mercoledì 1 settembre 2021

Stagionali, ecco i veri numeri del boom. Il Reddito e la bufala “divanisti”. - Roberto Rotunno

 

Le cifre Inps dal 2019 - La misura anti-povertà non ha mai frenato le assunzioni, che sono sempre aumentate.

Se davvero – come raccontano mezzo arco parlamentare e certa stampa interessata – il Reddito di cittadinanza ha reso introvabili i lavoratori stagionali, allora le imprese italiane devono spiegare come è possibile che, dopo l’entrata in vigore del sussidio, le assunzioni siano aumentate e di tanto. Questo dicono i dati: nei mesi successivi all’introduzione della misura anti-povertà – vale a dire aprile 2019 – i contratti di lavoro stagionale sottoscritti sono sistematicamente aumentati, almeno fino a quando le chiusure dovute alla pandemia non hanno giocoforza comportato un crollo che comunque, alla lunga, è stato meno drastico di come si potrebbe percepire dalle urla di dolore emanate a reti unificate. Tanto che, giusto per citarne una, i rapporti avviati in tutto il 2020 sono stati 656 mila, praticamente lo stesso numero registrato nel 2018, penultimo anno di “normalità”.

Insomma, dai report Inps emerge chiaramente che nelle ultime tre estati, pur con molte famiglie sostenute dal Rdc, le aziende turistiche hanno continuato a beneficiare di un vasto esercito di addetti. Con buona pace di Matteo Renzi, Matteo Salvini, Vincenzo De Luca, di ristoratori, albergatori e titolari di stabilimenti balneari che continuano a ottenere grande spazio sui media per portare avanti una narrazione accettata per fede dal centrodestra e parte dell’opinione pubblica, sebbene smentita dalle statistiche. Un dibattito così delicato, come quello che alcuni partiti di maggioranza stanno cercando con forza di inserire nell’agenda del governo al fine di abolire lo strumento o quantomeno colpirlo duramente, non può prescindere dai numeri. Partiamo quindi, come detto, da aprile 2019, quando le prime 564 mila famiglie hanno ricevuto la carta acquisti associata al Reddito di cittadinanza. Nello stesso mese, le assunzioni di lavoratori stagionali hanno visto un incremento molto robusto: 114 mila contro le 76 mila dell’anno prima. Si tratta di un mese dell’anno in cui i datori compiono la prima infornata per preparare la stagione estiva e, nonostante nel 2019 sia coinciso con l’arrivo dell’aiuto statale, si è riusciti persino ad aumentare di molto gli arruolamenti. Questa crescita di assunzioni è proseguita per quasi tutti i successivi mesi dell’anno, tanto che il 2019 ha chiuso con un totale di 733 mila contratti a fronte dei 661 mila del 2018. Se per il confronto ci limitiamo a considerare solo il periodo tra aprile e dicembre, quindi solo quello con il Reddito di cittadinanza già operativo, abbiamo 637 mila contratti nel 2019 e 558 mila nel 2018. Conclusione: nei primi nove mesi di Rdc i rapporti stagionali sono saliti di circa il 13%.

Parliamo dell’ultimo anno prima della pandemia. Quando, a fine febbraio del 2020, l’Italia ha iniziato a fare i conti con il Covid, la situazione è inevitabilmente cambiata. Tra marzo, aprile e una parte di maggio il Paese si è fermato, in particolar modo il comparto turistico. A giugno ha dovuto riaprire in fretta e le assunzioni sono tornate a volare: 166 mila, quasi perfettamente in linea con il dato nel 2019. Ma è soprattutto a luglio che le imprese hanno recuperato gli ingressi non effettuati durante la primavera, tanto che in quel mese l’Inps ne segna 178 mila contro i 97 mila di luglio 2018. E ancora ad agosto con 72 mila avviamenti, quasi il doppio dei 43 mila del 2019. Alla fine, il 2020 ha chiuso con 656 mila assunzioni, a spanne l’11% in meno del 2019. Si tratta di una contrazione ampiamente giustificata dai mesi di lockdown. Con le riaperture, invece, non c’è stato alcun effetto divano, pur denunciato dalle imprese come conseguenza non solo del Reddito di cittadinanza, ma anche della mole di interventi pubblici approvati per far fronte all’emergenza (bonus da 600 euro e Reddito di emergenza, per fare due esempi). Semmai ci sono state difficoltà di reperimento, andrebbero imputate all’effetto “collo di bottiglia” creato dalle misure pandemiche. Cioè al fatto che, come mostrano chiaramente i dati, le aziende hanno concentrato in soli due mesi le assunzioni che di solito spalmano in un periodo più lungo e questo ha reso un po’ meno agevole trovare i candidati. Molti disoccupati, tra l’altro, si erano già verosimilmente reinventati in altri settori, per esempio nella logistica, per sopperire alla mancata assunzione. Questo a voler tacere su tutti gli altri fattori che hanno reso strutturalmente meno attrattivo il lavoro nel turismo: le basse paghe, le condizioni indecenti spesso offerte, i sussidi molto deboli nei mesi di inattività forzata.

Arriviamo infine al 2021. Anche qui, le chiusure natalizie e pasquali hanno ridotto le assunzioni stagionali, che fino ad aprile sono cresciute rispetto al 2020 ma tenendosi sempre ben lontane dai periodi pre-pandemici. Già con i primi allentamenti delle restrizioni, i contratti hanno vissuto un boom: a maggio sono stati oltre 142 mila, un record rispetto a tutti gli anni precedenti presenti in archivio. Tra alcune settimane l’Inps pubblicherà quelli di giugno e potremo vedere quanto sia stato robusto il recupero. Ma, intanto, anche l’esplosione di maggio dimostra che si è di nuovo creato un collo di bottiglia.

Chi prende il Reddito di cittadinanza si offre spesso nelle attività stagionali, tanto che l’ultima rilevazione Anpal (di ottobre 2020, poi non sono più state aggiornate dal ministero, non si sa perché) diceva che – dei 350 mila percettori che avevano trovato un impiego – 48 mila hanno operato nella ristorazione e 44 mila nell’agricoltura. Il fatto che il Reddito disincentivi il lavoro è smentito da ogni dato ufficiale. A dirla tutta, per capirlo basterebbe la semplice logica: come si può rifiutare uno stipendio da 1.200 euro in cambio di un sostegno statale che vale in media 548 euro per l’intera famiglia? Questo è quanto “intascano” i nuclei beneficiari: si va dalla media di 447 euro per i single ai 700 euro per le famiglie con quattro bocche da sfamare. Come queste cifre possano indurre la gente a rifiutare una regolare retribuzione da lavoro (che tra l’altro può garantire una pensione futura) resterà un mistero e, prima o poi, gli imprenditori che hanno approfittato dell’eco concessa dai giornali per instillare questo racconto dovranno dare spiegazioni. A meno che non vogliano spiegarlo i vari Renzi, Salvini e De Luca, dato che in tutti questi mesi si sono fatti imperterriti portavoce di quelle stesse imprese.

ILFQ

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