martedì 10 febbraio 2015

Swissleaks, in Italia redditi non dichiarati per 741 milioni.



Oltre tremila verifiche, 741 milioni di redditi non dichiarati finiti in Svizzera e sottratti al fisco, un migliaio di italiani che hanno scudato i propri depositi facendo rientrare un tesoretto di un miliardo e 600 milioni e obbligando così decine di procure italiane, complice anche la prescrizione, ad archiviare centinaia di inchieste.

La Guardia di Finanza ha da tempo concluso gli accertamenti sui 5.439 nomi di italiani contenuti nella prima lista Falciani, che le autorità italiane ottennero cinque anni fa. Ma l'inchiesta Swissleaks promette nuove rivelazioni che potrebbero aprire un nuovo fronte d'indagine e portare alla luce altre centinaia di nominativi di italiani, sconosciuti e vip, che hanno sottratto redditi a tassazione.

In realtà sia il nominativo di Valentino Rossi, sia quello di Flavio Briatore e dello stilista Valentino erano già emersi anni fa, assieme a quelli degli altri stilisti Renato Balestra, Sandro Ferrone e Giuseppe Lancetti, del gioielliere Bulgari, della soubrette Elisabetta Gregoraci, del presidente della Confcommercio di Roma Cesare Pambianchi, dell'attrice Stefania Sandrelli, della principessa Fabrizia Aragona Pignatelli, di Francesco D'Ovidio Lefebre e di tanti altri tra cui anche società come Telespazio, colosso specializzato in armamenti e sistemi di difesa.

I conti erano in Svizzera in «modo perfettamente legale, rispettando tutte le leggi e i regolamenti fiscali - ha detto oggi Briatore -. Non sono residente in Italia da oltre 25 anni e dunque non soggetto al fisco italiano. I conti tenuti presso la Hsbc sono da anni noti alle autorità giudiziarie italiane che non hanno mai rilevato irregolarità fiscali in merito».

Capofila dei nuovi accertamenti, ancora una volta, potrebbe essere la procura di Torino, che fu la prima nel 2010 ad aprire un fascicolo e che successivamente mandò le carte a 120 procure, competenti in base al principio del luogo di residenza della persona indagata. Un anno fa, infatti, i magistrati piemontesi si sono rivolti ai colleghi spagnoli chiedendo di poter consultare i dati in loro possesso dal 2013 e provenienti anch'essi dall'archivio sottratto alla Hsbc da Hervè Falciani.

Si tratta di oltre 121mila conti correnti aperti negli anni in diverse filiali della banca britannica - Ginevra ma anche Lugano, Montecarlo, Lussemburgo, Zurigo e isole del Canale - e gli inquirenti sospettano che tra loro si nascondano migliaia di italiani. Bisognerà ora capire se si tratta di nominativi già contenuti nelle liste precedenti esaminate dagli investigatori o se siano personaggi completamente sconosciuti: allo stato i magistrati hanno ipotizzato il reato di riciclaggio, ma nel fascicolo non risultano indagati. Nel 2010, quando scoppiò lo scandalo, l'Italia ottenne ufficialmente due diverse liste, entrambe dalle autorità francesi.

La prima è quella che arrivò alla Gdf nel maggio del 2010 attraverso la cooperazione amministrativa ai fini fiscali e conteneva, appunto, oltre 5.400 nominativi. Oltre 2.100 non sono stati presi in considerazione: i soggetti indicati non avevano fatto alcuna movimentazione. Per gli altri 3.276 sono partiti i controlli ispettivi che hanno consentito di accertare redditi non dichiarati per 741 milioni e Iva dovuta e non versata per 4,5.

Ma oltre un terzo di questi soggetti (1.264) non è stato perseguibile in quanto aveva aderito allo scudo fiscale varato dal governo Berlusconi nel 2009. I finanzieri hanno dunque recuperato 30 milioni, mentre 190 persone sono state denunciate per reati tributari e 101 evasori totali sono stati scoperti.

Anche le procure, nella quasi totalità dei casi, si sono viste costrette ad archiviare i procedimenti aperti dopo che la procura di Torino aveva smistato a seconda della competenza territoriale l'elenco ricevuto dalla magistratura di Nizza e contenente 7.094 conti correnti nella disponibilità di italiani, 5.595 soggetti e 133 società. Roma iscrisse 700 persone e solo in un paio di casi si è proceduto alla richiesta di rinvio a giudizio, causa l'intervenuta prescrizione. Ora i magistrati capitolini, qualora dall'inchiesta Swissleaks emergessero nomi nuovi rispetto a quelli già approfonditi, potrebbero tornare ad occuparsi della vicenda.

La procura più impegnata fu quella di Milano, che aprì un fascicolo senza titolo di reato e senza indagati per accertare la posizione di oltre 2.100 tra persone e società anche perché in Lombardia risultava risiedere la maggioranza dei correntisti di Hsbc, il 63%, contro l'11% del Lazio e il 7% del Piemonte.


http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/swissleaks_italia_redditi_non_dichiarati/notizie/1172686.shtml


Swissleaks, da Clinton a Shumacher: ecco i nomi della lista..


Fra i 2.694 clienti spagnoli di Hsbc rivelati dalla cosiddetta lista Falciani spiccano la famiglia Botin del Banco Santander e il pilota di Formula 1 Fernando Alonso, secondo quanto emerge dall'inchiesta coordinata da Le Monde e dal Consorzio internazionale di giornalisti d'inchiesta. 
Dall'inchiesta emerge che i Botin, in particolare il presidente Emilio Botin, morto nel settembre scorso, «utilizzarono un'autentica ragnatela di società per occultare chi fosse il reale proprietario del denaro», stimato in oltre 2 miliardi di euro.

Tra gli altri nomi celebri compiare la rock star David Bowie, spiega Icij, che racconterà al quotidiano The Guardian di essere stato legalmente residente in Svizzera dal 1976. Poi c'è Tina Turner, la quintessenza americana, che ha vissuto in Svizzera per quasi due decenni ottenendo la cittadinanza nel 2013. Anche Joan Collins, celebre star della soap Dinasty, è in quei file.

Condiscono il tutto un certo numero di donatori importanti della Fondazione Clinton, legata all'ex coppia presidenziale statunitense, appaiono nel file, tra cui l'uomo d'affari canadese Frank Giustra e il tedesco superstar dell'automobilismo Michael Schumacher, sette volte campione di Formula Uno. Un rappresentante di Schumacher - scrivono i giornalisti dell'Icij - viene indicato come un beneficiario di un conto chiuso nel 2002.

Alcuni clienti legati a milioni e talvolta decine di milioni di dollari nei loro conti - continua l'inchiesta - sono figure 
«politicamente collegate» come Rachid Mohamed Rachid, l'ex ministro del commercio egiziano fuggito Cairo nel febbraio 2011 dopo la rivolta contro Hosni Mubarak. Rachid ha un conto del valore 31 milioni dollari: è stato condannato in contumacia per presunto sciacallaggio e sperpero di fondi pubblici.

Altri nomi nei file includono Frantz Merceron, il presunto postino per il defunto ex presidente di Haiti Jean Claude "Baby Doc" Duvalier, che è stato accusato di aver saccheggiato fino 900 milioni prima di fuggire il suo paese.

E Rami Makhlouf, il cui cugino e stretto collaboratore, del presidente siriano Bashar al Assad, che nel corso degli ultimi tre anni ha contribuito a causare la morte di decine di migliaia di suoi cittadini nella guerra civile del paese. Merceron è elencato come un avvocato su un conto di 1,3 milioni dollari appartenenti alla moglie. Makhlouf è elencato come un beneficiario su più conti.

La Sicilia che adoro.






Il baobab di 2000 anni.



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Rustico e utile.



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Galassie a spirale in collisione

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Immagine di credito Debra Meloy Elmegreen (Vassar Collegeet al.,
& the Hubble Heritage Team (AURA/STScI/NASA)


Spiegazione: Miliardi di anni da oggi, solo una di queste due galassie rimarranno. Fino ad allora, a spirale galassie NGC 2207 e IC 2163 lentamente tirare l'altro a parte, creando le maree della materia, fogli di gas scioccato, corsie di polvere scura, esplosioni di formazione stellare, e flussi di fusione-away stelle. Gli astronomi prevedono che NGC 2207, la galassia più grande a sinistra, alla fine incorporare IC 2163, la galassia più piccola a destra. Nella più recente incontro che ha raggiunto il picco circa 40 milioni anni fa, la galassia più piccola sta oscillando intorno in senso antiorario, ed è ora leggermente dietro la galassia più grande. Lo spazio tra le stelle è talmente vasto che, quando le galassie si scontrano, le stelle in loro di solito non si scontrano.

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lunedì 9 febbraio 2015

Roma, Eur Spa vuole vendere patrimonio per pagare la Nuvola di Fuksas. - Marco Pasciuti

Roma, Eur Spa vuole vendere patrimonio per pagare la Nuvola di Fuksas

L'ente ha convocato per lunedì 9 un'assemblea degli azionisti per cambiare lo statuto e mettere in vendita parte degli immobili di proprietà allo scopo di ripianare i debiti, tra cui quelli generati dalla costruzione del centro congressi non ancora terminato. Il Comitato di Quartiere Eur insorge e i dipendenti temono per i posti di lavoro. "E' un'operazione pericolosa", conferma il presidente Borghini.

Cambiare lo statuto e mettere in vendita parte del patrimonio allo scopo di ripianare i debiti dell’ente, tra cui quelli generati dalla costruzione della Nuvola di Fuksas. E’ lo scopo dell’assemblea degli azionisti convocata da Eur spa per il 9 febbraio: vendere i gioielli di famiglia, un pregiato portafoglio di opere monumentali del razionalismo italiano con oltre 70 ettari di verde, uscire il prima possibile dal concordato in bianco ed evitare che parte degli edifici finiscano alle banche. “Si vende il patrimonio pubblico per pagare debiti fatti da amministratori poco lungimiranti”, protesta il Comitato di quartiere Eur. “E’ un’operazione pericolosa“, spiega Pierluigi Borghini, presidente dell’ente.
Il momento è difficile, non solo per il clamore mediatico suscitato dal coinvolgimento di Riccardo Mancini, ex amministratore delegato, e di Carlo Pucci, ex direttore commerciale dell’Ente, nell’inchiesta Mafia Capitale. Il problema è che l’ente attraversa da tempo un mare di difficoltà finanziarie che lo scorso dicembre hanno portato il consiglio di amministrazione a chiedere l’ammissione al concordato in biancoEntro il 24 aprile gli amministratori sono chiamati a presentare al giudice delegato un piano che prevede due possibilità: la ricapitalizzazione o l’alienazione di parte dei beni. Ovvero, la vendita dei beni immobili di proprietà che sono pubblici, in quanto l’ente è al 90% controllato dal ministero delle Finanze e al 10% dal Comune di Roma. L’individuazione degli immobili da alienare è affidata a Invimit, società del Tesoro che sta censendo gli edifici che Eur Spa affitta alla pubblica amministrazione. La lista degli immobili, così come quella dei possibili acquirenti, non è ancora nota, ma una certezza c’è: si tratta di opere architettoniche di pregio dal valore elevatissimo, dagli edifici che ospitano i vari musei dell’Eur all’Archivio Centrale dello Stato. Immobili preziosissimi e vincolati.
“Ora devono evitare la bancarotta – spiegano dal Comitato di quartiere Eur, che nei giorni scorsi ha scritto una lettera a sindaco Ignazio Marino, al presidente del municipio e a Borghini per chiedere che i beni non vengano venduti  – ma quando anni fa decisero di costruire la Nuvola sapevano benissimo che non c’erano fondi sufficienti. Non dovevano sperare di vendere un albergo costruito nelle vicinanze per trovare i soldi per fare i lavori (i ricavati della messa sul mercato del super hotel “La Lama” avrebbero dovuto coprire parte dei costi, ma la vendita è ferma, ndr)”.
Gli azionisti “sono convocati –  come da annuncio dato sulla stampa locale – in assemblea ordinaria e straordinaria” “il giorno 7 febbraio in prima convocazione e lunedì 9 in seconda convocazione”. Quello che interessa è l’ordine del giorno della parte straordinaria: “Interventi per garantire la continuità aziendale e la copertura finanziaria delle opere in corso” e “modifica allo statuto sociale (art. 4)”. Ovvero l’articolo che elenca le attività svolte dall’ente. “Lo scopo è quello di modificare lo statuto in modo da consentire la vendita di parti del patrimonio per pagare i debiti della Nuvola”, è la voce che corre in azienda. La Nuvola, il mega polo congressuale la cui costruzione è andata avanti a singhiozzo per anni, ostacolata da un incessante fuoco di veti incrociati tra l’archistar e i vertici di Eur spa.
Di alienazioni in casa Eur spa si parla ciclicamente. “Ma questa volta c’è il concordato da rispettare. I debiti? Noi non dobbiamo ripianare le perdite – conferma il presidente Borghini a IlFattoQuotidiano.it - l’Eur spa chiude da sempre i propri bilanci in utile. Solo che quando uno costruisce un edificio di quel genere e un albergo da 439 stanze, da qualche parte i soldi deve trovarli. Il Comune di Roma 10 anni fa ci ha affidato il pesante incarico di fare questa grande opera e ci ha dato circa 140 milioni sapendo che l’opera costava, da preventivo del 2006, 277 milioni. Più iva, più oneri concessori, più la parcella di Fuksas. Quindi ci ha messo sul collo 400 milioni da pagare dandocene 140. Ora ci servono 133 milioni per completare l’opera”.
I malumori in azienda serpeggiano neanche troppo silenti. Il timore è che l’alienazione di una parte degli immobili di proprietà possa avere ricadute sull’occupazione: “Se vengono venduti gli edifici che amministriamo, una parte dei dipendenti rischierà il posto”. “Sì, è una possibilità – continua Borghini – è un’operazione pericolosa, noi aspettiamo che l’azionista ci indichi la strategia per uscire dal concordato. Se gli azionisti decideranno in questo senso, mi adeguerò”.

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