giovedì 12 novembre 2015

Enna, la Procura sequestra locali dell'università romena. Cinque indagati.



Sigilli ai locali dell'ospedale Umberto I "per impedire una occupazione senza alcun presupposto legale": sparito il protocollo con cui l'Asp concedeva i locali alla Fondazione Proserpina. I 54 studenti iscritti hanno già versato la prima rata. L' ex senatore Pd Crisafulli, fra gli indagati: "Troveremo un'altra sede".

Rischia di finire nelle aule di Tribunale il "caso Enna" dopo che il ministero della Pubblica istruzione ha dichiarato illegittimi i corsi di lingua romena organizzati dalla facoltà di Medicina e Professioni Mediche dell'Università Dunarea de Jos, in partnership con la "Fondazione Prosperpina", la Srl che tra i soci ha l'ex senatore del Pd, Vladimiro Crisafulli. L'ex parlamentare ora indagato dalla Procura, che ha aperto una inchiesta, con l'accusa di abuso d'ufficio e occupazione di edificio, assieme all'ex commissario straordinario dell'Asp, Giuseppe Termine, l'attuale direttore generale, Giovanna Fidelio e il direttore sanitario, Emanuele Cassarà, e a un funzionario dell'Asp accusato di falso.

Enna, sotto sequestro i locali della facoltà romena di Medicina.

I magistrati hanno disposto il sequestro dei locali dell'ospedale "Umberto I" dove si svolgono i corsi di lingua romena, propedeutici ai test di ingresso per la facoltà di Medicina. Il prossimo 14 dicembre sarebbero dovuti cominciare i corsi di laurea. Ieri era arrivata la diffida della Regione, attraverso l'assessorato alla Salute, che seguiva quelle del ministero dell'Istruzione e della prefettura ennese. L'indagine è stata svolta dalla Guardia di Finanza che ha eseguito il provvedimento "per impedire la continuazione di una occupazione di cui non si trova alcun presupposto legale". I corsi di romeno erano iniziati lo scorso 12 ottobre, i 54 studenti iscritti, che hanno già versato la prima rata dei 2.200 euro previsti, hanno frequentato a ritmo serrato le lezioni. Stamattina, però, dopo il blitz delle Fiamme gialle le aule sono rimaste vuote.

Via alle lezioni all'università romena di Enna.

A marzo dell'anno scorso il commissario straordinario pro-tempore dell'Asp di Enna, Giuseppe Termine, aveva siglato un protocollo con la Fondazione Proserpina, poi trasformata in Fondo Proserpina srl, che prevedeva la consegna di 28 stanze adibite ad aule. Ma la Procura ha accertato che quel protocollo non esiste agli atti dell'Asp , che ora non trova neanche l' originale. Il nuovo direttore generale Giovanna Fidelio, al momento del suo insediamento, ha fatto sgomberare i locali al quarto piano ma non quelli del "piano 0", che erano e sono rimasti occupati fino ad oggi dalla "Fondazione Proserpina". Soci della Srl, oltre a Crisafulli, risultano il presidente della società che gestisce l'acqua nel capoluogo AcquaEnna, Franz Bruno, fedelissimo di Crisafulli, Filippo Cancarè, ex presidente provinciale della Federconsumatori, e l'ex sindaco di Centuripe, Giuseppe Arena.

La società con capitale sociale di 7,700 euro, 1.950 euro versati da ciascuno socio, ha nell'oggetto sociale "la promozione del diritto allo studio e la prestazione di servizi alle attività formative di qualsiasi ordine e grado". Crisafulli però continua a ripetere che tutto è in regola. "Andremo avanti, se il problema sono i locali ne reperiremo subito altri", dice l'ex parlamentare.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/11/11/news/enna_sequestrati_locali_universita_romena-127092542/

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone. - Ilaria Proietti

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone


L'esponente siciliano del Pd risulta citato in una pagina di intercettazioni dell'indagine sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia. Coperta da omissis. Mentre al Csm si continuano a studiare gli atti che vedono coinvolti alcuni magistrati. Non senza imbarazzo.

Il caso non è chiuso. Anzi. Lo scandalo della gestione palermitana dei beni confiscati alla mafia continua a tracimare dai confini degli uffici giudiziari dei magistrati coinvolti. Cosa accadrà dopo gli ultimi avvenimenti e cioè l’addio del prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, ritenuta troppo vicina a Silvana Saguto, (ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo da pochi giorni sospesa dalla magistratura), è difficile dirlo. Anche perché l’onda lunga dello scandalo siciliano sembra destinata a creare qualche ulteriore imbarazzo all’esecutivo di Matteo Renzi.
NOMI ECCELLENTI – L’inchiesta è ancora in corso, infatti. Ma dalle carte della procura di Caltanissetta spunta a sorpresa un altro esponente del governo, oltre a  Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia, di cui si è già parlato nelle scorse settimane. Di chi si tratta? Nella nota 66 del file 31 del fascicolo delle intercettazioni si legge il nome di Davide Faraone (nella foto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi). Già deputato all’Assemblea regionale siciliana, Faraone uscì sconfitto, nel 2012, alle primarie per la candidatura a sindaco di Palermo nonostante uno sponsor d’eccezione e cioè Matteo Renzi. Fortissimo fin dalla prima ora il legame con l’ex rottamatore: Faraone è infatti stato uno degli organizzatori più attivi della Leopolda. Il resto è storia recente. Eletto alla Camera nel 2013, dal 2014 è sottosegretario al Miur dopo essere entrato nella segretaria del Pd a guida renziana come responsabile di Welfare e Scuola. La nota in questione rimanda ad un testo coperto da omissis, come del resto larga parte del materiale contenuto nel fascicolo a salvaguardia della prosecuzione delle indagini. Per questa ragione probabilmente il nome risulta stampato in chiaro ma i motivi per i quali vi si riferisce restano sconosciuti. Per saperne di più, ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il sottosegretario Faraone. Non è stato possibile parlarci. Quanto a Ferri, capo indiscusso della corrente di Magistratura indipendente e sottosegretario alla Giustizia dal 2013, il ruolo che Saguto e i suoi sodali speravano potesse svolgere è in parte desumibile dalle conversazioni captate dagli inquirenti.
CALDA ESTATE In questo senso il 28 luglio 2015 per l’inchiesta sui beni sequestrati è una data da cerchiare con la matita rossa. E’ il giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura (Csm) approva il nuovo testo unico della dirigenza e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando è a Palazzo dei Marescialli per testimoniare l’importanza dei nuovi criteri appena varati dal plenum che promettono più meritocrazia e meno correnti per la scelta dei vertici degli uffici giudiziari italiani. Intanto alla Camera gli animi sono surriscaldati almeno come la temperatura che fa toccare, dentro e fuori il Palazzo, picchi africani: in aula è in corso uno scontro durissimo sulla riforma delle intercettazioni che finirà con un rinvio dopo l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle (M5S).
FERRI E FUOCO Silvana Saguto non è a Palermo quel martedì, ma è a Roma, di nuovo. Una settimana prima è stata nella Capitale per sollecitare al presidente della sezione misure cautelari Guglielmo Muntoni (che per questo rischia di finire nei guai) incarichi per suo marito Lorenzo Caramma. Il 28 luglio invece è a Roma, presumibilmente al ministero di via Arenula, per incontrare il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri e parlargli – dice la donna – “sempre delle nostre vicende”. Ha bisogno, sembra, di una sponda che la metta al riparo da possibili iniziative dopo che le inchieste giornalistiche sulla gestione dei beni confiscati alla mafia hanno travalicato i confini siciliani e sono approdate in maniera prepotente sui media nazionali.
TEMPESTA IN ARRIVO Si intuisce che per il magistrato è un momento particolarmente drammatico e deve essere tentato di tutto affinchè il sistema regga alla tempesta che invece si abbatterà su di lei fino a travolgerla: il pressing della sua banca, per esempio, è scandito dagli sms che la angosciano sulla situazione dei suoi bilanci domestici, mentre le richieste incessanti dei figli non le lasciano scampo: “Non potete farmi spendere 12, 13, 14 mila euro al mese. La situazione nostra economica è arrivata al limite totale”, si sfoga il 9 luglio per telefono col figlio Elio, il più piccolo dei tre rampolli a cui però non sa dire di no. Lo stesso figlio diletto a cui racconta la sera del 28 luglio alle 21:09 l’esito dell’incontro con Ferri. “Bene, bene, è andata bene. Gli ho detto tutte cose, vuole mandato pure tutto lui, dice che dobbiamo organizzare… vediamo che fa Natoli (presidente della Corte d’Appello di Palermo, ndr)… poi vediamo di organizzare un’intervista, però non con me. Dice: ‘deve essere qualcun altro che parla, non tu che sei già abbastanza esposta’”.
IMBARAZZO AL CSM L’incontro a Roma tra Ferri e Saguto è stato organizzato da Tommaso Virga, a cui la procura di Caltanissetta contesta in questa inchiesta il reato di induzione alla concussione. E che ancora oggi siede nella commissione ministeriale sulla riforma del Csm (di cui è stato in un recente passato consigliere). La commissione di cui fa parte Virga è stata istituita con decreto del 12 agosto dal ministro Orlando che allo stato non ha ritenuto di esercitare l’azione disciplinare nei suoi confronti.  A rivelare la genesi dell’incontro a Roma con Ferri è un’intercettazione ambientale del 17 luglio. Nell’ufficio del presidente Saguto, Tommaso Virga (padre di Walter uno degli amministratori favoriti da Saguto nonostante la giovane età, secondo gli inquirenti per garantirsi gli uffici del padre) racconta di aver parlato con il sottosegretario Ferri della situazione delle misure di prevenzione oggetto di attenzione da parte dei media chiedendogli la possibilità che sia la stessa Saguto, accompagnata da lui, a raccontare personalmente la vicenda a Roma. I due, Saguto e Virga padre, parlano liberamente in ufficio a Palermo e non sanno che il nucleo della polizia tributaria li sta ascoltando: Virga cerca di rassicurare Silvana Saguto e afferma di aver già parlato del suo caso ad alcuni consiglieri del Csm ritenuti vicini a Ferri. Circostanza quest’ultima che imbarazza da settimane, e non poco, Palazzo dei Marescialli.

CARA SAGUTO Finora a pagare il prezzo più alto dell’inchiesta è stato l’ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo Silvana Saguto. E’ stata sospesa dalle funzioni e dalla stipendio, su richiesta del ministro della Giustizia e del pg di Cassazione titolari dell’azione disciplinare. Il Csm ha ritenuto nei suoi confronti ravvisabile “il mercimonio della funzione pubblica” in cambio di utilità personali. Nel mirino, come detto, c’è però anche il presidente della sezione misure cautelari di Roma Guglielmo Muntoni a cui la Saguto fece visita per procacciare lavoro a suo marito avendo a stretto giro conferma del suo interessamento. Particolarmente evocativo un sms datato 11 agosto: “Puoi mandarmi il cellulare di tuo marito? Potrebbe interessargli un incarico per il Cara di Mineo?”.  E gli altri? I magistrati coinvolti nell’inchiesta sono stati auditi dal Csm e hanno respinto ogni addebito come ha fatto la scorsa settimana per quattro ore Tommaso Virga che è presidente di sezione a Palermo. I magistrati che invece afferivano alla sezione misure cautelari del tribunale di Palermo guidata da Saguto attendono l’esito della richiesta di trasferimento che hanno fatto  al Csm: Fabio Licata e Lorenzo Chiaromonte ambiscono a rimanere sull’isola a Termini Imerese, Trapani o Marsala. Un altro, Dario Scaletta si è visto revocare nel frattempo dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo la designazione quale componente della locale DDA.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/11/caso-saguto-nelle-carte-dellinchiesta-spunta-il-nome-del-sottosegretario-davide-faraone/2208322/

mercoledì 11 novembre 2015

Smog, apocalisse in Cina

Olycom


Il livello di inquinamento rilevato nella metropoli di Shenyang è "il più alto che si sia mai registrato nel mondo", rivelano gli ecologisti. 

Domenica scorsa il livello di particelle pm 2,5, ritenute rischiose per la salute, è stato di 1400 microgrammi per metro cubico, cioè 56 volte più alto di quello ritenuto il massimo sopportabile dall' Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). 

I livelli sono di poco inferiori in tutto il nordest del Paese. La nube avvolge anche la capitale Pechino, la vicina città portuale di Tianjin e numerosi centri delle province del Liaoning, Hebei, Henan ed Heilongjiang. 

Queste polveri sottili sono accusate di essere implicate in centinaia di migliaia di decessi prematuri in Cina, dove gli episodi di "airpocalypse" sono frequenti. 

Migliaia persone sono intervenute su Internet denunciando l' incapacità delle autorità di combattere l'inquinamento. 

La municipalità di Shenyang, sul suo profilo ufficiale di microblog, ha spiegato che questo smog di densità estrema è provocato dall'avvio del sistema di riscaldamento centrale dellal città, principalmente alimentato a carbone, ma anche dall'inquinamento proveniente da altre province.

http://www.quotidiano.net/foto/smog-cina-1.1471172?utm_source=mrsend&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter&userid=NL10905

Rubava soldi della carità, sequestrati beni per 500mila euro all'ex abate di Montecassino.

Rubava soldi della carità, sequestrati beni per 500mila euro all'ex abate di Montecassino


Pietro Vittorelli, durante il suo mandato, si sarebbe impossessato insieme al fratello della stessa somma dai conti destinati a finalità di culto e aiuto ai poveri.

Sequestro di beni della Guardia di Finanza nei confronti di Pietro Vittorelli, ex abate di Montecassino, e del fratello Massimo, per un valore di oltre 500 mila euro, somma della quale l'alto prelato si sarebbe impossessato prelevandola, durante il suo mandato, dai conti dell'Abbazia.

La misura è stata disposta dal gip Vilma Passamonti del Tribunale di Roma, su richiesta del pm Francesco Marinaro della Procura capitolina. L'alto prelato è indagato perché durante il suo mandato, abusando del suo ruolo e avendo illimitato accesso ai conti dell'abbazia, si sarebbe appropriato indebitamente di oltre 500 mila euro.

Secondo la Procura il denaro sottratto, che doveva essere destinato a finalità di culto e a opere caritatevoli, è stato invece riciclato in varie tranche attraverso vorticosi passaggi da conti correnti vari gestiti dal fratello, per poi tornare nella disponibilità del prelato per usi privati.

Vittorelli, romano, 53 anni, laureato in Medicina, ha rinunciato al governo dell'abbazia nel giugno del 2013 per motivi di salute. Ne era diventato abate nell'ottobre del 2007. Nel 2012 venne colpito da una grave crisi cardiaca a cui seguì una lunga degenza e una terapia riabilitativa. Nel 2003 è stato membro del comitato provinciale di bioetica dell'azienda sanitaria locale di Frosinone. Nel settembre scorso l'ex abate ha partecipato alla convention di Forza Italia a Fiuggi.


http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/11/11/news/sequestro_beni_per_500mila_euro_a_ex_abate_montecassino-127093410/

Campania, De Luca indagato: io parte lesa, sostengo lavoro magistrati.



Il governatore accusato di corruzione in atti giudiziari. Convolti anche il capo della segreteria, che si è dimesso lunedì, e il magistrato Anna Scognamiglio, uno dei giudici del tribunale di Napoli che lo scorso 22 luglio ha accolto il ricorso contro la sua sospensione.


Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, e il giudice che bloccò la legge Severino sono indagati dalla Procura di Roma con l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Il governatore afferma "senza alcun margine di equivoco" la sua "totale estraneità a qualunque condotta meno che corretta", chiede di essere ascoltato dai magistrati e in conferenza stampa dice: "Io sono la parte lesa, do il mio pieno sostegno all'attività dei magistrati".

Indagata giudice della sentenza su De Luca - La bufera sul Presidente della Regione Campania si abbatte nella serata di martedì con la notizia che la Procura di Roma ha indagato per l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari Anna Scognamiglio, uno dei giudici del Tribunale civile di Napoli che, lo scorso 22 luglio, confermando una precedente decisione del giudice monocratico, ha accolto il ricorso di De Luca contro la sospensione dall'incarico di governatore. Nella stessa inchiesta è indagato, per l'ipotesi di reato di induzione alla corruzione, il capo della segretaria di De Luca, Nello Mastursi, che si è dimesso nei giorni scorsi da tale incarico. 

Il ruolo del marito del giudice, indagato
 - Nell'inchiesta sarebbe indagato anche il marito del giudice Scognamiglio, Guglielmo Manna. Secondo l'accusa, sarebbe entrato in contatto con il capo della segreteria di De Luca, Mastursi, prospettandogli un esito favorevole del giudizio sulla Severino da parte della moglie (che si trovava nel collegio giudicante) in cambio di un importane incarico nella sanità pubblica regionale. Acquisite le intercettazioni telefoniche tra il braccio destro di De Luca e il marito del magistrato Scognamiglio, la Squadra Mobile di Napoli ha quindi effettuato nei giorni scorsi delle perquisizioni negli uffici della Regione e nelle abitazioni dei due. Portando così alla luce l’inchiesta e alle dimissioni di Nello Mastursi.

La prima reazione di De Luca su Facebook  - "Ho già dato incarico al mio avvocato - spiega De Luca - per chiedere di essere sentito dalla competente autorità giudiziaria. Per me, come per ogni persona perbene, ogni controllo di legalità è una garanzia, non un problema. E su questo, come sempre lancio io la sfida della correttezza e della trasparenza".

La sentenza sulla Severino per De Luca
 - La sentenza al centro dell'inchiesta romana è quella con la quale la prima sezione civile del Tribunale di Napoli ha confermato quanto già deciso il 2 luglio dal giudice monocratico Gabriele Cioffi, il quale aveva congelato la sospensione di De Luca dalla carica di Governatore che era stata disposta con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in base alla legge Severino. La sospensione era relativa a una condanna a un anno di reclusione per abuso di ufficio inflitta a De Luca quando era sindaco di Salerno. Il collegio aveva accolto il ricorso presentato dai legali di De Luca e aveva inviato gli atti alla Corte Costituzionale sospendendo il procedimento sul merito fino a quando la Consulta non si sarà pronunciata sui presunti profili di incostituzionalità ravvisati nella legge Severino.

http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2015/11/11/campania-inchiesta-de-luca-corruzione-atti-giudiziari-reazioni.html

Che non ci potessimo fidare di lui, anche se è stato eletto e, quindi, votato, ci poteva anche stare, ma che fossero riusciti a corrompere un giudice è inaccettabile!

L'olio di oliva non era extravergine. L'inchiesta di Guariniello ipotizza frode in commercio per 7 aziende italiane.

OIL OLIVE


L'olio d'oliva non era extravergine: è la frode in commercio il reato che il pm Raffaele Guariniello, della procura di Torino, contesta ai rappresentanti legali di almeno sette aziende del settore. L'indagine è partita dopo la segnalazione di una testata giornalistica specializzata, Il Test. Il periodico, lo scorso maggio, aveva pubblicato un servizio da cui risultava che "ben 9 delle 20 bottiglie" fatte analizzare "dal laboratorio chimico di Roma dell'Agenzia delle Dogane sono state declassate dal comitato di assaggio a semplici oli di oliva vergine". Il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha fatto ripetere l'accertamento, ordinando ai carabinieri del Nas di prelevare altri campioni. I laboratori delle agenzie delle dogane hanno quindi esaminato campioni prelevati dai carabinieri del Nas e hanno verificato casi in cui l'olio, a differenza di quanto indicato, non era extravergine. Guariniello ha informato il ministero delle Politiche agricole.
A sorpresa, però, sono risultati "taroccati" alcuni condimenti tra i più venduti, e sette rappresentanti legali delle aziende olearie coinvolte sono così stati indagati con l'accusa di frode in commercio. Si tratta dei marchi Carapelli, Santa Sabina, Bertolli Gentile, Coricelli, Sasso, Primadonna (confezionato per la Lidl) e Antica Badia (per Eurospin). Si tratta di oli prodotti in Toscana, Abruzzo e Liguria. Il pm ha iniziato a indagare dopo aver ricevuto una segnalazione da una rivista di tutela dei consumatori, e dopo aver ricevuto i risultati dal monopolio delle dogane ha informato il ministero delle Politiche agricole. Ora le indagini proseguiranno per fare ulteriori accertamenti sulla provenienza delle olive.
Nel pomeriggio la Procura di Torino ha poi diffuso una nota riguardante l'iscrizione nel registro degli indagati dei sette rappresentanti legali di noti marchi di olio. "Si precisa che il Procuratore della Repubblica - si legge - ha richiesto in visione il relativo procedimento al fine di valutare l'opportunità di co-assegnazione a se stesso, di accertare le modalità di diffusione dell'informazione sopra citata e di verificare la competenza territoriale in ordine alle ipotesi di reato per cui si procede". Il fascicolo è stato aperto dal pm Guariniello.
“Seguiamo con attenzione l’evoluzione delle indagini della Procura di Torino, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio d’oliva italiano", afferma in una nota il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, in merito alle indagini della Procura di Torino sull'olio extravergine contraffatto. "Da mesi abbiamo rafforzato i controlli, soprattutto in considerazione della scorsa annata olearia che è stata tra le più complicate degli ultimi anni. Nel 2014 il nostro Ispettorato repressione frodi ha portato avanti oltre 6 mila controlli sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. È importante ora fare chiarezza per tutelare i consumatori e migliaia di aziende oneste impegnate oggi nella nuova campagna di produzione”, conclude il ministro Martina.