sabato 4 febbraio 2017

- “O mascalzoni o coglioni” - l'editoriale di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio

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Per un attimo, l’altroieri, abbiamo segretamente sperato che nelle sette e più ore di interrogatorio i magistrati avessero finalmente e inoppugnabilmente incastrato Virginia Raggi in una grande storia di corruzione, in un romanzo criminale degno dei paragoni che ancora ieri i valorosi segugi dei giornaloni facevano con “la Milano di Mani Pulite” (Repubblica) e addirittura con House of cards (La Stampa). Così, pensavamo, questa donna minuta soverchiata da un compito troppo più grande di lei avrebbe trovato una via d’uscita per scendere dal calvario su cui l’hanno issata i cittadini romani sette mesi fa e riconsegnare la Capitale nelle mani sapienti di chi l’aveva così ben governata fino all’anno scorso. 
Una bella tangente camuffata da polizza vita, sia pure di soli 33.500 euro, era un’ottima scappatoia per farla finita con gli errori, i collaboratori infidi, i nemici interni, i direttorii, i commissari grillini, i linciaggi a mezzo stampa e tv basati su invenzioni e panzane varie, le accuse per tutto quel che accade sotto il Cupolone (dalla pioggia ai licenziamenti di Sky). E, diciamolo, anche una riabilitazione dall’offesa più sanguinosa: quella di non saper fare niente, neppure rubare. 

Che, in tempi di beatificazione di San Bettino, è un peccato mortale.

– Poi purtroppo, quando già pregustavamo nuovi succulenti particolari sui “tesoretti segreti” per “garantire un serbatoio di voti a destra” al M5S (Repubblica), 


sui “voti comprati” (Il Messaggero), 

sui “finanziamenti occulti giunti al Movimento 5 Stelle” ma non tutti, “solo una parte” (Corriere), astutamente nascosti da Salvatore Romeo in alcune polizze domiciliate sul suo conto in banca con tanto di sua firma,

e naturalmente sull’“accusa di corruzione” che sarebbe “vicina” (La Stampa), 

senza contare l’intensissima attività sentimentale della Messalina del Campidoglio che si mangia un uomo via l’altro, da Frongia a Marra a Romeo a chissà quanti altri, 

è giunta come un fulmine a ciel sereno la nota della Procura di Roma (ovviamente nascosta dai siti dei giornaloni e dai telegiornaloni): nessuna nuova ipotesi di reato, nessuna rilevanza penale, i pm sono convinti che la Raggi dica la verità quando afferma di non aver mai saputo di quella polizza (come 5 dei 6 beneficiari delle altre accese da Romeo), discorso chiuso. Dopo 420 e passa minuti sotto il torchio dei pm, il minimo che ci si possa augurare è che questi le abbiano contestato tutto il contestabile e che ora le facciano sapere le loro conclusioni: o la arrestano, o la lasciano stare. 

Magari dedicandosi un po’ anche ad altre vicenduole. Come lo scandalo Consip-Lotti-Del Sette&C. sul più grande appalto (truccato) d’Europa e le microspie scomparse. Quindi peggio per Virginia: invece di tornarsene a casa,dovrà restare in Campidoglio e provare a governare Roma. Che poi è la peggiore delle condanne.
Archiviata questa tragicomica vicenda delle polizze all’insaputa dei beneficiari e fornita la sua versione sulla nomina di Renato Marra a direttore del Turismo comunale e su tutto il contorno davanti ai pm e (finalmente) ai cittadini nell’in – tervista a Mentana, restano in piedi tutte le questioni che anche ieri segnalavamo: i nemici interni sempre in assetto di guerra (ma levargli i social, no?), i collaboratori spesso inadeguati e inaffidabili, i bombardamenti esterni, i sistematici sabotaggi dei poteri marci dovrebbero indurla a una seria riflessione sulle sue possibilità di continuare o sull’eventualità di dimettersi per non aver commesso il fatto. 

Con un’aggiunta: la storia delle polizze a sua insaputa, anche se vera (come ritengono gli stessi pm), l’ha coperta suo malgrado di ridicolo.
E non si governa una macchina complicata, anzi impazzita come il Comune di Roma, con 22mila e più dipendenti, senza la necessaria autorevolezza.
Ma queste sono valutazioni che può fare soltanto lei (magari facendo benedire il Campidoglio da un esorcista, previo bagno integrale in una piscina di Lourdes).
Perché prescindono dalle faccende penali che paiono ridimensionarsi.
E riguardano altro: la sua padronanza dei dossier della Capitale; la sua capacità di scegliere le persone giuste in un contesto marcio dalle fondamenta; l’efficienza di una giunta continuamente avvicendata e commissariata; i rapporti con un movimento che, a Roma, la sostiene come la corda l’im -piccato; e anche la sua tenuta personale, umana, psicologica, sotto un fuoco concentrico che piegherebbe anche Rambo e che continuerà fino all’ultimo giorno del suo mandato.


Con gli attuali assetti delle tv e dei giornali, se non si trovano scandali veri, se ne inventano di falsi e li si gonfia a reti ed edicole unificate fino a farli apparire veri, o si continua a trasformare le pagliuzze in travi.[…]


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Prescrizione: da tre anni la riforma in Parlamento. Che fine ha fatto?

I familiari delle 32 vittime della strage di Viareggio in attesa della sentenza al processo a Lucca © ANSA

Dopo ok Camera il 24 marzo 2015 è fermo a causa dello scontro in maggioranza.

Dopo la prima sentenza sulla strage di Viareggio  arrivata a sette anni da quel terribile incidente, torna alla ribalta il tema della riforma della prescrizione. Il testo in materia in Senato ma è fermo da tempo.
Nei mesi scorsi a denunciare lo stallo lo stesso ministro della Giustizia, Andrea Orlando. "I processi di riforma - ha detto - avrebbero bisogno di coalizioni politiche che le sostengono: se ci sono forze politiche che hanno visioni diverse, non si ottiene una totale uniformità. La riforma della prescrizione è inchiodata da un anno e mezzo, e non un caso. Nel civile, invece, siamo andati avanti".
E' da tre anni - infatti - che in Parlamento si discute della riforma della prescrizione. Il 28 febbraio 2014 la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Donatella Ferranti (Pd), deposita un provvedimento in proposito che viene approvato quasi un anno dopo, il 24 marzo 2015. Ma al Senato il provvedimento si ferma anche a causa della tensione interna alla maggioranza.
Dopo una lunga discussione in commissione il provvedimento approda in Aula nel settembre scorso. Ma, sempre a causa delle divisioni nella maggioranza e dei numeri risicati al Senato l'esame viene sospeso e si procede a una inversione del calendario d'esame a favore del ddl sul cinema. Il testo è riapparso all'ordine del giorno di Palazzo Madama a partire dal prossimo 28 febbraio. Sarà la volta buona?
Intanto metà gennaio un nuovo richiamo all'Italia perchè si metta in regola su questo fronte. E, dopo l'ok del Senato il provvedimento, già modificato in commissione e che contiene, tra l'altro, anche le norme sulle intercettazioni, dovrà comunque tornare alla Camera.
Il primo febbraio scorso il ministro della Giustizia Andrea Orlando, parlando in Aula al Senato ha sottolineato di ritenere prioritario il provvedimento ma ha anche avvertito che, in ogni caso, la riforma non potrà incidere sui processi in corso. "Considero prioritaria - ha detto Orlando - l'approvazione del disegno di legge" che riforma la prescrizione, "ho avuto anche una discussione con il governo precedente. Ma qualunque intervento realizzeremo non avrà alcun valore sui processi in corso".

Cgia, sprechi ed inefficienze nella P.A. costano 16 miliardi l'anno.

Un dipendente ministeriale varca i tornelli © ANSA


Da migliore gestione patrimonio, aiuti e detrazioni altri 16mld.

Tra gli sprechi nella sanità, le misure di contrasto alla povertà percepite da famiglie abbienti e la quota di spesa pubblica indebita denunciata dalla Guardia di Finanza, l'Ufficio studi della Cgia ha stimato in 16 miliardi di euro all'anno le uscite che la pubblica amministrazione italiana potrebbe risparmiare se funzionasse meglio. Se, inoltre, si potesse quantificare anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare, molto probabilmente lo Stato potrebbe risparmiare, per la Cgia, altrettanti milioni di euro.
Una montagna, quella degli sprechi della Pa, che, secondo la Cgia, assume una dimensione ancor più preoccupante se si tiene conto dei dati forniti dal Fondo monetario internazionale. Se la Pa, rileva la Cgia, avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, che ha nei migliori territori del Paese, il Pil aumenterebbe di 2 punti (oltre 30 mld/anno di euro).  
"Dopo aver approvato in fretta e furia una legge di Bilancio molto generosa sul fronte delle uscite - dice il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - ora, dopo la richiesta da parte dell'Ue di correggere i nostri conti pubblici per 3,4 miliardi, il Governo decide di recuperarli agendo soprattutto sul fronte delle entrate. Non sarebbe il caso, invece, di intervenire in misura più aggressiva nei confronti della spesa pubblica improduttiva che risulta avere ancora dimensioni molto preoccupanti?" Pur riconoscendo gli sforzi fatti dagli ultimi esecutivi sul fronte della spending review, la Cgia continua a ritenere che sarebbe sbagliato recuperare una buona parte dello 0,2% di taglio del deficit/Pil richiestoci da Bruxelles aumentando, ad esempio, le accise sui carburanti.
"Ricordo - conclude il segretario della Cgia Renato Mason - che l'80 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma. E' vero che grazie al rimborso delle accise gli autotrasportatori, solo quelli con mezzi sopra i 35 quintali, possono recuperare una parte degli aumenti fiscali che subiscono alla pompa. Tuttavia, nel caso scattassero gli incrementi di accisa, potrebbero verificarsi dei rincari dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del tutto ingiustificati, penalizzando soprattutto le famiglie a basso reddito". Rammentando che la nostra spesa pubblica annua ammonta a 830 miliardi di euro circa, i 3,4 miliardi di correzione del deficit richiestoci incide per lo 0,4%: un'inezia che auspichiamo possa essere risolta attraverso una contrazione degli sprechi e degli sperperi presenti nella nostra Pa". 

Detrazioni fiscali, le novità 2017.

Detrazioni fiscali, le novità 2017


Detrazioni fiscali, cosa sono? Importi che il contribuente può sottrarre all'imposta lorda, "ovvero il risultato complessivo delle imposte sui redditi al cui versamento si è tenuti, al fine di calcolare l'imposta netta". A differenza della deduzione fiscale, che opera direttamente diminuendo la base imponibile, "la detrazione interviene direttamente a ridurre l'imposta lorda (e cioè dopo che sono state operate le deduzioni)".

Ciò vuol dire che, come riporta il sito di informazione giuridica 'StudioCataldi.it', "dopo aver dedotto dal reddito complessivo gli oneri, si ottiene la base imponibile dell'imposta, cioè quell'importo a cui si applicano le aliquote che sono crescenti per scaglioni di reddito".

MA COME FUNZIONANO? - Dall'imposta lorda si detraggono: le detrazioni per carichi di famiglia, le detrazioni sostitutive delle spese di produzione e le detrazioni per gli oneri. "Sono detrazioni per carichi di famiglia - si legge - quelle operate nei confronti di chi ha un familiare a carico; le detrazioni sostitutive delle spese di produzione sono attribuite a chi ha un reddito da lavoro dipendente (e anche a redditi assimilati), ai redditi di lavoro autonomo o di impresa di ammontare minimo e ai pensionati".
Dunque, prosegue il portale, "dallo scomputo delle detrazioni si riesce così ad ottenere l'esatto ammontare dell'imposta netta dovuta per un determinato periodo di imposta. Dall'imposta netta si scomputano infine i crediti di imposta, i versamenti d'acconto e le ritenute alla fonte a titolo d'acconto".
Le detrazioni vanno regolate attraverso la dichiarazione dei redditi, che si riferisce ad un preciso periodo d'imposta. Per i redditi da lavoro dipendente, invece, le detrazioni vengono normalmente operate dal datore di lavoro.

LE NOVITÀ DEL 2017 - La legge di bilancio 2017, si legge sul sito di informazione giuridica, "ha prorogato fino al 31 dicembre 2017 la detrazione del 50% per le ristrutturazioni edilizie. È prevista finanche un'ulteriore detrazione, anch'essa del 50%, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2017 per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica e che siano finalizzati e funzionali all'arredo dell'unità immobiliare che sia oggetto di ristrutturazione".
Secondo quanto disposto inoltre dall'art. 1, comma 2, lett. a) n. 3, Legge n. 232/2016, "per le spese sostenute dal primo gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l'involucro dell'edificio con un'incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell'edificio medesimo, la detrazione di cui al comma 1 spetta nella misura del 70 per cento".
"La medesima detrazione spetta, nella misura del 75 per cento, per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del ministro dello Sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015".
Infine, per il cosiddetto 'sisma bonus', ricorda il portale, "è prevista un'agevolazione al 50% in cinque anni, dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021. Finanche per le spese funzionali alla certificazione sismica degli immobili si potrà applicare la detrazione al 65% (dal 1° gennaio 2017). Si tratta di un bonus che ha ad oggetto quelle certificazioni sismiche e statiche su edifici situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, sulle prime e seconde case e immobili che siano destinati ad attività produttive".


Unicredit firma l'accordo sugli esuberi, anche 1300 assunzioni.

La sede di Unicredit in piazza Cordusio a Milano © ANSA

Le 3900 uscite saranno volontarie. Sì a 600 stabilizzazioni.

Unicredit e i sindacati hanno firmato, dopo una no stop notturna al culmine di giorni di trattative, l'accordo sui 3900 esuberi previsti dal piano. L'intesa prevede la volontarietà delle uscite che saranno incentivate e, in cambio, 1300 assunzioni. Previsti anche il turnover nel rapporto di un assunzione ogni tre uscite e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.   
 In particolare i 3900 esuberi, aggiuntivi alle 6mila uscite già stabilite in precedenza, sono la conseguenza della volontà dei vertici del gruppo di chiudere oltre 800 filiali nell'ambito del piano industriale di rilancio (che prevede anche ul maxi aumento di 13 milairdi di euro).
Una richiesta che aveva trovato la contrarietà dei sindacati, preoccupati che il mancato turnover provocasse problemi di operatività delle filiali e critici sul fatto che a fronte delle perdite emerse in estate (che hanno spinto a varare il maxi aumento) ci fossero ricadute così pesanti sui dipendenti. Ora l'accordo prevede appunto l'assolutà volontarietà delle uscite e un meccanismo di turnover. Inoltre secondo i sindacati nell'orizzonte triennale del piano è stata data garanzia che non si procederà a nuovi esuberi o piani di uscita. E' stato raggiunto anche un accordo suli inquadramenti, sulla cassa sanitaria e sul premio 2016 che sarà corrisposto per 600 euro in contanti e 800 sotto forma di welfare.

Chi ha compiuto il misfatto si autocongratula:
FurlanAnnamaria's avatar
RT @FurlanAnnamaria E' importante l'accordo raggiunto ad #Unicredit che rilancia occupazione con nuove garanzie per lavoratori Congratulazioni alla @FirstCisl


venerdì 3 febbraio 2017

Virginia Raggi e il caso polizze. La Procura: "Non c'è reato". Romeo: "Per stima e amicizia, nessuna relazione".



Romeo: 'Non parlo, mi difenderò'. L'Ania: 'Una polizza può essere sottoscritta senza che il beneficiario ne sia a conoscenza'.

All'indomani dell'interrogatorio della sindaca di Roma Virginia Raggi, nell'ambito dell'inchiesta sulla nomina del fratello di Raffaele Marra, ex capo del personale del Campidoglio, che la vede indagata per falso e abuso, spuntano due polizze vita a lei intestate da Salvatore Romeo, ex capo della segreteria politica della sindaca. La prima cittadina: 'Non ne sapevo nulla. Mi sento ancora in M5S, niente dimissioni' IL VIDEO.  Per la procura al momento non ci sarebbe reato.
Raggi da Mentana su La7 - "A Romeo chiederò di cambiare il beneficiario della polizza. Non mi ha avvertito, non averlo saputo è stata una cosa spiacevole. Solo l'idea di questa polizza mi mette ansia", ha spiegato Raggi a Mentana nel programma Bersaglio Mobile su La7. "È fisiologico fidarsi di persone che si conoscono da tempo. Noi infatti non abbiamo padrini legami politici", ha risposto Raggi a Mentana sul perché si fosse fidata di Marra e Romeo. "Marra mi apriva le porte del Campidoglio", ha detto la sindaca nell'interrogatorio. "Non posso dire di non averci pensato alle dimissioni. Le difficoltà che abbiamo affrontato in questi mesi avrebbero sfiancato anche un toro. Ma abbiamo un grande progetto per Roma che i romani hanno scelto. Credo meriti rispetto".
Romeo, polizza a Raggi per stima e amicizia - "Voglio anche chiarire che non c'è stata e non c'è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi. Sottolineo che la sindaca così come tutti gli altri beneficiari non erano a conoscenza del mio operato fino a ieri". Così in un post su Facebook l'ex capo della segreteria politica di Virginia Raggi, Salvatore Romeo. "Ho letto inesattezze che necessitano precisazioni: non avendo moglie né figli, ho indicato fra i beneficiari delle polizze, sempre e solo in caso di mia morte, le persone che più stimo. E fra queste c'è anche Virginia Raggi, indicata come beneficiario - in caso di mia morte - di una polizza da 30mila euro il 26 gennaio 2016, quindi prima che fosse anche solo candidata sindaco della Capitale". Così in un post su Facebook Salvatore Romeo a proposito delle polizze da lui stipulate a favore della sindaca.
Raggi, su polizza non ho ricevuto soldi - "Non ho ricevuto un solo euro e sto valutando con i miei avvocati di querelare chiunque in queste ore inventi o ipotizzi che io possa aver ricevuto un vantaggio da questa operazione a me ignota totalmente fino a ieri pomeriggio". Lo scrive la sindaca di Roma Raggi in un post su Fb. "Non sapevo nulla, nè potevo saperlo visto che si tratta di polizze da investimento che non presuppongono la firma del beneficiario e secondo la stessa Procura non costituiscono fatto penalmente rilevante", aggiunge. Sul sito di Grillo un post di Virginia Raggi:  "Basta gossip. Sono sindaco di una Capitale che deve rinascere". E il popolo del blog la perdona, tanti attestati di stima.
Polizze sono due, per procura non c'è reato - Sono due le polizze vita stipulate da Salvatore Romeo con beneficiaria, in caso di morte, Virginia Raggi. Una da 30 mila euro stipulata nel gennaio 2016 e priva di scadenza, l'altra da 3000 euro con scadenza 2019. Per gli inquirenti non costituirebbero fatto penalmente rilevante in quanto non emergerebbe un'utilità corruttiva. Si tratta di polizze da investimento che non presuppongo la controfirma del beneficiario. Entrambe le polizze sono state mostrate alla sindaca ieri nel corso dell'interrogatorio. Virginia Raggi, secondo quanto si è appreso, è letteralmente "caduta dalle nuvole". Le polizze, secondo quanto si è appreso, erano da investimento e per quanto riguarda quella con scadenza, l'importo maturato può essere ritirato solo dall'investitore mentre il beneficiario può entrare in possesso del danaro sono in caso di morte del primo.
Sulle polizze causali fantasiose  - "Figlia" e "motivi affettivi". Queste le causali, ritenute "fantasiose" anche perchè Romeo non ha figli, sulle polizze stipulate da Salvatore Romeo. In una di quelle stipulate a favore di Raggi la dicitura riportata si riferiva a "motivi affettivi". In tutto Romeo ha investito 130 mila euro in polizze sulla vita, sette con Intesa-San Paolo per 90 mila euro, scegliendo come beneficiari anche altri attivisti M5S e impiegati del Comune di Roma.

Frongia, non sapevo nulla delle polizze  - "Delle polizze di Salvatore Romeo con più beneficiari non ne sapevo nulla, come non ne era a conoscenza la sindaca". Lo dichiara all'ANSA l'assessore allo Sport ed ex vicesindaco di Roma Daniele Frongia, fedelissimo della sindaca Raggi e con Salvatore Romeo e Raffaele Marra componente del cosiddetto "Raggio magico".

Pd: Raggi spieghi in Aula, valuti se andare avanti

"Se ho la fiducia del Movimento 5 Stelle? Direi di si, ho anche sentito Grillo", ha detto Raggi. "Cosa mi ha detto? Che farà polizze per tutti". Con una battuta detta sorridendo la sindaca di Roma.

"La polizza? Non ne sapevo nulla VIDEO. Così la sindaca di Roma Virginia uscendo di casa il giorno dopo l'interrogatorio-fiume. A chi le chiedeva se si sentisse come l'ex ministro Scajola per la polizza a "sua insaputa" Raggi ha detto: "Queste polizze posso essere fatte senza che il beneficiario lo sappia". Mi sento ancora nel Movimento e non penso affatto alle dimissioni", ha sottolineato Raggi.
Romeo fu fotografato con la sindaca sul tetto del Campidoglio in un'immagine divenuta celebre - si è dimesso a dicembre dopo l'arresto di Raffaele Marra per corruzione per una vicenda di quattro anni fa. Si indaga per accertare se la sindaca fosse a conoscenza della polizza. I magistrati che indagano sulle nomine della Giunta Raggi cercano di capire la ratio, ma anche il modus di questi investimenti, ovvero se le somme fossero veramente di Romeo o di altri e se la geografia dei destinatari risponda a un qualche disegno. Tra le ipotesi forse anche il tentativo di favorire Raggi nella corsa alle 'Comunarie' online, che la vide vincitrice su Marcello De Vito, mentre l'altro competitor, Daniele Frongia, si ritirò facendo convergere i voti su Raggi. L'inchiesta sulle nomine e il nuovo filone che sembra aprirsi sulla polizza si aggiungono all'altra indagine sul presunto dossier ai danni di De Vito per affossarne la candidatura a sindaco.

Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva. - Marco Zanni

marco zanni - Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva

Oggi vedo molti giornali scrivere sul presunto scontro tra Bruxelles e Roma per quanto riguarda la manovra di bilancio correttiva da €3,4 miliardi richiesta dalla Commissione al nostro Paese. Avevo già parlato ampiamente di quello che sarebbe successo a fine ottobre, quando l'allora governo Renzi, come da regole UE, presentò ai partner europei e alla Commissione la legge di bilancio per il 2017. Già allora i burocrati di Bruxelles avevano sollevato dubbi su quei numeri, esprimendo però solo riserve che sarebbero state sciolte il 5 dicembre, guarda caso un giorno dopo l’attesissimo e pericolosissimo referendum italiano sulla riforma costituzionale. La motivazione? Le istituzioni UE, anticipando la tagliola sull’Italia con nuovi tagli e nuove tasse, non volevano avvantaggiare i “populisti”: campioni di democrazia insomma, come troppo spesso hanno dimostrato.
Si aspetta, ma puntualmente il 5 dicembre, durante la riunione dell’Eurogruppo (un organismo informale senza regole che però decide i destini di milioni di cittadini europei), l’UE decidere di chiedere il conto all’Italia: le assurde regole di Maastricht, inasprite dall’architrave del Fiscal Compact (Six-pack e Two-Pack), vanno rispettate: ballano €15 miliardi sul saldo strutturale di bilancio, l’1% del PIL, per rispettare le promesse fatte un anno prima da Renzi in cambio di qualche spicciolo di flessibilità sul 2016 per distribuire qualche inutile mancetta elettorale. Arrivano le prime bordate “europee” verso Roma, ma con Renzi dimissionario e senza un nuovo governo, nessuna decisione concreta viene presa. Solo una volta instaurato e rodato il governo Gentiloni, ecco l’UE tornare all’attacco. Se i toni usati da Bruxelles e dal commissario Moscovici sono pesanti, lo è un po’ meno la richiesta concreta: non un aggiustamento da €15 miliardi, ma solo un ritocchino da €3,4 miliardi, lo 0,2% del PIL. La Commissione è consapevole delle imminenti elezioni italiane e tenta di usare la mano leggera mantenendo la fermezza dei toni: costringere il governo italiano ad alzare le tasse e tagliare welfare vicino all’appuntamento elettorale rischia di consegnare il Paese in mano ai fantomatici “populisti”, che sono brutti e cattivi. Con elezioni anche in Olanda, Francia e Germania, per tenere in piedi questo castello di carta le provano tutte. Altra grande prova di democrazia dell’UE. Ma come per Brexit, non funzionerà.
E ora arriviamo agli ultimi giorni: Moscovici sollecita formalmente il governo italiano ad agire, e Padoan tenta fintamente di fare la voce grossa, almeno a quanto dicono i giornali di oggi. “Italia sfida UE: no a manovra” e altri titoli del genere, che però non rappresentano in realtà quanto veramente detto da Padoan. Infatti nelle parole del ministro dell’economia italiano non traspare la volontà, che sarebbe sacrosanta, di mandare sovranamente a quel paese Bruxelles, ma soltanto di rinviare la resa dei conti a dopo le elezioni, per non tirarsi la zappa sui piedi in campagna elettorale. Nuove tasse e nuovi tagli ci saranno sicuramente, ma Pier Carlo vuole rinviare la sorpresina per gli italiani a dopo il voto. E questa è la prima bugia, a proposito di fake news, che oggi i media italiani snocciolano.
La seconda bugia è a mio avviso ancora più grave: il frame lanciato dalla stampa nostrana è che se il governo si rifiuterà di fare la manovra correttiva, l’UE ci commissarierà. Questa fasulla interpretazione ha un significato ben preciso, un messaggio terroristico con cui ormai dovremo avere una certa dimestichezza: dobbiamo fare quello che ci dice Bruxelles, perché l’UE è l’unica alternativa possibile. Senza l’UE saremo perduti, e se non rispettiamo le regole ci commissariano. E’ la retorica del TINA, There Is No Alternative, non c’è altra alternativa all’UE, tanto cara ai sostenitori di questo progetto criminale. Questa è una truffa bella e buona propinata agli italiani per calmierare il risentimento del popolo verso queste istituzioni. Il governo italiano avrebbe il potere e la forza di esercitare quel pizzico di sovranità che ancora gli è rimasta rischiando poco o niente. E sarebbe il caso di iniziare a farlo. Dire che in caso di mancata manovra correttiva verremo commissariati, significa dire una bugia per fare terrorismo psicologico e far abituare il popolo al fatto che le nuove tasse e i nuovi tagli sono necessari, altrimenti c’è l’apocalisse. 
Il mancato rispetto delle regole di Maastricht (principalmente sul rapporto deficit/PIL e sul rapporto debito pubblico/PIL) non porta concretamente a nessun commissariamento, ma solo all’avvio da parte della Commissione europea di una procedura d’infrazione lunga e ridicola, come la storia ha dimostrato. L’ultimo caso sono state le sanzioni a Spagna e Portogallo: i due Paesi della penisola iberica erano finiti sotto procedura d’infrazione UE per mancato rispetto delle regole sul deficit. Dopo molto tempo dall’avvio della procedura (la Spagna sfora il rapporto deficit/PIL dal 2008), molti richiami, molte lettere e via dicendo la Commissione e l’Eurogruppo, a fine 2016 (ben 8 anni dopo, quasi due legislature!!!) decidono di sanzionare i due Paesi per deficit eccessivo: e qual è la terribile punizione inflitta dall’UE ai disobbedienti? Nessuna, nel concreto nessuna! Nessuna sanzione pecuniaria, ma solo la paventata minaccia di bloccare l’accesso ai fondi del bilancio UE, che poi sono una cifra ridicola e si tratta di soldi degli stessi Stati membri. Ecco, per i media italiani questa pagliacciata di procedura sanzionatoria che dura 8 anni e si traduce in una sanzione non pecuniaria equivarrebbe al commissariamento del Paese. Inutile terrorismo psicologico che va smascherato.
Ribellarsi alle assurde regole di Bruxelles non solo si può fare senza grossi problemi, ma oggi diviene assolutamente necessario. Come il popolo italiano si ribellò all’occupazione nazi-fascista durante la seconda guerra mondiale, oggi è compito di ogni governo che rappresenti davvero gli interessi dei cittadini opporsi ai crimini finanziari perpetrati dalle istituzioni UE. Il governo italiano ha il dovere di mandare a quel paese la Commissione e l’Eurogruppo, ribadendo la propria sovranità. Il benessere dei cittadini deve avere la priorità assoluta su qualsiasi assurda regola di bilancio. Avremmo dovuto farlo già a dicembre 2015, quando il governo Renzi si piegò alle regole sul bail-in e mandò sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, alla faccia dell’articolo 47 della Costituzione. E nei mesi successivi la borsa italiana, di cui le banche rappresentano la parte maggiore, bruciò altre decine di miliardi di risparmi: tutto questo per rispettare una regola assurda e distruttiva.
Non fatevi spaventare dai giornali su queste cose, ma abbiate paura per i pericoli veri: il commissariamento del Paese può arrivare da altri due canali, come ho cercato di spiegare durante la conferenza di martedì sera a Milano. L’attacco al sistema bancario italiano e al debito pubblico: nel primo caso, le regole punitive possono portare il governo a chiedere aiuto al MES e quindi a far intervenire la Troika, nel secondo caso l’”aiuto” arriverebbe dal programma OMT della BCE, ma l’effetto sarebbe lo stesso, l’ingresso della Troika a Roma.
Di questo dobbiamo aver paura, e la paura deve servirci per avere il coraggio di scrivere veramente e al più presto possibile la parola “fine” all’esperienza dell’UE e dell’Euro.