giovedì 31 gennaio 2013

Calabria, invalido «d'oro» gioca a basket E corre per le politiche: è capolista. - Gian Antonio Stella


L'avvocato Alberto Sarra aveva ottenuto un super vitalizio da 7 mila euro. E la nomina a sottosegretario in Regione.

«'a Lazzaro, facce ride! Così si sentirebbe urlare ogni furbetto riconosciuto disabile al 100%, se fosse fotografato a giocare a basket. Subito dopo arriverebbe la revoca: basta vitalizio. Il sottosegretario calabrese Alberto Sarra, però, fa spallucce. E dopo aver avuto in dono una pensione dieci volte più alta di quella dei disabili non autosufficienti non solo fa il cestista ma corre per entrare in Parlamento.
Riassumiamo? Nei primi giorni del 2010 quando ormai sta per scadere la legislatura e si avvicinano le nuove elezioni che saranno vinte dal suo amico (e antico camerata giovanile) Giuseppe Scopelliti, il deputato regionale Alberto Sarra viene colpito da uno choc emorragico.
Una cosa seria. Per qualche ora l'uomo, che di mestiere fa il legale e si è tirato addosso le critiche di chi gli rinfaccia di difendere personaggi in odore di 'ndrangheta, lotta tra la vita e la morte. Alla quale viene strappato da un delicato intervento chirurgico. Segue una guarigione così rapida che non si vedeva da quando a Cafarnao Gesù disse al paralitico: «alzati, prendi la tua barella e va' a casa». Due settimane e già partecipa alla nascita del «Partito del sud», tre settimane e già detta comunicati, dodici settimane e diventa sottosegretario alla presidenza, poltrona concepita dalla giunta precedente di centrosinistra, conservata da Scopelliti e solo più tardi abolita dalla prossima legislatura.
Quanto sia stata positiva la guarigione lo dice l'archivio dell'Ansa: da momento della nomina ad oggi 189 dispacci d'agenzia. A testimonianza di un'attività frenetica di incontri, convegni, inaugurazioni, trattative che farebbero ansimare di fatica un sano, figurarsi un invalido. Buon per lui: evviva. Quello che non quadra è che parallelamente a questa dimostrazione quotidiana di dinamismo infaticabile, Alberto Sarra avviava l'iter burocratico per farsi riconoscere dalla Regione totalmente invalido al lavoro. Invalidità riconosciuta il 13 giugno scorso da una commissione di cui faceva parte il suo cardiologo di fiducia Enzo Amodeo con una dichiarazione definitiva: «considerata la patologia - aneurismi dei grossi vasi arteriosi del collo e del tronco complicati da dissezioni della aorta torico-addominale - si ritiene l'avvocato Alberto Sarra permanentemente inabile a proficuo lavoro». 
Pochi giorni e, con un'efficienza che sarebbe sensazionale anche a Tokyo o Zurigo, l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale gli riconosceva l'«inabilità totale e permanente dal lavoro». Il mese dopo, coprendo il suo nome con la scritta «omissis» per nascondere sotto il velo della privacy un provvedimento che avrebbe indignato i cittadini, il Bollettino Ufficiale comunicava la concessione a Sarra di un assegno mensile di 7.490,33 euro «al lordo delle ritenute di legge, a titolo di vitalizio, con decorrenza dal 7 gennaio 2010». Vale a dire un vitalizio dieci volte maggiore di quello concesso ai disabili più gravi (quelli che non possono neppure cibarsi da soli o sono immobilizzati in un polmone d'acciaio) più gli arretrati per un totale di circa 225 mila euro. 
Sconcertante: come poteva una persona ricevere una pensione di invalidità totale e «permanente» e insieme una indennità di altre migliaia di euro per ricoprire l'incarico di sottosegretario sommerso, stando alle agenzie, da mille impegni? Alla domanda del «Corriere della Calabria», Sarra rispose chiedendo alla Regione Calabria che il vitalizio da handicappato al 100% gli fosse temporaneamente sospeso. E la stessa cosa sostenne quando anche noi raccontammo la storia. Come se l'aver chiesto la sospensione di quel vitalizio (non la revoca: solo la momentanea sospensione che in qualunque momento potrebbe annullare chiedendo di tornare allo status di pensionato) cancellasse lo sconcerto sul privilegio.
E non era finita.
Dopo avere scritto a noi («sono schiavo di una protesi che non mi consente neanche di dormire...») lamentandosi di come era stata raccontata la vicenda, il sottosegretario «totalmente e permanentemente disabile» per ogni lavoro, ha deciso di sobbarcarsi di un ulteriore carico di impegni. In questi giorni, infatti, è tutto preso dalla campagna elettorale (e si sa quanto siano faticose le campagne elettorali) come capolista del «Grande Sud». 
Il tocco finale però, come dicevamo, l'hanno dato le foto pubblicate sul sito «soveratiamo.com». Dove Alberto Sarra gioca a basket con Scopelliti e altri amici. Sia chiaro: sarebbe indecente se ogni italiano non si sentisse sollevato nel vedere in quelle immagini la prova che, grazie a Dio, i postumi di quell'accidente fisico sembrano superati. Di più: facciamo tutti il tifo per lui. 
Ma resta la domanda che ponevamo non solo noi ma anche il presidente della federazione italiana delle associazioni di sostegno all'handicap Pietro Barbieri, sconcertato per l'abissale differenza di trattamento: quanti altri disabili totali, al mondo, sono liberi di entrare e uscire a loro piacimento dalla condizione di disabilità totale a seconda delle opportunità di carriera politica? 

Rimasti orfani di qualcosa di importante.... - Ugo Piazza



Orfani di mare e di cielo, di origini e di storia, siamo rimasti orfani delle storie degli anziani, di una ribelle traiettoria. Legati al cordone ombelicale di una madre che è andata via, orfani di tempo e silenzio, del racconto di un buon maestro. Arresi al compromesso, ostaggi di cibi sani e di valide discussioni, orfani di uno slancio vero che ci porti verso l'alto, di ogni giornata che non ci viene restituita. Abbandonate le voci nei cortili, le lavagne nere sporche di gesso, i panni stesi sui balconi, la misura e la sobrietà, ci siamo derubate tutte le valide occasioni, orfani delle ali che hanno le buone idee, orfani di una terra su cui ormai calpestiamo con passo distratto. Orfani nel chiedersi perchè, ostaggi del rancore, tesi nell'andare avanti ma con le spalle girate indietro, di spartiti senza musicisti. 
Siamo rimasti orfani delle occasioni degli altri, che possono valere più delle nostre ma è duro riconoscerselo, orfani degli amori mai sciolti, dei sentimenti dietro l'amicizia, orfani perfino delle bugie, quelle vere infinitamente innocenti e fragili, degli agi del torto, degli occhi di una sconosciuta alla fermata del tram. Indipendenti gli uni dagli altri, senza chiedersi mai il perchè.
Forse basterebbe chiudere gli occhi ascoltare il respiro di chi ci sta accanto e crederci... perchè alla fine come per la nascita anche per la morte l'unica cosa che ci è concesso fare ed esserne testimoni e così come si accoglie... accompagnare, perchè quando resteremo orfani della morte non avremo più alcun motivo per vivere.
E come dice un bravo cantautore Italiano.... " mi basterebbe essere padre di una buona idea".

Mia madre.



Ricordi di mia madre, quella naturale, non ne ho, per quanto mi sforzi, non riesco a ricordarla. Eppure avevo già due/tre anni quando morì di tubercolosi aggravata da un aborto provocato dalla malattia.

Ricordo il mio pianto quando mia nonna (gran donna della quale mi dilungherò a raccontare in seguito) non volle mettermi un vestitino, al quale tenevo tantissimo, perchè non mi veniva più: io crescevo, infatti, il vestitino no. 
In seguito mi spiegarono che il vestitino, di seta color panna e pieno di volants, lo aveva confezionato mia madre - era il 1949, tempi di ristrettezza economica - utilizzando il telo di una tenda.
L'altro ricordo risale a qualche tempo dopo. Avevo all'incirca sei/sette anni. 
Dietro i vetri della finestra guardavo la neve che scendeva a grandi fiocchi. 
Sotto casa, un giorno della settimana, non ricordo quale, allestivano il mercatino della frutta. 
C'era un brulicare di gente che transitava, mi divertivo a guardarla, era la mia televisione.

Ad un certo punto, vidi passare una signora con un turbante in testa, d'istitnto corsi da mia nonna per dirle che la mamma era ritornata (mi avevano detto che mia madre era partita e l'unico riferimento che avevo era una foto di mia madre che tiene per mano mia sorella e indossa un turbante). 
Mia nonna scoppiò a piangere e mi abbracciò.
Fu allora che cominciai a capire e sospettare che mia madre fosse partita si, ma per sempre.



Mia madre e mia sorella.


Io con mia madre ed il vestitino al quale tenevo tantissimo.

mercoledì 30 gennaio 2013

Marcello Dell’Utri e il saccheggio dei Girolamini. - Tomaso Montanari


Marcello Dell'Utri
Marcello Dell’Utri è indagato a Napoli per concorso in peculato nel saccheggio della Biblioteca dei Girolamini. Il che vuol dire che la Procura suppone che il senatore non abbia semplicemente comprato dei libri rubati, ma abbia pianificato i furti insieme al direttore saccheggiatore dei Girolamini Marino Massimo De Caro (detenuto a Poggioreale, in parte reo confesso e oggi a processo). Il senatore Dell’Utri ha dichiarato all’Adnkronos che il suo coinvolgimento sarebbe invece «una bufala, una balla assoluta».
Vediamo dunque i nudi fatti. Marino Massimo De Caro è stato socio al 50 % di Marco Jacopo Dell’Utri (figlio del senatore) nella società Mitra Energy Consulting. Ed era, fino all’arresto, segretario organizzativo del Buongoverno, componente del Pdl il cui presidente onorario è Marcello Dell’Utri.
Nel 2010 un Giancarlo Galan allora Ministro dell’Agricoltura nomina De Caro suo consigliere per le bioenergie, su richiesta di Marcello Dell’Utri, ex capo di Galan a Publitalia. «Gli devo tutto, non potevo dirgli di no», dirà poi Galan. Quando, nel marzo 2011, Galan passa ai Beni culturali, Dell’Utri gli chiede di portarsi dietro il consigliere De Caro. E come dirgli di no?
Nel giugno del 2011 la Congregazione dell’Oratorio che governa la Biblioteca (che è di proprietà pubblica: una delle 46 biblioteche statali d’Italia), nomina De Caro direttore «ad onta di ogni regola, e grazie all’influenza politica correlata all’incarico fiduciario di consigliere dell’ex ministro per i Beni e le attività culturali Gianfranco Galan» (così l’ordinanza del Gip di Napoli).
Nel novembre del 2011, il ministro per i Beni culturali del governo Monti, Lorenzo Ornaghi, conferma De Caro nel ruolo di consigliere: e lo fa «per insistenti pressioni di un uomo politico», come mi dirà in seguito uno strettissimo collaboratore di Ornaghi al Mibac.
Il 25 febbraio 2012 De Caro comunica a Dell’Utri (allora momentaneamente espatriato in America Latina, in attesa del verdetto della Cassazione sui suoi rapporti con la mafia) che i senatori del Buongoverno hanno presentato un subemendamento per esentare dall’Imu gli edifici storici di proprietà della Chiesa. Il consigliere De Caro può anche riferire al senatore che il ministro Ornaghi «è contentissimo». Memorabile il commento di Dell’Utri che, con un piede nella latitanza, benedice l’operazione: «È cosa di giustizia, sottoscrivo». Si apprenderà poi che esattamente una settimana prima di quella conversazione un’ispezione ministeriale ai Girolamini era stata disposta, ma anche subito insabbiata.
Quando, nel marzo del 2012, scopro che De Caro sta saccheggiando la biblioteca e lo denuncio sul Fatto (30 marzo), il direttore-saccheggiatore reagisce con una serie di interviste a raffica al «Mattino» di Napoli, allora diretto dal figlio della sorella di Marcello Dell’Utri.
Quando, poco dopo, Francesco Caglioti (che, come me, insegna storia dell’arte alla Federico II di Napoli) scrive un appello che chiede l’allontanamento di De Caro dai Girolamini e dal Mibac, due senatori del Buongoverno di Dell’Utri (si chiamano Palmizio e Piscitelli) presentano un’interrogazione al ministro dell’Università per chiedere se io e il mio collega facciamo il nostro dovere, e se questo nostro impegno per i Girolamini «si riconduca allo svolgimento delle normali attività accademiche loro imposte dalla legge e se – soprattutto – non rischi di gettare discredito sulle istituzioni accademiche».
Nelle prime fasi dell’inchiesta, poi, De Caro riesce ad impedire la perquisizione di un appartamento romano (in Via Crispi) a lui collegato, sostenendo che, essendo utilizzato dal senatore Dell’Utri, sarebbe stato coperto dall’immunità parlamentare. E d’altra parte, nelle intercettazioni telefoniche della collaboratrice di Dell’Utri (Maria Grazia Cerone, anch’essa indagata) si legge: «Sinceramente la roba è tanta, la roba è tanta, eh… Tante scatole, perciò è impossibile portarle via».
Infine, lo stesso Dell’Utri ha restituito alla Procura di Napoli alcuni libri (tra i quali cimeli del valore di milioni di euro) dei Girolamini: dichiarando di non aver mai saputo che provenissero dalla biblioteca diretta dal suo braccio destro. Leggendo questi fatti ciascuno può farsi un’idea di quale sia la ‘balla assoluta’ e quale sia la verità. Una verità che speriamo diventi presto anche una verità processuale.

Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv.


Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv


Sotto accusa per le presunte "spese pazze" anche il consigliere dei Pensionati. Ma gli inviti a comparire in totale sono 29. Zamponi (Italia dei Valori): "E' un atto doveroso". Ambrosoli: "Non faremo sconti a nessuno".

I capigruppo di PdSel, IdvUdc e Pensionati del consiglio regionale della Lombardia sono indagati per peculato nell’inchiesta sulle presunte “spese pazze” effettuate coi rimborsi. Si tratta di Luca Gaffuri (Pd), Chiara Cremonesi (Sel), Stefano Zamponi (Idv), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), Gianmarco Quadrini (Udc). Sono 29 gli inviti a comparire che i finanzieri stanno notificando in queste ore ad altrettanti consiglieri dell’opposizione in Regione. L’inchiesta coinvolge anche 62 consiglieri della maggioranza, alcuni dei quali si sono recati in Procura nei giorni scorsi per cercare di chiarire la loro posizione.
“Quello della magistratura – sosteneva in mattinata il capogruppo dell’Italia dei Valori Zamponi – è un atto doveroso oltre che dovuto, quando si gestisce denaro pubblico bisogna essere pronti a fornire tutti i chiarimenti del caso. Sarebbe stato ingiusto si questi fossero stati chiesti solo alla maggioranza e non anche alla minoranza. Noi siamo stati disponibili, fin da subito a mostrare tutta la nostra documentazione contabile, prima alla stampa e poi alla magistratura”.
Stesso concetto espresso dal democratico Gaffuri. “È giusto – aveva spiegato ieri sera – che la magistratura approfondisca e verifichi i conti dei gruppi consiliari e quindi anche quelli dell’opposizione. Ribadiamo dunque la fiducia nel lavoro degli inquirenti e garantiamo la piena disponibilità a chiarire ogni aspetto della nostra attività e dei nostri bilanci. Teniamo a ribadire che nella nostra contabilità i rimborsi diretti ai consiglieri sono meno del due per cento del bilancio del gruppo. Il resto sono attività di funzionamento, di comunicazione e per il personale. Siamo certi di poter dimostrare di aver utilizzato le risorse a nostra disposizione per l’attività politico istituzionale: nella nostra documentazione non si troveranno spese per cartucce da caccia o per banchetti di nozze”.
Per contro il candidato del centrosinistra alla guida della Regione Umberto Ambrosoli aveva spiegato che i consiglieri che arriveranno a processo dovranno dimettersi. Da un lato, infatti, l’avvocato precisa che non farà sconti a nessuno, perché, ha spiegato, “nel momento in cui ci si trova di fronte a comportamenti illeciti, bisogna reagire senza nessuna differenza, quale ne sia il valore”; dall’altro, invece, Ambrosoli chiama in causa i distinguo del caso, invitando PdL e Lega, a “non sfregarsi le mani dicendo ‘mal comune, mezzo gaudio’”. “Sappiamo che c’è una differenza incredibile – ha spiegato Ambrosoli – tra le ipotesi al vaglio della magistratura per i partiti del centro sinistra e quelle di pranzi di nozze e cartucce per la caccia di PdL e Lega, ma io di questo non mi accontento. Io non mi fermo sulla differenza, seppur fortissima; io voglio prevenire, altrimenti continueremo ad arrivare dopo che i problemi si sono verificati. Se vogliamo cambiare, dobbiamo farlo partendo da questo punto di vista”.

Commissione d'inchiesta per il Monte dei Paschi di Siena.


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Nel 1995 viene privatizzato il Monte dei Paschi di Siena, chi comanda è la Fondazione MPS (55%) attraverso i rappresentanti del Comune, presenti con membri quasi tutti di area pd, che dal dopoguerra governa la città (8 nominati dal Comune, 5 dalla Provincia, uno da Regione, Unisi e Diocesi). La Fondazione vive solo di dividendi e le sue quote sono vendute nel tempo a vari personaggi come Caltagirone e Gnutti. Per remunerare gli azionisti MPS comincia a vendere le sue proprietà, tra cui le partecipazioni bancarie (San Paolo,Generali), intere banche come la Cassa di Risparmio di Prato e gli immobili (tenuta di Fontanafredda, palazzi Monte Mario a Roma) che remunerano i nuovi azionisti ma sono in realtà frutto del risparmio di secoli dei senesi. MPS viene spolpata. La sinistra ha compiuto la sua missione di consegnare una banca pubblica che funzionava dal 1500 alla Borsa e alla speculazione. Il valore di MPS prima della privatizzazione era di circa 20miliardi di euro, oggi ne vale meno di 2 e ogni giorno il suo titolo diminuisce.
Oggi 10.000 dipendenti rischiano il posto di lavoro. La giunta comunale Ceccuzzi è caduta. La Fondazione non ha più la maggioranza delle azioni (ha dovuto venderle) e si prospetta la nazionalizzazione e il licenziamento di forse 10.000 persone.
Storia di un saccheggio
- Banco Santander compra Antonveneta per 6, 6 miliardi di euro
- Banco Santander si accorge di aver fatto un pessimo affare, scorpora Interbanca da Antonveneta, valutata 1,6 miliardi, e cerca un compratore, il valore della banca reale è di circa 3 miliardi
- Monte dei Paschi compra Antoveneta per 10,3 miliardi pochi mesi dopo
- MPS si accolla anche il passivo di Antoveneta per 7,9 miliardi
- MPS valeva all’epoca 9 miliardi e compra Antoveneta che ha metà dei suoi sportelli (1.000 contro 2.000) per una cifra, 10,3 miliardi, superiore allo stesso valore di MPS
- MPS non ha 10,3 miliardi, quindi si indebita, il titolo crolla
- Per questa operazione il presidente di MPS Mussari (ex presidente anche della Fondazione MPS) viene premiato con la presidenza dell’ABI senza che nessun partito o organo di vigilanza si opponga
- La procura della Repubblica di Siena apre un’inchiesta sull’enorme minusvalenza dell’operazione Antonveneta. Pari circa a circa 14 miliardi di euro, 28.000 miliardi delle vecchie lire, una finanziaria, uno scandalo che rischia di far impallidire la Parmalat
- La Fondazione MPS, azionista di maggioranza di MPS, indica all'assemblea dei soci della banca la nomina di Alessandro Profumo alla carica di presidente. Profumo ex ad di Unicredit èrinviato a giudizio al tribunale di Milano con l'accusa di frode fiscale
- Profumo punta subito sulla riduzione del personale pari a 4.300 senza avviare una causa come MPS contro i responsabili del disastro
- La Fondazione deve vendere parte della sua proprietà azionaria di MPS e passa dal 55% al 35%
- Per evitare il fallimento di MPS Monti eroga un prestito di 3,9 miliardi, cifra equivalente alla Imu sulla prima casa
- Grillo parla di "buco" di 14 miliardi all'assemblea degli azionisti del 25 gennaio 2013, il buco a cui si riferisce era la sottrazione di valore attraverso le operazioni legate ad Antonveneta
- Lunedì 28 gennaio 2013 i pm che indagano sull'affare Antonveneta scoprono bonifici internazionali per 17 miliardi
- Subito dopo emergono somme rilevanti che sarebbero rientrate in Italia con lo Scudo Fiscale voluto dal Pdl e approvato grazie all'assenza in aula di molti deputati del pdmenoelle
Di fronte a questo colossale furto ai danni degli italiani, il cui conteggio finale non è forse ancora concluso, chiedo:
- la verifica dei patrimoni dei segretari del pd e di tutti i nominati nella fondazione MPS dal comune di Siena, della Provincia di Siena, della Regione Toscana dal 1995
- la pubblicazione dei nomi di tutti coloro che hanno goduto dello Scudo Fiscale con l'ammontare degli importi rientrati in Italia
- le dimissioni immediate di Bersani da segretario del pd
Il M5S chiederà l'istituzione di una commissione d'inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento.

MPS fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, dietro a questo colossale saccheggio, come avvenne allora, ci può essere di tutto. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini.

A CAGLIARI – Produzione di auto ad aria compressa.


LA MINI VETTURA AD ARIA COMPRESSA SI CHIAMA AIRPOD
Costerà 7000 euro, raggiungerà la velocità massima di 80 km all’ora Non avrà volante ma un joystick che consentirà di parcheggiarla in verticale.«Metti l’ aria nel serbatoio dell’ auto». Sarà probabilmente una frase del genere che ci sentiremo dire dalla metà del 2013, data in cui sarà commercializzata la : la AirPod prodotta dalla Motor Development International (Mdi) in partnership con Tata Motors, super leggera ed alimentata ad aria appunto; 7 Kw per una velocità massima di 80 km/h e presentata ieri nell’area portuale di Cagliari. Costerà 7000 euro e il primo modello ad arrivare sarà una city car, seguito poi da una gamma infinita di modelli, dalla berlina da famiglia alla vetturetta per 14enni al bus, passando per il veicolo commerciale, il trattore e il container. Non manca nulla, perfino un motore da attaccare a casa ad una presa di corrente per usarlo come generatore in caso di emergenza.