sabato 20 febbraio 2021

Irpef, semplificazioni e lotta all’evasione: ecco la riforma fiscale del governo Draghi - Marco Mobili e Gianni Trovati

Nel programma un intervento complessivo coinvolgendo gli esperti. Confermati i focus su progressività e contrasto al nero.

«Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta». Sulla riforma fiscale il presidente del Consiglio indica una strada lunga. Che punta a un intervento a tutto campo per arrivare a una «revisione profonda dell’Irpef», fatta di «razionalizzazioni e semplificazioni del prelievo», in grado di «ridurre gradualmente il carico fiscale» trovando le risorse per farlo in un «rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione».

Nel suo intervento al Senato sulla fiducia, il nuovo presidente del Consiglio ha indicato soprattutto un metodo. Ambizioso. Perché nasce dall’esigenza di superare la logica dell’emergenza politica e della ricerca del consenso, che in questi anni ha moltiplicato i ritocchi settoriali, e spesso scoordinati, al nostro sistema fiscale. Con risultati non eclatanti, visto che l’Italia primeggia in Europa in fatto di pressione fiscale sul lavoro.

Per riassumere l’idea del metodo che ha intenzione di imporre alla politica, Draghi indica due modelli: il primo è italiano e risale alla riforma Visentini del 1971 che di fatto regge ancora oggi l’architettura fiscale del Paese. Il secondo invece è danese: a Copenhagen nel 2008 fu nominata una «commissione di esperti» che dopo un confronto con partiti e parti sociali presentò al Parlamento un progetto di riduzione del carico fiscale per due punti di Pil, con un taglio all’ultima aliquota marginale e un aumento della soglia di esenzione.

A orientare Draghi verso l’orizzonte danese non sono gli aspetti specifici di quel sistema, che peraltro spinge la Danimarca ai vertici della pressione fiscale complessiva (46% del Pil). Ma è un tema di metodo, basato su un approccio che richiede «tempo e competenza» e punta a un ridisegno organico di tutti gli ingranaggi di un meccanismo complesso come quello tributario. L’indicazione però non è casuale perché nell’ottica del nuovo Governo la riforma fiscale sarà strettamente collegata alle richieste comunitarie che vincolano anche il Recovery Plan. E che si basano su alleggerimento della pressione sul lavoro, spostamento del carico verso consumi e patrimoni e riforma del catasto.

https://www.ilsole24ore.com/art/irpef-semplificazioni-e-lotta-all-evasione-riforma-fisco-tutto-campo-ADzqsWKB

Cingolani ha scelto i suoi tecnici: renziani e targati Confindustria. - Marco Palombi

 

Transizione poco ecologica.

La battaglia su quale futuro economico e industriale dare al Paese, grossa parte della quale si svolge su quanto greenwashing ci sarà nell’ormai famigerata “transizione ecologica”, è centrale in questa fase. L’assetto del ministero che porta quel nome (ex Ambiente più deleghe sull’energia) – che gestirà almeno il 37% dei fondi del Recovery Plan – ce ne dà una prima idea: domina il business as usual, soprattutto il business in verità.

Il paradosso è che, pur essendo il motivo principale per cui il M5S ha detto sì a Mario Draghi, la struttura guidata dal fisico Roberto Cingolani nasce di fatto cancellando la stagione di Sergio Costa all’Ambiente, assai poco gradita alla Confindustria come dimostrano gli attacchi del Sole 24 Ore (vedi qui sotto). La squadra dell’ex generale, membro dei governi Conte in quota 5Stelle, è stata rasa al suolo e a guidare la “transizione ecologica” col neo ministro tornano i dirigenti che accompagnarono la non indimenticabile stagione di Gian Luca Galletti, politico Udc che fu a capo del dicastero con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Come abbiamo già scritto, capo di gabinetto sarà il consigliere parlamentare Roberto Cerreto, che ebbe lo stesso ruolo nel ministero per le Riforme di Maria Elena Boschi, che poi lo volle pure come capo del legislativo a Palazzo Chigi quando divenne sottosegretaria di Gentiloni: a proposito di ambiente, da capo di gabinetto della Boschi, Cerreto dovette occuparsi della scrittura dell’emendamento sui giacimenti di Tempa Rossa chiesto dalle compagnie petrolifere per aggirare le resistenze della Regione Puglia (fu al centro del caso che portò alle dimissioni dell’ex ministra dello Sviluppo Federica Guidi).

Anche all’ufficio legislativo tornano i tempi di Galletti: il capo sarà Marcello Cecchetti, professore a Sassari, giurista d’area Pd anche lui con ascendenze renziane (fu assistente di studio di Ugo De Siervo, i cui due figli – Luigi e Lucia – sono amici e sodali del capo di Italia Viva, che da sindaco nominò Cecchetti in una commissione per studiare “una legge speciale per Firenze”). Il suo vice sarà invece l’avvocato Marco Ravazzolo, anche lui a suo tempo consigliere di Galletti, ma soprattutto dirigente di Confindustria, di cui finora è stato responsabile Ambiente. Dalle legittime ragioni dell’impresa a dirigente di un ministero spesso in conflitto con quelle ragioni è un cambio non da poco. Ricordiamo per dovere di cronaca che i 5 Stelle si sono assai vantati in questi anni del fatto che Costa avesse imposto a tutti i dirigenti del ministero di tenere uno scrupoloso registro degli incontri coi lobbisti.

D’altra parte, la stessa scelta di Cingolani, che dall’estate 2019 è Chief Technology & Innovation Officer di Leonardo (la ex Finmeccanica), pone l’istituzione in una posizione imbarazzante. Ad esempio, tra i dossier su cui dovrà decidere a breve, il ministro, che è in aspettativa dal colosso della difesa, troverà anche l’ultimo capitolo di un lungo contenzioso proprio tra Leonardo e il ministero dell’Ambiente sul vecchio Sistri, una roba che vale circa 90 milioni di euro. La storia è antica: come deciso nel 2009 dall’allora ministra Stefania Prestigiacomo, Selex – poi inglobata in Leonardo e liquidata – doveva fornire al ministero il sistema di tracciamento dei rifiuti speciali (il Sistri appunto) per il periodo 2009-2014. Fu una storia di straordinario fallimento, visto che quel sistema non è di fatto mai entrato in funzione e oggi non esiste più: eppure fino al 2018 era costato allo Stato 141 milioni di euro. Problema: Selex ha fatto causa al ministero, il suo committente, per vedersi riconosciuto comunque l’intero importo del contratto, altri 190 milioni. Dopo anni in tribunale, si è recentemente deciso di transare sulla quota fissa (88 milioni), ma Costa si è invece rifiutato di cedere sui quasi 90 milioni di quella variabile: il neo ministro Cingolani, dipendente in aspettativa di Leonardo, dovrà dunque decidere se resistere in giudizio o andare al Tesoro e chiedere di pagare (e quanto) il suo datore di lavoro. Non solo transizione, allora, sarà anche ministro della transazione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/20/cingolani-ha-scelto-i-suoi-tecnici-renziani-e-targati-confindustria/6107709/

Con la scissione. L’ammucchiata va verso destra. - Antonio Padellaro

 

Dopo la fiducia del Senato al gabinetto Draghi, forse a qualcuno è sfuggito che se le defezioni 5Stelle fossero definitive (15 voti contrari e 8 assenti) la coalizione uscente del governo Conte-2 (Pd-M5S-LeU) avrebbe meno voti di Lega-Forza Italia a Palazzo Madama (110 contro 115). Ragion per cui le lacerazioni dei grillini rischiano di spostare decisamente a destra l’asse della maggioranza. Ragion per cui, se si vuole evitare che Matteo Salvini conquisti la golden share della presunta unità nazionale, sembrano urgenti almeno tre interventi. 

1. È del tutto evidente che perseguendo la via della espulsione in blocco dei parlamentari che dicono di no a Draghi (a Montecitorio se ne contano 20) i vertici del Movimento, Beppe Grillo in testa, non faranno altro che radicalizzare lo scontro, spingendo i dissidenti prima nella terra di nessuno del Misto e quindi verso lidi più accoglienti, a cominciare proprio dalla Lega.

Senza l’avvio di una ricomposizione interna, o almeno di una tregua armata, aumenterebbe la pressione sull’ala “governista” da parte di quel 40% di iscritti che sulla piattaforma Rousseau si è pronunciato contro l’ammucchiata con Berlusconi, Salvini e Renzi. Quando il governo si troverà, prima o poi, a decidere su temi altamente sensibili per i 5Stelle – uno per tutti, la rottamazione della riforma Bonafede che blocca la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, anche se la ministra Cartabia sostiene che non c’è fretta –, nei gruppi potrebbe crescere lo smottamento per togliere l’appoggio al gabinetto Draghi, e sarebbero guai seri. 

2. A proposito di Mario Draghi, assistiamo a dotte disquisizioni (a sua insaputa) sulla cultura politica liberalsocialista di cui egli sarebbe portatore. A maggior ragione, potrebbe un Draghi sensibile alle idee della sinistra riformista accettare che il sovranismo antieuropeo cacciato dalla porta (dal suo predecessore) ricicci sotto mentite spoglie? Rafforzare e non indebolire il contrappeso Pd-5S-LeU è anche nel suo interesse. 

3. Chi può utilmente strutturare l’intesa giallorosa è proprio Giuseppe Conte, soprattutto in vista del voto di giugno nelle più importanti città. Anche se a mettergli i bastoni tra le ruote è già in azione, al Nazareno, l’insaziabile quinta colonna renziana. Memore del fatto che, numeri alla mano, al Senato il tanto bistrattato Conte-2, sia pure di poco, la destra l’aveva messa sotto. E infatti lo hanno mandato a casa.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/20/con-la-scissione-lammucchiata-va-verso-destra/6107737/

Mattarella, preservare nostro sistema sanitario e investire. -

Sta fronteggiando prova senza precedenti.

"Il nostro sistema sanitario nazionale, pur tra le tante difficoltà, sta fronteggiando una prova senza precedenti e si dimostra più che mai un patrimonio da preservare e su cui investire, a tutela dell'intera collettività. Per queste ragioni rivolgo, a nome di tutti gli Italiani, un saluto riconoscente a tutto il personale sanitario ed esprimo commossa vicinanza ai familiari dei caduti per la salvaguardia della salute di tutti noi". E' il messaggio inviato di Sergio Mattarella, al Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, Filippo Anelli nella prima Giornata Nazionale del personale sanitario.

Nel messaggio di Sergio Mattarella, al Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, Filippo Anelli nella prima Giornata Nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato, il Capo dello Stato afferma che questa è "importante occasione per rinnovare la più profonda riconoscenza del Paese verso tutti coloro che con professionalità e abnegazione si sono trovati, e tuttora si trovano, in prima linea nel fronteggiare l'emergenza pandemica che, a distanza di poco più di un anno dalla sua comparsa, ancora ci affligge".

"Fin dall'inizio della diffusione del virus, il personale sanitario si è dimostrato all'altezza di una minaccia di così vasta portata, impegnandosi al meglio, con tutti gli strumenti a disposizione, al fine di evitare che l'epidemia precipitasse in una catastrofe irreversibile.

È stato un impegno contrassegnato da difficoltà e sofferenze: moltissimi operatori hanno contratto il virus e tante sono le vittime che abbiamo dovuto piangere tra medici e infermieri. Soprattutto a loro va dedicata questa Giornata", si legge nel messaggio. 

"Il prolungarsi della pandemia produce drammatiche conseguenze, segnando di dolori e lutti le nostre comunità e innescando una crisi economica e sociale di grave portata. Antichi squilibri sono aumentati, nuove fratture si sono prodotte. E' necessaria un'azione coraggiosa per ricucire quel che si è lacerato e per rinnovare ciò che è utile a costruire un domani migliore", ha affermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio al Presidente Nazionale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI) in occasione del congresso. "Insieme alle istituzioni, tutti i corpi intermedi e il terzo settore, espressione della società civile, sono chiamati a partecipare alla sfida di una vera e propria rinascita, che ponga la dignità della persona e l'affermazione dell'eguaglianza dei diritti e delle opportunità al centro delle iniziative, come detta la Costituzione Repubblicana. Per assicurare prospettive di un futuro positivo alle generazioni più giovani", dice il Capo dello Stato. "In questo tempo, così difficile, di fronte alle emergenze causate dalla pandemia, è motivo di apprezzamento il loro impegno all'educazione civica, per rafforzare le reti di solidarietà, per ampliare la partecipazione democratica, per ridurre le diseguaglianze sociali", afferma Mattarella nel messaggio alle Acli. "Nelle difficoltà abbiamo riscoperto la capacità di resilienza della nostra gente, il senso del dovere di molti, la solidarietà e la gratuita azione volontaria a favore di chi ha più bisogno, il valore delle reti associative", sottolinea il Capo dello Stato.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/20/mattarella-preservare-nostro-sistema-sanitario-e-investire_b4e37449-83fa-48b5-8ecf-c983ac80eda0.html

Perché è caduto Conte? - Marco Travaglio

 

Dopo due giorni di travolgente emozione, commozione, brividi e pelle d’oca per i Grandi Discorsi di Draghi tra Senato e Camera, sobriamente celebrati dalla maggioranza politico-mediatica modello Pyongyang come il ritorno di Demostene e Cicerone fusi insieme, è finalmente chiaro ciò che il governo farà di buono e giusto (tutto) e di cattivo e sbagliato (niente). Un solo interrogativo resta inevaso: perché è caduto il governo Conte-2? Breve catalogo di opzioni.

Incapace. Conte era un premier incapace con ministri scappati di casa provenienti da partiti incompetenti ed è stato travolto dal “fallimento della politica” e dalla “crisi di sistema”? Draghi governa coi partiti incompetenti che appoggiavano Conte (più Lega, FI ecc.) e con 9 dei suoi ministri più 2 tecnici (Bianchi e Colao) che operavano con lui. Poi ci sono Brunetta, Gelmini, Giorgetti&C.

Recovery Plan. Conte aveva fallito sul piano, scritto coi piedi, in perenne ritardo e con una governance accentrata fra Mef, Mise e Affari Ue tipica dei dittatori, roba da cestinare e rifare da capo? Draghi dichiara al Senato che “il precedente governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma”, “finora costruito in base a obiettivi di alto livello” che ora “dobbiamo approfondire e completare, ma “le missioni del Programma resteranno quelle enunciate nei documenti del governo uscente”. Resta da fare ciò che due mesi di crisi impedirono a Conte di fare: “rafforzarlo per gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagnano”. E la governance? Draghi l’accentra al Mef, molto più dell’accentratore Conte.

Pandemia. Conte ha fallito sulla gestione della pandemia, con le arlecchinesche Regioni a colori, le troppe chiusure, i ritardi sui vaccini, i disastri di Speranza, Arcuri e Cts? Draghi dichiara al Senato: “Ringrazio il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”. Conferma Speranza, il Cts e probabilmente Arcuri. E sui vaccini – salvo che riesca a fabbricarli in proprio – attende anche lui notizie dalla Commissione europea, quella dei competenti che si son fatti fregare dalle case farmaceutiche con contratti suicidi.

Prescrizione. Conte ha fallito perché non voleva cancellare la blocca-prescrizione di Bonafede? Draghi non la nomina, la Cartabia la rinvia a data da destinarsi e gli emendamenti contrari vengono ritirati da FI, Iv, Azione e +Europa che fino all’altroieri li ritenevano urgentissimi e decisivi.

Giustizia. Conte, presentando al Senato il suo secondo governo, annunciò “una riforma della giustizia civile, penale e tributaria, anche attraverso una drastica riduzione dei tempi”.

E si dilungò sulla lotta alla mafia. Draghi promette di “aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile”; di penale e di mafia non parla, se non in replica; e aggiunge che la giustizia deve rispettare “garanzie e principi costituzionali che richiedono a un tempo un processo giusto e di durata ragionevole”. Ovvietà copiate dall’art. 111 della Costituzione e dai discorsi degli ultimi 30-40 predecessori. Per sua fortuna la relazione Bonafede, su cui è caduto il Conte-2, già prevede 16 mila nuovi assunti nei tribunali con 2,8 miliardi del Recovery.

Carceri. Conte non fece nulla contro il sovraffollamento delle carceri, Draghi sermoneggia fra le standing ovation sulle “carceri, spesso sovraffollate” e su chi ci vive “esposto al rischio della paura del contagio e particolarmente colpito dalle misure contro la diffusione del virus”. Ma il rischio Covid è molto più alto fuori che dentro (in un anno 12 morti in carcere su 100mila detenuti passati per le celle, contro i 95.223 morti fuori su 60 milioni: 0,00012% contro 0,00015); e Bonafede nell’anno del Covid ha ridotto l’affollamento dai 61mila presenti a marzo ai 52.515 di oggi.

Mes. Gli incompetenti Conte e Gualtieri, per compiacere la follia dei 5S, rifiutavano i 36 miliardi del Mes? Il competentissimo Draghi manco lo cita e chi lo invocava un giorno sì e l’altro pure – FI, Iv&giornaloni – ha improvvisamente deciso che non serve più.

Ponte sullo Stretto. Vedi Mes, una prece.

Scuola. Conte ha fallito sulla scuola per colpa dell’incompetente Azzolina? Draghi nomina ministro Bianchi (già capo della task force dell’Azzolina); promette di “tornare rapidamente a un orario scolastico normale” (difficile, con l’aumento dei contagi con varianti Covid) e di “recuperare le ore di didattica in presenza perse” con le scuole aperte fino a giugno. Ma questo l’aveva già detto la Azzolina che, dopo aver garantito in piena pandemia un numero di ore in presenza superiore alla media Ue (dati Unesco), vede elogiare la Dad da lei inventata un anno fa come “notevole e rapida” nella kermesse mondiale Google Education, in corso negli Usa.

Ambiente. Conte non era abbastanza ambientalista? Draghi ha dato fondo a tutti gli slogan sul tema. Conte già nel settembre 2019 parlò di “transizione ecologica”, “riconversione energetica, fonti rinnovabili, biodiversità dei mari, dissesto idrogeologico, economia circolare” e stop alle trivelle. E disse le stesse cose che avrebbe detto Draghi 17 mesi dopo anche su fisco, pagamenti elettronici, Sud, atlantismo, europeismo, ricerca, Pa, digitalizzazione e migranti. Quindi il giallo del premiericidio senza movente rimane irrisolto: perché è caduto il governo Conte?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/20/perche-e-caduto-conte/6107700/

venerdì 19 febbraio 2021

Disobbedienza. Il quesito era al buio, ci vorrebbe l’obiezione di coscienza. - Gianni Barbacetto

 

L’obbedienza non è una virtù, di certo non nei momenti di grandi cambiamenti, non nelle svolte radicali, non in questo caso unico al mondo di Governissimo in nome della pandemia. Molti parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno disobbedito alle regole interne, non votando la fiducia al governo Draghi decisa dal voto sulla piattaforma Rousseau, e secondo le regole dovrebbero essere espulsi. Ma il quesito su cui si è votato non era proprio un esempio di limpidezza. E soprattutto è stato posto prima di poter verificare i nomi dei ministri politici (e che nomi!) e l’inconsistenza della Grande Promessa, il superministero della Transizione ecologica, che poi superministero non è e che sarà gestito da un Recalcati della scienza che non riusciva neppure a spendere i soldi che il governo aveva assegnato al suo Istituto italiano di tecnologia. Come si fa, allora, a cacciare dal Movimento quelli che sono rimasti coerenti con la promessa “mai al governo con lo Psiconano” e che proprio non ce l’hanno fatta a dire sì alla Grande Ammucchiata? Hanno disobbedito alle regole, d’accordo, ma forse lo statuto del Movimento dovrebbe introdurre almeno la possibilità dell’obiezione di coscienza.




Diciamo, piuttosto, che all'interno del movimento ci sono molti malesseri dovuti alle ferree regole poste inizialmente ed applicate alla lettera. Io credo che bisognerebbe revisionare dette regole ed adeguarsi, senza compromettersi, alle evoluzioni dovute alle novità che si vanno verificando nel tempo. In altri termini, visto il campo minato nel quale ci si trova a doversi muovere, bisognerebbe smussare, rendere meno rigide alcune regole. I malumori esistenti potrebbero anche essere il risultato di regole estremistiche ed antidemocratiche.
cetta.

Cassazione, la sentenza Cavallo spunta le armi al pm sull’uso delle intercettazioni. - Francesco Curcio*

 

Per i Supremi Giudici se si svolgono legittimamente delle intercettazioni  per un certo reato e nel corso delle intercettazioni stesse ne emerge uno nuovo, non si potrà procedere.

Le intercettazioni, la loro utilizzazione sia processuale che mediatica, i presupposti che le giustificano sono state oggetto, negli ultimi anni, di ampi dibattiti, sia fra operatori del diritto, che sui mezzi d’informazione ed a livello politico. Infine sono state oggetto di riforme legislative. L’attenzione per tale materia ha un serio fondamento, poiché lo svolgimento delle intercettazioni, la loro utilizzazione processuale e la loro conoscenza pubblica, involvono, in una società moderna, fondamentali interessi e diritti: quello dello Stato, di accertare i reati e punire chi ne è responsabile, quelli delle persone coinvolte nelle intercettazioni, che hanno diritto a che il sacrificio della loro riservatezza sia contenuto nei limiti indispensabili all’accertamento dei reati, infine quello dell’opinione pubblica di conoscere i comportamenti devianti, soprattutto di chi è investito di responsabilità politiche, economiche, mediatiche. Ciò per esercitare in modo consapevole i diritti di critica, controllo ed infine di voto. Alla politica spetta trovare un punto di equilibrio fra queste confliggenti esigenze.

Obiettivo: attaccare le indagini.

Tuttavia, di frequente, l’interesse manifestato sul tema delle intercettazioni è apparso strumentale. L’impressione è che spesso le polemiche, più che puntare a trovare un giusto punto di equilibrio fra esigenze d’indagine, di riservatezza e d’informazione, avevano piuttosto un altro bersaglio, quello di attaccare le indagini, di volta in volta, ritenute scomode. Delegittimare lo strumento – assai efficace – delle intercettazioni per delegittimare gli esiti delle indagini. E’ sotto gli occhi di tutti che molti politici ed opinion makers – non tutti, ovviamente – hanno sollevato il problema solo quando toccava qualcuno che gli era vicino, non quando, invece, era coinvolto un cittadino comune sottoposto ad indagine (un rapinatore, un sequestratore, uno spacciatore, della cui riservatezza, evidentemente, questi polemisti non sembrano essere interessati). Del resto non appare casuale, in proposito, il fatto che polemizzavano e polemizzano sull’uso “eccessivo” delle intercettazioni, gli stessi che, anni prima – quando le potenzialità tecnologiche dell’epoca non consentivano, come oggi, una utilizzazione efficace di tale strumento – con la stessa verve, polemizzavano su di un altro strumento d’indagine: i collaboratori di Giustizia. La cantilena dell’epoca era: quella Procura, quel PM fa un uso disinvolto (era “disinvolto” il termine) dei pentiti. Dipinti, a priori, da questi maitre a penser, come un pericolo peggiore dei mafiosi in servizio permanente effettivo, in realtà, semplicemente, e avrebbero attaccato – a prescindere, avrebbe detto Totò – qualsiasi strumento, anche le fotografie a raggi infrarossi, se avessero, ad esempio, immortalato qualche politico con un mafioso.

Il compito del giusto processo.

Certo, la libera stampa deve pazientemente ed ogni volta chiarire (e questo stempererebbe le polemiche) che né i pentiti, né le intercettazioni sono, in sé, la prova esaustiva ed indiscutibile del reato e che compito del processo, è proprio quello di vagliare le risultanze di questi mezzi di prova – assolutamente indispensabili per avviare gran parte delle indagini di rilievo – al fine di verificare l’effettivo rilievo del loro contenuto. E così, non vi è dubbio, che le accuse mosse da un pentito possono essere inesatte, e, quindi, devono essere riscontrate da altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità; la conversazione intercettata potrebbe essere stata male interpretata da chi l’ha ascoltata oppure potrebbe corrispondere ad una vanteria, ad una millanteria di chi l’ha pronunciata ed allora bisogna verificare se quel fatto di cui parlano le persone intercettate è realmente successo e come è successo. Ma questo è fisiologico ed attiene, non al fatto se sia giusto o meno, legittimo o meno, utilizzare le intercettazioni (o i pentiti), ma, piuttosto, riguarda la stessa funzione del processo che serve a vagliare le prove.

L’equilibrio attuale.

Avvicinandoci ulteriormente al tema delle intercettazioni, va, ancora, osservato che, allo stato, la normativa vigente, come modificata dalle leggi degli ultimi due anni, perfettibile come tutte le cose umane, rappresenta, a nostro avviso, il punto di equilibrio più avanzato in materia, fra le diverse esigenze. E’ previsto, ovviamente, che sia possibile intercettare solo per reati gravi (con pena prevista da cinque anni in su) solo se siano acquisiti elementi di prova (gravi per tutti i reati, o solo sufficienti per terrorismo, mafia e corruzione) e solo se necessario o indispensabile per le indagini. Soprattutto sono quattro, per sintesi, le grandi novità della nuova normativa in materia.

1.è stato regolamentato l’uso del cd trojan secondo standard equilibrati ed in casi ben delineati;
2.i reati di corruzione (e simili) sono stati equiparati ai reati di mafia e terrorismo per consentire, anche in presenza di questi gravi reati, un uso “agevolato” delle intercettazioni;
3.è stata prevista, a tutela della riservatezza, una blindatura – cioè una impossibilità assoluta – di utilizzare e quindi pubblicare conversazioni che avendo ad oggetto vicende di natura privata o cd sensibili (relativi alle opinioni politiche, orientamenti sessuali, ecc) di chi è intercettato, non sono rilevanti per ricostruire i reati oggetto del processo;
4.è stato dato ampio spazio alla difesa degli indagati per individuare le conversazioni rilevanti ai fini della ricostruzione dei fatti.

La rivoluzione della sentenza Cavallo.

Tuttavia, di recente, proprio mentre era in corso la tribolata riforma delle intercettazioni, una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del Gennaio 2020 denominata Cavallo (dal nome dell’indagato ricorrente) ha affrontato una delle questioni più importanti sull’utilizzazione delle intercettazioni, ponendo PPMM e Giudici di fronte ad un nuovo orientamento (che seppure non vincolante ha un enorme peso nella pratica) che cambia e cambierà in modo radicale il corso e l’esito di moltissimi procedimenti, anche di grande importanza, che, prima della sentenza Cavallo, avrebbero avuto un certo esito, ma che, dopo la stessa, sembrano destinati, almeno in parte, a naufragare con il crollo delle accuse.

Il legislatore, dopo l’adozione di questa decisione della Cassazione, per la verità, ha tentato, un mese dopo, di arginarne le conseguenze, ma per una imperfezione (forse non voluta) del testo normativo, non vi è riuscito poiché, per tutti i processi nati prima dell’entrata in vigore della legge in questione (che è la legge nr 7 del 28.2.2020, entrata in vigore il 1.9.2020) valgono e continuano a valere i principi fissati dalla sentenza Cavallo.

Ma quali sono questi nuovi principi stabiliti dalla Cassazione?

Cerchiamo di spiegarlo in modo piano e semplice partendo da alcuni principi base del nostro sistema processuale; i fini giuristi storceranno la bocca, ma è necessario per chi non ha dimestichezza con le norme processuali.

L’utilizzabilità della prova e le garanzie per l’indagato

Nel nostro ordinamento è sempre valsa una regola fondamentale: quando si emette un qualsiasi provvedimento teso ad acquisire una prova ciò che è importante è che quell’atto, nel momento in cui viene adottato, sia legittimo, cioè rispetti tutti requisiti e le garanzie previste dalla legge. Se non li si rispetta i risultati di quell’atto non potranno, giustamente, essere utilizzati nel processo. Faccio un esempio: quando il PM interroga un indagato, il codice vuole che ne dia avviso al suo difensore affinché questi possa partecipare all’interrogatorio. Se il PM non avvisa il difensore dell’interrogatorio e se questi comunque non vi presenzia, tutto quello che dirà l’indagato in assenza del suo avvocato, sarà inutilizzabile, in primo luogo contro lui stesso. Anche se confesserà i fatti che gli sono contestati ed anche se questi fatti sono gravissimi (omicidi, violenze sessuali, ecc) non se ne potrà tenere conto.

Egualmente, se il PM emetterà un decreto di ispezione e questo sarà illegittimo perché non motivato o privo della indicazione dei reati per cui si procede o perché non seguito dall’avviso al difensore affinché possa partecipare alla ispezione stessa, anche se nel corso dell’ispezione saranno trovate fondamentali tracce del reato, non se ne potrà tenere conto, non potranno usarsi contro l’indagato.

Sono regole ferree poste a tutela e garanzia di chi è sotto processo e che, in qualche misura, hanno il benefico effetto di costringere i Giudici e i PPM a rispettare le regole del gioco senza cercare scorciatoie.

L’estensione del principio per ulteriori reati.

Tuttavia, la nostra tradizione giuridica e normativa, al fianco ed insieme a questo principio di garanzia, ne ha sempre riconosciuto un altro: una volta che l’atto che tende ad acquisire una prova è legittimo e risponde ai requisiti di legge, tutte le prove che, in conseguenza di questo atto, si acquisiscono, sono utilizzabili, anche se riguardano reati diversi da quelli per cui si procedeva. Ci spieghiamo con un esempio: interrogo Tizio nei cui confronti procedo per spaccio di stupefacenti, gli faccio un regolare invito a comparire e ne do’ avviso come per legge al difensore che presenzia all’interrogatorio. Tizio nel corso dell’interrogatorio non solo confessa di avere spacciato droga, ma anche di avere rubato nell’appartamento del suo vicino di casa per comprare la droga. Nel nostro sistema processuale posso utilizzare questa sua confessione anche per dimostrare la responsabilità dell’imputato per il furto in appartamento. E ciò anche se nel momento in cui avevo disposto l’interrogatorio non procedevo per quel reato. Ancora: dispongo in modo legittimo una perquisizione nei confronti di un soggetto indiziato di rapina. Durante la perquisizione trovo però una stamperia di banconote false. Pacifico, e nessuno si è mai sognato di sostenere il contrario, che il PM possa procedere nei confronti dell’indiziato di rapina anche per la detenzione e fabbricazione delle banconote false anche se questo reato non era contemplato nel decreto di perquisizione.

L’equilibrio tra le garanzie processuali e il senso comune della giustizia.

Questi principi, da sempre accettati nel nostro sistema, sono un ragionevole punto di equilibrio, fra garanzie processuali (il provvedimento che dispone la ricerca della prova deve essere legittimo e rispettoso della garanzie individuali, altrimenti le prove acquisite non valgono) ed un valore che spesso viene, ingiustamente, trascurato: il senso comune della giustizia, che vuole che non posso girare la testa dall’altra parte, fare finta che quella stamperia e quelle banconote false non c’erano, solo perché non avevo previsto che ci fossero. Così come non posso fare finta che lo spacciatore non ha confessato di avere rubato nell’appartamento del vicino, anche se l’interrogatorio era stato disposto per procedere in ordine ad un altro fatto.

La sentenza Cavallo e la rottura dell’equilibrio.

Ecco, a nostro sommesso avviso, la Sentenza Cavallo, al di là delle obbiezioni di carattere tecnico che pure gli sono state mosse (ma che tuttavia non è questa la sede per trattare) ha rotto, nella materia delle intercettazioni, questo equilibrio fra rispetto delle forme e senso di giustizia, che, non solo, come appena visto, governa il nostro ordinamento in casi del tutto analoghi, ma che, a nostro avviso, nella applicazione della legge, va sempre perseguito: la giustizia si rende per rispondere alle esigenze degli uomini e non per rispettare teoremi giuridici.

Nel concreto, la Sentenza Cavallo – semplifico per rendere comprensibile la questione – afferma che, se io svolgo legittimamente delle intercettazioni (ricorrendone i presupposti e rispettando le norme di legge) per un certo reato (ad esempio un traffico di rifiuti) e nel corso delle intercettazioni stesse emerge che uno dei trafficanti ha indotto illecitamente una lontana parente anziana e mentalmente debole, a donargli tutti i suoi beni, non potrò procedere per questo nuovo reato (circonvenzione d’incapace) né potrò sequestrare i beni e restituirli alla poveretta, perché quel reato non era originariamente contemplato nel decreto d’intercettazione che autorizzava le attività. Si tratta di casi frequentissimi.

L’incidenza su migliaia di reati.

Migliaia di reati diversi da quelli originariamente previsti sono emersi ed emergono nel corso delle intercettazioni e la Cassazione (salva una serie di eccezioni per i reati gravissimi, ma non per la corruzione, ad esempio, e salvo che non ricorrano certi particolari presupposti) stabilisce che, a fini di prova, quelle conversazioni è come se non ci fossero.

Come si vede, questo principio affermato autorevolmente dalla Cassazione in materia d’intercettazioni, sembra però non in sintonia, se non in antitesi, con quello che, come abbiamo visto, governa l’utilizzazione di tutti gli altri mezzi istruttori, talora anche più invasivi (quali ad esempio le perquisizioni), laddove si acquisiscano prove di reati diversi da quelli per cui si procede.

Dunque, al di là dei tecnicismi (mai, peraltro, come in questo caso controvertibili) nel caso di cui parliamo, il principio affermato dai Supremi Giudici, non sembra rafforzare la fiducia dei cittadini nella giurisdizione, poiché, alla sua stregua, la Giustizia appare vieppiù un abracadabra misterioso, così distante dalla realtà vera ed effettiva, da ignorare, con i suoi tecnicismi, anche i reati che le capita da accertare rispettando tutte le forme e le garanzie di legge.

A quale diritto riferisce la sentenza Cavallo?

Il processo serve ad accertare i fatti rispettando i diritti inviolabili dell’individuo. Per questo deve essere garantita la difesa in tutte le fasi e gradi del giudizio, per questo le accuse formulate devono essere chiare e circostanziate, per questo la difesa ha il diritto di contro-esaminare i testi di accusa e proporre ricorso contro le decisioni che ritiene ingiuste. Ma non ci è chiaro, e probabilmente non è chiaro a molti, a quale diritto dell’uomo corrisponda la pretesa che vengano ignorate prove acquisite nel corso di attività legittime disposte dall’Autorità Giudiziaria.

La legge deve essere uguale per tutti.

Si dice, però, nel dibattito pubblico, da parte di chi polemizza ogni qual volta una indagine tocca certi livelli, che la Sentenza Cavallo impedisce la prassi incivile delle intercettazioni a strascico praticata dai pubblici ministeri. Bisogna darne atto, l’invettiva è ben studiata, è immaginifica e suggestiva e suggerisce nell’ascoltatore l’idea di un PM / pescatore di frodo che si industria all’infinito a sminuzzare, triturare, scandagliare la vita privata altrui fino a che non trova qualcosa. Essa, però, descrive una realtà che non esiste. E non tiene conto di un dato di fatto banale: le intercettazioni richieste dal PM sono, in primo luogo, autorizzate da un Giudice solo se ricorrano i presupposti di legge. Ma soprattutto l’autorizzazione vale solo per un limitato periodo di tempo (molto ridotto, da 15 gg a 40 gg) prorogabile solo se permangono i presupposti delle intercettazioni, vale a dire solo se le intercettazioni svolte hanno prodotto un qualche risultato rilevante. Altrimenti non possono essere prorogate, ma si interrompono. Niente “strascico” quindi. Già ora la legge prevede intercettazioni mirate e puntuali, che durano fino a che le stesse consentono di acquisire elementi di prova utili. Ma non solo. Quelle intercettazioni, sulla base della normativa ora vigente, che eventualmente non avessero prodotto prove di reati, non solo non possono, ovviamente, essere utilizzate nel processo, ma neppure divulgate. La verità, ancora una volta, è che si tratta di polemiche spesso strumentali, fatte sempre in favore dei soliti noti e che, al fondo, hanno di mira, un principio fondamentale, senza il quale amministrare giustizia diviene solo un atto di prepotenza, quello per cui la legge deve essere eguale per tutti.

*Procuratore Capo di Potenza

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/18/cassazione-la-sentenza-cavallo-spunta-le-armi-al-pm-sulluso-delle-intercettazioni/6103226/