domenica 25 gennaio 2015

Mattarella, da Tangentopoli alla corsa verso il Quirinale. - Sandra Rizza

Mattarella, da Tangentopoli <br>alla corsa verso il Quirinale

La vicenda giudiziaria del politico palermitano che oggi è tra i favoriti nella scalata al Colle. Coinvolto negli anni Novanta nell’inchiesta sulle mazzette ai leader siciliani di tutti i partiti, e tirato in ballo dalle dichiarazioni dell’imprenditore Filippo Salamone, il giudice della Corte Costituzionale è stato assolto ”perchè il fatto non sussiste”. L’avvocato Basilio Milio, difensore di Mori e Subranni, lo ha citato nel processo sulla trattativa Stato-mafia come teste della difesa. Se dovesse diventare il successore di Napolitano, sarebbe il secondo capo dello Stato a testimoniare in quel dibattimento. 
Alla vigilia delle elezioni politiche del ’92, aveva ricevuto nella sua segreteria di via Libertà a Palermo una busta: il mittente era l’imprenditore agrigentino Filippo Salamone titolare della Impresem, che qualche anno dopo si sarebbe beccato un condanna per concorso in mafia con l’accusa di essere l’erede di Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina. Dentro quella busta, c’era parte di un blocchetto di buoni-benzina per un valore complessivo di tre milioni di lire. L’incorruttibile Sergio Mattarella, all’epoca deputato e commissario della Dc siciliana, raccontò di averli accettati come un regalo, ‘’di modesto valore’’, inviatogli a titolo personale da un privato cittadino, e di averli distribuiti dopo le elezioni ai suoi collaboratori. Ma per questo contributo, il notabile siciliano che oggi è considerato uno dei favoriti nella corsa per il Quirinale, finì per un decennio nel tritacarne del processo sulla Tangentopoli siciliana che negli anni Novanta travolse i vertici di tutti i partiti: dai Dc Calogero Mannino, Rino Nicolosi, Angelo La Russa e Severino Citaristi, ai socialisti Nicola Capria e Nino Buttitta, al Pds Michelangelo Russo.
Scaturita dalle dichiarazioni di Salamone, l’inchiesta raccontò il sistema di spartizione delle tangenti (cifre tra i 150 e i 400 milioni) versate a deputati e segretari politici con l’obiettivo di orientare gli appalti e la spesa pubblica in Sicilia. Mattarella fu assolto dall’accusa di finanziamento illecito al suo partito ‘’perché il fatto non sussiste’’: l’ammontare dei tre milioni di lire non esponeva il parlamentare ad alcun obbligo di dichiarazione e i giudici non riuscirono a provare le accuse di Salamone, che sosteneva di avergli consegnato personalmente denaro per 50 milioni: 40 in contanti e 10 in buoni-benzina. Le parole dell’imprenditore, recita la sentenza di assoluzione, ‘’non hanno trovato alcun riscontro’’, non potendo ritenersi tale la copia della fattura da poco più di 197 milioni, rilasciata dalla Ip alla società di Salamone (poi scomparso nel 2012) di cui ‘’è del tutto incerta la destinazione’’. Sul punto, comunque, osserva il Tribunale, ‘’la pubblica accusa non ha svolto alcuno specifico accertamento al fine di verificare quali auto avessero usufruito dei buoni-benzina’’. Uno dei pm è Gaspare Sturzo, pronipote del fondatore del Partito Popolare, l’ispiratore di tutti i politici cresciuti all’ombra dello Scudocrociato.
Mattarella, insomma, la fa franca, e come lui gli altri imputati eccellenti, assolti in blocco dall’accusa di corruzione, tutti tranne l’ex assessore siciliano Turi Lombardo, condannato in primo grado a 4 anni, poi cancellati in appello. Un nulla di fatto, insomma. Ma il processo lascia comunque uno strascico di ‘’amarezza’’; dopo le accuse, Mattarella si dimette da commissario regionale Dc e dichiara: ‘’La mia famiglia mi fa notare di aver pagato prezzi troppo alti; ho preso decisioni spesso dure che mi hanno provocato avversione: qualche insidia era da mettere nel conto’’.
Un uomo senza macchia e senza paura: questa l’immagine che l’attuale giudice della Corte Costituzionale, fratello di Piersantiil presidente della Regione assassinato a Palermo da Cosa nostra nell’80ha sempre tenuto a presentare nell’agone politico, ma il suo nome torna a risuonare a sorpresa nell’appello del processo Andreotti, quando nel 2003 Pino Lipari, braccio destro del boss Provenzano, in aula racconta: ‘’Il contatto politico principale, quello più qualificato, si pensava fosse Salvo Lima, ma Cosa nostra attraverso i cugini Salvo aveva stabilito contatti anche con Mannino, con Nicolosi, attraverso l’imprenditore Salamone, con Ruffini, con Sergio Mattarella’’. E ancora: ‘’Non so se il padre di Mattarella avesse rapporti con Badalamenti, ma ritengo di si’’. Dichiarazioni senza seguito di un geometra che tenta di accreditarsi come pentito ma viene considerato un depistatore, che però fanno il paio con le parole che nel 2012 l’architetto Giuseppe Liga, condannato a 20 anni per associazione mafiosa e considerato l’erede del boss di San Lorenzo Salvatore Lo Piccolo, rilascia ad una rivista palermitana: ‘’Sono stato in contatto con Mattarella, il fratello Piersanti e Leoluca Orlando’’. Lui, Sergio, il diretto interessato, non ha mai replicato, preferendo la sobrietà del silenzio istituzionale. Dovrà intervenire, però, nel processo sulla trattativa Stato–mafia, dove il difensore degli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’avvocato Basilio Milio, lo ha citato come teste: se dovesse essere eletto al Quirinale, sarebbe il secondo presidente in carica a dover testimoniare nel processo sul patto tra boss e istituzioni.

La faccia come il culo. - Andrea Scanzi



La faccia tosta di certa gente non smetterà mai di affascinarmi. 
Dunque, riassunto delle ultime puntate: il Movimento 5 Stelle, che in passato di harakiri tattici ne ha fatti non pochi, congela giustamente le Quirinarie e dice a Renzi di fare i nomi. 

Quei nomi verranno poi proposti agli iscritti, come accaduto per esempio con Silvana Sciarra alla Corte Costituzionale, nome Pd eletta grazie ai voti del M5S dopo consultazione online. 
La mossa è spiazzante perché fa saltare l'alibi eterno secondo cui il Pd "non aveva alternative" se non quella di organizzare orge sfascio-costituzionali con Verdini. 

Poiché spiazzante, larga parte dell'informazione glissa sull'apertura 5 Stelle e glissa ancor di più sul silenzio di Renzi. 
Il quale, ovviamente, non ci pensa neanche a fare i nomi, perché ha già deciso l'obbrobrio (o il soprammobile) da mettere al Quirinale assieme al suo maestro Silvio. 
Capita poi che, oggi, il deputato M5S Di Battista ribadisca quello che tutti già sapevano, ovvero che loro al Nazareno non ci vanno. 
E non ci vanno non perché "non partecipano ai giochi", ma perché hanno già chiesto a Renzi di fare i nomi (col rischio di dover poi appoggiare nomi indigesti come Prodi) e perché non amano i patti segreti a differenza dei renzusconani. 
Apriti cielo: subito è partita la grancassa mediatica secondo cui "I 5 Stelle si chiamano fuori", "tengono i voti in frigo" e "costringono Renzi a tornare da Berlusconi". 

Un totale stravolgimento della realtà. 

Un rincoglionimento sistematico delle masse. 

Per dirla col poeta: la faccia come il culo.

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1039863579363303&id=226105204072482&fref=nf

venerdì 23 gennaio 2015

Riforma banche popolari, esposto M5S-Adusbef a Consob per aggiotaggio. - Antonio Pitoni e Giorgio Velardi

Riforma banche popolari, esposto M5S-Adusbef a Consob per aggiotaggio

Nel mirino del grillino Barbanti la “fuga di notizie” sulla riforma che impone la trasformazione in spa delle dieci più grandi: “Nessuno è intervenuto per bloccare le contrattazioni sui titoli”. E con un’interrogazione chiede di verificare anche l’operato dell'authority presieduta da Vegas. Che una petizione online vuole abolire: "Funzioni passino all'Antitrust".

I rialzi record registrati in Borsa dai titoli delle dieci banche popolari interessate dalla riforma varata dal governo stanno per piombare sul tavolo della Consob. Con un esposto che il Movimento 5 Stelle sta mettendo a punto insieme all’Adusbef e che sarà trasmesso a breve alla Commissione nazionale per le società e la Borsa, nel quale, chiedendo di fare luce su quanto accaduto lunedì a Piazza Affari, si arriva ad ipotizzare addirittura il reato di aggiotaggio. Una vicenda che il deputato Sebastiano Barbanti, componente della commissione Finanze di Montecitorio, ricostruisce nei suoi passaggi salienti. “Tutto comincia venerdì scorso quando, nella frenetica rincorsa dell’annuncio, Matteo Renzi sceglie la vetrina della direzione del Pd per anticipare imminenti provvedimenti sul credito”, ricorda. Notizia ripresa all’indomani dai principali quotidiani nazionali che, però, iniziano a diffondere anche i primi dettagli della riforma, studiata per le popolari con attivi superiori agli 8 miliardi, citando (in alcuni casi) “fonti dell’esecutivo”. C’è perfino l’indicazione della data prevista per il via libera. Quella del martedì successivo, quando il decreto sarà poi effettivamente varato dal Consiglio dei ministri.
Governo esposto - Per il M5S non ci sono dubbi: si tratta di una vera e propria fuga di notizie che, dopo il primo generico annuncio del premier (il venerdì) e le anticipazioni della stampa (il sabato), ha determinato alla riapertura dei mercati (il lunedì) l’impennata delle quotazioni azionarie dei dieci istituti di credito interessati dal provvedimento. “Vogliamo che la Consob indaghi per chiarire se, come sospettiamo, la turbativa del mercato innescata dalla divulgazione di quelle notizie configuri il reato di aggiotaggio”, spiega Barbanti. Avvertendo che, in caso di inerzia della Commissione presieduta da Giuseppe Vegas, non è escluso “un ulteriore esposto” alla Procura della Repubblica. “Anche un bambino – aggiunge – avrebbe potuto prevedere le ripercussionidi quelle dichiarazioni alla riapertura delle contrattazioni”. Quando, effettivamente, i titoli delle popolari destinatarie del decreto sono schizzati alle stelle. Come nel caso di Bpm che ha guadagnato il 14,89%, Ubi il 9,68%, Creval il 9,63%, Bper l’8,51%, Banco Popolare l’8,33% e Popolare di Sondrio l’8,06%. “Peraltro – aggiunge l’esponente del M5S – è davvero inspiegabile perché, di fronte all’evidente fuga di notizie del fine settimana, né il governo né la Consob abbiano ritenuto di intervenire per bloccare le contrattazioni sulle popolari prima della riapertura dei mercati di lunedì”.
Vigilare sul vigilante – Ma non finisce qui. Perché se dopo la presentazione dell’esposto Barbanti si aspetta che l’organo di vigilanza sulla borsa faccia chiarezza sull’accaduto, con un’interrogazione parlamentare in commissione Finanze alla Camera il deputato chiederà al ministero dell’Economia di verificare se la stessa Consob “abbia assunto tutte le azioni prescritte normativamente in particolar modo in materia di aggiotaggio”. Insomma, una richiesta all’esecutivo di vigilare sul vigilante. Non solo, il deputato del M5S solleva anche un’altra questione. Dal momento che la riforma delle popolari è stata adottata per decreto che cosa accadrebbe se, in sede di conversione, l’articolo che la introduce venisse soppresso o modificato? Domanda che nell’interrogazione viene riproposta al Mef, con l’invito a valutare l’opportunità di “assumere iniziative volte a bloccare e sanzionare ogni forma di vendita allo scoperto (vendita di azioni senza averne la proprietà, nella speranza di comprarle a un prezzo più basso prima di consegnarle al compratore, ndr) sulle banche popolari quotate”. Per scongiurare, conclude Barbanti “nuovi possibili attacchi speculativi sui titoli, stavolta al ribasso”.
Tutto all’Antitrust - Intanto, l’Adusbef guidata da Elio Lannutti, che sta collaborando con il M5S per redigere l’esposto, continua la sua battaglia contro la Consob. L’associazione dei consumatori ha addirittura dato vita a una petizione online suchange.org per chiedere al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di abolirla trasferendone poteri e funzioni all’Antitrust. L’Adusbef denuncia nel testo come la vigilanza sulle banche sia ormai ridotta a uno “spezzatino” a quattro: “La Consob per l’attività finanziaria; la Banca d’Italia per quella strettamente bancaria; l’Ivass (ex Isvap) per le attività assicurative (che ormai, vista la massiccia diffusione di prodotti “misti”, è sempre più un mercato assicurativo-finanziario) e infine per la repressione delle condotte anticoncorrenziali l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”. La petizione mira inoltre a scongiurare l’idea del governo di “assorbire le competenze della Consob in Banca d’Italia”. Meglio sarebbe, secondo l’associazione dei consumatori, trasferirle all’authority per la concorrenza che, si legge nel testo, “sin dalle origini nel 1990, ha rappresentato una felice eccezione nel desolante panorama delle autorità indipendenti italiane”.

Anomalie, mostri e mostriciattoli stanno smontando la Repubblica”. - Pancho Pardi



Tre ano­ma­lie
1) Le re­vi­sio­ni co­sti­tu­zio­na­li do­vreb­be­ro na­sce­re dal Par­la­men­to. Quel­la in corso è im­po­sta dal go­ver­no. 
2) La re­vi­sio­ne passa at­tra­ver­so un Par­la­men­to elet­to con una legge di cui sono già stati ac­cer­ta­ti pro­fi­li di in­co­sti­tu­zio­na­li­tà: do­vreb­be oc­cu­par­si di tutto meno che di cam­bia­re la Co­sti­tu­zio­ne. La Co­sti­tu­zio­ne do­vreb­be es­se­re cam­bia­ta solo da as­sem­blee elet­ti­ve elet­te con si­ste­ma pro­por­zio­na­le: pla­sma­te dal pre­mio di mag­gio­ran­za im­pon­go­no di fatto una Carta de­for­ma­ta dalla lo­gi­ca mag­gio­ri­ta­ria. 
3) Re­vi­sio­ne co­sti­tu­zio­na­le è solo quel­la in corso che de­clas­sa il Se­na­to. Ma i suoi ef­fet­ti sono in­ti­ma­men­te le­ga­ti alla mo­di­fi­ca della legge elet­to­ra­le. Que­sta non ha rango co­sti­tu­zio­na­le ma in­ci­de con forza sulla forma di go­ver­no e quin­di sul qua­dro isti­tu­zio­na­le. Nella si­tua­zio­ne ita­lia­na è im­pos­si­bi­le giu­di­ca­re se­pa­ra­ta­men­te ri­for­ma del Se­na­to e legge elet­to­ra­le. La prima raf­for­za gli ef­fet­ti della se­con­da.


Il mo­stri­ciat­to­lo. Dato e non con­ces­so che si do­ves­se pas­sa­re a un Se­na­to non elet­ti­vo, la so­lu­zio­ne scel­ta non po­te­va es­se­re peg­gio­re. 
Un Se­na­to for­ma­to da 95 sog­get­ti scel­ti dai con­si­gli re­gio­na­li (e 5 in­di­ca­ti dal capo dello Stato) è un’as­sem­blea di no­mi­na­ti che non rap­pre­sen­ta nem­me­no le Re­gio­ni ma solo i par­ti­ti di mag­gio­ran­za che le go­ver­na­no. I po­te­ri le­gi­sla­ti­vi at­tri­bui­ti a que­sto Se­na­to non elet­ti­vo (per­fi­no sulla Co­sti­tu­zio­ne) sono smi­su­ra­ti al con­fron­to con la sua con­si­sten­za ; ma in real­tà solo vir­tua­li. Si in­ven­ta il Se­na­to delle Re­gio­ni nello stes­so mo­men­to in cui la mo­di­fi­ca del Ti­to­lo V sot­trae alle re­gio­ni il go­ver­no del ter­ri­to­rio per con­se­gnar­lo al go­ver­no na­zio­na­le. Non stu­pi­sce che un Se­na­to così de­clas­sa­to sia for­ma­to solo da 100 sog­get­ti. Men­tre la Ca­me­ra resta di 630 de­pu­ta­ti. Mo­ti­vo sem­pli­ce. Al Se­na­to il pre­mio di mag­gio­ran­za non dà ri­sul­ta­ti certi; quin­di i se­na­to­ri po­te­va­no es­se­re mal­trat­ta­ti (essi del resto hanno con­tri­bui­to alla loro fine). Alla Ca­me­ra il pre­mio dà ef­fet­ti si­cu­ri e mas­sic­ci: i de­pu­ta­ti do­ve­va­no es­se­re te­nu­ti buoni.

Il mo­stro oli­gar­chi­co. Le nuova legge elet­to­ra­le man­tie­ne le so­glie di ac­ces­so anche se le ri­du­ce un po ’ per in­gra­ziar­si i pic­co­li par­ti­ti. Man­tie­ne un pre­mio in grado di tra­sfor­ma­re una mi­no­ran­za in mag­gio­ran­za. E per di più lo at­tri­bui­sce non a una coa­li­zio­ne ma alla lista che pren­de più voti. Quin­di non solo una mi­no­ran­za ma un solo par­ti­to potrà go­de­re di quel pre­mio. Circa i due terzi degli elet­ti non avran­no alcun rap­por­to di rap­pre­sen­tan­za con i cit­ta­di­ni vo­tan­ti ma sa­ran­no no­mi­na­ti dai ver­ti­ci dei loro par­ti­ti. Il voto dei cit­ta­di­ni non con­te­rà più nien­te e la Ca­me­ra sarà in preda a un’ar­bi­tra­ria oli­gar­chia. Il go­ver­no potrà pre­ten­de­re che i suoi pro­get­ti di legge siano vo­ta­ti entro ses­san­ta gior­ni: aula e com­mis­sio­ni par­la­men­ta­ri avran­no solo ruolo ser­vi­le. Tutto il po­te­re sarà del go­ver­no e in ul­ti­ma ana­li­si del suo capo. Dia­let­ti­ca de­mo­cra­ti­ca va­ni­fi­ca­ta. “La Co­sti­tu­zio­ne non dà a chi go­ver­na gli stru­men­ti per farlo” pa­ro­le di Ber­lu­sco­ni. Il Pd ha adot­ta­to il suo pro­gram­ma e, col suo aiuto di­ret­to, ha reso an­co­ra più in­ci­si­vo il po­te­re del go­ver­no sul Par­la­men­to.
La go­ver­na­bi­li­tà è tutto, la rap­pre­sen­tan­za po­li­ti­ca nulla. E i cit­ta­di­ni? I loro stru­men­ti di par­te­ci­pa­zio­ne di­ret­ta sono erosi: le firme ne­ces­sa­rie per la pre­sen­ta­zio­ne di leggi di ini­zia­ti­va po­po­la­re o per chie­de­re re­fe­ren­dum sono in­nal­za­te a cifre proi­bi­ti­ve. Quan­to tempo ci vorrà per­ché i cit­ta­di­ni che vo­ta­no Pd si ac­cor­ga­no che il loro par­ti­to sta smon­tan­do la loro Re­pub­bli­ca?

giovedì 22 gennaio 2015

Tumori, creata 'super proteina' che blocca le metastasi. Sperimentata sui topi. - Valeria Pini



Lo studio degli scienziati Stanford. Negli animali riduce fino al 90% neoplasie secondarie.

UNA 'super proteina' che può bloccare all'origine il processo che permette a un tumore di entrare nel sangue per invadere altri organi del corpo, dando origine a delle metastasi. E' stata sperimentata dall'Università di Stanford sui topi, nell'ambito di uno studio pubblicato su Nature Chemical Biology. Si tratta di una proteina ingegnerizzata, versione modificata della proteina naturale Axl, che funziona come una specie di 'esca avvelenata'. Agganciandosi a un'altra proteina denominata Gas6, le impedisce di innescare il meccanismo attraverso il quale la neoplasia può viaggiare da un tessuto all'altro. Somministrata per via intravenosa in cavie da laboratorio con tumori mammari e ovarici, la nuova proteina ha ridotto le metastasi rispettivamente del 78% e del 90% rispetto al gruppo di roditori controllo, non trattati con la sostanza. Un risultato incoraggiante che potrebbe portare in futuro a nuove cure.

Lo studio. "E' una terapia molto promettente che dagli studi preclinici sembra efficace e non tossica. Potrebbe aprire a un nuovo approccio al trattamento del cancro", spiega Amato J. Giaccia, uno degli autori. "La maggior parte dei pazienti che muoiono per un cancro sono colpiti da forme metastatiche della malattia", sottolinea Jennifer Cochran del team di ricerca. Per cercare di rallentare o bloccare le metastasi oggi si utilizza infatti la chemioterapia, che non sempre funziona e in più è gravata da pesanti effetti collaterali. 

L'esca che blocca la metastasi. Gli scienziati di Stanford hanno tentato un'altra via: cercare di impedire l'interazione fra le due proteine (Axl che si trova sulle cellule tumorali e la sua controparte circolante Gas6), che scatena la diffusione del tumore dando origine a metastasi. Quando infatti due Gas6 si agganciano a due Axl, si genera un segnale che permette al cancro di viaggiare da un organo o da un tessuto a un altro attraverso il sangue. I ricercatori hanno prodotto in laboratorio una versione alterata di Axl, che proprio come un'esca 'pesca' Gas6 nel circolo sanguigno e gli impedisce di legare e attivare le proteine Axl presenti come setole sulla superficie delle cellule malate. 

La sperimentazione non si ferma. La 'super proteina' è già avviata allo sviluppo industriale grazie a Ruga Corporation, start-up biotech di Palo Alto in California, di cui Giaccia e Cochran sono consulenti scientifici. La società ha preso in licenza la proteina ingegnerizzata e procederà a ulteriori test preclinici per verificare se la sua somministrazione possa essere sicura e potenzialmente efficace anche nell'uomo.

La ricerca italiana sul tumore al seno. Una scoperta che segue di poco quella fatta da un gruppo di studiosi italiani, ma che riguarda il cancro al seno.  I ricercatori dell'Istituto nazionale tumori di Milano hanno individuato un nuovo meccanismo responsabile delle metastasi nel tumore del seno. Alla base del processo c'è l'osteopontina, un'insospettabile proteina, normalmente presente al di fuori delle cellule e coinvolta nella regolazione di diversi processi fisiologici.


http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2014/09/21/news/tumori_creata_super_proteina_che_blocca_le_metastasi_sperimentata_sui_topi-96339352/

Bce, Draghi lancia il Quantitative easing. Acquisto titoli per 60 miliardi al mese. Euro e spread ai minimi, sale il dollaro.



Obiettivo: contrastare la deflazione e far ripartire i finanziamenti delle banche all'economia. Decisione non unanime ma meno contrastata del previsto. I rischi dell'operazione in capo alla Bce solo fino al 20%, mentre l'80% resterà in carico alle banche nazionali. Immediate le ricadute positive sui mercati.

Francoforte, 22 gennaio 2015 - E venne il giorno del Quantitative easing (SCHEDA). "Sessanta miliardi di acquisti titoli al mese", almeno "fino a settembre 2016" o, per meglio dire, "fino a quando servirà". Il nuovo intervento ingloberà i precedenti programmi di acquisti di prestiti bancari cartolarizzati (Abs) e di obbligazioni bancarie garantite (Covered bond). Lo comunica il presidente della Bce, Mario Draghi. La Banca centrale europea, come da attese, ha lasciato il tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0,05%. Il tasso sui prestiti marginali e quello sui depositi bancari restano rispettivamente allo 0,30% e -0,20%. Ma soprattutto ha rilanciato forte sul ritmo del Qe.
MISURA FORTE - Il mercato si aspettava 50 miliardi al mese per un anno. Draghi ha alzato subito la posta fino ad almeno 1.140 miliardi complessivi, peraltro senza indicare la fine della misura straordinaria di acquisto titoli di Stato e titoli privati che si va ad aggiungere alle altre già sul tappeto e cioè ai finanziamenti a lungo termine alle banche di categoria Ltro e Tltro ((le cui restanti 6 operazioni di rifinanziamento a lungo termine avranno ora un tasso parificato alle principali operazioni di rifinanziamento dell'Eurosistema).). Obiettivo dell'intera manovra espansiva: aprire il rubinetto della liquidità, immettere denaro nell'economia reale, contrastare la deflazione e far ripartire i finanziamenti ai cittadini. C'è però il rovescio della medaglia.
CONDIVISIONE LIMITATA - Il nuovo piano di acquisti di titoli privati e pubblici della Bce prevede una condivisione dei rischi solo "al 20 per cento". L'80% del rischio resterà quindi in capo alle banche nazionali. Ci saranno altri limiti di intervento: limite emittente al 33%, limite emissione al 25%. La maturità dei titoli di Stato e di altro genere che verranno acquistati dalla Bce sarà compresa tra i due e i trenta anni. Ovviamente tenendo presenti i pesi dei singoli Paesi all'interno della Bce dove l'Italia è il terzo azionista dietro a Germania e Francia.
SCENARIO POSITIVO - "I rischi per le prospettive economiche dell'eurozona restano orientati al ribasso, ma dovrebbero diminuire grazie alle misure di politica monetaria annunciate oggi e alla continua caduta del prezzo del petrolio" è l'opinione di Draghi, apparso molto soddisfatto della svolta impressa. Naturalmente, ora la palla passa ai governi. Draghi invoca riforme, riforme e ancora riforme. Altrimenti il Qe perderà in efficienza. 
DIBATTITO INTERNO - Una decisione storica, alla quale l'Eurotower è arrivata in modo se non unanime, certamente meno scomposto di quanto ci si attendesse alla vigilia, grazie - soprattutto - alla minor condivisione del rischio. I votanti all'interno del direttivo sono 21 e il compito immane cui Mario Draghi si è dedicato fino all'ultimo è stato di minimizzare il dissenso nei confronti del Qe, contro il quale si erano schierati la Bundesbank e gli altri 'falchi' dell'Eurosistema, cioè Olanda, Lussemburgo e alcuni paesi dell'Est europeo. Ha ammesso in conferenza stampa il numero uno di Eurotower: "La decisione di avviare il Qe ha avuto una vasta maggioranza ma non è stata unanime. C'è invece stato consenso sul considerare il Qe uno strumento di politica monetaria e sulla condivisione del rischio al 20%". In generale, un gran bel risultato.
TUTTI DENTRO - E la Grecia? I titoli di Stato dei paesi più fragili saranno acquistati sulla base di determinati criteri di eleggibilità, cioè si vaglierà caso per caso. Tuttavia - chiarisce Draghi - per la Grecia non c'è alcun regime specialeC'è una deroga, che consente di comprare titoli con rating speculativo in presenza di un programma di assistenza (leggi Trojka). Quindi con l'accordo dei grandi creditori e il rispetto dei programmi concordati. Nello specifico caso della Grecia gli acquisti potranno pertanto cominciare solo a luglio, in base alle scadenze di "pagamenti dei titoli detenuti tramite il vecchio programma Smp".
SPREAD A 108 - Immediata reazione del mercato del reddito fisso all'annuncio dell'ampio Qe. Il differenziale di rendimento tra i BTp decennali e i Bund di analoga durata è sceso di venti punti base in pochi secondi: da 128 a 108 punti e si è portato al minimo di 106,7 subito dopo, per poi chiudere a 118 con il rendimento che aggiorna all'1,62% il proprio minimo storico. Molti analisti vedono a questo punto la possibilità di uno spread sotto quota 100 entro l'estate, se non già entro la primavera, se l'economia italiana ripartirà. Esempio virtuoso il bono spagnolo, oggi quotato a 97 per un rendimento dell'1,41%.
CAMBIO EURO-DOLLARO - In scia alle parole di Draghi l'euro è sceso a 1,1480 dollari rivedendo i minimi da novembre 2003, un livello già toccato lo scorso 16 gennaio quando la valuta europea scese fino a 1,1460 dollari. Buon per l'export. Soprattutto delle imprese italiane ad alto valore aggiunto.
BORSE - Dopo l'annuncio di Draghi i mercati sono schizzati in rialzo, poi hanno ritracciato pur restando in area positiva e a fine contrattazioni sono tornati di nuovo vicino ai massimi di giornata. Milano - al sesto rialzo consecutivo - è stato il listino migliore in Europa con il Ftse Mib a +2,44% e il Ftse All Share a +2,35%. Ancora acquisti sul settore bancario e in particolare su Bper +4,73%, Unicredit +3,7% e Mps 3,3%. Bene anche il risparmio gestito: Mediolanum (+4,4%) e Azimut (+3,54%). Fra gli energetici svetta Saipem (+4,37%) che ha riguadagnato quota 8 euro grazie ad alcune ricoperture. Secondo i principali broker, i mercati dell'Eurozona, che già "prezzavano" un intervento importante, potrebbero aspettare qualche giorno prima di posizionamenti di "medio-lungo" periodo nel nuovo scenario visto che è imminente l'appuntamento elettorale in Grecia che potrebbe alimentare nuove tensioni.
REAZIONI - Secondo Christine Lagarde, il direttore generale del Fmi (Fondo monetario internazionale), il Qe contribuirà a "ridurre i rischi di un'inflazione bassa per un periodo protratto aumentando le aspettative" sull'inflazione stessa e ad "abbassare i costi per prendere denaro in prestito nell'area euro". Forte il plauso del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan: il quantitative easing "è un passo importante nella direzione giusta" che è quella "di una maggiore mutualizzazione" del debito. Inoltre, "le misure della Bce daranno più certezze e più potere di acquisto permettendo anche ai cittadini di spendere di più" osserva il titolare del Mef da Davos. "Se lo stesso sforzo di acquisto massiccio di titoli fosse cominciato strategicamente e strutturalmente già nell'estate-autunno del 2011, la storia di questa crisi sarebbe stata diversa" si compiace (e al tempo stesso si rammarica) il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta. Osserva Filippo Taddei, responsabile economico del Pd: "E' la giornata della svolta: la politica monetaria cancella gli alibi, quella fiscale europea non può sfuggire alle proprie responsabilità. Dopo il coraggio monetario, è arrivato il momento della coerenza di una politica fiscale espansiva e orientata alla crescita e occupazione a livello europeo. Questa è la missione dell'Italia".

Colibrì dal ciuffetto - Lophornis ornatus









Foto presa in rete.