Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 30 aprile 2023
NAVIGARE NECESSE EST - VIVERE NON EST NECESSE. - Simone Terreni
giovedì 6 maggio 2021
Una società evoluta. - Beppe Grillo
Nel 1880 la questione era: “quanto tempo è giusto dedicare al lavoro?” Una faccenda di vita o di morte: stavano costituendosi i diritti di colui che metteva il suo tempo e la sua vita a disposizione di un imprenditore, il lavoratore. Senza il riconoscimento di quei diritti era soltanto schiavitù, le persone erano costrette a lavorare sino allo sfinimento senza alcun riguardo per la loro salute, le loro speranze e la loro sofferenza: le loro vite.
Mi chiedo, che cosa stiamo festeggiando oggi? Entro il 2025, l’automazione e la ricollocazione del lavoro tra uomini e macchine faranno perdere 85 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo nelle medie e grandi imprese in 15 settori e 26 economie. I ruoli in aree quali l’immissione dei dati, la contabilità e il supporto amministrativo sono sempre meno richiesti con la crescita dell’automazione e della digitalizzazione. Oggi, i lavoratori non hanno nulla da festeggiare, perché i loro diritti stanno subendo un attacco lento e progressivo. Non in nome dei padroni ma in nome della salvezza dell’economia finanziaria. Lavorare peggio e di più per tenere in piedi concezioni della società e del lavoro, che hanno lo stesso spessore culturale delle dicerie più becere.
Nel futuro le persone lavoreranno quando e quanto sarà vantaggioso per la loro, personale ed unica, produttività. Ed il Covid ci ha sbattuto la realtà in faccia. Molti credono che disporre del tempo del proprio lavoro sia una cosa da grandi scienziati, come Darwin, che difficilmente lavorava più di quattro ore al giorno, o di Poincare, che lavorava anche 2 ore a settimana. Si è portati così a pensare che persone come loro potevano permetterselo, mentre le persone comuni no.
E se la pandemia ha fatto qualcosa di buono, è stato quello di dimostrare che il lavoro non è qualcosa per cui vieni in ufficio, è qualcosa che fai, andando in contro alle esigenze personali di ognuno, dove al centro c’è soltanto l’uomo e non il mercato.
Dobbiamo solo avere più coraggio, perché siamo condizionati dall’idea che “tutti devono guadagnarsi da vivere”, tutti devono essere impegnati in una sorta di fatica perché devono giustificare il loro diritto di esistere.
In questi giorni ho ripreso in mano un libro del 2013, dell’attivista del movimento contro le disuguaglianze Occupy Wall Street, David Graeber: un saggio strepitoso in cui l’autore parte da questo assunto “Siate onesti: se il vostro lavoro non esistesse, quanti ne sentirebbero la mancanza? Qual è il contributo significativo che offre al mondo?” E’ questa la domanda che dobbiamo porci oggi. Una lettura che vi consiglio e che tutti i policy makers, i legislatori, gli amministratori e tutti coloro che “creano occupazione” dovrebbero avere sul comodino.
Il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta che si è raggiunto la capacità produttiva attuale. Abbiamo una capacità produttiva che è di gran lunga superiore alle nostre necessità. Per rispondere a questa crisi cosmica, per uscirne fuori, tutti cercano il lavoro. Ma siamo sicuri che il problema sia davvero il lavoro?
Appena smetteremo di produrre in sovrabbondanza; appena penseremo con impegno al nostro pianeta; appena si formerà nelle persone un’idea su quanto sia importante esistere ed essere nel mondo; appena gli individui potranno svilupparsi in modo libero; appena metteremo in atto soluzioni capaci di ridistribuire la ricchezza e di superare le disuguaglianze create dal nostro modello economico, potremo dire di vivere in una società evoluta… e sarà davvero una gioia festeggiare quel giorno.
ILBlogdiBeppeGrillo
giovedì 10 ottobre 2013
Le parole sono importanti (parafrasando una frase non mia).
Di alcune parole, non si conosce bene il significato.
"Fascista", ad esempio, è chi interpreta i rapporti sociali come rapporti di forza e quindi con prepotenza e intolleranza...in che modo potremmo attribuirla a Grillo più che a Berlusconi che tiene sotto scacco l'intero paese per scopi personali?
Fascista, pertanto, è il governo che ci manda contro le forze dell'ordine quando contestiamo una legge che non condividiamo o contro la costruzione di opere "incivili" come inceneritori, TAV, centrali nucleari...
I nostri governanti ed i loro servi-pennivendoli farebbero meglio ad imparare il significato delle parole prima di utilizzarle impropriamente.
Il nostro è l'unico paese in cui, quando si discute una legge da approvare, non si pensa al bene che potrebbe arrecare alla cittadinanza, bensì a quali benefici apporterebbe a chi la propone in parlamento.
Anche la parola "Democrazia", che è "governo del popolo", è poco conosciuta, e la Costituzione lo sancisce nel primo articolo che recita:
- L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Quante volte, chi dovrebbe rispettare e onorare questa regola fondamentale, i nostri mandatari - soggetti che agiscono in vece e per conto del loro mandante e si impegnano a rispettare il mandato ricevuto - l'ha ignorata e violata?
Tantissime.
A cominciare, per fare un esempio, dalla legge elettorale.
Legge pensata e approvata per favorire chi non vuole governare democraticamente, cioè con la piena approvazione del "popolo sovrano", bensì con pieni poteri "ad libitum et sine die".
Possiamo, pertanto, ritenere che la nostra sia una democrazia applicata?
Io non credo.
E poichè siamo noi la forza portante del paese, dobbiamo protestare, ribellarci alle continue vessazioni, coercizioni che ci impongono senza tenere conto delle nostre opinioni.
Siamo sotto un regime dittatoriale, e non è questa la forma di governo che abbiamo scelto di avere.