giovedì 22 marzo 2018

Perché Franco Gabrielli sbaglia a difendere chi ha coperto i torturatori di Genova. - Giovanni Drogo


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Il sostituto procuratore di Genova Enrico Zucca accusa i vertici della Polizia di difendere chi coprì i torturatori del G8 di Genova, il capo della Polizia risponde che non ci sono torturatori nella Polizia e che le parole di Zucca sono oltraggiose. Gabrielli però dimentica troppe evidenze per potersi offendere.


«Chi ha coperto i nostri torturatori ora è al vertice della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?» così aveva commentato il caso di Giulio Regeni il sostituto procuratore generale di Genova Enrico Zucca. Il riferimento era evidentemente alla decisione di nominare Gilberto Caldarozzi ai vertici dell’Antimafia (e di promuovere a questore il vicequestore Adriano Lauro). La tesi è semplice: Caldarozzi è stato condannato a tre anni e otto mesi per falso (mai scontati) con sospensione per cinque anni dai pubblici uffici per aver collaborato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare chi venne pestato dagli agenti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001.
Genova nel 2001 ci fu tortura.
Ma che c’entra Regeni? Il parallellismo tra i torturatori di Regeni e le violenze compiute dalla polizia durante il G8 di Genova riguarda proprio la tortura. Per quello che è successo alla Diaz l’Italia venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per violazione delle norme sulla tortura. I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno condannato l’Italia per le torture perpetrate dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz e le violenze commesse dagli ufficiali di polizia a Bolzanato. Ed è per questo che Zucca ha detto che «Noi violiamo le convenzioni è difficile farle rispettare ai Paesi non democratici». Secondo Zucca infatti «La rimozione del funzionario condannato è un obbligo convenzionale, non una scelta politica, e queste cose le ho dette e scritte anche in passato. Il Governo deve spiegare perché ha tenuto ai vertici operativi dei condannati. Fa parte dell’esecuzione di una sentenza».
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Nella sentenza la Cassazione scrisse che a Caldarozzi e gli altri condannati “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Successivamente il Ministro dell’Interno Marco Minniti  ha nominato Caldarozzi Vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia. Sempre secondo la Cassazione l’ex capo del Servizio centrale operativo della polizia (SCO) si «è prestato a comportamenti illegali di copertura poliziesca propri dei peggiori regimi antidemocratici». Quando qualche mese fa esplose la polemica per la scelta di nominare Cadarozzi all’Antimafia i vertici della Polizia si giustificarono dicendo che non si trattava di una promozione e che non era stato possibile “procedere ad alcuna forma di destituzione”. La sentenza dice che il comportamento di Caldarozzi fu degno dei peggiori regimi, non è un mistero che in molti considerino l’Egitto un regime antidemocratico. Il parallelismo, con tutti i limiti del caso, è lecito.

Quando Gabrielli diceva che se fosse stato il capo della Polizia durante il G8 di Genova si sarebbe dimesso per il bene della Polizia.

Franco Gabrielli non ha gradito l’uscita di Zucca definendole “parole oltraggiose”: «mi risuonano ancora più oltraggiose le parole di chi non più tardi di ieri ha detto che ai vertici della Polizia ci sono dei torturatori». In realtà Zucca ha detto che ai vertici ci sono persone che “hanno coperto i torturatori” e la sentenza a carico di Caldarozzi parla chiaro. Ogni giorno – prosegue Gabrielli – «i nostri uomini e le nostre donne garantiscono serenità, sicurezza e tranquillità. Ed in nome di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita, chiediamo rispetto. Gli arditi parallelismi e le infamanti accuse, qualificano soltanto chi li proferisce». Nel frattempo il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha avviato accertamenti preliminari sul sostituto procuratore generale di Genova. E il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha dichiarato che quella di Zucca «è stata una dichiarazione impegnativa con qualche parola inappropriata».

"Il G8 di Genova fu una catastrofe": Gabrielli e le responsabilità di quei giorni. "Al posto di De Gennaro mi sarei dimesso" - Carlo Bonini
"Il G8 di Genova fu una catastrofe": Gabrielli e le responsabilità di quei giorni. "Al posto di De Gennaro mi sarei dimesso"

Il capo della Polizia: "Un'infinità di persone subirono violenze che hanno segnato le loro vite. In questi 16 anni non si è riflettuto a sufficienza. E chiedere scusa a posteriori non è bastato".

ROMA - Si dice che non ci sia ferita, per quanto profonda, che il tempo non aiuti a cicatrizzare. Ma il tempo del G8 di Genova è come fosse rimasto ibernato a quei giorni di luglio di sedici anni fa. Lasciando che la ferita torni a sanguinare ogni volta che la cronaca, con la forza della proprietà transitiva, finisce con il riesumarne la memoria: il caso Cucchi, il caso Aldrovandi, il dibattito che ha accompagnato l'approvazione della legge sulla tortura.

La Diaz, Bolzaneto, la morte di Carlo Giuliani sono una scimmia assisa sulla cattiva coscienza del Parlamento, che sui fatti e sulle responsabilità di quei giorni rinunciò a indagare con i poteri della commissione di inchiesta in due successive legislature preferendo pavidamente "attendere" il corso della giustizia penale. Sono un fantasma che non ha mai smesso di abitare il secondo piano della palazzina del Dipartimento della Pubblica sicurezza, gli uffici del capo della Polizia. Dove, in quei giorni di luglio del 2001, era Gianni De Gennaro. E dove è oggi Franco Gabrielli.

"La nottata non è mai passata - dice - A Genova morì un ragazzo. Ed era la prima volta dopo gli anni della notte della Repubblica che si tornava ad essere uccisi in piazza. A Genova, un'infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e psicologiche che hanno segnato le loro vite. E se tutto questo, ancora oggi, è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh, allora vuol dire che, in questi sedici anni, la riflessione non è stata sufficiente. Né è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori. Dopo dieci anni e dopo le sentenze di condanna definitive per la Diaz e Bolzaneto. Se infatti ciclicamente e invariabilmente si viene risucchiati a quei giorni, se il G8 di Genova è diventato un benchmark cui si è condannati a restare crocefissi, questo vuol dire non solo che non è stato messo un punto. Ma, soprattutto, che il momento di mettere questo punto è arrivato. Per non continuare a dover camminare in avanti con lo sguardo rivolto all'indietro".

Vuole metterlo lei "il punto"?
"Diciamo che vorrei provare a dare un contributo. Che, quantomeno, aiuti a creare le migliori condizioni perché questo diventi finalmente possibile".

Magari non è mai stato messo un punto, perché la storia, per diventare tale ed essere consegnata al passato, richiede una memoria condivisa e uno sguardo obiettivo. E il racconto del G8 di Genova non ha né l'una, né l'altro. Non trova?
"Spero non suoni ruffiano, ma il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, ebbe a scrivere un qualche tempo fa che l'obiettività, in quanto tale, non esiste. Perché neanche una fotografia riesce ad essere testimone imparziale di un evento".

Dunque?
"Dunque, da capo della Polizia, la sola strada che posso percorrere, la sola obiettività che posso riconoscermi, è dichiarare senza ipocrisie cosa penso di ciò che è accaduto nel luglio del 2001 a Genova e di cosa è accaduto nei sedici anni che sono seguiti. Non fosse altro perché sono nella migliore condizione per farlo".

Perché?
"Perché sono libero".

Libero? Da cosa? Da chi?
"Nella vita non basta essere capaci. Spesso ci vuole fortuna. La mia fortuna di poliziotto è che al G8 di Genova non c'ero. Da dirigente della Digos di Roma, quale ero nel 2001, sarei dovuto essere lì. E dico di più. Sarei molto probabilmente finito nel cortile della scuola Diaz. Ma non andò così. L'Ucigos stabilì che io rimanessi a Roma per lavorare al dispositivo di sicurezza che doveva garantire la visita di Bush subito dopo il G8 di Genova. Questo significa che, oggi, non ho niente o nessuno da difendere. Che ho la stessa libertà, e spero che il paragone non suoni sproporzionato, che avvertii la mattina del 7 aprile 2009 quando da neonominato prefetto dell'Aquila mi trovai a gestire la catastrofe del terremoto. Avevo testa e sguardo limpido. Non avevo un passato che mi zavorrava".

E da uomo libero cosa vede dunque?
"Se dovessi dare un giudizio lapidario, direi che a impedire quella che lei definiva la "costruzione della memoria condivisa" è stata la rappresentazione abnorme e strumentale, spesso speculare e contrapposta, di quanto è accaduto. Le faccio due esempi, tra i molti che potrei fare. È falso - e sottolineo falso - che nell'accertamento della verità giudiziaria sui fatti di Genova abbia influito una magistratura ideologizzata. La Polizia italiana non è stata perseguitata dal procuratore Enrico Zucca per motivi ideologici. Non solo perché non è vero. Ma perché i magistrati che si sono occupati nella fase delle indagini e in quella del giudizio di merito di quanto accaduto in quei giorni sono stati decine. E hanno lavorato con imparzialità. Del resto, cosa avrebbe dovuto pensare un pm che, di fronte ad un verbale firmato da 14 poliziotti, scopriva che ad essere identificabili erano solo in 13? Non poteva che pensare che non avesse di fronte funzionari dello Stato ma una consorteria. Detto questo, è altrettanto falso che Genova fu la prova generale di una nuova gestione politica dell'ordine pubblico, orientata alla nuova Italia del nascente berlusconismo. Ricordo a tutti, infatti, che Genova 2001 fu preceduta, in marzo, dai fatti di Napoli in piazza Plebiscito. Dalle retate negli ospedali alla ricerca dei feriti in piazza. Governava il centro-sinistra. Quindi, il problema, non era politico. Ma di una cultura dell'ordine pubblico che scommetteva sul "pattuglione". Una modalità di polizia transitata dalla stagione del centro-sinistra a quella del centro-destra".

CRONOLOGIA FATTI G8

Ma della gestione dell'ordine pubblico a Genova che giudizio dà?
"Fu semplicemente una catastrofe. E per una somma di fattori, se vogliamo dirla tutta. Innanzitutto per la scelta sciagurata da parte del vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza di esautorare la struttura locale, la Questura di Genova, dalla gestione dell'ordine pubblico. Quindi, per la scelta infelice della città, che per struttura urbanistica rendeva tutto più complicato. E, da ultimo, perché si scommise sulla capacità dei "Disobbedienti" di Casarini e Agnoletto di poter in qualche modo governare e garantire per l'intera piazza. Capacità che dimostrarono purtroppo di non avere. Insomma, la dico in una battuta. A Genova saltò tutto. E saltò tutto da subito. Fino alla scelta esiziale dell'irruzione nella Diaz".

"La Macelleria messicana".
"Si ritenne, sciaguratamente, con la stessa logica cui prima facevo cenno, quella del "pattuglione", che il contrappeso alla devastazione di quei giorni potesse essere un significativo numero di arresti. Illudendosi, per giunta, che un'irruzione di quel genere, con quelle modalità, avrebbe garantito di acquisire anche "prove" per processare le responsabilità dei disordini di piazza. Peccato che il codice di procedura penale avrebbe reso quell'operazione, ancorché non fosse finita come è finita, carta straccia. Ma, soprattutto, peccato che i processi penali non abbiano potuto scrivere una parola decisiva. Né sulla Diaz, né su quanto accaduto complessivamente in quei giorni".

Perché?
"Perché, per sua natura, viva Dio, il processo penale accerta singoli fatti e gli attribuisce singole responsabilità. Al processo penale sfuggono quelle che a me piace definire responsabilità sistemiche. Con un effetto paradossale. Che i latini definivano "summum ius, summa inuria": "massima giustizia per una massima ingiustizia". Vale a dire, che per il G8 di Genova abbiamo assistito a condanne esemplari per la Diaz e a condanne modeste per Bolzaneto, dove l'assenza di una norma che configurasse il reato di tortura e l'improvviso evaporare della catena di comando e di responsabilità che aveva posto le premesse per cui una caserma del reparto mobile della polizia si trasformasse in un "garage Olimpo" ha fatto sì che oggi si continui a parlare di Diaz e pochi ricordino Bolzaneto. Dove, lo dico chiaro, ci fu tortura. Tortura. Per altro, parlando di Bolzaneto, il destino è curioso. Quella caserma, molti anni fa, fu la mia prima destinazione da poliziotto".

Se capisco bene, lei sostiene che la dinamica processuale ha finito inevitabilmente per trasformare la ricerca delle responsabilità per i fatti di Genova in un'italianissima fiera del "capro espiatorio". Sono volati gli stracci, insomma.
"È così. Ma non lo dico - e lo ripeto a scanso di equivoci - per censurare quelle sentenze o il lavoro della magistratura inquirente che sono arrivati dove potevano arrivare e dove la fisiologia del processo penale gli ha consentito di arrivare. Lo dico perché, a proposito di responsabilità sistemiche, da capo della Polizia, penso sempre che quando in una piazza viene fatto un uso abnorme della forza da parte di un reparto mobile la responsabilità vada cercata non soltanto e non tanto a partire dal singolo poliziotto che ha abusato del suo manganello ma, al contrario, dal funzionario o dal dirigente che ha ordinato una carica che non andava ordinata. Ecco, se parliamo di responsabilità sistemiche e dunque vogliamo storicizzare finalmente il G8 di Genova, io non penso che il singolo agente o funzionario possano funzionare da fusibile del sistema. E che, dunque, in caso di corto circuito, si possa semplicemente sostituire quei fusibili che si sono bruciati e poi serenamente dire "andiamo avanti". Lo ripeto. Se vogliamo costruire una memoria condivisa su Genova, se vogliamo mettere un punto, va colmato lo spread fra responsabilità sistemica e responsabilità penale. Quello che ha fatto sì che alcuni abbiano pagato e altri no".

Magari facendo il nome del convitato di pietra di questa conversazione. Gianni De Gennaro, allora capo della Polizia.
"Non ho nessuna difficoltà a farlo, anche se ci lega un antico rapporto personale. E tuttavia con una premessa, che non è necessariamente una clausola di stile. È sempre complicato e soprattutto rischia di suonare supponente dire quello che qualcun altro avrebbe dovuto fare. Anche perché non sempre si conoscono il contesto e gli equilibri in cui determinate decisioni sono state prese. Detto questo, siccome non ho nessuna intenzione di sottrarmi, perché sono un uomo e un capo della Polizia libero, le dico che se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia. Perché ci sono dei momenti in cui è giusto che il vertice compia un gesto necessario a restituire la necessaria fiducia che un cittadino deve avere nell'istituzione cui è affidato in via esclusiva il monopolio legittimo della forza. E, contemporaneamente, a non far sentire le migliaia di donne e uomini poliziotto dei "fusibili" sacrificabili per la difesa di dinamiche e assetti interni all'apparato".

Quanto hanno contribuito l'arrocco di Gianni De Gennaro e le sue mancate dimissioni a quanto è accaduto negli anni successivi? A quel clima di omertà, di dissimulazione nel percorso di accertamento della verità sul G8, che ha allargato il solco tra la Polizia e una parte significativa dell'opinione pubblica?
"Direi in modo importante. E con effetti di lungo termine. Hanno finito con l'imprigionare il dibattito pubblico in un'irricevibile rappresentazione per cui il Paese sarebbe diviso tra un partito della Polizia e un partito dell'anti- Polizia. Facendo perdere di vista la verità. Che la Polizia italiana è sana. Che lo è oggi come lo era in quel luglio del 2001. E lo posso dire perché io sono cresciuto in questa Polizia. Ne sono figlio. Vede, la maledizione di Genova sta proprio qui. Quel che è accaduto dopo Genova, la mancata risposta alla ricerca delle responsabilità sistemiche ha insieme perpetuato il senso di oltraggio nell'opinione pubblica e alimentato le pulsioni che percorrono ogni apparato di Polizia, a qualsiasi latitudine. Il riflesso istintivo a rifiutare di farsi processare, a immaginarsi o peggio viversi come un "corpo separato". È un livello di "tossicità" assolutamente governabile, proprio di ogni polizia democratica e che, come ripeto in ogni occasione ai miei poliziotti, va sorvegliato. Continuamente. E che, proprio per questo, ha assoluto bisogno che questo perverso incantesimo durato sedici anni si spezzi. A maggior ragione alla vigilia di mesi in cui una parte di quei poliziotti che hanno scontato le loro condanne, penali o disciplinari, chiederanno di essere reintegrati e si consumerà l'iter del risarcimento dei danni alle vittime delle violenze del G8. A maggior ragione, aggiungo, per come io penso e immagino la Polizia che ho il privilegio di guidare".

Come la immagina?
"Una Polizia che non ha e non deve avere paura degli identificativi nei servizi di ordine pubblico, di una legge, buona o meno che sia, sulla tortura, dello scrutinio legittimo dell'opinione pubblica o di quello della magistratura. Una polizia che non deve vivere la mortificazione o lo stillicidio delle sentenze della Corte europea per i diritti dell'Uomo su quei fatti di sedici anni fa. Perché questa è la Polizia che ho conosciuto e che conosco. Io posso solo dire al Paese e alla mia gente, donne e uomini poliziotto, che del lavoro della Polizia sarò io il primo a rispondere. L'ho fatto in questi anni da direttore dell'Aisi, da prefetto dell'Aquila, da capo della Protezione civile e non vedo una sola ragione per non continuare a farlo. Anche perché non ci sarà una nuova Genova".

È una promessa?
"È un fatto. Perché questi sedici anni non sono passati inutilmente. Prima dicevo che la polizia del 2001 era una polizia democratica esattamente come lo è quella di oggi. Ma sono cambiate molte cose nelle nostre routine, nella formazione delle nostre donne e dei nostri uomini, nella gestione dell'ordine pubblico. Guardiamo cosa è accaduto ad Amburgo. E guardiamo cosa invece è accaduto a Roma, in occasione dei 60 anni della firma dei trattati di Roma, e a Taormina con il G7. Il nostro sistema di prevenzione e sicurezza è oggi quello che conosciamo anche perché c'è stata Genova. E da lì è cominciata la nostra traversata nel deserto. Oggi, il nostro baricentro è spostato sulla prevenzione prima che sulla repressione. Sul prima, piuttosto che sul poi. Lavoriamo perché le cose non accadano. O quantomeno per ridurre la possibilità che accadano. Non per mettere una toppa quando il danno è fatto. Ecco perché dico che dobbiamo liberarci dalla maledizione di camminare in avanti con lo sguardo rivolto all'indietro. Consegniamo quel G8 di Genova alla Storia. Perché questo ci renderà tutti più liberi. E quando dico tutti, penso al Paese e alla Polizia che di questo Paese è figlia".

Dalle stelle una cascata d'oro nella Via Lattea.

Rappresentazione artistica della collisione di due stelle di neutroni (fonte: University of Warwick/Mark Garlick) © Ansa
Rappresentazione artistica della collisione di due stelle di neutroni (fonte: University of Warwick/Mark Garlick)RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa.

Prodotta una quantità fino a 13 volte la massa della Terra.


Una quantità di oro fino a 13 volte la massa della Terra si è riversata nella Via Lattea in seguito alla collisione di due stelle di neutroni, ossia fra due stelle nelle quali la materia è così densa da essere considerate l'anticamera dei buchi neri.
La scoperta, pubblicata sull'Astrophysical Journal, si basa sui dati relativi all'evento che nell'agosto 2017 ha generato le onde gravitazionali osservate da oltre 70 strumenti in tutto il mondo. La collisione, avvenuta alla distanza compresa fra 85 e 160 milioni di anni luce, ha prodotto anche una straordinaria massa di metalli pesanti. E' stata ad esempio generata una quantità di europio fino a cinque volte la massa della Terra.
Elementi preziosi e rari, come l'oro e l'europio, si creano quando avviene il processo chiamato 'cattura rapida dei neutroni', nel quale il nucleo di un atomo assorbe velocemente un gruppo di neutroni in modo da raggiungere una struttura stabile prima che la sua radioattività decada. Finora, però, non era chiaro il processo che alimentasse le fabbriche cosmiche degli elementi pesanti e il dibattito finora è stato molto acceso tra gli studiosi.
Una delle ipotesi additava le possibili fabbriche nelle supernovae, ossia nelle stelle che esplodono quando giungono al termine del loro ciclo vitale; l'altra ipotesi, confermata dalle misure appena pubblicate, indicava invece le fabbriche cosmiche nella fusione di stelle di neutroni. Queste ultime sono stelle estremamente dense e caratterizzate da una rotazione molto rapida. Sono quello che resta dell'esplosione di supernove e
per questo motivo nel momento in cui nascono hanno una temperatura altissima, che gradualmente si riduce fino ad abbassarsi di un milione di gradi dopo 100.000 anni.

lunedì 19 marzo 2018

Confini marittimi Italia-Francia, “il nuovo accordo lascia a Parigi le zone più pescose”. - Andrea Tundo

Confini marittimi Italia-Francia, “il nuovo accordo lascia a Parigi le zone più pescose”

Protestano le opposizioni per l'intesa che in base a una convenzione Onu del 1982 aggiorna l'estensione delle acque territoriali. Roma dovrà rinunciare a una porzione al largo della Liguria e a qualche miglio a sud-ovest della Corsica. Polemica sul mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria dei pescatori.

Interrogazioni parlamentari, richieste d’intervento del presidente della Repubblica, sospetti, mezze verità e ammissioni. Da una settimana tiene banco la discussione riguardo al Trattato di Caen che ridisegna i confini tra Italia e Francia al largo delle coste di Liguria e Sardegna. Un accordo maturato dopo dieci anni di trattative per il quale il governo ha ricevuto l’accusa di “aver svenduto ampie porzioni di mare particolarmente pescose”. La firma posta dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni lo scorso 21 marzo era un atto necessario per aggiornare i confini alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982. L’Italia ha quindi rinunciato a un piccolo triangolo di mare – ma ‘prezioso’ dicono le opposizioni – al largo della Liguria e a qualche miglio di acque a est e sud-ovest della Corsica.

Il caso dei pescherecci.La questione diventa politica a metà gennaio. Fino a quel momento, il tutto era rimasto semisconosciuto poiché il trattato non è mai stato ratificato dall’Italia. E non c’è nulla di strano nell’anno di “vuoto”: come spiega a ilfattoquotidiano.it l’onorevole di Sel Erasmo Palazzotto, membro della commissione Esteri, “i tempi di ratifica spesso sono molto lunghi, stiamo ancora rendendo ufficiali accordi stretti negli Anni Novanta”. La Francia è stata più celere e, un mese fa, ha fermato diversi pescherecci italiani al largo della Liguria e della Sardegna. Secondo i comandanti, le imbarcazioni si trovavano in acque dove, da sempre, calano le reti. Un tratto mare particolarmente ricco per la pesca di gamberoni e pesce spada, quindi ambito. I fermi hanno provocato gli interventi in serie di parlamentari di maggioranza e opposizione, oltre a diversi esponenti politici e amministrativi della Liguria. Tutti chiedono al Governo di spiegare e sottolineano come nessuno abbia ascoltato i pescatori prima della firma.

Le risposte dei ministeri e le nuove “valutazioni.
Rispondendo a un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il sottosegretario Benedetto Della Vedova chiarisce: “Il ministro Gentiloni ha disposto che fosse sollevata formalmente nei confronti della Francia la questione della giurisdizione marittima sul punto di fermo e sequestro (essendo avvenuto in una zona di pesca italiana), ottenendo per le vie ufficiali dalle autorità francesi l’ammissione di un “deprecabile errore” di competenza territoriale e le loro scuse formali”. Aggiungendo poi una specifica riguardo il Trattato di Caen: “Non è ancora in vigore e non è quindi applicabile nel caso in questione”. Sull’onda delle proteste, proseguite negli scorsi giorni, giovedì la Farnesina ha diramato una nota: “Il tracciato di delimitazione delle acque territoriali e delle restanti zone marittime riflette i criteri stabiliti dall’Unclos”, spiegando anche che “la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l’arcipelago toscano” e “anche per quanto riguarda il confine del mare territoriale tra Italia e Francia nel mar Ligure, in assenza di un precedente accordo di delimitazione, l’Accordo di Caen segue il principio dell’equidistanza come previsto dall’Unclos”. Specificando come per il tratto “tra Corsica e Sardegna è stato completamente salvaguardato l’accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta”. Restano i dubbi sul perché l’Italia abbia chiuso un negoziato salvo riservarsi “ulteriori approfondimenti al termine dei quali verrà fatta una valutazione globale ai fini di un’eventuale avvio della ratifica”, come ha affermato ancora Della Vedova. Perché solo ora dopo sei anni di dialogo che ha coinvolto anche i ministeri di riferimento per pesca, trasporti ed energia?
L’articolo 4: non solo la pesca.Non solo i pescherecci, dunque, sono al centro degli accordi (e delle dispute) tra Italia e Francia. Anche nel Trattato di Caen. L’articolo 4 disciplina infatti “lo sfruttamento di eventuali giacimenti di risorse del fondo marino o del suo sottosuolo, situati a cavallo della linea di confine”. Gas e petrolio, quindi. Alcuni media sardi hanno avanzato l’ipotesi che il vero nodo della revisione sia proprio questo. Al largo di Stintino, infatti, la compagnia norvegese Tgs-Nopec ha richiesto un permesso di “prospezione idrocarburi” in una vasta area che comprende le province di Sassari e Oristano, che – stando al sito del ministero dell’Ambiente – attende la Valutazione d’impatto ambientale. L’area però, secondo le coordinate, non ricadrebbe lungo la linea di confine. E visto che l’accordo inizia a vedere la luce ben dieci anni, l’ipotesi appare quanto mai remota.
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AREZZO: Rifiuti speciali trovati dentro un tratto crollato di E45. - Fulvio Zappatore

AREZZO: Rifiuti speciali trovati dentro un tratto crollato di E45


Rifiuti speciali usati per costruire tratti dell’E45. E’ su questo che sta indagando la procura di Arezzo in merito ad un ritrovamento effettuato su un tratto della superstrada crollato nei giorni scorsi all’altezza dei Pieve Santo Stefano a causa del maltempo delle ultime settimane. I carabinieri forestali, nel corso di un controllo, hanno rilevato diverse anomalie circa il materiale di cui era composto il cemento che non si tratterebbe, come previsto, di terra e rocce da scavo bensì di “rifiuti speciali da demolizione e costruzione”. Questo il motivo per cui gli inquirenti hanno formulato l’ipotesi di disastro colposo. Nel frattempo altri campioni dell’asfalto sono stati prelevato e inviati in laboratorio per ulteriori analisi.  

http://www.teleromagna24.it/attualit%C3%A0/arezzo-rifiuti-speciali-trovati-dentro-un-tratto-crollato-di-e45/2018/3

Elezioni in Russia, Putin trionfa con oltre il 76%. Discorso alla folla: "Successo è nostro destino". - Rosalba Castelleti

Elezioni in Russia, Putin trionfa con oltre il 76%. Discorso alla folla: "Successo è nostro destino"

Il discorso di Putin alla folla sotto le mura del Cremlino  (ansa)

Il presidente ha parlato per la prima volta del caso Skripal: pensare che la Russia sia colpevole dell'avvelenamento "è una sciocchezza". Alle urne in una data simbolica: quattro anni fa l'annessione della Crimea. Il portavoce della campagna ringrazia la premier inglese Theresa May.

MOSCAVladimir Putin viene incoronato per un quarto mandato presidenziale fino al 2024 con il miglior risultato di sempre: oltre il 76 percento dei voti. La percentuale del 76,6% si riferisce, secondo i principali media russi, al 99,63% delle schede scrutinate. “Grazie a tutti i nostri sostenitori per questo risultato: ora è importante essere uniti e includere nella nostra squadra anche chi ha votato altri candidati. Il successo è il nostro destino. Lavoreremo tutti duramente per il futuro della grande Russia”, ha detto il presidente. Un risultato che mostra "la fiducia e la speranza" del popolo russo, ha scandito parlando alla folla riunita in piazza del Maneggio, alle spalle della Piazza Rossa, per il concerto dedicato al quarto anniversario della ratifica dell’annessione della Crimea.

"Penseremo al futuro della nostra grande patria, al futuro dei nostri figli e agendo così senza dubbio siamo condannati al successo", ha detto il presidente (che aveva votato intorno alle 10 (foto) nel suo seggio uscito in piazza a festeggiare subito dopo i primi exit poll come fece anche sei anni fa (video)
 
"Se si fosse trattato di nervino di tipo militare Serghei Skripal sarebbe morto sul posto: noi abbiamo distrutto il nostro arsenale chimico mentre i nostri partner non lo hanno ancora fatto", ha aggiunto Putin più tardi in conferenza stampa, intervenendo per la prima volta sul caso del tentato omicidio con un gas nervino in Gran Bretagna dell'ex spia russa Serghej Skripal. Il presidente ha sottolineato che pensare che la Russia sia colpevole "è una sciocchezza".

"Ritenere che potessimo fare una cosa del genere prima delle elezioni e dei campionati del mondo è davvero sciocco", ha aggiunto il presidente appena rieletto assicurando che Mosca è "pronta a cooperare con la Gran Bretagna". 

Elezioni in Russia, Putin trionfa con oltre il 76%. Discorso alla folla: "Successo è nostro destino"

GLI SFIDANTI: I SEI ‘NANI’ (PIÙ UNA DONNA) ANTI-PUTIN.
Erano sei gli uomini e una donna a sfidare Putin alle presidenziali. Pavel Grudinin, volto nuovo del Partito comunista, finora sempre rappresentato alle urne da Ghennadj Zjuganov, è stato il solo a superare la doppia cifra, ottenendo circa il 12 percento dei voti. Strano caso di "comunista capitalista", è soprannominato "il re delle fragole", principale prodotto della sua azienda agricola. Terzo Vladimir Zhirinovskij, il nazionalista leader del Partito liberaldemocratico alla sua sesta candidatura, con il 5,6 per cento dei voti. Quarta Ksenia Sobchak, unica donna, conduttrice televisiva e presunta figlioccia del presidente al suo debutto in politica, con l’1,67 per cento. Restano sotto l'1 per cento invece il liberale Grigorij Javlinskij, a capo di Jabloko, che correva per la terza volta, il nazionalista Serghej Bubarin,  Maksim Surajkin, nominato da un partito alternativo al Pc parlamentare, Comunisti di Russia, e Boris Titov, l'ombudsman degli imprenditori.
 
I BROGLI.
"E' chiaro che queste elezioni non sono state oneste, anzi sono state le più sporche nel territorio dell'ex Unione Sovietica: le persone hanno potuto votare più volte", è stato il primo commento di Grudinin, dando ragione ad Aleksej Navalnyj, escluso dalla corsa per le sue precedenti condanne penali, che invitava al boicottaggio. Opposizione e attivisti hanno denunciato centinaia di brogli e violazioni. Per il capo della Commissione elettorale centrale, Ella Pamfilova, invece, le operazioni di voto non avrebbero registrato gravi violazioni. Anche il ministero dell'Interno di Mosca ha sottolineato la sostanziale regolarità del voto. 

domenica 18 marzo 2018

Da Capri alla Feniglia, il mistero dei dischetti di plastica spiaggiati. - Nicoletta Cottone



Migliaia di dischetti di plastica hanno invaso le spiagge del Tirreno. Dalla Feniglia a Capri, passando per Ischia, Fregene, Anzio e Talamone, una distesa di cerchietti di plastica retinati si è abbattuta sulle spiagge di Toscana, Lazio e Campania. Le ondate hanno riversato sulle spiagge dischetti del diametro di cinque centimetri che, dimensione a parte, somigliano ai coperchietti grigliati di alcune cialde da caffè.
L'allarme lanciato da Clean Sea Life.
La vicenda è stata resa nota da Clean Sea Life, progetto cofinanziato dall'Unione europea che vuole accrescere l'attenzione del pubblico sulla quantità di rifiuti in mare e sulle spiagge, promuovendo le migliori pratiche di prevenzione e gestione dei rifiuti marini. Dalle prime indiscrezioni potrebbero essere dischetti impiegati nei sistemi di depurazione delle acque. Un fatto analogo avvenne nel marzo 2011 in America: per le forti piogge l’impianto di trattamento della città di Hookset riversò milioni di dischetti in mare (se ne contarono poco meno di 8 milioni).
Raccolta e foto per risalire al'origine dello sversamento. 
Con lo slogan “tutti insieme per un mare pulito” hanno invitato turisti, sub, diportisti, bagnini e bagnanti a rimboccarsi le mani e, armati di guanti, raccogliere i dischetti segnalando con foto e video gli spiaggiamenti, per risalire all'origine dello sversamento.
Le prime segnalazioni a Ischia. 
Per ora le prime segnalazioni sono datate 20 febbraio e riguardano Ischia. Man mano spinti dalle correnti i dischetti si sono riversati sulle spiagge di tre regioni. Per risolvere il giallo sono al lavoro gli ocenografi del Lamma (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile della Regione Toscana), il Cnr e la Fondazione per il clima e la sostenibilità. La Regione Lazio ha mobilitato l'Arpa. Il caso è stato segnalato ai carabinieri e alle capitanerie di porto e al reparto ambientale della Guardia costiera.

sabato 17 marzo 2018

Scoperti 15 mondi alieni al di fuori del Sistema Solare.

Raffigurazione di uno dei 15 nuovi mondi che orbitano intorno a piccole stelle fredde, le nane rosse (fonte Tokyo Institute of Technology) © Ansa

Raffigurazione di uno dei 15 nuovi mondi che orbitano intorno a piccole stelle fredde, le nane rosse (fonte Tokyo Institute of Technology) © ANSA/Ansa.


Uno di loro potrebbe avere acqua liquida.

Un gruppo di 15 nuovi pianeti si aggiunge alla folla di quasi 4.000 mondi scoperti negli ultimi anni oltre il Sistema Solare. Orbitano intorno a stelle piccole e fredde, le nane rosse. Uno di loro, battezzato K2-155d e distante circa 200 anni luce dal Sole, potrebbe essere una SuperTerra poiché il suo raggio è 1,6 volte maggiore di quello terrestre, e potrebbe avere acqua liquida perché si trova alla 'giusta' distanza dalla stella madre. È quanto emerge da due ricerche pubblicate sull'Astronomical Journal. 

nuovi mondi sono stati scovati dal gruppo dell'Istituto di Tecnologia di Tokyo coordinati da Teruyuki Hirano, grazie ai dati raccolti dal cacciatore di pianeti Kepler nel corso della sua ‘seconda vita’, la missione K2, e alle osservazioni fatte da telescopi terrestri come il Subaru alle Hawaii e il Nordic Optical Telescope (Not) in Spagna.

Le nane rosse sono le stelle più diffuse nell'universo: fredde e piccole, hanno massa tra 0,4 e 0,08 volte quella del Sole. 

I 15 pianeti sono stati scoperti grazie alle oscillazioni nella loro luminosità provocate dal transito dei pianeti davanti al loro disco. Secondo i ricercatori adesso è necessario misurare temperatura e raggio della SuperTerra K2-155d e, soprattutto, verificare se abbia un'atmosfera prima di poter affermare con certezza abbia acqua allo stato liquido. In questo potrà essere d'aiuto il potranno arrivare dal nuovo cacciatore di pianeti Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della Nasa, il cui lancio è previsto in aprile.