Articolo di Personaggi d'Italia, pubblicato domenica 5 luglio 2009 in Germania.
[Der Tagesspiegel]
…e questo è un notevole strumento di potere, dice Alexander Stille a riguardo del premier. Perché gli italiani continuano ancora a votarlo nonostante tutti i suoi scandali (sessuali).
Alexander Stille, 52 anni, autore di una biografia molto apprezzata intitolata “Citizen Berlusconi”, è professore di giornalismo alla Columbia University. Negli ultimi mesi il giornalista americano ha vissuto a Roma. Tra le altre cose scrive per la rivista “New Yorker”; suo padre era caporedattore del “Corriere della Sera”, il più grande quotidiano italiano.
Signor Stille, la “Süddeutsche Zeitung” ha di recente descritto un capo di stato come un “dittatore disperato” che è “fuori di testa, eccentrico” e desta “voglie voyeuristiche”. Lo riconosce?
Silvio Berlusconi? Potrebbe essere lui. O mi sta forse prendendo in giro?
Si stava parlando del nordcoreano Kim Jong-Il.
Oh! L’aspetto voyeuristico calza perfettamente. Ma Berlusconi non è un dittatore disperato. È atipico come figura politica, perché propone la sua vita e il suo stile di vita invece di un programma politico. Donne, feste, ville sono il sogno di molti italiani e questo lo rende così interessante. È importante dire che lui ha cambiato la cultura del paese prima di cambiarne la politica. Ha portato in Italia la televisione privata, ha inondato il paese di serie televisive che hanno per protagonisti gente ricca e famosa e ha celebrato il successo materiale.
La trasmissione “Tutti Frutti” su RTL, questo è stato Berlusconi.
Sì, la trasmissione si chiamava nella versione originale “Colpo Grosso”. Questo è stato il grande contributo di Silvio Berlusconi alla cultura mondiale.
Altri paesi sono sopravvissuti abbastanza bene a trasmissioni come questa.
Fino agli anni ’80 l’Italia è stata caratterizzata da due culture molto intransigenti, la chiesa cattolica e il partito comunista. Si era puritani e si usava il denaro con parsimonia. Poi è venuta l’ideologia del successo, con Ronald Reagan negli USA, con Maggie Thatcher in Inghilterra: Berlusconi non ha fatto altro che importare questa ideologia in Italia.
Umberto Eco parla di un “colpo di stato strisciante”. Come vede Lei l’Italia da quando Berlusconi nel 1994 è diventato per la prima volta presidente del consiglio?
Lui ha creato un sistema del tutto nuovo, né democrazia né dittatura. È una specie di democrazia plebiscitaria: viene eletto un uomo forte che non si preoccupa per nulla né del parlamento né del capo dello stato. Ma quello che è sempre più sconvolgente è che lui governa a forza di decreti legislativi. La costituzione glielo permette. A cosa servono ancora i dibattiti in parlamento? Berlusconi dice che è inutile chiamare a raccolta 600 parlamentari per le votazioni, basterebbero i capi di partito. Di fatto egli ritiene di non aver bisogno del parlamento.
Per gli intellettuali non è un compito facile trovare un concetto che possa descrivere questa situazione. Massimo Giannini, giornalista de “la Repubblica”, ritiene che “l’obiettivo di Berlusconi non è una dittatura nel senso classico del termine, ma piuttosto una moderna forma di ‘totalitarismo’ post-ideologico”.
Questa opinione si avvicina molto alla mia. Berlusconi non ha un’idea di società, non ha una organica visione del mondo, questo lo distingue dai fascisti. A lui basta credere di essere la mente più brillante del paese, la persona più creativa e straordinaria che l’Italia abbia generato negli ultimi anni.
Un Leonardo da Vinci per il nuovo millennio.
Da Vinci non avrebbe mai potuto essere a capo del governo, perché era gay.
Berlusconi dice addirittura di essere il “Gesù Cristo della politica”. Pensa che quest’uomo sia matto?
È un megalomane. È affetto da una estrema forma di narcisismo. È interessante considerare che uomini con un simile difetto incorrono spesso in errori, perché sottovalutano i loro avversari. Pensano che il mondo giri intorno a loro, quando in realtà non è così. Anche Berlusconi crede che il mondo giri intorno a lui, ma la cosa strana è che questo accade veramente! Ha plasmato la realtà italiana a tal punto che essa ogni giorno gli offre un ulteriore conferma di questo. Ma non appena lascia questa realtà e va all’estero resta esterrefatto: quello che in patria viene applaudito, diventa improvvisamente motivo d’imbarazzo! Il narcisista non riesce a capirlo.
Come viene visto negli USA?
Non viene preso sul serio. Tiene un discorso a Wall Street e vuole attirare investitori in Italia. Lo fa con le seguenti parole: “Venite, noi abbiamo le segretarie più carine del mondo”. Negli Stati Uniti un’atteggiamento del genere è considerato discriminazione sessuale. Non funziona proprio per niente.
Con Berlusconi c’è stata un’amnistia generale per chi delinque, politici di rilievo godono ora dell’immunità, le leggi sui mezzi di comunicazione sono state smantellate… Qual è stato finora il suo colpo grosso?
Indiscutibilmente il primo, ovvero entrare in politica. Nell’estate del 1993 è a capo di un impero mediatico sommerso dai debiti. Il suo più influente alleato, il socialista Bettino Craxi, viene accusato di corruzione e perde la sua influenza. I comunisti possono vincere le successive elezioni. Il centro-sinistra vuole togliere a Berlusconi una delle sue tre emittenti. Tutto il suo impero minaccia di sgretolarsi. È a questo punto che Berlusconi ha la folle idea di batterli tutti. E ci riesce. Poco prima è quasi sul lastrico, poco dopo è il presidente del consiglio e l’uomo più ricco d’Italia.
Riteneva possibile che questo potesse succedere?
Conosco l’azione dei media e sapevo quanto era potente. Non l’ho mai sottovalutato. È veramente un peccato che allora si sia persa un’occasione storica. Fino ad allora il sistema politico italiano era condizionato dalla guerra fredda e caratterizzato dalla corruzione. C’era la speranza che potessero sorgere dei partiti conservatori e dei partiti di sinistra normali, che si alternassero al potere come in altri paesi. C’era il movimento di “mani pulite”…
…e “mani pulite” significa indagini per la lotta alla corruzione…
…quasi tutti i politici infatti, questo emerse, erano coinvolti nella corruzione. E un sano sconvolgimento dell’ordine politico avrebbe fatto bene all’Italia. L’Italia sarebbe potuta diventare una società più civile. Per me era evidente che i processi contro la corruzione e Berlusconi erano due treni che correvano in direzioni opposte e che ci sarebbe stata una spaventosa collisione. La vittoria di Berlusconi ha distrutto ogni speranza.
Lei ha incontrato Berlusconi personalmente nel corso del suo primo governo. Lui deve essere – così dicono in molti – incredibilmente carismatico.
Per me non ha nessun fascino. Non ho ancora incontrato nessuno che in un così breve lasso di tempo ha detto così tante bugie. Lui mi disse personalmente: “Io non farei mai nulla che possa favorire le mie aziende mediatiche”. Io adducevo i fatti che lo smentivano: lui negava semplicemente tutto. Tuttavia si irritò un po’. Non ama essere contraddetto. Non è in grado di condurre una conversazione, nel senso proprio del termine: non reagisce alle domande. Tiene volentieri dei discorsi che fanno sognare le persone. Ha il talento di raccontare favole.
Lo scrittore F. C. Delius, nato a Roma, crede che Berlusconi sia facile da interpretare: “Quasi sempre è vero esattamente il contrario di quello che sostiene”. È veramente così semplice?
I politici mentono continuamente. Ma ciò che colpisce delle sue bugie è la convinzione con cui le racconta: lui stesso ci crede. Questo è un notevole strumento di potere. Tutti noi tendiamo a riporre fiducia in chi guarda qualcuno negli occhi e dice: “Giuro sulla vita dei miei figli che non ho mai violato una legge”. Affermazioni del genere sconcertano anche degli addetti ai lavori, ti chiedi se alcuni dei tuoi dati possano essere sbagliati.
E cosa successe dopo?
Lo incalzai con la questione del conflitto di interessi: essere capo del governo e allo stesso tempo padrone di un impero commerciale è impossibile in stati con governi democratici. Lui mi disse di aver ottenuto tutto in questo paese e che avrebbe voluto ricambiarlo in qualche modo. Alla lettera disse: “So creare, so comandare, so farmi amare”. Io pensai solamente: “È pazzo!”.
È scaltro! Berlusconi è stato imputato in 17 procedimenti penali: corruzione di giudici, spergiuro, evasione fiscale, falso in bilancio, concorso in associazione mafiosa… È uscito indenne da tutto questo.
I potenti in Italia non vanno in carcere. Un esempio: i testimoni non sono tenuti a fare dichiarazioni davanti al giudice, anche se hanno fatto precedentemente delle dichiarazioni scritte. Devono solo arrivare per tempo i soldi per i testimoni e il capo d’accusa cade. Un altro esempio è la prescrizione. Supponiamo che il signor B. ha corrotto qualcuno nel 1995 e che per questo reato il termine di prescrizione sia fissato a dieci anni. In ogni paese la prescrizione non può essere applicata se il processo inizia nel 2000. In Italia è diverso. Berlusconi assume un esercito di avvocati per prolungare il processo di ulteriori cinque anni e così non può essere condannato. Il sistema giudiziario italiano è un relitto.
Uno studio della Banca Mondiale del 2009 sulle condizioni contrattuali attesta che la giustizia italiana offre agli investitori meno tutela che quella del Mozambico; impugnare un contratto in Italia è più difficile che in Colombia.
Purtroppo è vero e per l’economia è fatale. L’ho sperimentato in prima persone e non sono certo un caso isolato. Da un mio libro su una famiglia di ebrei vissuta durante il fascismo è stato tratto un film, per contratto mi spettavano 120.000 euro, una grossa somma per un autore. Ho ricevuto la prima di cinque rate, nient’altro. Hanno temporeggiato per anni, ora il caso verrà discusso in tribunale. Il tempo medio per un processo è in Italia di dieci anni. Dieci anni! È un invito a violare la legge. Ad oggi ci sono in Italia cinque milioni di procedimenti penali pendenti …
L’Italia era una tra le più importanti nazioni industrializzate, oggi è diventata il fanalino di coda dell’economia europea. Non verrà a dirmi che la colpa è tutta di Berlusconi.
No. Questo problema si è creato in un lungo lasso di tempo. Né la sinistra né i conservatori hanno avuto il coraggio di fare delle vere riforme. Comunque la sinistra ha alzato leggermente le tasse, per consolidare il bilancio; ha varato una legge contro le case edificate abusivamente, questione che in Italia costituisce un grande problema. La sinistra ha anche combattuto con maggior determinazione l’evasione fiscale. L’Italia ha il maggior numero di piccole imprese al mondo; in base alle stime sarebbero tra i tre e i cinque milioni le imprese con meno di cinque dipendenti. E cos’ha fatto Berlusconi, quando è arrivato al potere? È stata varata un’amnistia per tutti gli evasori fiscali. Il messaggio era chiaro: chi paga le tasse è proprio un imbecille. Che razza di segnale è questo per i cittadini?
Berlusconi, a quanto pare, ne capisce molto di economia. Dopo solo dodici anni in politica il suo capitale privato si è triplicato, secondo “Forbes” [famosa rivista economica staunitense, NdT] è cresciuto in un solo anno di quattro miliardi di dollari. Questo è sicuramente…
Un momento! Lui è un monopolista. Non si deve essere particolarmente intelligenti per far soldi con la televisione. Nelle sue tasche confluisce il 60% dell’intero mercato pubblicitario, così senza far nulla. Ogni azienda deve comparire in televisione con i suoi prodotti. E la sua più grande concorrente, la televisione di stato RAI, non è una vera concorrente per lui. Consideri la questione dei diritti di trasmissione relativi ai campionati del mondo di calcio. RAI fa una debole offerta, l’azienda di Berlusconi ne fa una leggermente migliore e se li aggiudica. Con la televisione Berlusconi è come se possedesse una sua personale tipografia per la stampa di banconote. Solo un idiota non riuscirebbe ad arricchirsi in questo modo.
La sua potenza mediatica non può essere così onnipotente. Quando la moglie di Berlusconi, Veronica Lario, ha richiesto il divorzio a causa delle sue avventure galanti, ha avuto abbondante risonanza sui giornali.
Sì, sul quotidiano “La Repubblica”. Questo è l’unico grosso giornale sul quale non ha influenza e lui può ignorarlo, perché i suoi lettori non lo voterebbero mai. Il “Corriere della Sera” invece…
… un giornale di Milano, che è il più grande quotidiano d’Italia …
… è conservatore: questi lettori sono molto importanti per lui. Si dice che il “Corriere” sia indipendente. Ma già dopo la sua elezione nel 1994 Berlusconi mandò in redazione una sua dipendente, che si occupava della sua immagine, e pretese che si cercassero in archivio foto per lui svantaggiose e che venissero portate via. Le è stato possibile farlo, con il permesso dei proprietari.
Perché è stata tollerata una tale sfrontatezza?
Per paura. Il “Corriere” è controllato da un consorzio di importanti aziende. Tutte fanno grossi affari con lo stato. Fiat può permettersi di avere un capo del governo che gli sia avverso? No. Anche il capo della Pirelli era coproprietario del quotidiano. Il più grande produttore di pneumatici italiano può inimicarsi lo stato? No. In RAI le cose funzionano in maniera analoga. I vecchi tempi non erano idillici, ma a posteriori sembrano essere tempi d’oro. Le tre reti televisive erano controllate dai partiti, per il telegiornale della sera i redattori sedevano davanti ad un cronometro e si accertavano che il tempo di trasmissione fosse suddiviso equamente tra le parti. È un sistema rozzo e di certo non è l’ideale per dei giornalisti. Ma garantiva un certo pluralismo.
Il presidente del consiglio non ha certo cambiato tutti i redattori. Perché questi dovrebbero scrivere su di lui senza spirito critico?
La cosa triste è che lo fanno volontariamente. Chi ha accettatto che la politica controlli la televisione, sa istintivamente chi deve servire. Berlusconi afferma volentieri che in RAI ci sono molti più giornalisti di sinistra che di destra e ha pienamente ragione. Stavo parlando proprio ora con un redattore RAI di quando Air France, l’anno scorso, voleva comprare la compagnia aerea Alitalia e Berlusconi pose il suo veto. Air France aveva offerto di accollarsi tutti i debiti. Ora sono i contribuenti italiani che devono farlo. Al redattore ho chiesto perché nessun giornale mette a confronto questi dati? Sarebbe così evidente che questo accordo è stato svantaggioso per l’Italia. Io dicevo: “Dopotutto Lei lavora per un importante telegiornale, perché non lo fa?”. Lui dice che la risposta è lampante, sarebbe confinato per i prossimi vent’anni nel reparto videoregistrazioni. Negli scantinati della RAI ci sono centinaia di giornalisti stipendiati a tempo pieno che si girano i pollici. Confrontare semplicemente i fatti, questa elementare forma di giornalismo non esiste più in Italia. Quasi l’80% degli Italiani si informano esclusivamente tramite la televisione e Berlusconi controlla le sei grandi reti televisive del paese. Questo è potere.
Nel suo bilancio di governo c’è comunque di positivo che l’immondizia da Napoli è sparita.
Che l’immondizia a Napoli non ci sia più, questo è vero. Che il problema sia stato risolto alla base, ne dubito. In questo periodo si ammassa immmondizia nella città di Palermo. La politica di Berlusconi è sensazionalismo da fotografia. Manda i militari a Napoli, lascia che si metta un po’ d’ordine, si mette in posa per un paio di minuti e si fa scattare delle fantastiche foto: Silvio, il salvatore. Perché il vertice del G-8 d’improvviso è stato spostato in Abruzzo? Immaginatevi le foto che gireranno per tutto il mondo: Berlusconi con Obama, Brown, Merkel … in una regione distrutta dal terremoto, così l’uomo dei miracoli aiuta la povera gente! Temo che anche nel prossimo inverno non avranno ancora delle case in cui abitare. È puro spettacolo!
Berlusconi si vanta della sua potenza sessuale, si definisce orgogliosamente come “ben dotato”, regala brillanti a giovani donne e si dà tono con la sua infedeltà coniugale. È questo machismo ad essere votato?
Purtroppo c’è qualcosa di vero in questo. Il movimento femminista attivo negli anni ’80 è scomparso. In Italia si accetta di buon grado che un deputato in una manifestazione politica dica di volersi sedere dove ci sono le ragazze più carine. Per questo il paese ha la più bassa percentuale di donne della popolazione lavorativa europea. Degli studi affermano che le economie funzionano peggio senza donne.
La diciottenne Noemi Letizia che Berlusconi ha portato già giovanissima al centro delle cronache ci mostra lo stato in cui versa la politica italiana. Ha dichiarato: “Voglio diventare showgirl. Ma mi interessa anche la politica. Sono flessibile. Ci penserà papi Silvio.”
Nel 2006 Berlusconi ha modificato la legge elettorale. Gli Italiani non votano più per dei candidati, ma soltanto per dei partiti. I loro dirigenti possono scegliere chi va in parlamento. E se il parlamento non viene preso più sul sero, perché non portarsi in parlamento l’amichetta, il cuoco di fiducia, il nipote del proprio medico? Questa è solo una naturale conseguenza.
Il quotidiano tedesco “FAZ” descrive così la situazione: “Mentre la sinistra si è politicamente suicidata e lui, da premier, domina il paese a suo piacimento, l’ultimo suo avversario ancora da prendere sul serio è l’ex-moglie Veronica Lario.” La messinscena che si è creata intorno al suo divorzio può diventare pericolosa per Berlusconi?
Passerà. Alla maggior parte degli Italiani non interessa questa faccenda. Lui ha fatto cose più gravi dal punto di vista morale – come far corrompere dei giudici – senza che la sua popolarità ne abbia sofferto. Ieri ho dovuto far la coda in una banca qui a Roma e davanti a me c’erano quattro italiane che aspettavano. Chiacchieravano sulle avventure galanti di Berlusconi e trovavano nauseante che quelli di sinistra tentassero di farne uno scandalo: si tratterebbe infatti soltanto di una sua faccenda privata. Mi sono intromesso nella conversazione e ho detto: “Perdonatemi, ma se un politico porta la sua amante in parlamento, questo è un atto politico.” Hanno solo fatto cenno di no con la mano.
La lettura dei giornali italiani è divertente in questo periodo. Troviamo foto piccanti di una festa nella villa in Sardegna di Berlusconi, la stampa internazionale scrive a riguardo e il premier grida ad una congiura di sinistra. Ma lui crede sul serio che testate come “El Pais”, il “FAZ” e il “Times” siano guidate da un orientamento comunista?
Una volta sono stato ad una manifestazione politica di Berlusconi durante la quale lui diceva: “Se si ripete una menzogna abbastanza spesso diventa prima o poi verità”. Questo è un credo abbastanza raccapricciante a cui lui fa seguire i fatti. Ripete ossessivamente “pubblici ministero di sinistra, mass-media comunisti, pubblici ministero di sinistra, mass-media comunisti…” Se poi in un giornale britannico viene pubblicato qualcosa di critico nei suoi confronti Berlusconi e i suoi seguaci gridano subito al complotto!
Non è tuttavia facilmente comprensibile perché gli Italiani continuino ancora a votarlo. Si nasconde dietro una colonna e quando Angela Merkel arriva, salta fuori ed esclama: “Cucù!”
Questo può sucitare reazioni di biasimo all’estero, ma non qui in Italia. Le posso spiegare perché. La formula del successo di Berlusconi è la seguente: io non sono un vero politico. Lui lo dice anche nei suoi discorsi: voi odiate i politici e anch’io li odio, io sono uno di voi! I politici seguono convenzioni, si attengono al protocollo diplomatico, si mettono in fila sull’attenti e si fanno fotografare. Berlusconi, invece, fa gesti stupidi dietro le loro spalle. Si comporta come una persona normale, non come un uomo di stato. Racconta barzellette sul sesso e usa la gestualità dell’italiano medio. Di cosa si parla in un bar in Italia? Di donne e calcio. Berlusconi parla di donne e calcio. In questo consiste il suo fascino: questo populismo che travalica le divisioni tra le classi sociali. Per l’uomo più ricco di una nazione dovrebbe essere difficile ottenere voti dalla classe dei lavoratori. Berlusconi ci riesce.
Il settimanale tedesco “Spiegel” ha azzardato un pronostico: “Nonostante tutti gli scandali il milionario dei mass-media ha tutte le carte per rimanere al potere ancora a lungo.”
Sì, scommetterei molti soldi su questo pronostico.
Gli scandali sono senza fine. Ora ci sono prostitute come Patrizia D’Addario che raccontano di storie intime con dettagli piccanti.
È sempre più fuori controllo, questo è vero e allo stesso tempo paradossale: lui possiede infatti il potere assoluto. Ha la maggioranza in entrambe le camere, può varare ogni tipo di legge. Sembra quasi essere affetto da un delirio d’onnipotenza. È sempre in forma perfetta, se si tratta di sbaragliare gli avversari: ma lui non ha più avversari.
Il partito di Berlusconi si chiama oggi “Popolo della libertà” ed è piuttosto il suo fanclub personale che non un partito politico con una sua tradizione. Tutto è concentrato su di lui, un uomo di 72 anni. Cosa può succedere dopo questa legislatura?
Uno scenario possibile è questo: modifica la costituzione in modo che al presidente siano conferiti maggiori poteri e poi si fa insediare per altri sette anni come capo dello stato. Ma questa carica richiede dignità e c’è da dubitare che gli si riconosca ancora della dignità dopo i recenti scandali sessuali. Il Berlusconi furbo che sa farsi valere è stato ammirato dagli italiani, non è detto che debba valere la stessa cosa per un vecchio buffone accompagnato da giovani sgualdrine.
Quali sono altri scenari possibili?
Gira voce che uno dei suoi figli possa prendere il suo posto. Ci sono tante voci. Per me c’è qualcosa di veramente tragico nella condizione attuale dell’Italia: né nella sinistra né tra i politici conservatori c’è qualcuno che possa sfidarlo. Alla sua ombra non è cresciuto nessuno, neppure tra i politici conservatori. E il sistema democratico del paese è tornato indietro a decenni fa. Mi dispiace per l’Italia.
Suo figlio passa spesso a guardare, mentre procediamo con l’intervista. Lui ha quattro anni, Le piacerebbe vederlo crescere in Italia, qui a Roma?
No. Non ci sarebbero prospettive per lui. Le università funzionano come la politica: in maniera feudale. Chi può scappare, scappa. Solo all’Università della Columbia, dove anch’io insegno, ci sono tra i 60 e i 70 professori provenienti dall’Italia, prima erano soltanto due. Mio figlio deve però imparare qui la lingua italiana. Questo paese mi piace veramente tanto.
[Articolo originale "„Berlusconi glaubt seine Lügen selbst“"]
http://italiadallestero.info/archives/6716
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 26 luglio 2009
venerdì 24 luglio 2009
enrico w., novara pubblica sul blog di Grillo.
Voglio Vivere, fino in fondo.
Bene , Male, che Importa?
A qualcuno che s'ammanta di Nulla, vuote cifre chiamate Denaro?
Quando il Liquido che Vale, si Raggruma nelle nostre Menti?
Mentire è negare a sè la Mente Propria, i suoi Anfratti, recessi, forse Lutti?
Nel ventre del Deserto Interiore, trovi sempre l'Oasi delle Beatitudini.
A riconciliarti con l'Universo.Il Dolore, l'Amore, unici Universali.
Quì si Ama, la Notte è degli Amanti!
Bene , Male, che Importa?
A qualcuno che s'ammanta di Nulla, vuote cifre chiamate Denaro?
Quando il Liquido che Vale, si Raggruma nelle nostre Menti?
Mentire è negare a sè la Mente Propria, i suoi Anfratti, recessi, forse Lutti?
Nel ventre del Deserto Interiore, trovi sempre l'Oasi delle Beatitudini.
A riconciliarti con l'Universo.Il Dolore, l'Amore, unici Universali.
Quì si Ama, la Notte è degli Amanti!
giovedì 23 luglio 2009
Indro Montanelli
“una allarmante confusione concettuale fra Stato e governo… Alla ‘gente’ la prospettiva di sei reti televisive... che, accantonati dibattiti e risse, intonino l’osanna al nuovo regime e al suo ‘timoniere’, probabilmente piace. Lo dimostra l’indifferenza con cui il cosiddetto uomo della strada ha accolto le dichiarazioni del timoniere... Io avevo i pantaloni corti quando Matteotti fu assassinato. Ma ricordo i discorsi che la gente intorno a me faceva. Dopo sei mesi di campagne giornalistiche al calor bianco... in cui nessuno era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne, la gente accolse con sollievo il discorso del 3 gennaio 1925 con cui Mussolini imbavagliava la stampa e annunziava la dittatura... Berlusconi non è Mussolini... Ma è proprio questo clima di facilismo, di esenzione non dai problemi (di questi ce ne sono), ma da quelle angosce esistenziali che ci rendono ricettivi ai grandi princìpi, che può spianare a Berlusconi la strada verso una ‘democrazia del balcone’. Non quello di Palazzo Venezia, che gli andrebbe troppo largo. Ma quello della Casa Rosada, che consentiva a un Perón di arringare la folla... Ce la farà perché la gente è con lui, non con noi. E quando la gente si mette dietro qualcuno, gli uomini delle ‘comunicazioni di massa’ finiscono per mettersi dietro la gente. Queste cose le abbiamo già viste all’alba della nostra vita. Mai ci saremmo aspettati di rivederle al tramonto. Ma sembra che così debba essere”
Da: http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/
Da: http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/
mercoledì 22 luglio 2009
Luigi Amicone, uno di noi. - Di Andrea Scanzi.
Durante questa settimana non è successo molto.
Dario Franceschini si è accorto che esiste il conflitto di interessi, Debora Serracchiani si è accorta di essere la Serracchiani e Antonio Socci si è frantumato l’ulna con un piccone (per sentirsi più vicino a Papa Ratzinger).
A parte questo, la mia vita è stata illuminata da Luigi Amicone.
Quanto tempo ho sprecato. Per anni - me tapino - ho creduto di dovermi ispirare a Indro Montanelli, a Enzo Biagi, a Pio Pompa. Che stupido. Adesso so dove conduce il mio cammino: alla redazione di Tempi.
Frequentando - mio malgrado - persone come voi, giustizialiste e manichee, sovversive e illiberali, null’altro che grumosi insufflatori di verità liberticide, non conoscevo Luigi Amicone. Per colmare tale assenza, decisamente imperdonabile, ho mandato una mia controfigura qualche giorno fa a La7. Sapevo che, in studio, ci sarebbe stato anche lui. Intendevo conoscerlo, toccarlo con mano. Luigi Amicone, la mia Madonna di Medjugorie; il mio Zeus del giornalismo; il mio Big Jim del Nuovo Testamento.
Ora tutto mi è chiaro: la Luce risiede in me. Ho il terzo occhio e pure la quarta gonade. Amicone è per me come la Forza per Luke Skywalker. Sarà il mio Vessillo contro il comunismo, il baluardo ultimo in difesa dei valori cristiani: la muraglia cinese eretta a salvezza delle anime.
Chi è Luigi Amicone, chiederanno alcuni di voi, colpevolmente saturi di criminosità. La vostra ignoranza mi offende, ma è giusto che perfino voi sappiate. Anzitutto andate qui:
Amicone si illumina di immenso, punendo come una locusta biblica gli afflati fastidiosamente manettari di Marco Lillo (un anonimo portaborse di Magistratura Democratica).Ve ne innamorerete.
Chi è Luigi Amicone, dicevamo. E’ molto semplice. Luigi Amicone è il nuovo volto del centrodestra. E’ garbato, misurato, accomodante. E’ bello. E’ buono, è bravo.
Luigi Amicone è un refuso di Gianni Baget Bozzo.
Furoreggia a Telelombardia, compare a La7. Nella vita di tutti i giorni, oltre a giocare all’Inquisitore Immaginario con Giuliano Ferrara, è direttore di Tempi. A questo punto potreste domandarmi cosa sia Tempi. Risposta: boh. Non lo ha mai letto nessuno. Credo sia un settimanale cattolico, involontariamente comico. Una sorta di manifesto dei cristianisti scritto sotto i fumi di Khomeini.Titolo-tipo: “God Save Silvio”. Una rivista sobria, ecco.Ogni tanto la vendono allegata al Giornale: due miserie in un corpo solo (cit).
Luigi Amicone è un opinion maker abbacinante. La sua biografia ammalia. A 14 anni si iscrisse ad Avanguardia Operaia. Lì toccò con mano “la violenza dell’utopia, fu per me il segnale che qualcosa non funzionava”.Il suo maestro è Pier Paolo Pasolini, a cui somiglia come Hugo Maradona al fratello.
A La7 mi ha rapito con tre asserzioni:
1 - Il Pd deve rimpiangere la Bicamerale2 - Grillo e Travaglio sono birichini3 - No ai “bastoni metaforici”.
Parole colme di saggezza. Ascoltandolo ho maledetto tutti questi anni. Li ho buttati via, pigramente criogenizzato in un loft di Nicola Latorre, cresciuto con la chimera massimalista secondo cui l’erede di Che Guevara fosse Cesare Salvi.
Quanto tempo ho perduto.
Ho analizzato, con approccio idolatrante, il Verbo di Luigi Amicone. L’ho fatto mio. E intendo condividerlo con voi (anche se non lo meritereste).Studiatelo a scuola, vestitevi come lui, pensate come lui.
Siate amiconi di voi stessi.
Sia fatta la sua volontà.
http://scanzi-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/07/20/luigi-amicone-uno-di-noi/
CHI E' TARAK BEN AMMAR, LA"FONTE" DI BERLUSCONI?
Chi è Tarak Ben Ammar, la "fonte" delle informazioni che Berlusconi ha dato alla magistratura sull'affare Unipol/BNL? E' un amico di Berlusconi, ha fatto affari con il Cavaliere, è stato anche nel Consiglio di amministrazione della Mediaset ed è stato definito dalla Presidenza del Consiglio il "personaggio del mese" nell'aprile del 2005 (vedi il documento). Quello che segue è un dossier minimo.
Notiziario speciale per la Presidenza del Consiglio IL PERSONAGGIO DEL MESE APRILE 2005
TARAK BEN AMMAR, IL GRANDE NEGOZIATORE CHE FA PARLARE IL MONDO DELLA FINANZA E DELL'IMPRESA .
Produttore cinematografico, imprenditore televisivo nel digitale terrestre, distributore di film d'autore, tra cui ''The Passion'' di Mel Gibson, consigliere d'amministrazione di istituti di assoluto prestigio quali Mediobanca. Tarak Ben Ammar, l'imprenditore franco-tunisino che divide il suo tempo tra Parigi, Roma e Milano e' diventato un punto di riferimento anche per l'industria che gravita sul Lazio da quando e' entrato a far parte della giunta della Confindustria regionale come personaggio rappresentantivo della realta' economica legata alla comunicazione. Ed e' appena tornato alla ribalta mediatica in ragione della sua antica amicizia con Silvio Berlusconi, che lo ha portato per un periodo anche nel cda di Mediaset: E' intervenuto infatti nella ricerca di investitori stranieri interessati alla recente offerta del 16,68% delle azioni del gruppo televisivo privato messe sul mercato da Fininvest. ''Si' ho avuto un ruolo nell'operazione'', ha detto spiegando di avere individuato ''un paio di investitori nei paesi dove opero'' e cioe' Francia e America. ''Non ho fatto altro -racconta- che proseguire lungo una strada nella quale ho creduto dal 1995'' quando cioe' l'azienda televisiva sbarco' in Borsa. ''Chi ha investito in Mediaset ha fatto un buon affare: 1 euro investito nel 1995, oggi ne vale 5''.
Del resto intessere rapporti con imprenditori e finanzieri e il farli parlare tra loro e' nel dna di un uomo che per alcuni, al di la' della sua esperienza nel cinema, e' la sintesi perfetta del 'negoziatore'. Porto' in Italia e in Mediaset il principe saudita Bin Talal Al Waalid, il magnate tedesco Leo Kirch e anche il tycoon australiano Rupert Murdoch, di cui e' stato a lungo consigliere per l'Europa e che ha aiutato a chiudere la partita di Sky Italia, la pay tv nata sotto le insegne di News Corporation dalla fusione di Stream e Telepiu'. E, ancora, due anni fa ha condotto in porto l'ingresso del finanziere bretone Vincent Bollore' in Mediobanca chiudendo di fatto quella che e' stata chiamata senza mezzi termini la 'guerra' di Piazzetta Cuccia. Il tutto creando ''valore per gli azionisti'', come ama ripetere...
Continua......
http://www.uonna.it/tarak-ben-ammar-scheda.htm
Notiziario speciale per la Presidenza del Consiglio IL PERSONAGGIO DEL MESE APRILE 2005
TARAK BEN AMMAR, IL GRANDE NEGOZIATORE CHE FA PARLARE IL MONDO DELLA FINANZA E DELL'IMPRESA .
Produttore cinematografico, imprenditore televisivo nel digitale terrestre, distributore di film d'autore, tra cui ''The Passion'' di Mel Gibson, consigliere d'amministrazione di istituti di assoluto prestigio quali Mediobanca. Tarak Ben Ammar, l'imprenditore franco-tunisino che divide il suo tempo tra Parigi, Roma e Milano e' diventato un punto di riferimento anche per l'industria che gravita sul Lazio da quando e' entrato a far parte della giunta della Confindustria regionale come personaggio rappresentantivo della realta' economica legata alla comunicazione. Ed e' appena tornato alla ribalta mediatica in ragione della sua antica amicizia con Silvio Berlusconi, che lo ha portato per un periodo anche nel cda di Mediaset: E' intervenuto infatti nella ricerca di investitori stranieri interessati alla recente offerta del 16,68% delle azioni del gruppo televisivo privato messe sul mercato da Fininvest. ''Si' ho avuto un ruolo nell'operazione'', ha detto spiegando di avere individuato ''un paio di investitori nei paesi dove opero'' e cioe' Francia e America. ''Non ho fatto altro -racconta- che proseguire lungo una strada nella quale ho creduto dal 1995'' quando cioe' l'azienda televisiva sbarco' in Borsa. ''Chi ha investito in Mediaset ha fatto un buon affare: 1 euro investito nel 1995, oggi ne vale 5''.
Del resto intessere rapporti con imprenditori e finanzieri e il farli parlare tra loro e' nel dna di un uomo che per alcuni, al di la' della sua esperienza nel cinema, e' la sintesi perfetta del 'negoziatore'. Porto' in Italia e in Mediaset il principe saudita Bin Talal Al Waalid, il magnate tedesco Leo Kirch e anche il tycoon australiano Rupert Murdoch, di cui e' stato a lungo consigliere per l'Europa e che ha aiutato a chiudere la partita di Sky Italia, la pay tv nata sotto le insegne di News Corporation dalla fusione di Stream e Telepiu'. E, ancora, due anni fa ha condotto in porto l'ingresso del finanziere bretone Vincent Bollore' in Mediobanca chiudendo di fatto quella che e' stata chiamata senza mezzi termini la 'guerra' di Piazzetta Cuccia. Il tutto creando ''valore per gli azionisti'', come ama ripetere...
Continua......
http://www.uonna.it/tarak-ben-ammar-scheda.htm
martedì 21 luglio 2009
A qualcuno fa ancora paura.
Paolo Borsellino, a qualcuno, fa ancora paura.
Il messaggio lanciato da quell’agenda rossa che in tanti terranno in pugno il 18 e 19 Luglio, sfilando nel cuore di Palermo nel nome del magistrato assassinato 17 anni fa con i cinque agenti di scorta, è insieme un simbolo e una richiesta di verità. Quell’agenda rossa, sulla quale Paolo Borsellino annotava giorno per giorno appuntamenti, riflessioni, nomi, nella sua spasmodica corsa contro il tempo e la morte, che sentiva vicina, per riuscire a scoprire gli autori del massacro di Capaci, ma soprattutto se e chi a ogni livello, anche esterno a Cosa Nostra, aveva voluto distruggere il genio investigativo, l’esperienza del suo amico Giovanni, insieme con l’eredità pur “normalizzata” del pool antimafia di Palermo. Quell’agenda da cui non si separava mai, che aveva con sé in una borsa rimasta intatta nella devastante esplosione in Via D’Amelio, fotografata nelle mani di un ufficiale dei carabinieri e poi misteriosamente svanita, senza che la Giustizia abbia fatto luce sul dove e perché sia scomparsa, in quale cassaforte sia finita.Ora le procure di Caltanissetta e di Palermo hanno riaperto ufficialmente le indagini su quelle stragi, ipotizzando ciò che in ben tre processi si era intravisto, cioè il coinvolgimento diretto negli attentati di uomini degli apparati di sicurezza dello Stato, con moventi ancora non definiti, ma risalenti ad ambienti esterni e con motivazioni diverse da quelle che mossero Riina e i capi di Cosa Nostra. La condanna definitiva all’ergastolo di organizzatori ed esecutori non ha messo dunque la parola “fine” alle inchieste giudiziarie, che si saldano invece con le inchieste in corso sulla trattativa che apparati dello Stato aprirono con i capi di Cosa Nostra, confermata ora da Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo che di quella trattativa fu tramite e testimone.Chi ha in mano quell’agenda, come gli appunti informatici di Giovanni Falcone mai venuti interamente alla luce, ora ha un motivo in più per preoccuparsi, ben oltre l’instancabile impegno di denuncia e di richiesta della verità da parte della famiglia Borsellino, delle associazioni antimafia, di magistrati in prima linea che condivisero la battaglia di Falcone e Borsellino.Nonostante l’indifferenza dei media, stampati e televisivi, che per anni, come peraltro sta di nuovo avvenendo, hanno distrattamente acceso la luce sui sanguinosi eventi siciliani, che hanno segnato la storia della Repubblica e determinato almeno in parte l’attuale quadro politico e civile, solo in occasione delle commemorazioni , senza scavare sui tanti punti oscuri delle indagini. Che giornali e TG abbiano lasciato nel silenzio e nell’indifferenza l’opinione pubblica, preferendo la facile alternativa dei delitti di cronaca nera, su una scia emozionale e consumistica che ha riempito i televisori e l’immaginario degli italiani da Cogne a Erba, a Garlasco, a Perugia, fino agli stupri di modello “etnico” che tanto hanno pesato nel dibattito sulla sicurezza e sull’opinione pubblica, è una vergogna che peserà a lungo sul Paese, ma anche sulla dignità professionale e sulla formazione etica del giornalismo italiano…Ora è arrivato il momento di andare fino in fondo, di riprendere i tanti fili finora mai seguiti, le contraddizioni e le coperture nelle indagini sulle stragi e sul patto scellerato che, almeno nella interpretazione dei “corleonesi”, doveva essere realizzato con lo Stato o chi diceva di rappresentarlo. Vicende in cui compare l’ombra, ma anche la fisica presenza dei Servizi. A nome di chi agivano quegli uomini, che interessi coprivano, quali erano i loro obiettivi? Quale il loro vero ruolo nelle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, come in quelle successive che insanguinarono Roma, Firenze e Milano? Rai News 24, che dirigevo, cercò nel 2000 di fare il proprio dovere e quello del Servizio Pubblico, trasmettendo in splendida (e aziendalmente forzata) solitudine l’ultima intervista televisiva di Paolo Borsellino. Due giorni dopo di quella intervista Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta saltarono in aria a Capaci e due mesi dopo, con una incredibile e tuttora inspiegabile accelerazione, fu la volta di Paolo Borsellino. Quella cassetta, che ci era stata data da Fiammetta, figlia di Paolo Borsellino, è stata vista e discussa nei processi sulle stragi. Il suo contenuto è dunque di straordinario interesse giudiziario, giornalistico e umano, oggi anzi ancora più attuale, ma la Rai non l’ha più trasmessa.
Non è l’ora che il Servizio Pubblico ci ripensi?
MAFIA: STRAGI DEL '92-'93, COMMISSIONE ANTIMAFIA DECIDE UN'INCHIESTA
- Dopo più di due ore di discussione, l'ufficio di presidenza della commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia ha deciso di avviare un'inchiesta sulle stragi del '92-'93 alla luce dei nuovi fatti e delle acquisizioni recentemente emerse con particolare riferimento al possibile "patto" tra Stato e mafia. Relatore dell'inchiesta - secondo quanto si è appreso - dovrebbe essere lo stesso presidente della commissione, Beppe Pisanu (Pdl). Nei giorni scorsi erano stati il vicepresidente dell' Antimafia Fabio Granata (Pdl) e il capogruppo del Pd Laura Garavini a formalizzare la richiesta di avviare un'inchiesta e di attivare i poteri previsti nella legge istitutiva. La riunione per definire un primo calendario delle audizioni dovrebbe tenersi prima della pausa estiva. Orientativamente i primi ad essere ascoltati dovrebbero essere i magistrati che seguono le inchieste e cioé il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il procuratore capo della Repubblica di Caltanissetta Sergio Lari.
MARTELLI, RIINA? PARADOSSALE, MA CI SONO ELEMENTI VERI - E' "paradossale" che Totò Riina scarichi su pezzi dello Stato responsabilità che sono sue, ma la strategia dell'ex capomafia è "insidiosa" poiché contiene elementi di verità. Claudio Martelli, ministro della della Giustizia al tempo delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, ripercorre quel periodo in una intervista al periodico 'Liberal'. "C'é un aspetto paradossale - dice Martelli - nel fatto che il capo dei capi di Cosa nostra" accusi lo Stato di "eccidi che vengono imputati a lui". Qualcosa "che dovrebbe indurre a pensare che la fonte di questi sospetti è più che sospetta". Fatta questa premessa, sottolinea l'ex esponente socialista, "riconosco che la strategia di Riina è insidiosa, perché ricostruisce un insieme utilizzando elementi parziali, collocandoli in modo da indurre ragionevoli sospetti". Nel '92, all'indomani della strage di Capaci, ricorda Martelli, "il governo e in particolare il ministro della Giustizia, ossia il sottoscritto e il ministro degli Interni, Enzo Scotti sono impegnati in uno scontro frontale con la mafia". Ma, aggiunge, "c'erano altre parti di Stato che viceversa pensavano che le cose si potevano aggiustare se per un verso la mafia rinunciava alla strategia terroristica e dall'altro parte lo Stato si toglieva dalla testa di portare il colpo decisivo a Cosa nostra". A dimostrazione di ciò, prosegue Martelli, c'é il fatto che "Ciancimino, un pezzo di mafia, si muove in questa direzione. Parla con il colonnello Mori e col capitano De Donno. Elaborano degli scenari per ottenere l'arresto di Totò Riina". La "sfumatura scivolosa", per l'ex ministro, sta nel fatto che "c'é un elemento politico" che fa "drizzare le orecchie" e cioé il fatto che "in quel clima qualcuno pensa di togliere Scotti dagli Interni" riuscendovi visto che "va alla Farnesina", ma anche di "togliere Martelli dalla Giustizia, ma Martelli dice di no". Insomma, in quelle settimane "movimenti ce ne sono, ma - sostiene l'ex Guardasigilli - Riina usa in modo infame e strumentale questi fatti perché si dimentica che Martelli, Scotti e dopo di lui Mancino e i carabinieri, Ros compreso, avevano un piccolo particolare in comune: la sua cattura. Che ottengono dopo vent'anni di latitanza". In questo contesto, aggiunge, "che carabinieri e servizi segreti abbiano fatto sventolare le ipotesi di trattativa con la mafia fingendo di patteggiare ci può stare, fa parte della strategia". Ecco perché, sottolinea, parlare di una "contrapposizione frontale del partito della trattativa e di quello della durezza mi sembra un andare fuori strada". Martelli, infine, scarta l'ipotesi di un complotto internazionale dietro la strategia degli attentati; tesi sostenuta da Paolo Cirino Pomicino. "La mafia - sostiene l'ex ministro socialista - è stata attrice di quella stagione politica" che arriva fino alla scomparsa della Prima Repubblica. "Non c'é stato un indistinto complotto internazionale: chi crede a queste ipotesi sono persone come Cirino Pomicino, che non si dà pace di quello che è accaduto e sente il bisogno di evocare un'entità sempre più strana internazionale".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_1619551344.html
MARTELLI, RIINA? PARADOSSALE, MA CI SONO ELEMENTI VERI - E' "paradossale" che Totò Riina scarichi su pezzi dello Stato responsabilità che sono sue, ma la strategia dell'ex capomafia è "insidiosa" poiché contiene elementi di verità. Claudio Martelli, ministro della della Giustizia al tempo delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, ripercorre quel periodo in una intervista al periodico 'Liberal'. "C'é un aspetto paradossale - dice Martelli - nel fatto che il capo dei capi di Cosa nostra" accusi lo Stato di "eccidi che vengono imputati a lui". Qualcosa "che dovrebbe indurre a pensare che la fonte di questi sospetti è più che sospetta". Fatta questa premessa, sottolinea l'ex esponente socialista, "riconosco che la strategia di Riina è insidiosa, perché ricostruisce un insieme utilizzando elementi parziali, collocandoli in modo da indurre ragionevoli sospetti". Nel '92, all'indomani della strage di Capaci, ricorda Martelli, "il governo e in particolare il ministro della Giustizia, ossia il sottoscritto e il ministro degli Interni, Enzo Scotti sono impegnati in uno scontro frontale con la mafia". Ma, aggiunge, "c'erano altre parti di Stato che viceversa pensavano che le cose si potevano aggiustare se per un verso la mafia rinunciava alla strategia terroristica e dall'altro parte lo Stato si toglieva dalla testa di portare il colpo decisivo a Cosa nostra". A dimostrazione di ciò, prosegue Martelli, c'é il fatto che "Ciancimino, un pezzo di mafia, si muove in questa direzione. Parla con il colonnello Mori e col capitano De Donno. Elaborano degli scenari per ottenere l'arresto di Totò Riina". La "sfumatura scivolosa", per l'ex ministro, sta nel fatto che "c'é un elemento politico" che fa "drizzare le orecchie" e cioé il fatto che "in quel clima qualcuno pensa di togliere Scotti dagli Interni" riuscendovi visto che "va alla Farnesina", ma anche di "togliere Martelli dalla Giustizia, ma Martelli dice di no". Insomma, in quelle settimane "movimenti ce ne sono, ma - sostiene l'ex Guardasigilli - Riina usa in modo infame e strumentale questi fatti perché si dimentica che Martelli, Scotti e dopo di lui Mancino e i carabinieri, Ros compreso, avevano un piccolo particolare in comune: la sua cattura. Che ottengono dopo vent'anni di latitanza". In questo contesto, aggiunge, "che carabinieri e servizi segreti abbiano fatto sventolare le ipotesi di trattativa con la mafia fingendo di patteggiare ci può stare, fa parte della strategia". Ecco perché, sottolinea, parlare di una "contrapposizione frontale del partito della trattativa e di quello della durezza mi sembra un andare fuori strada". Martelli, infine, scarta l'ipotesi di un complotto internazionale dietro la strategia degli attentati; tesi sostenuta da Paolo Cirino Pomicino. "La mafia - sostiene l'ex ministro socialista - è stata attrice di quella stagione politica" che arriva fino alla scomparsa della Prima Repubblica. "Non c'é stato un indistinto complotto internazionale: chi crede a queste ipotesi sono persone come Cirino Pomicino, che non si dà pace di quello che è accaduto e sente il bisogno di evocare un'entità sempre più strana internazionale".
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