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mercoledì 23 febbraio 2022

GIUSTIZIA & IMPUNITÀ Sicilia, l’azienda dei trasporti e il “papello” con il Cencelli per le assunzioni volute dai partiti: “Qui bastano 5 addetti e invece ne abbiamo 25”. - Manuela Modica

 

L'inchiesta della Guardia di Finanza delinea un'azienda pubblica gestita in forma privata per rispondere ai desiderata dei politici. E il direttore, ora ai domiciliari, si lamentava: "Qui la cosa è scappata di mano, è un macello. Non sanno più dove metterli e già paghiamo 500mila euro al mese per questi interinali". Gli sponsor? Da destra a sinistra: da Miccichè e Cascio per Forza Italia a Cracolici per il Pd.

È il 15 febbraio del 2020 e negli uffici del consiglio d’amministrazione dell’Ast, l’Azienda siciliana trasporti, l’analisi è trachant: “Sta diventando l’ufficio di collocamento di Forza Italia”. Così parla il vicepresidente dell’azienda Giuseppe Dalì (che non risulta indagato) mentre discute con il presidente, Gaetano Maria Tafuri, adesso sospeso dal pubblico ufficio. “L’ufficio di collocamento” gestisce il trasporto pubblico urbano e interurbano in Sicilia, ed è partecipata al 100 per cento dalla Regione. Un’azienda integralmente pubblica gestita come un affare privatissimo: questo è il quadro delle indagini della Guardia di finanza di Palermo. Un affare privato, bacino ghiotto dei politici. Dalì parla con Tafuri, considerato fedelissimo dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Vicino a Lombardo è considerato anche Andrea Ugo Fiduccia, direttore generale dell’Ast e assoluto protagonista – suo malgrado – dell’operazione coordinata dalla procura di Palermo che per lui ha chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari (per altri 8 sono scattate altre misure interdittive, tra sospensioni e divieti). Un’inchiesta, guidata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, che ha svelato “una forma di gestione dell’Azienda superficiale e privatistica irrispettosa delle norme di legge che avrebbero dovuto orientare il modus operandi di un organismo pubblico, direttamente promanante dalla regione Sicilia” scrive il gip Marco Gaeta.

Un’azienda pubblica gestita in forma privata per rispondere ai desiderata dei politici di turno: “È emerso chiaramente come molti dei lavoratori interinali impiegati presso l’Ast siano scelti esclusivamente sulla base di segnalazioni politiche che pervengono a Fiduccia, il quale a sua volta le comunica a referenti della In.Hr Agenzia per il lavoro Srl. Assunzioni che non sono dovute ad un’effettiva esigenza aziendale di Ast ma vengono poste in essere solamente per accordare le segnalazioni provenienti dalla politica”. Segnalazioni che a un certo punto sfuggono, addirittura, da ogni controllo, per stessa ammissione del direttore che intercettato, dice: “Qua purtroppo la cosa è scappata di mano” ammettendo che “c’è un macello” presso la sede Ast di Palermo. A fronte di un’esigenza effettiva di 5 unità lavorative “ce ne sono venticinque…fatti il conto… – dice Fiduccia – non sanno più dove metterli…andare a spendere un bordello…noi già paghiamo 500mila euro al mese per questi interinali”.

Il sistema per assecondare le spinte della politica è infatti quello delle assunzioni “interinali” somministrate tramite la In.Hr Agenzia per il lavoro, che vince la gara, ed ha un “rapporto privilegiato con Fiduccia”: è così che si può aggirare il blocco alle assunzioni della Regione dal 2002 e perfino agire per chiamata diretta. D’altronde “il bando di gara indetto da Ast nel 2019 per l’affidamento della fornitura di lavoratori interinali stimava un costo complessivo di 6 milioni di euro per un triennio – scrive il gip – quando in realtà l’aggiudicataria In.hr Agenzia per il lavoro Srl in nemmeno due anni (dal 30 aprile 2019 al 31 marzo 2021), ha emesso nei confronti dell’Ast fatture per un importo complessivo pari a 9.412.137”. Dovevano essere 2 milioni l’anno, invece sono stati più di 4 milioni e mezzo in due anni.

Questo è il terreno in cui si inseriscono le pressioni dei politici, enunciate con chiarezza nelle intercettazioni. È, infatti, lo stesso Fiduccia a raccontare di essere stato convocato presso l’Assemblea regionale siciliana e di avere ricevuto un “papello” riposto all’interno di una busta della stessa Ars “allora, mi mannaru a chiamare all’Ars e mi riettero nu bellu papello… però un ne sanno (incomprensibile) ca’ mi rietteru la busta all’Ars (mi hanno chiamato all’Ars e mi hanno dato un bel papello, ndr)”.

Un papello di indicazioni varie, tutte dei politici. A cominciare – stando a quanto trascritto nell’ordinanza dal gip – da Gianfranco Micciché (che ha annunciato di volere querelare Fiduccia), ma così riporta il gip: “Il 19 febbraio del 2021 Giuseppe Dalì (è lui a fare il suo nome, ndr) parlando con Fiduccia riferisce di essere stato contattato da Gianfranco Micciché, il quale gli avrebbe detto di avere bisogno “di una posizione su Trapani, di una su Enna, che si sposta dove va lui, e una su Palermo”, Fiduccia risponde che vi è un soprannumero di personale (“semu cu u bicchiere superchiu”) e che le unità in eccesso sono ben 15: “Ce n’è coccu quinnici superchiu rispetto a quanti sono, ma che stiamo scherzando!”. Dalì, replica dicendo che non possono opporsi alla richiesta del Micciché: “Eh, dimmi come dobbiamo fare perché lo dobbiamo fare”.

Papelli dall’Ars, ma anche segnalazioni dall’assessorato (“Di questo non c’ho il curriculum picchì mu riettiru in assessoratu“, me lo hanno dato in assessorato, ndr), di persone di cui manca il curriculum ma sono chiare – almeno così pare dalle intercettazioni – le competenze: “Manco sannu fari a O cu bicchieri”. Non sanno neanche fare la “o” col bicchiere, indica Luigi Giunta, dipendente Ast, parlando con Fiduccia: “Andiamo bene, ho visto che sono entrate altre persone, quindici persone”.

Assunzioni che non servono, manco a dirlo, di persone in esubero e senza competenze, ma segnalati dai politici. Una vera e propria lottizzazione, stando anche a quanto è stato riportato ai pm dalle persone informate dei fatti. Testimoni che hanno “elencato tutta una serie di dipendenti che sono stati assunti in Ast grazie al sostegno di noti esponenti politici o influenti gruppi imprenditoriali, dal Pd a Fi, passando per Alternativa Popolare: “Antonio Contorno, nipote di Antonello Cracolici (Pd, ndr), Giuseppe Iacono, nisseno sponsorizzato da Confindustria, Teresa Salamano “che gode di vari favori e che entrò in Ast spa tramite Francesco Cascio (Forza Italia, ndr), Maria Clara Canzoneri (parente dei noti costruttori Caltagirone), Giuseppe Montalbano (anche lui entrò in Ast tramite Francesco Cascio), Alessandra Marino, vicina al politico Castiglione di Catania (Giuseppe, Ap, ndr)”.

Ma è la stessa politica – dopo che i media la portano alla luce – che ferma una delle operazioni più sfrontate della gestione di Fiduccia, ovvero la creazione di una compagnia aerea siciliana, Ali di Sicilia, tarpate dal governo Musumeci che si oppose, ed in particolar modo dai due assessori di Forza Italia, Marco Falcone (alle infrastrutture), e Gaetano Armao (Economia). Fiduccia aveva, invece, riportato, per filo e per segno il progetto della nascente compagnia aerea a Raffaele Lombardo, come risulta dall’ordinanza.

Per questa operazione il direttore dell’Ast aveva coinvolto la Officine del turismo, un’azienda che ricorre spessissimo nelle 200 pagine dell’ordinanza. È in aiuto di questa azienda, infatti, che si spende spesso Fiduccia. Per esempio, durante il lockdown del 2020: “Questo mese faremo, sì e no, trecento euro di provvigioni e quindi siamo rovinati”, si sfoga il 20 aprile del 2020 l’amministratore della Officine, Alberto Carrotta parlando con Fiduccia. Ed è poco dopo, precisamente il 29, che Fiduccia avverte i suoi che Ast farà acquisti da Officine del Turismo Srl, senza gara. Saranno commissionati software centralizzato e termoscanner. Sarà sottoscritta la fornitura di 528 obliteratrici con termometro e relativi tornelli per un costo complessivo di 549mila euro (le ultime obliteratrici sono state consegnate nel febbraio del 2021, mentre i tornelli non furono acquistati).

Ma questo è solo uno degli episodi emersi dalle indagini della Guardia di finanza, che ha svelato un vero e proprio sistema in cui – secondo gli inquirenti – venivano escluse ditte, truccate gare, falsificati bilanci e favorite aziende. Nel caso di Officine del turismo, con un chiaro tornaconto – questa è quanto sostiene l’accusa – di Fiduccia, che in cambio chiedeva l’assunzione di un nipote, mentre un altro veniva pagato per una consulenza occasionale di 3500 euro. Ma otteneva anche l’assunzione pure della figlia e di un altro nipote acquisito, indicando pure la cifra da corrispondere (2500 euro). Mettendoci dentro anche una penna Montblanc edizione speciale e un portafoglio della stessa marca ricevuti in regalo. Su queste premesse avrebbe dovuto spiccare il volo Le Ali di Sicilia. Un’operazione fermata dal governo di Musumeci il cui flop non ha però mancato di gravare sulle casse regionali: 70mila euro. Tra cui, 15mila per lavori di adeguamento, 34mila a favore dell’Enac per il rilascio della certificazione, 4524 euro per Sofema Aviation Services Food” con sede a Sofia in Bulgaria, per “virtual aviation academy corsi on line per 12 persone”. Mille euro alla Aviando srl con sede a Catania, consulenza start up aeronautica e analisi velivoli svolta dall’ingegnere Visinalis”. Quasi 15 mila euro per l’acquisto di 13 Macbook Air. Non sorprende, visto quanto emerso dalle indagini, se l’Ast finiva per contare perdite di quasi 20 milioni di euro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/23/sicilia-lazienda-dei-trasporti-e-il-papello-con-il-cencelli-per-le-assunzioni-volute-dai-partiti-qui-bastano-5-addetti-e-invece-ne-abbiamo-25/6503912/

venerdì 17 settembre 2021

Altro che fannulloni, anche a giugno boom di lavoratori stagionali: 70mila in più rispetto al periodo pre-pandemia. Lo certifica l’Inps. - Mauro Del Corno

 

Forte rialzo per i licenziamenti disciplinari, tecnicamente esclusi dal "blocco" scaduto a fine giugno. Nel complesso nella prima metà del 2021 i nuovi contratti sono stati 3,3 milioni a fronte di 2,4 milioni di cessazione. Il mercato del lavoro cresce ma diventa sempre più precario. Ampio ricorso agli stagionali anche in Campania, la regione che conta più percettori di reddito di cittadinanza.

E’ proseguito anche in giugno il boom di ricorso ai lavoratori stagionali. A dimostrazione di quanto siano infondati gli allarmi su un presunto ruolo del reddito di cittadinanza nello scoraggiare la ricerca dei posti di lavoro, anche a termine. Lo certifica l’Inps che nell’aggiornamento del suo osservatorio sul precariato segnala come in giugno i nuovi contratti per stagionali siano stati 246mila, ovvero 80mila in più rispetto al giugno 2020 e 70mila rispetto al giugno 2019, ovvero quando ancora la pandemia non era iniziata. Nei primi sei mesi del 2021 i contratti stagionali sono stati 495mila, a fronte dei 293mila dei primi sei mesi del 2020 e dei 483mila dello stesso semestre 2019. Gli stagionali, insomma, sono sempre di più e lo scorso giugno è stato caratterizzato da un vero e proprio boom per questo tipo di contratto di lavoro. Questo nonostante le condizioni di lavoro siano spesso caratterizzate da irregolarità nel trattamento, stipendi bassi e orari arbitrari, come documentato dalle inchieste de IlFattoquotidiano.it

In generale, nel solo mese di giugno 2021, si sono registrate quasi 677mila posizioni di lavoro in più rispetto a giugno 2020 dopo la prima ondata di Covid ma anche 378mila in più di giugno 2019, prima della pandemia. Ma mentre i nuovi contratti a tempo indeterminato salgono da 77mila a 97mila, quelli a termine schizzano da 246mila a 337mila. Crescono di 30mila unità anche i contratti di somministrazione (quelli attraverso le agenzie interinali) e di 20mila i contratti intermittenti. Quello che emerge dall’ Osservatorio Inps è insomma un mercato del lavoro in ripresa ma sempre più precario. Il tutto in attesa di conoscere i dati di luglio, primo mese senza il blocco dei licenziamenti, prorogato fino ad ottobre solo per la moda e il tessile. Le regioni più dinamiche sono state la Lombardia, con 61mila contratti in più rispetto a giugno 2019, il Lazio (+48mila) oltre a Campania (+53mila) e Sicilia (+45mila) dove però è forte l’incidenza di stagionali per i mesi estivi.

Come scrive l’Inps nel primo semestre del 2021 sono state registrate 3.323.000 assunzioni (a fronte di 2,4 milioni di cessazioni), con un aumento rispetto allo stesso periodo del 2020 del 23%, esito di una crescita iniziata a marzo 2021. L’aumento ha riguardato tutte le tipologie contrattuali, risultando però più accentuato per le assunzioni di contratti stagionali (+78%) e in somministrazione (+34%); pressoché stabili risultano invece le assunzioni a tempo indeterminato (+2%). Le trasformazioni da tempo determinato nei sei mesi del 2021 sono risultate 214.000, in flessione rispetto allo stesso periodo del 2020 (-21%); nel secondo trimestre 2021 si sono registrate comunque variazioni positive. I licenziamenti economici relativi a rapporti di lavoro a tempo indeterminato – anche se ancora bloccati, salvo particolari fattispecie – nel secondo trimestre del 2021 sono aumentati del 29% rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente; maggiore risulta l’incremento dei licenziamenti disciplinari: +67%. Le cessazioni per dimissioni costituiscono la tipologia di cessazioni che ha evidenziato nel medesimo periodo l’incremento più consistente (+91%).

ILFQ

mercoledì 1 settembre 2021

Stagionali, ecco i veri numeri del boom. Il Reddito e la bufala “divanisti”. - Roberto Rotunno

 

Le cifre Inps dal 2019 - La misura anti-povertà non ha mai frenato le assunzioni, che sono sempre aumentate.

Se davvero – come raccontano mezzo arco parlamentare e certa stampa interessata – il Reddito di cittadinanza ha reso introvabili i lavoratori stagionali, allora le imprese italiane devono spiegare come è possibile che, dopo l’entrata in vigore del sussidio, le assunzioni siano aumentate e di tanto. Questo dicono i dati: nei mesi successivi all’introduzione della misura anti-povertà – vale a dire aprile 2019 – i contratti di lavoro stagionale sottoscritti sono sistematicamente aumentati, almeno fino a quando le chiusure dovute alla pandemia non hanno giocoforza comportato un crollo che comunque, alla lunga, è stato meno drastico di come si potrebbe percepire dalle urla di dolore emanate a reti unificate. Tanto che, giusto per citarne una, i rapporti avviati in tutto il 2020 sono stati 656 mila, praticamente lo stesso numero registrato nel 2018, penultimo anno di “normalità”.

Insomma, dai report Inps emerge chiaramente che nelle ultime tre estati, pur con molte famiglie sostenute dal Rdc, le aziende turistiche hanno continuato a beneficiare di un vasto esercito di addetti. Con buona pace di Matteo Renzi, Matteo Salvini, Vincenzo De Luca, di ristoratori, albergatori e titolari di stabilimenti balneari che continuano a ottenere grande spazio sui media per portare avanti una narrazione accettata per fede dal centrodestra e parte dell’opinione pubblica, sebbene smentita dalle statistiche. Un dibattito così delicato, come quello che alcuni partiti di maggioranza stanno cercando con forza di inserire nell’agenda del governo al fine di abolire lo strumento o quantomeno colpirlo duramente, non può prescindere dai numeri. Partiamo quindi, come detto, da aprile 2019, quando le prime 564 mila famiglie hanno ricevuto la carta acquisti associata al Reddito di cittadinanza. Nello stesso mese, le assunzioni di lavoratori stagionali hanno visto un incremento molto robusto: 114 mila contro le 76 mila dell’anno prima. Si tratta di un mese dell’anno in cui i datori compiono la prima infornata per preparare la stagione estiva e, nonostante nel 2019 sia coinciso con l’arrivo dell’aiuto statale, si è riusciti persino ad aumentare di molto gli arruolamenti. Questa crescita di assunzioni è proseguita per quasi tutti i successivi mesi dell’anno, tanto che il 2019 ha chiuso con un totale di 733 mila contratti a fronte dei 661 mila del 2018. Se per il confronto ci limitiamo a considerare solo il periodo tra aprile e dicembre, quindi solo quello con il Reddito di cittadinanza già operativo, abbiamo 637 mila contratti nel 2019 e 558 mila nel 2018. Conclusione: nei primi nove mesi di Rdc i rapporti stagionali sono saliti di circa il 13%.

Parliamo dell’ultimo anno prima della pandemia. Quando, a fine febbraio del 2020, l’Italia ha iniziato a fare i conti con il Covid, la situazione è inevitabilmente cambiata. Tra marzo, aprile e una parte di maggio il Paese si è fermato, in particolar modo il comparto turistico. A giugno ha dovuto riaprire in fretta e le assunzioni sono tornate a volare: 166 mila, quasi perfettamente in linea con il dato nel 2019. Ma è soprattutto a luglio che le imprese hanno recuperato gli ingressi non effettuati durante la primavera, tanto che in quel mese l’Inps ne segna 178 mila contro i 97 mila di luglio 2018. E ancora ad agosto con 72 mila avviamenti, quasi il doppio dei 43 mila del 2019. Alla fine, il 2020 ha chiuso con 656 mila assunzioni, a spanne l’11% in meno del 2019. Si tratta di una contrazione ampiamente giustificata dai mesi di lockdown. Con le riaperture, invece, non c’è stato alcun effetto divano, pur denunciato dalle imprese come conseguenza non solo del Reddito di cittadinanza, ma anche della mole di interventi pubblici approvati per far fronte all’emergenza (bonus da 600 euro e Reddito di emergenza, per fare due esempi). Semmai ci sono state difficoltà di reperimento, andrebbero imputate all’effetto “collo di bottiglia” creato dalle misure pandemiche. Cioè al fatto che, come mostrano chiaramente i dati, le aziende hanno concentrato in soli due mesi le assunzioni che di solito spalmano in un periodo più lungo e questo ha reso un po’ meno agevole trovare i candidati. Molti disoccupati, tra l’altro, si erano già verosimilmente reinventati in altri settori, per esempio nella logistica, per sopperire alla mancata assunzione. Questo a voler tacere su tutti gli altri fattori che hanno reso strutturalmente meno attrattivo il lavoro nel turismo: le basse paghe, le condizioni indecenti spesso offerte, i sussidi molto deboli nei mesi di inattività forzata.

Arriviamo infine al 2021. Anche qui, le chiusure natalizie e pasquali hanno ridotto le assunzioni stagionali, che fino ad aprile sono cresciute rispetto al 2020 ma tenendosi sempre ben lontane dai periodi pre-pandemici. Già con i primi allentamenti delle restrizioni, i contratti hanno vissuto un boom: a maggio sono stati oltre 142 mila, un record rispetto a tutti gli anni precedenti presenti in archivio. Tra alcune settimane l’Inps pubblicherà quelli di giugno e potremo vedere quanto sia stato robusto il recupero. Ma, intanto, anche l’esplosione di maggio dimostra che si è di nuovo creato un collo di bottiglia.

Chi prende il Reddito di cittadinanza si offre spesso nelle attività stagionali, tanto che l’ultima rilevazione Anpal (di ottobre 2020, poi non sono più state aggiornate dal ministero, non si sa perché) diceva che – dei 350 mila percettori che avevano trovato un impiego – 48 mila hanno operato nella ristorazione e 44 mila nell’agricoltura. Il fatto che il Reddito disincentivi il lavoro è smentito da ogni dato ufficiale. A dirla tutta, per capirlo basterebbe la semplice logica: come si può rifiutare uno stipendio da 1.200 euro in cambio di un sostegno statale che vale in media 548 euro per l’intera famiglia? Questo è quanto “intascano” i nuclei beneficiari: si va dalla media di 447 euro per i single ai 700 euro per le famiglie con quattro bocche da sfamare. Come queste cifre possano indurre la gente a rifiutare una regolare retribuzione da lavoro (che tra l’altro può garantire una pensione futura) resterà un mistero e, prima o poi, gli imprenditori che hanno approfittato dell’eco concessa dai giornali per instillare questo racconto dovranno dare spiegazioni. A meno che non vogliano spiegarlo i vari Renzi, Salvini e De Luca, dato che in tutti questi mesi si sono fatti imperterriti portavoce di quelle stesse imprese.

ILFQ

venerdì 14 maggio 2021

Navigator, previsti 11.600 posti nei centri per l'impiego dopo il 2021. - Giorgio Pogliotti

 

I 2.549 navigator di Anpal possono ora puntare a un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano dall’estate del 2019 da precari.

I punti chiave

I 2.549 navigator di Anpal servizi hanno ottenuto una proroga del contratto di collaborazione fino a fine anno, ma nel futuro di molti di loro c’è un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano dall’estate del 2019 da precari. Sono giovani (età media 35 anni, in prevalenza donne), tutti in possesso di laurea (prevale giurisprudenza), non stupisce che in molti si stiano candidando per gli 11.600 posti banditi dalle regioni nei centri l’impiego.

Navigator versus dipendenti delle regioni.

La loro vicenda sin dall’inizio è stata accompagnata da polemiche. In origine i navigator erano 2.980, ma il loro ingresso nei centri per l’impiego è stato oggetto di un lungo braccio di ferro con le regioni che non vedevano di buon occhio la presenza nelle loro strutture di dipendenti di altre amministrazioni, così si è trovata la soluzione “ibrida”; possono svolgere l’attività diretta o in affiancamento al dipendente del centro per l’impiego, sempre d’intesa con il responsabile dei Cpi. «Erano un tentativo di costruire un sistema parallelo ai Cpi senza avere strutture e competenze, vista la competenza delle regioni in materia - sostiene Maurizio Del Conte ordinario di diritto del lavoro alla Bocconi di Milano -. I navigator andrebbero impegnati non solo per i percettori del reddito di cittadinanza, ma per tutta la rete di politiche attive».

Pochi i dati sull’attività svolta dai navigator.

Non esiste un quadro aggiornato delle attività dei navigator, o dei risultati che hanno conseguito nei Cpi. L’ultimo report ufficiale di Anpal risale a ottobre 2020. Il presidente Mimmo Parisi - in uscita a breve, prima della scadenza del contratto (febbraio 2021) su istanza del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che intende commissariare l’Agenzia in previsione di un cambio di governance - ha annunciato che prima di andar via farà uscire i dati. Ma la conoscenza di questi dati non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei vertici.

Tuttavia un documento interno, ancora non pubblicato, contiene la fotografia al 31 gennaio: da settembre 2019 i navigator hanno supportato gli operatori dei Cpi nell’accoglienza dei beneficiari di RdC, tramite 994.981 convocazioni o colloqui realizzati (37.068 a gennaio), nell’attività di “presa in carico” di 469.578 beneficiari del RdC per la stipula del Patto per il Lavoro; nelle regioni che autorizzano i Navigator ad operare direttamente, hanno seguito 228.484 piani personalizzati di accompagnamento al lavoro, ne hanno monitorati 156.980 e hanno svolto attività di verifica dell’attuazione delle azioni previste dai Piani con 739.764 contatti con i beneficiari. Complessivamente hanno reso disponibili ai beneficiari RdC 429.984 tra vacancies, opportunità formative o orientative.

Il sistema informativo di Anpal non è mai decollato.

Il problema è che i navigator sono solo un tassello di un sistema che non è mai decollato, la cosiddetta seconda gamba del reddito di cittadinanza, ovvero le politiche attive del lavoro. Al 31 ottobre 2020 i beneficiari del reddito di cittadinanza (RdC) occupabili erano 1.369.779, di questi in 352.068 hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda, ma alla stessa data i rapporti di lavoro ancora attivi erano 192.851. Del resto, anche guardando oltre il Rdc è tutto il sistema informativo unitario di Anpal a non essere mai decollato, l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro per cittadini, aziende e operatori con il portale MyAnpal fa registrare numeri assai bassi (22mila rapporti di lavoro avviati dal 1 gennaio 2020).

Lenzi (navigator): «Spesso mancano competenze digitali».

«Da luglio del 2019 ho seguito oltre 200 percettori del Rdc - racconta Antonio Lenzi (42 anni), navigator, laurea con 110 e lode in scienze politiche e dottorato, portavoce di Anna (associazione di navigator) -. Con le persone convocate nei Cpi facciamo più colloqui, per spiegare come funziona il percorso di attivazione, vagliare le carenze formative. Spesso abbiamo in carico ultracinquantenni con bassa scolarizzazione, competenze digitali quasi nulle, carriere discontinue e bassa qualificazione professionale. Costruire con loro un piano personalizzato non è semplice. In molti casi hanno spesso bisogno di formarsi, di avere cognizioni informatiche di base per potersi ricollocare. Monitoriamo se si sono attivati nella ricerca di un posto disponibile e se c’è una posizione aperta li prepariamo al colloquio di lavoro. La soddisfazione più grande è aver convinto dei giovani a completare gli studi».

Verso il concorso per il posto fisso.

Per il futuro? «Ho superato la prova di preselezione per un posto nel centro per l’impiego - aggiunge Lenzi -, qui in Lombardia a fine mese c’è il concorso». Le posizioni nei Cpi riguardano spesso profili amministrativi, perchè buona parte dell’attività dei dipendenti è per sbrogliare pratiche burocratiche. «Serve una revisione complessiva della rete di 550 centri per l’impiego - aggiunge Del Conte -. Si parla molto delle 11.600 assunzioni, ma il problema non è solo quantitativo, è anche qualitativo. La riforma va fatta d’accordo con le regioni, per costruire un modello di centri ad assetto variabile, con una griglia di servizi di base che assicuri gli stessi tempi e le stesse modalità di erogazione delle prestazioni su tutto il territorio».

IlSole24Ore

mercoledì 11 novembre 2020

“Senza protettori non entri”: odissee da ricercatori precari. - Roberto Rotunno


 

Il rapporto - Interviste a centinaia di studiosi in università ed enti: minacce, baronato e maltrattamenti. Solo promesse non mantenute.

“In uno dei colloqui che ho provato a fare per vincere un dottorato, il presidente della commissione mi ha detto che, se non c’è un professore che mi vuole, non ha senso nemmeno presentarmi”. Chi parla è un ricercatore dell’Università di Padova, uno tra i tanti studiosi che alcune settimane fa hanno risposto all’indagine sul baronato del mondo accademico italiano promossa dal Comitato precari ricercatori universitari (Cpru). La sua è solo una delle centinaia di storie.

Quello venuto fuori è un mondo caratterizzato spesso da ricatti, discriminazioni, promesse non mantenute e professionalità non valorizzate. Più della metà degli intervistati lavora in università, gli altri in enti pubblici (epr), aziende e istituti di cura. Mentre tutti aspettano che la ricerca compia l’ultimo passo alla conquista del vaccino contro il Covid, nel nostro Paese il settore resta castrato dalle scarse risorse che ha a disposizione e finisce per demotivare chi ne fa parte. Tanto che l’83,3% degli intervistati ha detto di guardare con preoccupazione al futuro e il 49,5% si sente semplicemente sfruttato.

L’impressione che emerge dal report è che molti docenti tendano a premiare obbedienza e fedeltà piuttosto che la bravura. “Ho lavorato nella ricerca per dieci anni dopo il dottorato – racconta una ricercatrice – mi è sempre stato detto che in futuro si sarebbero aperte opportunità in Università, ma non si è mai presentata la possibilità di partecipare a concorsi”. Quasi il 36% ha detto di essere stato ingannato da false promesse che riguardano presunti avanzamenti di carriera. C’è poi la quotidianità. Il 38% dichiara di aver subito minacce, di essere stato demansionato, denigrato o isolato da parte dei superiori (quindi dal docente o da un dirigente nel caso degli enti di ricerca). Quasi il 15% delle donne, inoltre, sostiene di aver subito discriminazioni di genere. “In Università venivo chiamata con appellativi come cucciola, piccola, occhi belli, a fronte di colleghi uomini chiamati per cognome”, ricorda una ricercatrice. È andata peggio a chi ha affrontato una gravidanza: “Quando ho comunicato al mio capo che aspettavo un bambino – si legge su uno dei questionari – mi ha creato problemi e ha minacciato di sostituirmi se le cose non fossero tornate come prima. E ora, infatti, faccio i salti mortali per garantire più di otto ore al giorno, lavorando anche da casa”.

Praticamente tutti sostengono di essere in servizio per un tempo superiore a quello previsto dai contratti, e il 44,4% lo fa perché si sente obbligato e teme ripercussioni.

Le carriere sono frammentate, in genere si parte con un dottorato dopo la laurea, poi si passa a un assegno di ricerca e si spera di accedere in un nuovo concorso. Tra un passaggio e l’altro, tanti buchi che spesso si traducono in lavoro gratuito per non perdersi per strada. “Dopo il dottorato – racconta una ricercatrice – non ho percepito la retribuzione per dieci mesi in attesa di un assegno all’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn)”. “Il problema – fa notare un collega dell’Università di Bologna – sono quelli che definisco i ‘progetti trappola’. Enormi, complessi, affidati da istituzioni prestigiose a una sola persona abbandonata a se stessa. Mi è successo la prima volta dieci anni fa, quando, terminata la borsa di studio annuale, non c’è stato il rinnovo. Pertanto nel secondo anno non sono stato pagato”. Secondo il rapporto a demotivare i ricercatori precari si sono soprattutto i mancati riconoscimenti, a partire dalle citazioni scomparse dalle pubblicazioni a cui però contribuiscono per la gran parte. “Non ho potuto nemmeno inserire il mio nome su un progetto di ricerca basato su una mia idea”, ha risposto una studiosa della Sapienza. Il 61,5% degli assegnisti dice che ha lavorato durante il lockdown senza che questo sia stato riconosciuto.

Il precariato, dunque, resta una condizione non solo contrattuale. Del resto il proliferare di contratti a termine non è stato sconfitto nemmeno dalla legge Madia, che a partire dal 2017 ha avviato le stabilizzazioni negli enti pubblici di ricerca. A oltre tre anni, oggi solo nel Cnr, il più grosso, sono ancora circa 400 i precari storici che aspettano l’assunzione. “Servono nuovi fondi per completare le stabilizzazioni – spiegano dalla UilRua – e bisogna anche creare un nuovo piano di reclutamento che non ripeta il circolo vizioso”. Infatti, nel frattempo si sono già create nuove sacche di precari storici che rivendicheranno un posto fisso.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/11/senza-protettori-non-entri-odissee-da-ricercatori-precari/5999352/

giovedì 18 gennaio 2018

Firenze. Nardella assume per chiamata diretta la figlia della pm che archiviò Renzi. - Davide Vecchi

Firenze. Nardella assume per chiamata diretta la figlia della pm che archiviò Renzi

Coincidenze - Chiamata diretta per “il patto per la giustizia”.

Come Matteo Renzi anche Dario Nardella nutre aspirazioni da talent scout. E se il rottamatore nel 2009, da sindaco di Firenze, nominò nella controllata Publiacqua la giovanissima – appena 28enne – Maria Elena Boschi, ora il suo erede a Palazzo Vecchio, Dario Nardella, tenta altrettanto e scommette su Celeste Oranges, anche lei 28enne, come Boschi laureata in legge e al suo primo impiego. Ma per quanto abbiano molte cose in comune – sono pure entrambe nate a Montevarchi, in provincia di Arezzo – difficilmente Nardella riuscirà a eguagliare quanto il suo Principe ha fatto per Maria Elena. Inizia dal tentare di evitare gli stessi errori, tanto che nella scelta sembra aver tenuto conto anche dei genitori così da non incappare in un nuovo caso Etruria. E Celeste Oranges ha natali specchiati: la mamma, Acheropita Mondera Oranges, dal 6 giugno guida la procura della Corte dei Conti della Toscana dopo esserne stata a lungo viceprocuratore generale.
Un ruolo piuttosto rilevante, considerati i burrascosi trascorsi con i giudici amministrativi avuti sia da Renzi sia dallo stesso Nardella: i bilanci di entrambi sono stati sovente bocciati. L’ex premier si era visto contestare anche spese per 20 milioni negli anni in cui ha guidato la Provincia di Firenze, poi finito in nulla. Un altro fascicolo, sempre della Corte dei Contie sempre relativo al periodo in cui Renzi era presidente di Palazzo Medici Riccardi, si è chiuso solo nel settembre 2014. Ironia della sorte: fu proprio Acheropita Mondera Oranges, in veste di viceprocuratore generale, a formulare la richiesta d’archiviazione dell’allora premier decretando che il danno erariale era da attribuire agli amministratori e non ai vertici politici. Eppure fu Renzi a nominare ben quattro dirigenti per sostituirne uno, portando i costi da 3,5 milioni di euro del 2006 a 4,2 milioni.
Nardella sarà sicuramente all’oscuro della coincidenza e, come fa sapere Palazzo Vecchio, la nomina di Celeste Oranges è dovuta “alla necessità di creare un gruppo di lavoro specifico con determinati profili professionali”. Nel decreto di nomina del “sindaco metropolitano” Dario Nardella il 26 ottobre 2017 si fa riferimento al “patto per la giustizia della città metropolitana di Firenze” e alla “individuazione di una figura specializzata in ambito giuridico”. 
L’incarico prevede un compenso annuo di 47mila eurolordi e viene assegnato a Celeste Oranges “visto il curriculum” da lei presentato, scrive Nardella nel decreto. L’unico curriculum, trattandosi di chiamata diretta, è allegato all’atto. Dopo una laurea magistrale in legge conseguita nel 2014 con una votazione di 106/110 svolge 6 mesi di pratica legale nello studio di Gaetano Viciconte. Poi frequenta vari corsi. Dal giugno 2016 è tirocinante presso la procura della Repubblica di Firenze, nel settembre dello stesso anno frequenta il corso di preparazione al concorso per magistrato ordinario tenuto a Roma da Rocco Galli, infine, nel 2017 frequenta un master universitario di secondo livello in Criminologia presso l’università Internazionale di Roma. Queste le voci indicate come “istruzione e formazione”. Esperienze professionali? Nessuna. Lasciate in bianco anche le “capacità e competenze personali”. Tra quelle tecniche, invece, Oranges annovera, testuale: “Conoscenza informatica Office discreta”, “conoscenza Internet discreta”, “superamento del testo obbligatorio per il corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza”. Infine le “capacità e competenze artistiche”: “Attitudine alla grafica, ritrattistica ed all’arte canora”. Sarà forse questo ad aver colpito il sindaco Nardella. Lui, appassionato violinista sopraffino, recente massacratore del finale della Carmen, avrà apprezzato le doti artistiche.

sabato 4 febbraio 2017

Unicredit firma l'accordo sugli esuberi, anche 1300 assunzioni.

La sede di Unicredit in piazza Cordusio a Milano © ANSA

Le 3900 uscite saranno volontarie. Sì a 600 stabilizzazioni.

Unicredit e i sindacati hanno firmato, dopo una no stop notturna al culmine di giorni di trattative, l'accordo sui 3900 esuberi previsti dal piano. L'intesa prevede la volontarietà delle uscite che saranno incentivate e, in cambio, 1300 assunzioni. Previsti anche il turnover nel rapporto di un assunzione ogni tre uscite e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.   
 In particolare i 3900 esuberi, aggiuntivi alle 6mila uscite già stabilite in precedenza, sono la conseguenza della volontà dei vertici del gruppo di chiudere oltre 800 filiali nell'ambito del piano industriale di rilancio (che prevede anche ul maxi aumento di 13 milairdi di euro).
Una richiesta che aveva trovato la contrarietà dei sindacati, preoccupati che il mancato turnover provocasse problemi di operatività delle filiali e critici sul fatto che a fronte delle perdite emerse in estate (che hanno spinto a varare il maxi aumento) ci fossero ricadute così pesanti sui dipendenti. Ora l'accordo prevede appunto l'assolutà volontarietà delle uscite e un meccanismo di turnover. Inoltre secondo i sindacati nell'orizzonte triennale del piano è stata data garanzia che non si procederà a nuovi esuberi o piani di uscita. E' stato raggiunto anche un accordo suli inquadramenti, sulla cassa sanitaria e sul premio 2016 che sarà corrisposto per 600 euro in contanti e 800 sotto forma di welfare.

Chi ha compiuto il misfatto si autocongratula:
FurlanAnnamaria's avatar
RT @FurlanAnnamaria E' importante l'accordo raggiunto ad #Unicredit che rilancia occupazione con nuove garanzie per lavoratori Congratulazioni alla @FirstCisl


giovedì 19 maggio 2016

Lavoro, Inps: “Nei primi tre mesi nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi”.

Lavoro, Inps: “Nei primi tre mesi nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi”

Tra gennaio e marzo 2016, i contratti a tempo indeterminato registrano un saldo positivo di 51mila unità, contro i 225mila di un anno fa. Il dato è peggiore anche del 2014, quando si era rilevato un aumento di 87mila posti stabili. I rapporti precari invece sono aumentati del 22%, i voucher del 45%.

Non accenna a diminuire il calo delle assunzioni stabili dopo il dimezzamento degli sgravi contributivi, che nel 2016 sono passati dal 100% al 40%Nei primi tre mesi dell’anno, secondo l’Inps, sono stati stipulati 428mila contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni sono state 377mila, con un saldo positivo di 51mila unità. Il dato è peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di quasi 225mila contratti stabili dei primi tre mesi 2015. Era andata meglio anche nel 2014, in piena recessione e senza la spinta dell’esonero dai contributi per i contratti stabili: nei primi tre mesi si erano registrati 87mila posti stabili in più. Si conferma così la tendenza negativa partita con l’anno nuovo: a gennaio la flessione delle assunzioni certificata dall’Inps era stata del 39,5%a febbraio del 33%.
variazione saldo    






Il saldo del solo mese di marzo, confrontato con quello di marzo 2015, restituisce un preoccupante -150%. I dati, che arrivano nel giorno in cui la Commissione Ue ufficializza il via libera alla manovra 2016 ma a fronte di impegni credibili” a contenere il deficit l’anno prossimo, confermano che il mini boom di assunzioni è ormai alle spalle. E non fanno ben sperare, anche alla luce del fatto che Commissione Ue e Istat prevedono per quest’anno una crescita del pil limitata all’1,1%, sotto le previsioni del governo (1,2%).
Ampliando lo sguardo a tutte le tipologie di contratto, considerando anche rapporti a termine e di apprendistato, la situazione non è comunque positiva. Nei primi tre mesi dell’anno, la variazione netta dei rapporti di lavoro subordinato è stata positiva per 241mila unità, dato inferiore del 26% rispetto allo stesso periodo del 2015. In questo contesto, gli unici contratti ad aumentare sono quelli precari. Il saldo dei rapporti a tempo determinato, nel primo trimestre 2016, è positivo di 272mila unità, con un balzo in avanti rispetto all’anno scorso del 22,2%.
E in tema di precariato, prosegue anche l’avanzata dei voucher, i buoni per pagare il lavoro accessorio. Nel primo trimestre dell’anno sono stati venduti 31,5 milioni di tagliandi, con un incremento del +45,6% rispetto al primo trimestre 2015. Pochi giorni fa, la stessa Inps aveva rivelato come il 37% dei percettori di voucher non ha altri redditi da lavoro, mentre l’85% guadagna meno di mille euro l’anno.
Se si guardano solo i dati di marzo 2016, si sono registrate 101mila attivazioni di contratti a tempo indeterminato. Un anno fa, mese di esordio del contratto a tutele crescenti, erano 166mila: il crollo è stato del 39%. Il confronto diventa ancora più impietoso se si guarda il saldo tra contratti attivati e cessati. Se a marzo del 2015 la differenza era positiva, con un balzo in avanti di oltre 30mila posti di lavoro, quest’anno il dato scende sotto lo zero, a quota -15mila. Insomma, i rapporti stabili giunti al capolinea di marzo superano di gran lunga il numero di quelli creati nello stesso mese. Rispetto a tutti i tipi di contratto, le assunzioni sono passate dalle 442mila del marzo 2015 alle attuali 380mila, con un calo del 14%. Stesso discorso se si fa il calcolo al netto delle cessazioni. I contratti attivati in più passano nel giro di un anno da 82mila e 66mila, con una flessione del 19%.

sabato 31 gennaio 2015

“Salta” il regalo ai comparielli, non passa l’assunzione al Consiglio Regionale della Campania. - Pasquale Napolitano

Non passa l’assunzione dell’esercito dei comandati, amici e comparielli dei politici, in Consiglio regionale della Campania. L’ufficio di presidenza fa retromarcia (dopo l’articolo di RETENEWS24 che aveva svelato il blitz a pochi mesi dalle elezioni) e nella seduta di ieri ha cancellato il comma 6 dell’articolo 19 del nuovo ordinamento dell’assemblea regionale che prevedeva la stabilizzazione senza concorso di circa 60 (50% della pianta organica) comandati nella pianta organica.
RETENEWS24 è in grado di ricostruire tutti i passaggi dell’infuocato ufficio di presidenza. I consiglieri di centrodestra e centrosinistra spingevano per l’approvazione della disposizione legislativa per ovvie ragioni elettorali. Francesco Capalbo, direttore generale del Consiglio (dimessosi un mese fa ma ancora in servizio) è stato irremovibile: non ha voluto dare l’ok alla procedura sollevando dubbi sulla regolarità e opponendo eventuali rilievi della Corte dei Conti.
Dopo il tira e molla, l’ufficio di presidenza ha accolto la tesi di Capalbo,fratello tra l’altro di Ferruccio, il magistrato della Corte dei Conti, titolare dell’inchiesta sui rimborsi in Consiglio regionale. Il braccio di ferro tra  consiglieri regionali e burocrati (contrari all’assunzione) lascia sul tappeto anche l’altro direttore generale: Carlo d’Orta che  ha rassegnato le dimissioni dall’incarico. Tempi duri per l’assemblea regionale alle prese anche con la grana giudiziaria che investe il presidente Pietro Foglia, coinvolto nello scandalo dei falsi rimborsi per fatture di benzina non rendicontate correttamente.

martedì 25 marzo 2014

Formazione, M5S: "È caos senza fine, 7000 assunti dopo il blocco e rendiconti parziali. Le Carte in Procura". - Claudia La Rocca


Dopo la tegola Genovese altri fulmini sul settore in seguito ad un'audizione all'Ars. I parlamentari del Movimento 5 Stelle sollecitano l'intervento della magistratura e la rimozione dei dirigenti che hanno favorito lo sfascio.
Gianina-Ciancio-236x300.jpgGianina Ciancio: "Venute fuori nuove e gravissime anomalie che rischiano di far collassate il sistema".
Valentina Zafarana: "Gli enti che non hanno giustificato le spese rischiano di dover restituire ingenti somme e a farne le spese potrebbero essere i lavoratori".
Migliaia di assunzioni dopo il blocco del 2008, assenza di controlli e rendicontazioni parziali da parte degli enti. Nel pianeta Formazione è caos senza fine e il gruppo parlamentare all'Ars del Movimento 5 Stelle chiede all'amministrazione l'invio degli incartamenti in Procura e la rimozione dei dirigenti responsabili.
L'ultima audizione a palazzo di Normanni della dirigente generale del dipartimento istruzione e Formazione professionale, Anna Maria Corsello, consegna la radiografia di un settore sull'orlo del collasso.

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Sarebbero circa 7000 le assunzioni fatte dagli enti dopo lo stop ai contratti a tempo indeterminato, cosa che - ha affermato la stessa Corsello - in caso di ricorso al giudice potrebbe provocare il tracollo del sistema.
Parecchi lavoratori sarebbero entrati nel mondo della Formazione attraverso la porta di servizio di contratti atipici, suscettibili di essere trasformati in sede di conciliazione e giudiziaria in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
"Questo - afferma la deputata Gianina Ciancio - a causa di controlli inesistenti. È stata la stessa dottoressa Corsello ad ammettere che in assessorato ci sono circa 2000 faldoni di documentazione giacenti dal 1998, che solo ora hanno cominciato ad essere esaminati".
Negli ultimi tempi, invece, sarebbero stati gli enti a mostrarsi sordi alle richieste di invio delle carte, fatte dalla Regione, cosa che rischia di innescare l'ennesima bomba nell'universo Formazione.
"Gli enti che non hanno provveduto a mandare in assessorato le pezze d'appoggio - afferma Valentina Zafarana - non solo non vedranno mai i saldi dei finanziamenti che si attestano a circa al 25 per cento delle annualità già erogate, ma rischiano di dover restituire anche le anticipazioni avute, con contraccolpi dalle conseguenze forse nemmeno immaginabili e che potrebbero pagare anche i lavoratori".
Per ottenere la documentazione, la Regione avrebbe bussato più volte alle porte degli Enti di Formazione, spesso invano.
Gli enti inadempienti sarebbero decine. Gli elenchi dovrebbero essere resi noti a giorni.