Con te, un pezzetto della mia vita se n'è andato.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 18 maggio 2017
CHRIS CORNELL - YOU KNOW MY NAME (Casino Royale Soundtrack)
Con te, un pezzetto della mia vita se n'è andato.
Il Nobel Stiglitz: «Contro le diseguaglianze, investite sul Terzo settore» - Marco Dotti
I dati dell'Istat lo confermano: nel nostro Paese cresce il divario tra (pochi) mega-ricchi e la massa della popolazione, sempre più precaria e sconnessa. Nel nostro presente ci sono povertà assoluta, fine della classe media, diseguaglianze sociali, economiche e di genere. Per cambiare rotta, spiega il Nobel in questa intervista a Vita, «dobbiamo far leva sul no profit»
Oggi, spiega il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, l’Italia è «uno dei paesi con il più alto livello di diseguaglianze al mondo». Per una volta, gli Usa non sono tanto distanti da noi: «classe media spolpata, base della popolazione impoverita e l’1% della stessa popolazione che gode di extra profitti. Con i figli di questo 1% che si ritroveranno ricchi per mera “discendenza” ed erediteranno un vantaggio competitivo che non farà che allungare la catena delle diseguaglianze. Qualcosa non torna, qualcosa non va, forse tutto.
Dal punto di vista teorico, è saltato un modello: quello della “teoria del gocciolamento”, ovvero l’idea che le diseguaglianze – di benessere, salute, reddito e di opportunità sociali – potessero in qualche modo essere mitigate dal fatto che i vantaggi ricevuti dalla popolazione più abbiente, sarebbero ricaduti sulle fasce più basse in termini di offerte di lavoro e via discorrendo. Al contrario, ci spiega Stiglitz, che abbiamo incontrato a margine dell'incontro sulla "jobless society“ organizzato da Adecco e Fondazione Feltrinelli, crescita degli ultimi decenni è andata a chi stava in cima, che si è preso tutto condividendo niente. Il salario minimo di un lavoratore è più basso di 40 anni fa», negli Usa come in Italia.
Professor Stiglitz, lei ha disegnato un quadro a tinte fosche del nostro presente. Ma per il futuro?
Poiché siamo esseri capaci di scelta e capiamo che così le cose non vanno, io sono ottimista: sappiamo scegliere, dobbiamo scegliere, ma dobbiamo anche capire in che direzione orientare questa scelta. Le diseguaglianze non sono inevitabili e la disoccupazione non è un destino. Il lavoro deve però essere luogo dove queste diseguaglianze si affievoliscono e garanzia della mobilità sociale. Se diventa luogo di diseguaglianza e discriminazione, siamo in un nuovo feudalesimo.
Dove orientarla, allora, la nostra scelta?
Dobbiamo contrastare in ogni modo le disuguaglianze. Per farlo, dobbiamo riscrivere le regole del mercato, garantendo una migliore distribuzione del reddito, rafforzando il potere di contrattazione dei lavoratori e riducendo la forbice tra i compensi dei manager e il salario medio dei dipendenti. Oggi, il sistema garantisce l’accumulo di ricchezza finanziaria e disincentiva, di fatto, gli investimenti nell’economia reale, nelle infrastrutture e a supporto delle piccole e medie imprese. Dobbiamo andare in un’altra direzione, sia sul piano delle regole, sia su quello della governance aziendale.
Come può il terzo settore contribuire a questa riconfigurazione dell’economia?
Facendo quello che sa fare e facendolo al meglio. Prendiamo il caso degli Stati Uniti: se osservi le istituzioni americane, se le osservi bene intendo, che cosa noti? Noti che quelle di maggiore successo sono le istituzioni no profit. E tra queste istituzioni, particolare successo hanno le università. Direi che se il terzo settore tiene fede ai propri compiti, il suo successo va a un vantaggio di tutti. Non ci sono istituzioni “for profit” di successo.
Eppure, il corporate storytelling ci dice il contrario...
Lo ha detto lei, è corporate storytelling...
Diciamo pure: menzogne.
Infatti l’unico successo concreto di queste “for profit” sta nello sfruttare persone. Sfruttare persone povere. In questo riescono benissimo. Ma se guardi le università come Harvard, le fondazioni, le associazioni che davvero incidono positivamente sul piano economico e sociale, sono tutte no profit. Quando la gente parla dell’economia di mercato, io dico che non siamo una vera economia di mercato. Non lo siamo negli Stati Uniti, dove l’intero settore dell’educazione, dalla Stanford University in giù, è retto da un sistema no profit. Non lo siete in Italia dove – non devo essere io a insegnarvelo – il terzo settore ha un ruolo preminente. Guai se saltasse.
Non capirlo ha dei costi enormi, non crede?
Infatti, ci dimentichiamo che esistono istituzioni importanti che agiscono not -for-profit e, dimenticandocene, tendiamo a non capire la loro capacità di riconfigurare l’intera economia. Pensiamo al settore sanitario: credo che una delle ragioni per cui il sistema sanitario negli Stati Uniti sta andando così male risieda nel fatto che un tempo avevamo strutture che non operavano in primo luogo per profitto, ospedali religiosi e ospedali di comunità per esempio, e ora invece abbiamo “for profit hospitals”. Avevamo compagnie di assicurazione sanitaria cooperative, ora abbiamo imprese di assicurazione sanitaria “for profit”. Quello che voglio dire è che dobbiamo stare attenti ai piccoli cambiamenti. Sono stati i piccoli cambiamenti che hanno cambiato l’intera cultura di queste organizzazioni.
Un esempio positivo di questo no profit americano?
Penso a un istituto finanziario che si è comportato bene, le unioni di credit che sono no profit …
Anche piano del lavoro, oggi più che mai, il no profit ha molto da dire, soprattutto per produrre cambiamenti positivi nella cultura organizzativa.
Credo, infatti, che questa sia la sfida, non per generare ibridi ma per creare mentalità, cultura. Il modo migliore per qualunque paese per ridurre la disoccupazione giovanile resta comunque intervenire sulla disoccupazione complessiva. L’Italia, ora, ha un problema in più. Non solo è uno dei Paesi al mondo dove le diseguaglianze di reddito sono più marcate...
... e questo è già un bel paradosso, vista la presenza di quel terzo settore di cui parlavamo...Chiediamoci cosa accadrebbe se non ci fosse.
Accennava comunque a un problema in più, per l’Italia, sul piano delle politiche del lavoro...
Il problema è l’eurozona, per come è stata configurata. Intervenire sulla flessibilità non porterà a molto, perché anche nei paesi all’interno dell’eurozona in cui si è tentato di incrementare la flessibilità, l’unico risultato è indebolire ancora di più la tenuta interna dell’economia.
Se diciamo eurozona, diciamo in sostanza Germania...
All’interno dell’euro per i giovani italiani è molto difficile essere pienamente occupati, sarebbe facile per la Germania cambiare le sue politiche, per l’Europa cambiare e quando dico “facile” non mi riferisco alle politiche economiche. Parlo di politica. La diseguaglianza è conseguenza di una scelta del sistema politico. Poiché la Germania ha un peso imponente, lo fa valere. Bisogna riformare le regole dell’eurozona, condividendo il debito e cancellando il fiscal compact, tornando a favorire investimenti pubblici. Senza procedere in questa direzione non si uscirà dal problema della disoccupazione di massa che, secondo la Bce, nell’area euro, è al 18,5%.
Conseguenza di questa politica e della gabbia di ferro dell’eurozona è che, in Italia, oggi 1,6 milioni di persone vive in condizioni di povertà assoluta.
Non solo, se i paesi più virtuosi in tema di reddito, lotta alla disuguaglianza e mobilità sociale sono Norvegia (che è fuori dall’eurozona) e Svezia, l’Italia è ai primi posti al mondo per tasso di diseguaglianza, forbice di reddito e immobilismo sociale. In Italia, come negli Stati Uniti, hai un reddito alto se nasci da famiglie con un reddito alto, come negli Stati Uniti. Per questo, se l’eurozona è una trappola, gli Stati Uniti non sono certo il modello.
Si rischia, anche sulle tematiche del lavoro, di dare come il Barone di Münchhausen
che voleva tirarsi fuori dalla palude tirandosi per i capelli.
Tanto più che, in Italia, è in atto un sotto investimento, anche culturale, sulle politiche della ricerca. I ricercatori non trovano lavoro e fuggono all’estero, coloro che potrebbero dare tanto a questo Paese sono costretti in condizioni di precarietà permanente e subiscono disuguaglianze al limite dell’umiliazione. Ecco, se torniamo al punto da cui siamo partiti: anziché invocare austerity o seguire ricette importate da chissà chi e da chissà dove, cercare di ridisegnare i confini dell’economia spingendo sul terzo settore, sulla sua capacità di agire sul legame sociale non sarebbe cosa da poco. Se non ripartiamo da questa forza motrice, sarà difficile. Se vogliamo riscrivere le regole e ridefinire la forma dell’economia, dobbiamo partire dal lavoro e ricordarci che abbiamo delle alternative alla crisi, all’austerity, alla crescita delle diseguaglianze. Una di queste alternative è imparare dal no profit come si opera un vero cambiamento sociale.
http://www.vita.it/it/article/2017/05/17/il-nobel-stiglitz-contro-le-diseguaglianze-investite-sul-terzo-settore/143398/
Le 5 isole di plastica che soffocano il mare. - di Nicoletta Pennati
Un'immagine della spiaggia dell'isola Henderson, nel Pacifico meridionale (LaPresse)
La massa dei rifiuti che fluttua nel Pacifico è grande quanto l'Europa e si alimenta di una tonnellata al giorno. Un libro-inchiesta rinnova l'allarme e dà i numeri dei veleni che intossicano gli oceani e il Mediterraneo.
- 13 gennaio 2014
Foto Corbis
Lucio Dalla ha scritto Com'è profondo il mare, nella sua casa che guarda Cala Matano, sull'isola di San Domino, alle Tremiti (Puglia). E così si intitola il bel libro di Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti all'università di Bari appena uscito per Chiare Lettere. Perché questa inquietante inchiesta in difesa del mare parte e ritorna alle Tremiti e perché i versi del grande cantautore erano un grido d'allarme (Così stanno bruciando il mare, cosi_ stanno uccidendo il mare, cosi_ stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare). Ma dal 1977, anno in cui uscì l'omonimo album, l'uomo ha fatto ancora altri e peggiori danni. Ecco alcuni dati e brani tratti dalla prima parte del libro, "Mare di plastica".
Isole di plastica. Non sono segnate sulle carte nautiche, né si possono avvistare dall'alto o su Google Earth. Eppure sono 5 le isole di plastica fluttuante negli oceani censite dall'oceanografo Curtis Ebbesmeyer: due nell'Atlantico, una nell'Oceano Indiano, due nel Pacifico, ma sono soltanto le principali. Ne ha stimato l'estensione totale in milioni di miglia quadrate. Solo quella del Pacifico settentrionale (Great Garbage Patch), scoperta nel 1996 dal capitano californiano Charles Moore, pare sia grande quanto l'Europa.
Microscopici frammenti. L'isola è formata da centinaia di miliardi di microscopici frammenti di plastica, impalpabili nuvole inquinanti che fluttuano nel mare, si polverizzano e si disperdono, fermandosi in sospensione appena sotto il livello della superficie, oppure, in base alla loro densità, in tutta la colonna d'acqua sino al fondale. Il guaio è che questi frammenti assomigliano al plancton, le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani e da cui parte la catena alimentare. Non c'è creatura marina per la quale il plancton non sia alla base dell'esistenza: i pesci e gli uccelli che non lo mangiano direttamente vivono comunque delle altre creature che se ne cibano.
Microscopici frammenti. L'isola è formata da centinaia di miliardi di microscopici frammenti di plastica, impalpabili nuvole inquinanti che fluttuano nel mare, si polverizzano e si disperdono, fermandosi in sospensione appena sotto il livello della superficie, oppure, in base alla loro densità, in tutta la colonna d'acqua sino al fondale. Il guaio è che questi frammenti assomigliano al plancton, le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani e da cui parte la catena alimentare. Non c'è creatura marina per la quale il plancton non sia alla base dell'esistenza: i pesci e gli uccelli che non lo mangiano direttamente vivono comunque delle altre creature che se ne cibano.
Una tonnellata al giorno. Si è stimato che solo il Great Pacific Garbage Patch venga alimentato da una tonnellata di plastica al giorno.
Buste. Dei cento milioni di tonnellate di plastica prodotta ogni anno il 10 per cento va a finire in mare, da cinquecento miliardi a un trilione sono solo buste; la stessa quantità si registra per piatti, bicchieri, pellicole per alimenti e bottiglie. Così in meno di cinquant'anni gli oggetti che utilizziamo solo per qualche attimo hanno formato un continente artificiale di roba inutile di cui non ci libereremo mai. Galleggerà in eterno senza che si riesca a raccoglierla.
Morte annunciata. Ogni anno, nei mari del mondo, tra tartarughe e mammiferi marini muoiono 100.mila esemplari, e circa 1 milione di uccelli marini vengono sterminati da tappi di plastica, ugelli degli spray, persino soldatini e spazzolini da denti. Gli uccelli avvistano i frammenti dal cielo, si tuffano in picchiata scambiandoli per cibo e quando li hanno nel becco è ormai troppo tardi.
Mediterraneo malato grave. Nel Mediterraneo il problema è più grave: in questo mare chiuso la plastica rimane prigioniera. Qui, in media, ci sono 115.000 pezzetti per chilometro quadrato, il che vuol dire che in tutta l'estensione marina ce ne sono 290.000.000.000 nei primi quindici centimetri d'acqua, ovvero una fascia delicata e preziosa per la riproduzione e l'alimentazione dell'ecosistema marino che i biologi chiamano «neuston».
Costa ligure-tirrenica. Si calcola che nel solo bacino nord-ovest del golfo di Genova si ritrovano in media 200.000 microframmenti per chilometro quadrato. Al largo di Portoferraio (Isola d'Elba) la concentrazione di plastica, forse per un gioco di correnti, raggiunge gli 892.000 microframmenti per chilometro quadrato.
Spiagge. Alle Hawaii sono stati trovati 200.000 frammenti per ogni chilo di sabbia.
mercoledì 17 maggio 2017
Italia: addio classi sociali, crescono disuguaglianze.
La fotografia nel rapporto annuale Istat. Scompaiono borghesia e proletariato. Sette giovani su dieci a casa con i genitori.
L’Istat traccia la nuova mappa socio-economica dello Stivale, suddividendo le famiglie italiane in 9 gruppi sociali. Ma quello che ne esce è un ritratto impietoso. Sette giovani su dieci ancora a casa con i genitori, aumentano le disuguaglianze, Italia prima in Europa per invecchiamento della popolazione. Inoltre, il paese presenta una "perdita dell'identità di classe legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi". Così l’Istat nel suo Rapporto annuale 2017, presentato oggi a Montecitorio
Fotografia Italia: “esplodono” le classi sociali
Quello che viene fotografato è un Paese che sta cambiando volto. "La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi". La classe operaia e il ceto medio, osserva l’Istat, "sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese" ma "oggi la prima ha abbandonato il ruolo di spinta all'equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell'evoluzione sociale". Secondo il rapporto dell’Istat, segmenti della popolazione non possono più essere inquadrati secondo le partizioni classiche. “Giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione che non hanno il background culturale dei genitori, stranieri di prima generazione cui non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito, una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro dovuta - sottolinea l'Istituto - anche al progressivo invecchiamento della popolazione".
Addio classe operaia e piccola borghesia
Ecco che nella nuova geografia dell'Istat "la classe operaia", che "ha perso il suo connotato univoco", si ritrova "per quasi la metà dei casi nel gruppo dei 'giovani blue-collar'", composto da molte coppie senza figli, e "per la restante quota nei due gruppi di famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri". Anche la piccola borghesia si distribuisce su più gruppi sociali, in particolare "tra le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia". Secondo l'Istituto "la classe media impiegatizia è invece ben rappresentabile nella società italiana, ricadendo per l'83,5% nelle 'famiglie di impiegati'".
Giovani a casa, Neet e anziani
La situazione dei giovani mostra che quasi sette su 10 tra gli under 35 vivono ancora nella famiglia di origine: nel 2016 i ragazzi tra i 15 e i 34 anni che stanno a casa dei genitori sono 8,6 milioni, il 68,1% dei coetanei. Ed è ancora maglia nera in Europa per i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: sono scesi a 2,2 milioni nel 2016, con un'incidenza che passa al 24,3% dal 25,7% dell'anno prima, ma si tratta ancora della quota "più elevata tra i paesi dell'Unione" europea, dove la media si ferma al 14,2%. L'Italia, inoltre, appare come un Paese sempre più vecchio: al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocando il nostro Paese al livello più alto nell'Unione Europea e "tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo". Con questo dato l'Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni.
Presenza femminile nelle aziende
Il rapporto offre anche un quadro sociale sull’occupazione femminile. Nelle grandi imprese italiane solo il 12,2% dei top manager è donna. La presenza femminile è maggiore nelle imprese familiari, dove le donne appartenenti alla famiglia proprietaria vengono inserite più facilmente nel Cda e nel top management. Nel middle management le donne arrivano al 23,1%, indicatore del fatto che salendo nella scala gerarchica aumenta lo svantaggio delle donne. Le maggiori incidenze di top manager donne sono diffuse nelle cooperative attive nei comparti dei servizi alla persona, delle pulizie, e dell'assistenza familiare e sanitaria. Le famiglie di impiegati vedono come persona di riferimento, principale percettore di reddito, una donna in 7 casi su 10. Nonostante la "superiorità di genere" delle donne quanto a livello di istruzione, si legge nel Rapporto annuale dell’Istat, nel 2016 il gap nei tassi di occupazione è ancora forte: 18,4 punti percentuali a sfavore delle donne. La quota di donne che lavorano è più alta nelle famiglie di impiegati, in quelle della classe dirigente e dei giovani blue collar. Il tasso di occupazione femminile passa dal 29,8 con al massimo la licenza media al 73,3% delle laureate.
http://www.sky.it/eveningnews/2017/736/web/homepage.html?lightbox=3&extid=26dddf71a02cf36617643234d957f76aaf746bac2393b6e9
Fotografia Italia: “esplodono” le classi sociali
Quello che viene fotografato è un Paese che sta cambiando volto. "La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi". La classe operaia e il ceto medio, osserva l’Istat, "sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese" ma "oggi la prima ha abbandonato il ruolo di spinta all'equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell'evoluzione sociale". Secondo il rapporto dell’Istat, segmenti della popolazione non possono più essere inquadrati secondo le partizioni classiche. “Giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione che non hanno il background culturale dei genitori, stranieri di prima generazione cui non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito, una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro dovuta - sottolinea l'Istituto - anche al progressivo invecchiamento della popolazione".
Classi sociali e gruppi sociali: classificazioni a confronto#rapportoannualeistat 2017 #istat
Addio classe operaia e piccola borghesia
I 9 gruppi sociali del #rapportoannualeistat 2017 #istat
La situazione dei giovani mostra che quasi sette su 10 tra gli under 35 vivono ancora nella famiglia di origine: nel 2016 i ragazzi tra i 15 e i 34 anni che stanno a casa dei genitori sono 8,6 milioni, il 68,1% dei coetanei. Ed è ancora maglia nera in Europa per i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: sono scesi a 2,2 milioni nel 2016, con un'incidenza che passa al 24,3% dal 25,7% dell'anno prima, ma si tratta ancora della quota "più elevata tra i paesi dell'Unione" europea, dove la media si ferma al 14,2%. L'Italia, inoltre, appare come un Paese sempre più vecchio: al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocando il nostro Paese al livello più alto nell'Unione Europea e "tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo". Con questo dato l'Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni.
Caratteristiche del gruppo anziane sole e giovani disoccupati #rapportoannualeistat 2017 #istat
Il rapporto offre anche un quadro sociale sull’occupazione femminile. Nelle grandi imprese italiane solo il 12,2% dei top manager è donna. La presenza femminile è maggiore nelle imprese familiari, dove le donne appartenenti alla famiglia proprietaria vengono inserite più facilmente nel Cda e nel top management. Nel middle management le donne arrivano al 23,1%, indicatore del fatto che salendo nella scala gerarchica aumenta lo svantaggio delle donne. Le maggiori incidenze di top manager donne sono diffuse nelle cooperative attive nei comparti dei servizi alla persona, delle pulizie, e dell'assistenza familiare e sanitaria. Le famiglie di impiegati vedono come persona di riferimento, principale percettore di reddito, una donna in 7 casi su 10. Nonostante la "superiorità di genere" delle donne quanto a livello di istruzione, si legge nel Rapporto annuale dell’Istat, nel 2016 il gap nei tassi di occupazione è ancora forte: 18,4 punti percentuali a sfavore delle donne. La quota di donne che lavorano è più alta nelle famiglie di impiegati, in quelle della classe dirigente e dei giovani blue collar. Il tasso di occupazione femminile passa dal 29,8 con al massimo la licenza media al 73,3% delle laureate.
http://www.sky.it/eveningnews/2017/736/web/homepage.html?lightbox=3&extid=26dddf71a02cf36617643234d957f76aaf746bac2393b6e9
martedì 16 maggio 2017
Manovra, spunta la stretta sul bollo auto e l’addio alle monete da 1-2 centesimi. - N. Cottone
Oltre un terzo degli emendamenti alla manovra non passa il vaglio di ammissibilità.
Tra i circa 900 emendamenti cassati per estraneità di materia - sui circa 2600 presentati - compare anche la serie di proposte 'fotocopia' presentate da Pd, Sc e Lega per applicare, in modo certo e definitivo, l’Iva al 4% anche ai pani speciali. Stessa sorte per l’emendamento a firma Zanetti-Sottanelli che chiedeva di introdurre una flat tax al 10% per attrarre i pensionati stranieri. Fra le proposte di modifica alla cosiddetta manovra correttiva dei conti pubblici all’esame della commissione Bilancio della Camera, accanto alla web tax transitoria, ci sono tante curiosità.
Da 2018 addio monete 1-2 centesimi.
Addio, a partire dal primo gennaio 2018, alle monete da 1 e 2 centesimi. È quanto propone invece un emendamento del Pd alla manovra-bis (primo firmatario Boccadutri), in cui si specifica che il risparmio derivante dallo stop al conio è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. «A far data dal 10 gennaio 2018 - recita l’emendamento - è sospeso il conio delle monete da 1 e 2 centesimi. Il risparmio derivante dagli effetti della norma è destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, da adottarsi entro il primo settembre 2017, - si legge - si stabiliscono le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sono arrotondati nel periodo di sospensione».
Non è la prima volta che si tenta questa iniziativa. Tre anni fa la Camera dei deputati ha approvato una mozione (primo firmatario Sergio Boccadutri, allora di Sel) che impegnava il Governo a sospendere il conio delle monete da 1 e 2 centesimi di euro. In un comunicato Sel affermava che le monetine da uno e due centesimi, oltre a non essere accettate da distributori automatici, parcometri e caselli automatici delle autostrade, costano molto più di quel che valgono. Per fare un centesimo si spendono 4,5 centesimi di euro; per fare la monetina da due centesimi, 5,2. Il risparmio che si potrebbe ottenere, sospendendo anche solo le monete da uno e due centesimi, è di 21 milioni di euro l’anno.
Stretta contro l’evasione del bollo auto.
Prevista anche, se l’emendamento sarà approvato, una stretta contro l’evasione del bollo auto. Gli uffici del dipartimento dei Trasporti e le autofficine autorizzate a fare la revisione dovranno controllare che i proprietari dei veicoli abbiano sempre pagato tassa di proprietà e tassa di circolazione del proprio mezzo e che non sia sottoposto a fermo amministrativo. Lo prevede un emendamento presentato dal Pd, primo firmatario Francesco Ribaudo. In caso di mancato pagamento, non è possibile procedere con la revisione del veicolo e il proprietario è obbligato ad effettuare i pagamenti mancanti.
Arrivano proposte sui nuovi voucher, anche libretto famiglia.
Arrivano poi da tutti i gruppi come emendamenti alla manovra le proposte per sostituire i voucher. Si va dall’introduzione dei “coupon” per il lavoro 'breve', come propone Ap, a una “card” per il lavoro saltuario, come chiede la Lega, oppure un vero e proprio «libretto famiglia» per pagare le prestazioni occasionali di colf, badanti ma anche insegnanti che danno ripetizioni ai figli a scuola, come chiede il Pd. Molte propongono di limitare comunque il lavoro occasionale ad alcune categorie, come studenti, pensionati o casalinghe.
Minisanatoria per i dirigenti delle Entrate.
Spunta anche una sorta di 'minisanatoria' per chiudere la vicenda dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale perché nominati senza concorso. Un emendamento alla manovra firmato da Rocco Palese (Cor) prevede infatti una 'stabilizzazione' nel ruolo di dirigenti di chi sia in servizio da almeno 5 anni in area apicale e abbia svolto negli ultimi 8 anni almeno 3 anni da dirigente con valutazioni positive. L'emendamento vuole risolvere la questione garantendo «la regolare funzionalità dell’amministrazione finanziaria, anche al fine di non pregiudicare il buon esito delle manovre fiscali» contenute nel decreto. Tra le proposte a firma Palese anche quella di bandire un concorso per 25 magistrati contabili da inserire nell’organico della Corte dei conti, sospendendo nel frattempo i collocamenti a riposo.
Non passa ememendamento sul pane speciale
Non ha passato invece il vaglio di ammissibilità gli emendamenti che puntavano a fare chiarezza sull’aliquota da applicare a nuovi prodotti della panificazione
o sostitutivi del pane, applicando, in modo certo e definitivo, l’Iva al 4% anche ai pani speciali, contenenti «gli zuccheri già previsti dalla legge, ovvero destrosio e saccarosio, i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge, cereali interi o in granella e semi, e semi oleosi, erbe aromatiche e spezie di uso comune».
Ddl indici affidabilità entra nella manovrina
Il ddl di iniziativa parlamentare per la definizione degli indici di affidabilità fiscale confluisce nella manovra-bis. Un emendamento di maggioranza (primi firmatari Pelillo, Pd, e Bernardo, Ap) ripropone infatti il testo del disegno di legge presentato a fine aprile. Come disposto dal decreto fiscale dello scorso anno, gli indici dovranno sostituire gli studi di settore a partire dall'anno di imposta 2017. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, si legge nell'emendamento, «rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente».
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-05-15/manovra-emendamenti-spunta-stretta-bollo-auto-e-mini-sanatoria-dirigenti-entrate-132442.shtml?uuid=AEfArZMB
Leggi anche:
http://it.ibtimes.com/manovrina-pannolini-iva-bollo-auto-monetine-da-un-centesimo-voucher-lavoro-tutti-gli-emendamenti
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