Mentre il Parlamento italiano lavora al bavaglio da mettere all’informazione con effetti potenzialmente letali sul panorama editoriale del Paese, l’Europa chiede più trasparenza ai media. Una delle ultime petizioni popolari arrivate sul tavolo della Commissione Ue nell’ambito del nuovo strumento che consente a un milione di cittadini del Vecchio Continente di chiedere di legiferare su un argomento di rilevanza comunitaria, riguarda proprio il pluralismo dei media.
Il 5 ottobre è stata infatti ufficialmente approvata la raccolta firme che chiede “la parziale armonizzazione delle legislazioni nazionali relative alla proprietà e alla trasparenza, al conflitto di interesse con incarichi politici e all’indipendenza degli organismi di regolamentazione”. In parole povere una serie di standard europei che limitino la concentrazione mediatica nelle mani di pochi, specie se questi “pochi” hanno incarichi politici. In concreto viene chiesta l’adozione di una nuova direttiva, che protegga il pluralismo informativo in tutti i 27 Paesi Ue.
Tre i nomi che vengono fatti a titolo di esempio (negativo) dalla petizione: Viktor Orbán, Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi. Il Premier ungherese tuttora in carica ha cercato in tutti i modi di mettere il giogo statale all’informazione del Paese; Murdoch è l’artefice della scalata ai media britannici tanto da arrivare ad influenza direttamente il governo di Londra (vedasi lo scandalo News International); e poi veniamo a Silvio Berlusconi.
Giovanni Melogli, responsabile affari europei dell’Alliance Internationale de Journalistes, una delle due organizzazioni all’origine della petizione (insieme ad European Altervatives), è categorico: “Il caso Berlusconi deve diventare un antidoto per le future generazioni affinché in nessun Stato dell’Unione ci possa più essere una simile concentrazione di potere mediatico e potere politico”.
Non è la prima volta che si chiede all’Europa di regolamentare e proteggere il pluralismo dei media. Nell’ottobre 2009 il Parlamento europeo si spaccò letteralmente in due in occasione di un voto su una risoluzione, presentata da liberali, sinistre e verdi, che chiedeva un intervento Ue per tutelare il pluralismo in Europa. Alla fine la risoluzione non era stata approvata per soli tre voti a causa del blocco del Gruppo Popolare (maggioritario al Parlamento e nel quale rientrano i 35 deputati italiani Pdl) e anche per l’inaspettato voto contrario dei deputati liberali irlandesi, che in seguito confesseranno ad alcuni colleghi italiani di “aver subito pressioni da Dublino” (governo di destra).
Bisognerà vedere cosa succederà ora che la richiesta arriva in base al “Diritto di iniziativa dei cittadini europei”, la novità normativa introdotta dal trattato di Lisbona ed entrata in vigore lo scorso aprile, che permette alla società civile di chiedere alla Commissione europea di legiferare su una certa materia di interesse comunitario e non contraria ai principi fondanti dell’Unione stessa, raccogliendo (anche online) almeno un milione di firme in almeno 7 Stati Ue. Una volta ricevute e controllate le firme, i servizi della Commissione sono obbligati a lavorare sulla richiesta popolare qualora siano rispettati tutti i requisiti di base, iniziando in questo modo un ordinario processo legislativo.