giovedì 5 dicembre 2019

Diospyros kaki - caco mela

Cachi mela: proprietà, benefici e come mangiarli

Il cachi o kaki (Diospyros kaki L.f.1782) (in italiano[1] anche diòspiro o diòspero) è un albero da frutto: una angiosperma dicotiledone, appartenente alla famiglia delle Ebenacee e al genere dei Diospyros.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Diospyros kaki, originario dell'Asia orientale, è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall'uomo, conosciuta per il suo uso in Cina da più di 2000 anni. In cinese il frutto viene chiamato 柿子 shìzi[2] mentre l'albero è noto come 柿子树 shizishu. La sua prima descrizione botanica pubblicata risale al 1780[3][4]. Il nome scientifico proviene dall'unione delle parole greche Διός, Diòs, caso genitivo di «Zeus», e πυρός, pyròs, «grano»[5], letteralmente "grano di Zeus". È originario della zona centro-meridionale della Cina, ma comunque mai al di sotto dei 20° di latitudine Nord, e nelle zone più meridionali spesso in zone collinari o montane più fredde; Detto mela d'Oriente, fu definito dai cinesi l'albero delle sette virtù: vive a lungo, dà grande ombra, dà agli uccelli la possibilità di nidificare fra i suoi rami, non è attaccato da parassiti, le sue foglie giallo-rosse in autunno sono decorative fino ai geli, il legno dà un bel fuoco, la caduta dell'abbondante fogliame fornisce ricche sostanze concimanti. Dalla Cina si è esteso nei paesi limitrofi, come la Corea e il Giappone.
Cachi coltivati a Misilmeri, in Sicilia.
Un cachi intero e uno tagliato a metà.
Intorno alla metà dell'Ottocento fu diffuso in America e Europa. In Italia fu introdotto nel 1880 e il successo fu subito straordinario. Apprezzato, fra i primi, anche da Giuseppe Verdi che nel 1888 scrisse una lettera nella quale ringraziava chi gliene aveva fatto dono[6]. I primi impianti specializzati in Italia sorsero nel Salernitano, in particolare nell'Agro Nocerino, a partire dal 1916, estendendosi poi in Sicilia, dove è stata selezionata la varietà acese (piccola e dolcissima, quasi selvatica), e in seguito in Emilia-Romagna. In Italia la produzione si è stabilizzata intorno alle 65.000 tonnellate: la coltura è sporadicamente diffusa su tutto il territorio, ma è importante solo in Campania ed Emilia con produzioni rispettive di 35.000 tonnellate e 22.000 tonnellate. In Sicilia, pur esistendo una delle varietà più antiche nell'areale di Acireale e lungo la costa etnea, è più diffuso il cachi di Misilmeri. Il cachi è oggi considerato "l'albero della pace", perché alcuni alberi sopravvissero al bombardamento atomico di Nagasaki nell'agosto 1945.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

I cachi sono alberi molto longevi e possono diventare pluricentenari, ma con crescita lenta. Sopportano male i climi caldo-umidi, soprattutto se con suolo mal drenato. Gli alberi di cachi sono caducifoglie e latifoglie, con altezza fino a 15–18 metri, ma di norma mantenuti con potature a più modeste dimensioni. Le foglie sono grandi, ovali allargate, glabre e lucenti. Nelle forme allevate per il frutto si riscontrano solo fiori femminili essendo gli stami abortiti.
La fruttificazione avviene spesso per via partenocarpica o in seguito a impollinazione da parte di alberi di varietà diverse provvisti di fiori maschili. I frutti sono costituiti da una grossa bacca generalmente sferoidale, talora appiattita e appuntita di colore giallo-aranciato e astringenti, normalmente eduli (commestibili) solo dopo che hanno raggiunto la sovramaturazione e sono detti ammezziti (con polpa molle e bruna). La preponderante consuetudine di coltivare piante fruttificanti in maniera partenocarpica non esclude la possibilità della esistenza di cultivar che hanno completamente o parzialmente la proprietà di produrre frutti ottenuti da fecondazione, spesso già eduli alla raccolta; questi frutti, ovviamente provvisti di semi, hanno polpa bruna, soda. Esistono anche cachi che producono frutti partenocarpici non astringenti, quindi già pronti per il consumo fresco al momento della raccolta allo stato apparente di frutto immaturo (duro).
In Italia, per l'assonanza del termine "cachi" con parole volgari, i frutti commestibili sono detti lotidiospiri o cachi mela. Questi ultimi vengono consumati sia più acerbi (denominati commercialmente "loti vaniglia") sia a uno stato avanzato di maturazione (denominati commercialmente "loti morbidi").

Esigenze colturali, coltivazione, propagazione[modifica | modifica wikitesto]

È ritenuto un albero subtropicale, ma pur essendo una pianta idonea al clima mediterraneo, con la scelta di opportuni portinnesti riesce a sopportare nella pianura Padana e nel Trentino temperature di circa -10/-15 °C. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, compresi quelli argillosi, purché ben drenati, profondi e di scarso contenuto in sodio e boro; quindi non ama terreni e atmosfere saline. Per le sue caratteristiche il cachi viene perfettamente coltivato nel territorio siciliano e specialmente nelle località della Conca d'Oro o limitrofe alla cittadina di Misilmeri, nella città metropolitana di Palermo, nella quale ogni anno vengono organizzate sagre e manifestazioni nei mesi autunnali.
Solo nei frutti impollinati si hanno i semi nel frutto. La propagazione per seme ha il fine di ottenere dei semenzali da utilizzare come portinnesti, mentre per la propagazione delle cultivar si ricorre all'innesto. I semi estratti dai frutti possono essere conservati in sabbia o in apposite celle con temperatura e umidità controllate, per essere posti in semenzaio e le piantine ottenute sono trapiantate dopo un anno in vivaio, dove vengono innestate nella seguente annata vegetativa. Gli innesti a gemma mostrano scarso attecchimento e allora si opera con le marze (spacco diametrale, corona).
Si sta sviluppando anche la tecnica della micropropagazione e della talea per l'ottenimento di piantine autoradicate. Il portinnesto più usato è il loto (Diospyros lotus) che è dotato di buona resistenza a freddo e siccità; risulta disaffine con le cultivar non astringenti, mentre presenta buona affinità con quelle astringenti. L'innesto su franco o selvatico (Diospyros kaki) è poco diffuso perché non molto resistente al freddo e a eccessi d'acqua, ma è adottato negli ambienti meridionali per le cultivar non astringenti (sempre eduli).
Cachi coltivati a Cantarana
L'impianto si fa tenendo conto delle minime termiche invernali e l'adattabilità della specie ai diversi tipi di clima. La preparazione del terreno è come quella che serve per gli altri fruttiferi ma bisogna fare attenzione al drenaggio e alla presenza di nematodi (la pianta è molto sensibile). Non tollera il reimpianto. La messa a dimora avviene in autunno-inverno usando astoni, che poi sono allevati a vaso, piramide, palmetta (quest'ultima forma avvantaggia l'ingresso in campo di carri a piattaforme laterali per la raccolta e la potatura). Sesti di 5,5 m per il vaso e di 4,5 X 4 m per la palmetta.
La presenza di impollinatori è consigliata non solo per ottenere i cachi-mela (non astringenti) dalle cultivar che producono frutti fecondati eduli al momento della raccolta ma anche, in generale, per aumentare l'allegagione. È doverosa un'adeguata potatura di allevamento, mentre quella di produzione è inutile dato che le piante mantengono una buona attività vegetativa. Il diospiro si avvale di concimazioni azotate in autunno (per favorire l'accumulo di sostanze di riserva necessarie per il completamento della differenziazione delle gemme riproduttive alla ripresa vegetativa). La raccolta rappresenta l'operazione più onerosa nella coltivazione; i frutti staccati manualmente sono posti in cassette dove vengono mantenuti per la conservazione e per la commercializzazione.
Principali zone di produzione sono la Campania (in particolare il Napoletano e l'Agro Nocerino Sarnese), la Romagna (in particolare il Forlivese), la Sicilia.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Le varietà si distinguono oltre che per le caratteristiche vegetative (vigoria, produttività, forma dei frutti) anche per il loro comportamento a seguito della impollinazione. La classificazione pomologica dei frutti di diospiro è determinata dagli effetti dell'impollinazione sulle caratteristiche organolettiche dei frutti al momento della raccolta e, su tale base, le cultivar possono essere suddivise in due gruppi principali:
  1. Costanti alla fecondazione (CF): frutti che mantengono la stessa colorazione della polpa (costantemente chiara) sia nei frutti fecondati sia in quelli partenocarpici.
  2. Variabili alla fecondazione (VF): frutti che modificano le caratteristiche della polpa che risulta chiara e astringente nei frutti partenocarpici, mentre diviene più o meno scura e non astringente in quelli fecondati.
Sulla base di questa classificazione ci sono cultivar che producono frutti costantemente astringenti, non eduli alla raccolta (Yokono, Sajo); altre costantemente non astringenti con frutti eduli alla raccolta (Hana fuyu, Jiro, Izu, Suruga); cultivar variabili all'impollinazione, con frutti gamici (da fecondazione e con semi) eduli alla raccolta (cachi-mela) e frutti partenocarpici non eduli alla raccolta (Wase, Triumph). Varietà diffuse in Italia:
  • Loto di Romagna
  • Vaniglia della Campania[7]
  • Fuyu
  • Kawabata
  • Suruga
  • cioccolatino

Avversità[modifica | modifica wikitesto]

Tra le malattie da funghi rivestono importanza il deperimento causato da Phomopsis e i marciumi radicali provocati da Armillaria mellea e Rosellinia necatrix. Tra gli insetti più importanti che attaccano il cachi vi sono alcune cocciniglie, tra cui la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), la cocciniglia a virgola del cachi (Mytilococcus conchyformis) e il cotonello del cachi (Pseudococcus obscurus).

Proprietà nutrizionali[modifica | modifica wikitesto]

Il cachi apporta circa 272 kJ (65 kcal) per 100 g, quindi è un ottimo alimento per la dieta. È composto da circa il 18% di zuccheri, l’80% di acqua, lo 0,45% di proteine, lo 0,5% di grassi, oltre a una discreta quantità di vitamina C e vitamine del gruppo B. È ricco di beta-carotene e di potassio. Ha proprietà lassative e diuretiche. È considerato dai nutrizionisti un alimento completo e nutriente, oltre a essere un indispensabile alleato per le difese immunitarie, grazie alle preziose vitamine e minerali contenuti.

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Non sono in uso degli indici di maturazione in grado di indicare il momento migliore per la raccolta. L'unica indicazione viene dalla valutazione colorimetrica del contenuto in tannini attraverso l'immersione del frutto, sezionato trasversalmente, per 30 secondi in una soluzione di cloruro ferrico; altri parametri sono la completa scomparsa della clorofilla (colore verde) nel frutto, e la consistenza della polpa. Con la tecnica del freddo può anche essere conservato per 2 mesi. È finalizzato al consumo fresco. Una tecnica per accelerare la maturazione consiste nel conservare i cachi in celle frigorifere insieme con frutti che producono etilene (pero cotogno e mele cotogne) con atmosfera ricca di ossigeno e temperatura intorno ai 30 °C. Il cachi non ancora completamente maturo si presta a essere essiccato e conservato per diversi mesi. Il frutto sbucciato deve essere tagliato in 8 spicchi, denocciolato e messo a essiccare al sole o in un essiccatore ad aria calda, sino a quando la sua consistenza diventa gommosa e in superficie si forma un leggero strato bianco zuccherino; esso mantiene così tutte le sue proprietà organolettiche.
In Oriente (Giappone, Cina, Taiwan, Vietnam, Corea), i frutti delle varietà astringenti, ancora immaturi, vengono sbucciati, ed essiccati interi, appendendoli all'aria aperta, in luogo ventilato e soleggiato, per una quarantina di giorni.[8]

Nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

Il cachi è comunemente chiamato in lingua napoletana legnasanta. L'origine del nome sta nel fatto che è possibile, una volta aperto il frutto, scorgere al suo interno una caratteristica immagine del Cristo in croce.
In Sicilia, invece, si considerava sacro il seme, in quanto esso, spaccato a metà, mostra il germoglio della nuova piantina, che assomiglia a una mano bianco-diafana, ritenuta la “manuzza di Maria” o “dâ Virgini”.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il singolare caco è nato interpretando la parola straniera invariabile cachi come se fosse un plurale, e modificandone la desinenza; è considerato una forma popolare, non accettata nella lingua standard. Cfr. Si dice o non si dice? Cachi: un frutto, un colore.
  2. ^ How to say persimmon in Mandarin Chinese Pinyin
  3. ^ Published in Nova Acta Soc. Sc. Upsal. iii. 208, author Carl Peter Thunberg, [Thunb.] (1780); later in Fl. Jap. 157, author Thunb. (1784). Plant Name Details for Diospyros kakiIPNIURL consultato il 12 ottobre 2009.
  4. ^ Diospyros kaki Thunb., in Germplasm Resources Information NetworkUnited States Department of Agriculture, 28 gennaio 2007. URL consultato il 9 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2009).
  5. ^ Voce πυρός sul vocabolario Liddell Scott Jones.
  6. ^ I cachi, il Föhn, gli Ingegnoli e Giuseppe Verdi, su italians.corriere.it. URL consultato il 22 ottobre 2018.
  7. ^ KAKI VANIGLIA NAPOLETANO, su agricoltura.regione.campania.it. URL consultato il November 3, 2016.
  8. ^ |Hoshigaki, seccare in casa i kaki|

Prescrizione, La Repubblica degli impuniti: da Andreotti a Berlusconi al caso Eternit. Ecco l’antologia di chi l’ha fatta franca.


Prescrizione, La Repubblica degli impuniti: da Andreotti a Berlusconi al caso Eternit. Ecco l’antologia di chi l’ha fatta franca

Pubblichiamo una sintesi del libro La Repubblica degli impuniti, edito da PaperFirst, a firma del direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez, e delle giornaliste Valeria Pacelli e Giovanna Trinchella. Da oggi in edicola e in libreria.
L’elenco di chi, negli ultimi venticinque anni, l’ha fatta franca grazie alla prescrizione è lungo, impossibile da riassumere e impressionante. E racconta, più di un trattato, perché in tanti si oppongono alla riforma. Ci sono, ad esempio, oltre Andreottiil proprietario di Mediaset ed ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (per reati che vanno dal finanziamento illecito al falso in bilancio fino alla corruzione); l’ex editore de La Repubblica Carlo De Benedetti (corruzione nelle forniture pubbliche); l’industriale Giampiero Pesenti, presidente negli anni Novanta del patto di sindacato del Rizzoli-Corriere della Sera (corruzione); due uomini chiave per la Fiat, come Franzo Grande Stevens e Gian Luigi Gabetti (agiotaggio Ifil-Exor); l’ex numero uno di Eni e Enel, Paolo Scaroni (disastro ambientale); il multimilionario svizzero Stephan Schmidheiny (morti Eternit a causa dell’amianto); il potente finanziere Fabrizio Palenzona (conti esteri non dichiarati); l’ex padrone del calcio italiano Luciano Moggi (associazione per delinquere); il presidente della Lazio e imprenditore nel settore vigilanza e pulizie Claudio Lotito (associazione per delinquere e fatture false più un processo per frode sportiva); quasi tutti i più importanti costruttori romani accusati di aver pagato tangenti per vendere immobili agli enti pubblici: dall’editore de Il Messaggero Francesco Gaetano Caltagirone a quello del Il Tempo Domenico Bonifaci, da Pietro Mezzaroma, fino a Renato Bocchi e Elia Federici.
Rappresentano il meglio (ma per alcuni il peggio) delle élite del Paese. A volte controllano giornali, televisioni, siti internet. A volte li foraggiano con le loro campagne pubblicitarie. Sempre, o quasi, frequentano o hanno rapporti di amicizia con opinion leader e i politici che fanno le leggi. I loro legali vengono eletti in Parlamento, dove per decenni quella dell’avvocatura è stata la categoria professionale più rappresentata, e dove di salvati dalla prescrizione ce ne sono sempre stati a bizzeffe.
Decine e decine di parlamentari ed ex parlamentari come Umberto Bossi (truffa aggravata sui rimborsi elettorali)Denis Verdini (corruzione), Alberto Tedesco (associazione a delinquere), Alfonso Papa (P4), Antonio D’Alì (concorso esterno in associazione mafiosa), Roberto Calderoli (resistenza a pubblico ufficiale). Una lista infinita che se si guarda alla politica viene allungata dai nomi di sindaci, consiglieri regionali, governatori, attivisti e persino da quello di Beppe Grillo (violazione dei sigilli durante una manifestazione No Tav) il cui Movimento però si è battuto e ha approvato una legge, ora osteggiata da quasi tutti i partiti, per abolire il colpo di spugna deciso in base al calendario.
La prescrizione è insomma stata per anni la palla in corner delle classi dirigenti. Se proprio le cose andavano male, se addirittura avevi ammesso nel corso delle indagini preliminari il tuo reato, o le prove erano evidenti, grazie al codice, ai buoni avvocati e ai tribunali ingolfati dai processi potevi sempre sperare di farcela. Perché l’inesorabile scorrere del tempo giocava per te. Era tutto dichiarato, sfrontato, alla luce del sole.
Come avrebbero scoperto, loro malgrado, i cittadini nel 2005, quando il governo Berlusconi vara una riforma destinata a mettere in ginocchio la già malandata Giustizia per anni. Una riforma che di fatto dimezza i tempi di prescrizione, ma solo per gli incensurati. Condizione in cui di solito si trovano i colletti bianchi che finiscono alla sbarra. In quel 2005 il problema maggiore per Berlusconi è rappresentato dai processi per corruzione giudiziaria (il caso “Toghe sporche”) per i quali è stato condannato in primo grado il deputato Cesare Previti, storico avvocato civilista dell’allora Cavaliere. Le condanne di Previti rischiano di essere confermate in Appello e, se lo fossero pure in Cassazione, gli spalancherebbero le porte del carcere. Ecco dunque approdare alla Camera la legge Cirielli – che prende nome dal deputato di Alleanza Nazionale Edmondo Cirielli –, nata per inasprire le pene per i condannati recidivi. Una legge ispirata alla «tolleranza zero» contro la criminalità. Ma una manina furtiva decide di agganciarvi un codicillo che di fatto dimezza i termini di prescrizione per chi non ha altre condanne definitive: per la corruzione, ad esempio, la scadenza massima scenderebbe da quindici a sette anni e mezzo, anche senza le attenuanti generiche.
In pratica, se la legge passa, tutti i reati di cui sono accusati Previti, e in altri processi, lo stesso Berlusconi rischiano di essere già prescritti da tempo. Gli esperti però prevedono una falcidia di migliaia di dibattimenti per reati contro la pubblica amministrazione e anche per delitti “comuni”. Cirielli ritira la sua firma dal ddl che, spiega, è stato completamente snaturato: “Per aiutare Previti salvano i veri delinquenti” (come se chi corrompe i giudici non fosse un vero delinquente). E annuncia voto contrario. Il nuovo relatore della “ex Cirielli” sarà il forzista Luigi Vitali, un avvocato pugliese eletto a Francavilla Fontana che, per premio, diventerà presto sottosegretario alla Giustizia. Intervistato da “La Repubblica”, dopo aver ammesso di evadere le tasse (“Guadagno 220 mila euro dichiarati. Extra in nero? Condonati”), Vitali parla della legge salva-Previti che tutti, a cominciare da Previti, negano esser fatta apposta per Previti: “Non nego che la legge in qualche modo possa servire a Previti”. E rivela che l’amico Cesare se n’è interessato personalmente: “Una volta Previti mi ha chiesto: ‘Hai messo mano a questa cosa?'”. Anche Berlusconi l’ha chiamato: “Si è voluto informare sulla qualità di questa legge: ‘Molti giornali scrivono che è una porcheria’ mi ha detto ‘tu che ne dici?’ Io gli ho risposto: ‘Guarda, Presidente, è molto meno porca di quel che si dica’”. Rassicurato da quel “molto meno porca”, il premier l’ha incoraggiato: “Vai avanti”.
La Repubblica degli impuniti (Paper First), dal 5 dicembre in edicola e in libreria. Clicca qui per acquistarlo subito online.
Leggi anche:
Se la legge è uguale per tutti perché mantenere la prescrizione utilizzabile solo da chi ha tanti soldi per pagare gli avvocati?
E' anticostituzionale, oltre che illegale!! C.

La Lumaca di Mare che sembra una Foglia è l’Unico Animale che produce Clorofilla. - Matteo Rubboli

Lumaca Mare Foglia Clorofilla 1
Fotografia di Karen Pelletreau condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia.

Il mimetismo nel mondo animale è un’arma preziosa, utilizzata sia in fase di attacco sia come strumento di difesa, da moltissime specie. La Elysia chlorotica, una lumaca di mare a forma di foglia, era già nota nel mondo della ricerca per essere in grado di sfruttare la fotosintesi per il proprio nutrimento, ma una recente ricerca a cura dell’università della Florida ha spiegato che non solo la lumaca è in grado di trattenere i cloroplasti delle alghe di cui si nutre, ma che possiede alcuni geni dell’alga stessa incorporati all’interno del proprio DNA.

Grazie a questa combinazione di caratteristiche biologiche, la piccola Elysia chlorotica è il primo animale scoperto in grado di produrre la clorofilla come una pianta, e sfruttare quindi il sole in modo analogo ad un vegetale per produrre l’energia necessaria alla vita.

Già nel 1970 gli scienziati avevano scoperto che la lumaca era in grado di acquisire i cloroplasti della Vaucheria litorea, l’alga di cui si nutre, e che era in grado di trattenerli all’interno del proprio complesso sistema digerente. Sino ad oggi però, nessuno era stato ancora in grado di comprendere il meccanismo per cui i cloroplasti venivano trattenuti dalla lumaca per lunghissimi periodi. Lo studio dell’Università della Florida ha spiegato che i cromosomi della lumaca contengono i geni che codificano le proteine dei cloroplasti acquisiti dalle alghe.

Ogni lumaca deve, quindi, mangiare i cloroplasti dalle alghe, ma è già dotata dei geni necessari a farli funzionare con il meccanismo della fotosintesi clorofilliana.

La lumaca infatti è di colore bruno/rosso durante la giovane età, e diventa di colore verde durante l’età più adulta. La Elysia chlorotica deve infatti acquisire con il tempo i cloroplasti che le donano il color verde smeraldo tipico delle foglie, ma ha già i geni nel DNA che le consentono di processarli correttamente. Questo sistema le consente di utilizzare la fotosintesi per un periodo fino a 10 anni dopo essersi nutrita.

https://www.vanillamagazine.it/la-lumaca-di-mare-che-sembra-una-foglia-e-l-unico-animale-che-produce-clorofilla/

Luoghi ed immagini che invitano a sognare.





martedì 3 dicembre 2019

Conte vs. Salvini e Di Maio... Il Mes fa scoppiare il M5S. - Luca De Carolis

Conte vs. Salvini e Di Maio Il Mes fa scoppiare il M5S

Distanza - Nelle informative alle Camere il premier bastona la Lega ma non risparmia il numero 1 dei 5Stelle. In serata smorza i toni: “Comprensibile che Luigi parli di criticità”.

Alle sette della sera di un lunedì che sembra una porta sulla fine, e dopo due informative alle Camere su quel Mes che la porta l’ha spalancata, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si decide a citare Luigi Di Maio. Cioè il ministro degli Esteri e capo politico dei Cinque Stelle, che a Montecitorio si siede alla sua sinistra e lo ascolta, immobile, e invece a Palazzo Madama no, neanche si fa vedere. “Di Maio ha espresso delle criticità sul Mes per conto del Movimento ma in un negoziato così complesso è pienamente comprensibile” assicura Conte. Ma i discorsi alle Aule erano contro di lui? “Assolutamente no” giura per forza il presidente. Così gli chiedevano di dire gli sherpa di Palazzo Chigi e Farnesina, palazzi che sono fronti contrapposti. E c’è tutta, quella distanza, nelle informative a Camera e Senato del premier che, certo, con la sua valanga di parole (26 pagine) demolisce innanzitutto il solito nemico, Matteo Salvini. “La disinvoltura e la resistenza a studiare i dossier di Salvini mi sono ben note” morde subito.
Però il bersaglio più rumoroso è quello di cui Conte non fa nome e cognome, quel Di Maio che gli siede accanto. “Alle riunioni sul fondo salva stati ministri e viceministri c’erano” ricorda il premier, sciorinando date e passaggi. Alla sua destra il ministro dell’Economia, il dem Roberto Gualtieri, annuisce: alla sua sinistra Di Maio pare di sale. Perché tra i ministri che non rammentano c’è pure lui, ex vicepremier. Anche se Conte se la prende prima di tutto con l’opposizione: “Sta dando prova di scarsa cultura delle regole e mancanza di rispetto per le istituzioni”.
Ma dà una sberla anche al M5S, quando afferma che il Mes è “a vantaggio di tutti”. E saluti al capo del M5S, che da giorni lo ripete: “Sull’accordo c’è molto da rivedere, va migliorato”. Logico che a Di Maio non piaccia il discorso di Conte. E a Palazzo Chigi i suoi lo fanno sapere in tempo reale. Tanto che si discute di una correzione, ossia dell’inserire qualche parola a favore del capo e dei 5Stelle nel discorso a Palazzo Madama. Però non è usanza modificare l’informativa nel passaggio da una Camera all’altra. E forse l’avvocato non ha voglia di farlo. Di certo ci sono le facce scure dei grillini. “Così com’è per noi il Mes è invotabile, il rinvio è il minimo sindacale” ringhia il deputato Raphael Raduzzi, uno dei due 5Stelle che voleva presentare una mozione contro il vecchio fondo salva stati.
L’altro è l’ex sindaco di Mira, Alvise Maniero: “Mi accusano di essere filo-leghista, ma è una sciocchezza. La verità è che noi siamo sempre stati contro il Mes”. Qualche metro più in là, un paio di grillini di governo: “Conte e Di Maio ormai nelle riunioni si parlano tramite battute, hanno fatto così domenica”. Cioè nel vertice di maggioranza che è andato male, più o meno come il dialogo tra i Palazzi a 5Stelle. Così alle 15 in Senato Di Maio non si fa vedere. E assieme a lui marcano visita un bel po’ di grillini, 35. “Se il governo può cadere sul Mes? Magari…” scandisce Gianluigi Paragone. Attorno a lui, volti da tutti a casa. “Se dobbiamo continuare così forse è meglio chiudere ora” sibila un veterano. Stanco, grosso modo come il Dario Franceschini che ascolta con aria plumbea Conte dai banchi del governo. Un altro frammento che dice molto. Invece il senatore romano Emanuele Dessì si schiera: “Il merito di questa vicenda si può discutere, ma il metodo è ineccepibile, ed è quello di Conte”. In Aula il premier ripete la sua verità, ma poi arriva Salvini, in facile contropiede: “Condivido le richieste del gruppo M5S, vogliamo capire”. Un bacio al cianuro, o magari no. Perché il sospetto che riemerge tra i dem è che Di Maio e Salvini abbiano tanta voglia di riabbracciarsi.
Un cattivo pensiero che ritorna anche tra i 5Stelle (un auspicio, per alcuni), mentre Salvini infierisce: “Presidente, guardi quanti banchi vuoti nella maggioranza, io mi preoccuperei”. Conte però ha un’altra urgenza, rassicurare Di Maio. Così ecco le frasi serali, a cui segue la replica del capo politico: “Il premier ha messo a tacere le falsità diffuse dalle opposizioni, e abbiamo apprezzato la posizione circa la logica di pacchetto come richiesto ieri al vertice di maggioranza dal M5S”. E comunque la riforma “presenta criticità evidenti”.
Per questo, Di Maio riunisce i suoi ministri e dà mandato ai capigruppo e alla sottosegretaria agli Affari europei Laura Agea di lavorare alla risoluzione sul Mes, da presentare in Parlamento l’11 dicembre come documento di tutta la maggioranza. Ma sarà maledettamente complicato. Per Di Maio, per i 5Stelle e per tutto il governo, quello di Conte.

Si gioca con la faccia del Paese. - Gaetano Pedullà



Si era partiti con le accuse di alto tradimento dello Stato fatte da Matteo Salvini e Giorgia Meloni e si è terminato con il presidente leghista della Commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai, che si arrampicava sugli specchi per mettere in imbarazzo il premier Giuseppe Conte riferendosi a una nuova inchiesta delle Iene sui rapporti di molti anni fa tra l’attuale premier e il suo maestro nella professione di avvocato, Guido Alpa. Vabbè, da giorni si era capito che la riforma del Meccanismo europeo di stabilità era solo l’ultimo disperato tentativo delle forze sovraniste per attaccare il Governo e in particolare il Presidente del Consiglio, ormai diventato l’arcinemico di un sempre più rancoroso leader del Carroccio, surclassato per affidabilità dalla più coerente presidente di Fratelli d’Italia. Che però una montagna di accuse ripetute per giorni finisse addirittura in farsa, agitando lo spauracchio delle Iene, non era affatto prevedibile.
Purtroppo per i rottweiler della Destra, Conte ha letteralmente demolito la ricostruzione di un trattato europeo condotto all’insaputa del Parlamento e dell’Esecutivo, allegando copiosa documentazione e una quantità di prove che se ci fossimo trovati in un processo avrebbero portato alla completa assoluzione dell’accusato e quanto meno al ricovero in una gabbia di matti per l’accusatore. Quando in questi casi non c’è più niente da fare e la frittata è finita rovinosamente a terra, lo stolto cerca scuse mentre il saggio chiede scusa. Ma di saggezza in questa stagione della politica italiana se ne vede così poca da farci apparire illuminate le sardine, un movimento che se non altro ha il pregio di ricordarci quanta parte del Paese sia delusa e confusa dai partiti, di cui infatti vieta nelle sue piazze l’ingresso alle bandiere.
Dunque Salvini, Meloni e compagnia imbrogliando continueranno a raccontarci che il Fondo Salva Stati in realtà (la loro) è un Fondo Salva banche tedesche, e Conte di nascosto da tutti ha promesso di metterci dentro 125 miliardi – pinzillacchere – per salvarsi la poltrona. La teoria, insomma, di una tangentona allungata alle cancellerie estere in cambio delle pressioni di quest’ultime per farlo confermare a Palazzo Chigi. Per questo – si rimpallano su Facebook i leghisti più scaltri – il presidente americano Trump si è speso addirittura con un tweet per Giuseppi, mentre dalla Merkel a Macron era tutto uno spedire letterine di raccomandazione a Mattarella per blindare l’avvocato del popolo alla guida del Governo di Roma.
Un’ipotesi tanto strampalata da non tener conto che nei complessi equilibri tra Washington e Berlino (o Parigi) chi sta con gli americani non può stare anche con chi litiga con loro su dazi, web tax e multe antitrust. Agli elettori leghisti però questa storiella va bene lo stesso, e se avessero dubbi ecco che tutto il sistema televisivo gli ricorda la menzogna, sulla scia di quanto diceva Goebbels, cioè quello che oggi definiremmo lo spin doctor di Hitler: se racconti mille volte una bugia questa poi diventa una verità.
Così in casa nostra cresce l’incertezza, s’insinua il messaggio che la politica è tutta uguale, che Conte e i 5 Stelle sono cinici quanto i vecchi partiti, anzi di più, perché a differenza di chi occupa da decenni i Palazzi del potere il Movimento è stato votato alle ultime elezioni politiche da 11 milioni di italiani per spazzare via quel vecchio sistema. In questo modo la propaganda delle opposizioni mette nuova legna in cascina, a prezzo di far scadere la credibilità del Paese. Dalle istituzioni europee ai mercati, nessuno dovrebbe permettersi di dire pio sull’Italia, tra i maggiori contributori netti e puntualissima nell’onorare tutti gli impegni finanziari, ma a furia di inventarci giochetti tipo i mini bot per pagare la spesa corrente delle pubbliche amministrazioni, accarezzare il pelo all’uscita dall’euro o promettere manovre senza copertura per decine di miliardi (almeno cinquanta solo per fare la flat tax) poi i mercati ci prendono per lo scemo del villaggio, e come tale ci trattano.
Invece siamo un grande Paese e la linea del Movimento recepita da Conte e Gualtieri per inserire la riforma del Mes dentro una nuova architettura complessiva dell’Europa può portarci benefici. Prima ancora che sul Fondo Salva Stati – un ombrello da aprire quando ormai diluvia – su tutti gli altri piani in cui l’Italia è penalizzata nel suo rapporto con Bruxelles.