lunedì 22 febbraio 2016

The Danish Girl – Recensione: Eddie Redmayne e Alicia Vikander da brivido. - Alessia Giordano

The Danish Girl - Recensione Eddie Redmayne e Alicia Vikander da brivido (26)

La storia di Lili Elbe, raccontata in parte in The Danish Girl è una delle storie più complicate della storia dello studio della sessualità, la prima a essere affrontata medicamente non come deviazione ma come desiderio di appartenere all’idea che si ha di sé, e riuscire a scrivere una recensione non è nemmeno tanto semplice. Ci sarebbero intere pagine e pagine da scrivere in merito, e non è compito di chi ama il cinema e chi ha amato questo film. Questa è la legittima premessa.
Tom Hooper, Premio Oscar come Miglior Regia per Il Discorso Del Re, prende di nuovo una storia vera come ispirazione, e la rende poesia. Dirige Eddie Redmayne (Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista per La Teoria Del Tutto) e Alicia Vikander (candidata quest’anno come Miglior Attrice Non Protagonista), e i due dominano lo schermo e incantano lo spettatore.
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Einar Wegener è un celebre paesaggista, innamoratissimo di sua moglie Gerda, ritrattista. La quale, quando domanda aiuto al marito per posare per lei, sostituendo una modella, non si rende conto di far scattare in lui la sensazione. Quella sensazione, la dominante del film. L’inadeguatezza del corpo di maschio per chi maschio non si sente. Einar Wegener diventa poco a poco Lili Elbe, quell’identità fittizia che si costruisce attorno, sentendosi più lei che lui, e fatica ad accettare ciò che significa: non rispondere nello status nel comportamento e nei modi a quello che è il proprio sesso fisico di appartenenza è, per la Copenhagen degli anni ’20, un’aberrazione medica. Da cure psicologiche, da schizofrenia, da reclusione in manicomio. Da malattia da curare. Omosessualità. L’essere transgender non è contemplato nel mondo di cent’anni fa (sconcertante come ancora oggi sia difficile da comprendere, affrontare e includere socialmente), se non da qualcuno di illuminato: Lili, che lotta per se stessa, Gerda che lotta prima per riavere il proprio marito e poi per la felicità e serenità di Lili, e un chirurgo che, forse per scienza, forse per comprensione, sperimenta la prima conversione sessuale della storia. È un processo lungo, doloroso mentalmente e fisicamente, e Redmayne non manca all’appuntamento della trasformazione: Einar dimagrisce, addolcisce movimenti e movenze, le studia, si rende più femminile. Cambia. Accetta pian piano il fatto di essere una donna nel corpo di un uomo, e l’interprete è semplicemente splendido, nel mostrare i timori del personaggio e non i propri. Non teme la nudità propria, teme che quella di Lili non rispecchi ciò che lei sente di essere.
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La storia portata sul grande schermo è leggermente diversa da quella reale. È più semplificata e resa breve, per le ovvie esigenze che il cinema ha: non si potrebbe raccontare sensatamente, in già due ore di film (che scorrono senza timori, anche in mancanza di intervallo), di cinque operazioni, di un tentativo di trapianto di utero e ovaie, di invalidamento del matrimonio, del primo cambio legale di sesso e documenti (Einar infatti, dopo le operazioni di rimozione di pene e testicoli, ottiene il passaporto come Lili, con il riconoscimento dello status di transessuale), persino di un matrimonio con un uomo e del desiderio di maternità naturale – che per complicanze dei trapianti degli organi necessari, tuttavia, fu causa della sua morte. 
Ma in sala vediamo la mutazione, la disperazione, l’ignoranza, la follia, il dolore. Alicia Vikander ed Eddie Redmayne non temono rivali, nelle scene del film: sono loro parimenti protagonisti del cambiamento, in prima persona e in persona che vive il male altrui, che ne soffre per se stessa e per la persona che ama. Tutto si intreccia, con di fondo un enorme legame tra Einer e Gerda, che non manca di essere visualizzato al meglio.
La fotografia, di colori delicati, si accompagna con una colonna sonora che sfiora e s’insinua nelle scene, senza quasi rendersene conto perché così è che deve essere: piano ci si affeziona a tutto, come piano ci si affeziona a Lili.

domenica 21 febbraio 2016

Cos’è la stepchild adoption.

Famiglie Arcobaleno
Alcuni partecipanti della Festa delle Famiglie Arcobaleno – cioè quelle composte da genitori GLBT – a Salerno,
3 maggio 2015. (ANSA/MASSIMO PICA)

Il punto più discusso della proposta di legge sulle unioni civili, spiegato.

Uno dei punti più discussi della proposta di legge sulle unioni civili – il cosiddetto ddl Cirinnà bis, presentato al Senato il 6 ottobre scorso – è l’articolo 5, in cui si parla della stepchild adoption. La stepchild adoption – che in inglese significa letteralmente “l’adozione del figliastro” – è la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. In Italia è già prevista per le coppie eterosessuali sposate da almeno tre anni o che abbiano vissuto more uxorio (“secondo il costume matrimoniale”, cioè in sostanza convivendo) per almeno tre anni ma siano sposate al momento della richiesta. Non è quindi valida per le coppie omosessuali, non essendo riconosciuto il matrimonio né altre forme di unione per le persone gay. In tutto il mondo i paesi che prevedono la stepchild adoption per le coppie gay sono 28: 21 prevedono la possibilità di adottare anche i bambini che non hanno legami biologici con nessuno dei due partner, altri sette riconoscono soltanto la stepchild adoption (Colombia, Germania, Estonia, Croazia, Slovenia, e Australia).
Finora in Italia c’è stato un unico caso del genere, quando nel 2014 il Tribunale dei Minori di Roma ha riconosciuto di fatto la prima adozione omosessuale, permettendo a una donna di adottare la figlia naturale della compagna. Le donne si erano sposate in Spagna e sempre all’estero erano ricorse alla procreazione eterologa assistita per avere un figlio. Il tribunale si è basato sull’articolo 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, che la contempla in alcuni casi anche per le coppie non sposate. In particolare, “nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore sociale, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”. La corte non ha quindi creato un nuovo diritto ma ha offerto copertura giuridica a una situazione già esistente, nell’interesse del minore. Nel 2011 la Corte di Cassazione aveva invece confermato l’affidamento di un bambino alla madre che viveva con la sua compagna, stabilendo in una sentenza che è un «mero pregiudizio» sostenere che sia dannoso per i bambini crescere in una famiglia omosessuale.
L’interesse dei bambini è una delle principali motivazioni addotte da chi è favorevole alla stepchild adoption: permettere l’adozione al genitore non biologico – che svolge già, di fatto, il ruolo di genitore – è il modo migliore per tutelare i figli delle coppie omosessuali (per esempio dall’improvvisa morte del genitore biologico). Secondo l’Istituto superiore di Sanità, i bambini cresciuti da genitori omosessuali in Italia sono 100mila: alcuni sono nati da unioni eterosessuali che si sono poi concluse e il genitore ha formato una nuova famiglia con un partner dello stesso sesso; altri sono stati concepiti in famiglie gay grazie alla fecondazione assistita permessa all’estero. Stando a una ricerca condotta nel 2005 da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 17,7 per cento dei gay e il 20,5 delle lesbiche con più di 40 anni hanno almeno un figlio; considerando tutte le fasce d’età, i genitori gay sono 1 ogni 20.
In Italia i politici contrari alla stepchild adoption sono soprattutto i parlamentari di Area Popolare (UdC e NCD), ma anche diversi di Scelta Civica e del M5S, come raccontato oggi dai giornali e accennato da Luigi Di Maio. I contrari alla stepchild adoption dicono che ogni bambino “ha diritto a un padre e una madre” e questa norma aprirebbe la strada alla possibilità che le coppie gay possano un giorno accedere all’istituto dell’adozione come le coppie eterosessuali: Angelino Alfano e Renato Schifani hanno parlato della questione delle adozioni come di un punto “insuperabile”. Un gruppo di parlamentari cattolici del PD ha presentato un emendamento al ddl Cirinnà per introdurre l’affido al posto dell’adozione; il governo e la maggioranza del PD per il momento hanno confermato il loro sostegno all’introduzione della stepchild adoption.
http://www.ilpost.it/2015/10/16/stepchild-adoption/

Leggi anche:
La stepchild adoption è possibile. Lo dice la giurisprudenza, non c’è bisogno di aspettare che il Parlamento approvi la legge sulle unioni civili. È la versione dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui «non avrebbe alcun fondamento logico e giuridico l’esclusione» dell’adozione «in caso di convivenza tra persone dello stesso sesso», poiché non c’è «pregiudizio per l’equilibrio psicologico del bambino legato al fatto di vivere in una famiglia incentrata in una coppia omosessuale», si legge su “Libero”.

Galimberti sulle unioni civili. Cattolici siate coerenti.




Il filosofo e sociologo nella puntata di Omnibus del 31 gennaio su La7 si è confrontato con Pippo Corigliano, portavoce dell'Opus Dei sul Family day e il ddl Cirinnà. Le sue posizioni hanno ricevuto molti consensi sui social dal mondo lgbt.

https://www.youtube.com/watch?v=Lar3uucHocw

sabato 20 febbraio 2016

Addio a Umberto Eco, "pazzo" enciclopedico e diga "contro gli imbecilli" (del web). Dal Nome della Rosa alla Nave di Teseo. - Giuseppe Fantasia

Morto lo scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo sul mondo

La notizia (improvvisa) della morte di Umberto Eco lascia di stucco il mondo della cultura e dell’editoria, italiana ed internazionale, oltre ai milioni di lettori che lo amavano in tutto il mondo e va ad aggiungersi a quella della scomparsa (annunciata) della scrittrice statunitense Harper Lee che trasformerà quest’ultimo 20 febbraio in una data triste, ma a suo modo indimenticabile. Già quando era in vita, Umberto Eco era una ‘leggenda’ e si sapeva benissimo che andandosene ce ne avrebbe solo dato conferma.
Del resto, chi in Italia ha studiato, scritto e analizzato tutto quello che ha fatto lui, grande appassionato e dispensatore a trecentosessanta gradi di cultura attraverso le sue lezioni, i suoi convegni, i suoi seminari e le (poche) presentazioni dei suoi (tanti) libri? Saggi di estetica medievale, di linguistica e di filosofia perlopiù, ma soprattutto romanzi, molti dei quali veri e propri cult letterari, da Il nome della Rosa - uscito nel 1980, uno dei più venduti e tradotti al mondo, Il Pendolo di Foucault, da Diario Minimo a L’isola del giorno prima e Il cimitero di Praga, tradotti in oltre 46 lingue, per un totale di 10 milioni di copie vendute di cui 7 solo in Italia.
L'ultimo, Numero Zero, pubblicato (come gli altri, da Bompiani) nel 2015, proprio il giorno del suo compleanno, è un libro giallo, pieno di ironia e di colpi di scena, ambientato nel 1992 che parla di una immaginaria redazione di un giornale, con forti riferimenti alla storia politica, giornalistica, giudiziaria e complottistica italiana, da Tangentopoli a Gladio, passando per la P2 e il terrorismo rosso. In quelle pagine, poco più di duecento, si legge che il giornalismo è “una macchina del fango”, che non occorre inventare le notizie “perché basta riciclarle" e che il quotidiano è destinato ad "assomigliare sempre di più ad un settimanale".
Avrebbe continuato, sicuramente, a scriverne tanti altri, vista la sua decisione di abbandonare Bompiani e il gruppo Mondadori-Rcs, da lui ribattezzato ‘Mondazzoli’, per dare vita, insieme ad altri ‘coraggiosi’ guidati da Elisabetta Sgarbi, alla Nave di Teseo, una nuova realtà editoriale finanziata, tra gli altri, anche da lui (con due milioni di euro), un ottantaquattrenne che continuava a fare progetti con lo stesso entusiasmo di un giovane, perché – come disse a Repubblica – “il progetto è l'unica alternativa alla Settimana Enigmistica, il vero rimedio contro l'Alzheimer". Siamo dei velleitari? Peggio, siamo pazzi”.
Ieri sera, subito dopo la sua scomparsa, gli amici della sua nuova casa editrice lo hanno salutato con un tweet dall’account ufficiale ("La nave di Teseo saluta il suo capitano. Grazie Umberto"). Ironica, a volte, la sorte, visto che lui, proprio riguardo a Twitter, aveva dichiarato, qualche mese fa (dopo aver ricevuto all’Università di Torino la laurea honoris causa in ‘Comunicazione e Cultura dei media’) che "i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, a quelli che “prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino rosso, senza danneggiare la collettività e che venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli".
Ma Eco era così, “un mio grande amico, un uomo straordinario che amava stupire, anche per cose molto lontane da quell’immagine che aveva”, ha spiegato un addolorato Gianni Vattimo all’HuffPost, ed è lui stesso a ricordare, come ha scritto anche nella sua autobiografia, Non Essere Dio (Ponte alle Grazie), che oltre ad essere stato per lui il suo “ultimo padre”, nel privato era un uomo di grande spirito: “mi ha insegnato tante cose, principalmente le barzellette, un repertorio di barzellette da far invidia a Berlusconi”, si legge, “se si comportasse un po’ meno da monumento sarebbe meglio, ma nessuno è perfetto”.
Più passerà il tempo e più quell’uomo di ampie vedute - grande filosofo, medievista, semiologo e scrittore che amava definirsi “fabbricante di parole” – ci mancherà, eccome se ci mancherà. Peccato che non potrà sapere come andrà a finire la questione del riconoscimento dei matrimoni gay e delle coppie di fatto, ma lui questo lo aveva – a suo modo – anticipato già in ‘Tre racconti’, una raccolta del 1962 ripubblicata in versione economica prima di Natale, in cui si legge: “Avevano capito che sulla terra, come sugli altri pianeti, ciascuno ha i propri gusti, ma è solo questione di capirsi a vicenda”.

Pensioni di reversibilità, si spacca il Pd. Le rassicurazioni del Governo non convincono, fronda per ottenere dietrofront. - Giuseppe Colombo

PENSIONI DI REVERSIBILIT

Una “razionalizzazione” che spacca il Pd. Altro che rassicurazioni del Governo: sull’ipotesi di un intervento relativo alle pensioni di reversibilità, una parte dei dem non ci sta ed è pronta a dare battaglia e sfidare Matteo Renzi in Parlamento.
Il tam-tam in queste ore sta correndo velocemente a Montecitorio tra le diverse anime non renziane del partito. L’obiettivo è fissato: l’esecutivo deve fare dietrofront e cancellare dal testo del disegno di legge delega per il contrasto alla povertà quel passaggio che fa riferimento a interventi di razionalizzazione “anche di natura previdenziale”. Il nocciolo duro della protesta è tra i deputati della commissione Lavoro della Camera, capitanati dal presidente, Cesare Damiano, pronto a presentare un emendamento, che sarà condiviso con altri esponenti del partito, per sbarrare la strada all’esecutivo. “Proporrò lo stralcio, dalla delega del Governo, della parte in cui si parla di previdenza, perché io la voglio cancellare, non vogliono che ci siano equivoci”, ha dichiarato l’ex ministro.
Il Governo, dal canto suo, non sembra intenzionato a cambiare linea dopo le smentite dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e dell’Economia, Pier Carlo Padoan. “Al momento non pensiamo di modificare il testo della delega perché nel testo si parla di una razionalizzazione di anomalie e sovrapposizioni, non di un intervento sulle pensioni di reversibilità”, spiega una fonte del ministero del Lavoro.
Il pomo della discordia sono quattro parole: “anche di natura previdenziale”. Ma è tutt’altro che un formalismo. Nel Pd, monta il disagio di chi non si sente rassicurato dalle precisazioni del Governo e, soprattutto, di chi non si sente affatto sereno per la presenza nel testo della delega di quelle espressioni, cioè “anomalie” e “sovrapposizioni”, che per alcuni esponenti del partito potrebbero prefigurare interventi futuri proprio sulle pensioni di reversibilità. “Il testo per come è scritto si presta a legittime preoccupazioni: la cosa migliore è stralciare la parte sulle pensioni e toglierla di mezzo dalla discussione”, afferma l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, raggiunto dall’Huffington Post. “Secondo me le parole di Poletti e di Padoan devono trovare coerenza nel testo della delega”, aggiunge.
Per Dario Ginefra, deputato del Pd, è necessario che il Governo vada fino in fondo rispetto a quanto dichiarato dai due ministri: “È inutile tergiversare lasciando nel testo la possibilità di un possibile intervento: dato che tutti si affrettano a dichiarare che le pensioni di reversibilità non si possono toccare allora è meglio togliere qualsiasi riferimento nel testo, tagliando la testa al toro”. Per Ginefra “è inutile andare avanti per settimane: se c’è un sentire di contrarietà alla riforma delle pensioni non si capisce perché dobbiamo mantenere questo testo, prestando il fianco a una serie di letture che rischiano di generare panico sociale”.
L’ipotesi di un intervento sulle pensioni di reversibilità apre un fronte interno al Pd e all’ala oltranzista strizza l’occhio la Cgil. La leader del sindacato di corso d’Italia, Susanna Camusso, si dice molto contenta dell’iniziativa assunta da Damiano e sposa la linea di una parte del Pd che ora è in subbuglio: “Le smentite (del Governo, ndr) non bastano se non si cambiano i testi della delega che è stata presentata in Parlamento”.
Il clima nel Pd è tutt’altro che sereno e compatto: le pensioni di reversibilità rappresentano ora una nuova spina nel fianco del partito. “Non siamo mica in pochi a voler stralciare quella norma: noi non ci arrenderemo fino a che non passeranno sui nostri corpi”, afferma con un filo di ironia una deputata del Pd. La “razionalizzazione” del Governo non convince e ora una parte del Pd vuole arrivare fino in fondo.

"L' occhio del cosmo"



Il bellissimo scatto catturato dal telescopio Hubble. 
Credito immagine- Hubble Space Telescope


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Il nuovo attacco a efficienza e fotovoltaico nascosto nel Milleproroghe.



Una norma della legge di conversione dal decreto dispone che gli oneri di sistema per tutti gli utenti non domestici vengano spostati, almeno in parte, dalla componente variabile a quella fissa della bolletta. Una riforma che penalizzerebbe autoproduzione e risparmio energetico.

Tra le varie novità in arrivo per il mondo dell'energia, con la conversione in legge del decreto Milleproroghe, ce n'è una che porterà un danno alle imprese che investono o hanno investito per risparmiare energia elettrica o per prodursela in casa, magari con un impianto fotovoltaico o un cogeneratore.
La versione della legge di conversione arrivata al Senato (in allegato in basso) dispone che gli oneri di sistema per tutti gli utenti non domestici (e non solo per quelli in alta e altissima tensione come nella versione del decreto della quale avevamo scritto) vengano spostati almeno, in parte, dalla componente variabile a quella fissa.
Alla lettera b, comma 2 dell'articolo 3 del testo all'esame del Senato, infatti, si dà mandato all'Autorità per l'Energia “ad adeguare, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, in tutto il territorio nazionale, la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema elettrico applicate ai clienti dei servizi elettrici per usi diversi da quelli domestici ai criteri che governano la tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura in vigore alla medesima data, tenendo comunque conto dei diversi livelli di tensione e dei parametri di connessione, oltre che della diversa natura e delle peculiarità degli oneri rispetto alla tariffa”.
Tradotto: l'Autorità dovrà far sì che gli utenti non domestici paghino gli oneri di sistema in bolletta nello stesso modo in cui pagano i costi di rete, ossia in parte sulle componenti fisse e in parte su quella variabile.
Quando la riforma sarà completata, per le aziende ridurre i prelievi dalla rete con efficienza e/o autoproduzione in loco sarà certamente meno convenienteguadagna l’utente che consuma più energia prelevata dalla rete e perde l’utente che ne consuma meno, perché i costi fissi sono indipendenti dal consumo di energia prelevata dalla rete.
Quanto cambieranno i conti per le aziende dipenderà dall'entità dello spostamento, ma è difficile non vedere nella nuova norma l'ennesimo attacco a generazione distribuita e autoconsumo.
"Una nuova tegola contro le numerose imprese che hanno investito nella produzione e nell'autoconsumo di energia in gran parte da fonte rinnovabile. Con questo provvedimento si favoriranno i produttori e i distributori di energia elettrica da fonti fossili e, conseguentemente, le emissioni in atmosfera causa principale dello smog, degli effetti del cambiamento climatico e dei pericoli verso la salute dei cittadini", denuncia il Senatore M5S Gianni Girotto.
Girotto e altri colleghi hanno presentato un emendamento per stralciare la disposizione (allegato in basso), nel quale si prevede che almeno il 75% degli oneri debba continuare ad essere proporzionale ai prelievi dalla rete e che i costi di rete debbano comunque avere una componente commisurata al consumo di energia.
Desta perplessità anche il fatto che una misura del genere sia stata inserita in un provvedimento come il Milleproroghe: “La misura, oltre che essere in contrasto con la normativa europea per diversi aspetti, appare discutibile perché è stata introdotta d’imperio in un provvedimento avente finalità del tutto diverse - il Milleproroghe - attraverso lo strumento del Decreto Legge, senza che risultino esserci le relative esigenze di urgenza e senza che la maggior parte degli operatori interessati si siano resi conto di tale norma, alla quale non è stata data alcuna pubblicità”, commenta l'avvocato Emilio Sani.
Gli fa eco Girotto: "Abbiamo sollevato in Commissione Affari Costituzionali gli aspetti che inquadrano la norma, tra l'altro pure estranea al provvedimento in oggetto, e al novero degli elementi che un decreto legge potrebbe prendere in considerazione. Si presenta, infatti, del tutto incoerente col Milleproroghe non essendo riferito ad alcun termine da prorogare, e manca completamente dei requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 76 della Costituzione".
Secondo Italia Solare, che scrive sulla questione anche al Presidente della Repubblica Mattarella, in sede di conversione il Governo non ha stralciato tale norma come avrebbe dovuto doverosamente fare, ma addirittura ne ha esteso la portata alle tariffe elettriche su tutti i livelli di tensione anche in mancanza di un qualsiasi effettivo contraddittorio parlamentare. Con questa norma - commentano dall'associazione - si sgancia il costo dell’elettricità rispetto al consumo di elettricità e si mina gravemente la convenienza di interventi di efficienza energetica e di autoproduzione, che andrebbero invece incentivati.
“Includere in un decreto legge sul quale verrà chiesta la fiducia, scelte chiave di politica energetica per le quali non vi è alcuna necessità e urgenza è una grave violazione delle prerogative del Parlamento e un assalto alla Costituzione, oltre che, nel merito, l’ennesima dimostrazione che il Governo Renzi si preoccupa solo ed esclusivamente degli interessi delle lobby dell’energia da fonte fossile continuando a penalizzare rinnovabili, fotovoltaico in primis, ed efficienza energetica”, ha detto Paolo Rocco Visocntini, presidente di Italia Solare.