alcuni servizi fondamentali”.
M5s: “Balladopoballa, Province mai abolite”
Intanto sulla questione, sotto il profilo di rimborsi e indennità, interviene anche il Movimento Cinque Stelle che trasforma il “passo dopo passo” di Renzi in “#balladopoballa”: “Il gattopardismo del Governo Renzi ha già fatto scuola – si legge in un post sul sito di Beppe Grillo – Nella conversione in legge del Dl Pubblica amministrazione del 7 agosto 2014 è stata inserita una postilla (all’articolo 23, comma 84 del paragrafo f-bis) grazie alla quale le Province, mai abolite e tuttora attive, dovranno continuare a erogare ricchi rimborsi spese a consiglieri e a presidenti peraltro non più eletti ma nominati dalla politica stessa”. 

venerdì 12 settembre 2014

Crisi, Confcommercio: ''Redditi tornati a 30 anni fa''.



Nel 2014 il reddito è stato pari a 17.400 euro (come il 2013), mentre nel 1986 era pari a 17.200 euro.

ROMA - Il reddito disponibile delle famiglie italiane è tornato ai livelli di 30 anni fa. Lo ha calcolato la Confcommercio nella nota di aggiornamento del rapporto sui consumi. Nel 2014 il reddito è stato pari a 17.400 euro (come il 2013), mentre nel 1986 era pari a 17.200 euro. Nel 2013, in particolare, la spesa delle famiglie ha registrato una flessione del 2,5%, con una contrazione del 7,6% in otto anni, durante i quali il reddito disponibile reale pro capite è sceso del 13,1%, pari a un ammontare di 2.590 euro a testa. Confcommercio sottolinea poi come sia in atto una vera e propria 'terziarizzazione' dei consumi, vale a dire come le famiglie siano costrette sempre di più a privilegiare i servizi rispetto ai beni. I primi, infatti, coprono ormai il 53% della spesa totale (dal 41,8% del 1992), mentre i secondi sono precipitati dal 58,2 al 47%. Non solo: i consumi cosiddetti 'obbligati' (dalla casa alla benzina, dall'assicurazione alla sanità) coprono ormai il 41% del totale, quindi la cifra che ogni famiglia ha a disposizione per tutto il resto, e su cui ha pertanto libertà di scelta, si è ridotta a 10.900 euro, dai 14.300 del 1992. Per la casa, per esempio, si è passati dal 17,1% al 23,9% del totale. Questo vuol dire, in sostanza, che la spesa ha subito importanti modifiche: nel 2013 si è speso meno per i pasti in casa e fuori casa (-4,1%) e in particolare per l'alimentazione domestica (-4,6%), i viaggi e le vacanze (-3,8%) e la cura del sé e la salute (-3,5%), al cui interno si è registrata la netta flessione della spesa per l'abbigliamento e le calzature (-6,3%).
Nel 2013 la spesa delle famiglie ha registrato una flessione del 2,5%, con una contrazione del 7,6% in otto anni. Lo ha calcolato Confcommercio nel Rapporto sui consumi. Sempre in otto anni il reddito disponibile reale pro capite è sceso del 13,1%, pari a un ammontare di 2.590 euro a testa. A pesare è in particolare la contrazione dei consumi per i beni, che sono fermi da oltre un ventennio. Le spese obbligate, vale a dire quelle che le famiglie devono sostenere per forza come casa, trasporti e sanità, hanno raggiunto il livello record del 41% del totale, contro il 32,3% del 1992. Lo calcola la Confcommercio nel Rapporto sui consumi. Il reddito disponibile per beni e servizi commercializzabili, una volta escluse queste spese, è sceso così a 10.900 euro, da 14.300 del 1992.   

11.9.2014 presso l'Orto Botanico di Palermo.



















giovedì 11 settembre 2014

Vittorie a 5 stelle. - Azzurra Cancelleri



Roma, 4 settembre 2014 - Sette vittorie in un solo giorno per il Movimento 5 Stelle in Commissione Ambiente. Nel Collegato Ambientale approvato oggi e pronto per essere discusso in Aula sono stati accolti e votati positivamente, tra gli altri, sette articoli fortemente voluti dal M5S.

Innanzitutto il vuoto a rendere: stop alla plastica e sì al riutilizzo del vetro per i ristoratori. Un piccolo passo verso la riduzione dei rifiuti e il riutilizzo dei contenitori in vetro.

Introdotta la Valutazione di impatto sanitaria per i nuovi impianti. Sarà quindi prevista anche l’analisi dell’impatto sulla salute dei cittadini per ogni nuova autorizzazione richiesta. La salute avrà diritto di cittadinanza nella progettazione di ogni nuova opera.

Giro di vite sull’abusivismo edilizio: le amministrazioni dovranno pretendere il pagamento delle sanzioni in caso di abusi, e, in caso di inadempienza saranno gli stessi amministratori ad assumersene le responsabilità, anche con decurtazioni degli stipendi.

Vietato, ufficialmente e per legge, il fracking su tutto il territorio nazionale. Non solo. L’azienda che l’ha già praticato dovrà rendicontare le proprie azioni (ed eventuali conseguenze) al governo.

Nuove regole anche per i reflui oleari: i rifiuti oleosi potranno essere sversati nell’impianto fognario solo dopo trattamento e solo se le olive in questione hanno provenienza regionale.

Stralciata la norma per cui se un inceneritore non ha più rifiuti poteva riceverne da fuori regione. Stop, quindi, ai viaggi di rifiuti urbani sul territorio italiano.

Nuova stretta, infine, per le case mobili, che spesso diventavano veri e propri villaggi non autorizzati: in luoghi di pregio e turistici avranno bisogno anch’esse di autorizzazione.

“Vigileremo - dichiarano i deputati del Movimento 5 Stelle in Commissione Ambiente - affinché quello che è uscito dalla porta non sia reintrodotto dalla finestra nei passaggi in aula e al Senato. E che i nostri testi non vengano stravolti nel dibattito parlamentare”.


Azzurra Cancelleri

https://www.facebook.com/AzzurraCancelleri/photos/a.375300562559159.90908.375265565895992/694933817262497/?type=1&theater

Stephen Hawking: “Il Bosone di Higgs potrebbe spazzare via l’Universo”

Stephen Hawking:

La "particella di Dio" potrebbe far causare un "catastrofico decadimento nel vuoto", risucchiando spazio e tempo senza che noi ce ne rendessimo nemmeno conto... ma sarebbe necessario un acceleratore di particelle grande quanto la Terra.

Quando presso il CERN i fisici studiavano il Bosone di Higgs, alcune voci si sollevarono dubbiose ed inquietanti: e se il Large Hadron Collider (LHC) – l'acceleratore di particelle – dovesse causare un buco nero stabile? Per fermare l'esperimento, gli oppositori citarono prima in giudizio il CERN presso la Corte delle Hawaii e successivamente chiamarono in causa anche la Corte europea dei diritti dell'uomo. Niente, si andò avanti comunque, perché – come sentenziò la CEDU – lo scenario paventato era "altamente improbabile". Successivamente gli studiosi del CERN precisarono l'innocuità dei buchi neri prodotti dall'acceleratore con un'analogia con i buchi neri prodotti dai raggi cosmici in corpi celesti particolarmente densi.
La "particella di Dio" è stata individuata, nulla di catastrofico, per ora, è avvenuto, ma un nuovo allarme sembra suonare più minaccioso di prima: il Bosone di Higgs potrebbe diventare instabile e causare un "catastrofico decadimento del vuoto" senza che noi nemmeno ce ne accorgessimo. Parole scritte dall'astrofisico Stephen Hawking, nel suo libro "Starmus, 50 Years of Man in Space", nel quale l'esperto dei buchi neri raccoglie una serie di conferenze fatte negli ultimi cinquant'anni. Ma è lo stesso studioso britannico a precisare che si tratta in realtà di una eventualità quantomeno "improbabile", dal momento che sarebbe necessario un acceleratore di particelle capace di produrre 100 miliardi di giga-elettronvolt (GeV), che, osserva Hawking, "sarebbe più grande della Terra".
A conferma dell'insufficienza energetica dell'LHC interviene anche John Ellis, fisico del CERN, che ha chiarito che "la scoperta del Bosone di Higgs al Large Hadron Collider non ha causato questo problema, e le collisioni nell'LHC non potrebbero innescare instabilità, perché le loro energie sono troppo basse".

La bella iniziativa di un pensionato siciliano per liberare la spiaggia dai mozziconi di sigaretta.

La bella iniziativa di un pensionato siciliano per liberare la spiaggia dai mozziconi di sigaretta


“Liberiamo la nostra spiaggia dai mozziconi. Compro mozziconi di sigarette a un centesimo l’uno, e non è uno scherzo”: così il signor Gianni Di Pasquale è riuscito a raccogliere sulla spiaggia di Noto ben 6mila mozziconi di sigarette.


SMALTIMENTO MOZZICONI DI SIGARETTE - Quante volte ci sarà capitato, a luglio e agosto durante le vacanze in spiaggia, di passeggiare o giocare con i bambini sulla sabbia e di veder affiorare i mozziconi di sigarette. Fortemente inquinanti, un mozzicone gettato in strada, in spiaggia o in giardino o aree verdi, contiene circa 4mila sostanze tossiche e ha un tempo complessivo di degradazione che si aggira intorno ai 10 anni.
INQUINAMENTO DA MOZZICONI DI SIGARETTE - Fortunatamente, il problema ha iniziato a scuotere le amministrazioni comunali che stanno provando a combattere questa cattiva abitudine con multe salate. Ma, non ci sono solo i progetti portati avanti dai singoli Comuni: oggi vogliamo raccontarvi la bella iniziativa di un pensionato siciliano per sensibilizzare i bagnanti della spiaggia di Lido di Noto al rispetto e alla tutela dell’ambiente.
L’INIZIATIVA DI UN CITTADINO PER COMBATTERE LE CICCHE BUTTATE IN SPIAGGIA - Come leggiamo su NewSicilia, Gianni Di Pasquale, ex disegnatore meccanico e appassionato di internet, originario di Sortino ma da anni residente a Milano, ha deciso di approfittare degli ultimi giorni di vacanze estive a Lido di Noto per raccogliere oltre 6mila mozziconi di sigarette.
Interessante il modo in cui le cicche sono state recuperate: Gianni ha posizionato un tavolo verde in spiaggia e alcuni contenitori in vetro vuoti e ha esposto il cartello con su scritto: “Liberiamo la nostra spiaggia dai mozziconi. Compro mozziconi di sigarette a un centesimo l’uno, e non è uno scherzo”.
L’offerta ha convinto i bagnanti, adulti e bambini, che nel giro di poche ore hanno riempito i contenitori fino all’orlo. L’investimento in centesimi era di venti euro: come racconta il pensionato a NewSicilia, un ragazzo ne ha consegnati ben 700 aggiudicandosi 7 euro ma, allo stesso tempo, sono stati tanti i genitori che hanno rimborsato di tasca loro i propri figli che si erano attivati per la consegna dei mozziconi trovati in spiaggia. L’intento dell’iniziativa infatti non era quello del guadagno economico ma bensì la trasmissione di un messaggio di civiltà e rispetto della bellissima spiaggia e dello splendido mare.
Noi della redazione di Non sprecare ci congratuliamo con il signor Di Pasquale per la splendida iniziativa e ci auguriamo che queste buone pratiche per la tutela del nostro territorio si diffondano ogni giorno di più.