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venerdì 7 aprile 2023

Governo ingiusto..

 

Questo governo, con tale "mancata" manovra, sta agevolando le banche che, oltre a guadagnare sulla possibilità di erogare denaro giacente nelle proprie casse a zero costi, possa guadagnare anche dalle commissioni che gravano sulle transazioni di acquisto.
E' un governo di destra che privilegia i potenti e danneggia il lavoro, oltre che agevolare l'evasione.
E non è gradevole per chi rispetta le regole e si vede tartassato a dismisura per colpa di chi, con la compiacenza dei governanti, non paga il dovuto.

cetta

Qui l'articolo de: ILFQ: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/04/07/pos-il-governo-dimentica-la-tassa-sugli-utili-delle-banche/7122333/?fbclid=IwAR2UXtr0QMhl1OatGbLc-R9StGdTs4YJumZN3e06_nmjzOtsgzZ_5NfMG3s

mercoledì 26 maggio 2021

Vi serve un disegnino? - Marco Travaglio

 

C’è chi le cose le intuisce subito, chi dopo un po’ e chi mai. Eppure non era difficile capire perché Conte non doveva gestire i soldi del Recovery Fund che lui stesso (non la Von der Leyen o la Merkel, come raccontava l’altroieri a Ottoemezzo quel furbacchione di Bernabè, insieme a varie balle sui vaccini) aveva portato a casa il 21 luglio: perché il suo governo non obbediva a Confindustria e agli altri padroni del vapore, tutti puntualmente tornati a trafficare dopo la sua caduta, ben nascosti dietro il supercurriculum di SuperMario. Il bello è che molti continuano a non capirlo neppure ora che i Migliori hanno gettato la maschera. Non basta nemmeno che si parli di Paolo Scaroni – che nel ’96 patteggiò 16 mesi per le tangenti Techint al Psi in cambio di appalti Enel – alle Fs al posto dell’incensurato Battisti. Né che sia sufficiente un titolo del Sole 24 Ore contro il ministro Orlando – accusato di “inganno” per la proroga del blocco dei licenziamenti, annunciata in conferenza stampa con Draghi – per indurre il governo all’immediata retromarcia al fine di non contrariare troppo il padrone delle ferriere Carlo Bonomi, che si crede pure il padrone del governo e in effetti lo è.

Questo curioso esemplare di imprenditore senza impresa (non ne ha neppure una) si permette di accusare di “imboscata” il ministro del Lavoro senza che nessuno – tipo il premier – lo rimetta al posto suo. Silenzio di tomba, a parte la solidarietà a Orlando da un frammento del suo partito e da Patuanelli e le proteste dei tre leader sindacali (bentornati sulla terraferma: due mesi fa erano tutti a cena chez Brunetta, ora è arrivato il dessert). Cosa deve ancora accadere perché i giallorosa prendano atto di far parte non di un governo di unità nazionale, ma di centrodestra, dove comanda la minoranza Lega-Forza Italia Viva e la maggioranza M5S-Pd-Leu si limita a metterci i voti? Oggi, se tutto va bene, la Commissione di Indecenza del Senato, che ha già restituito il vitalizio ai ladri, lo ridarà anche agli ex senatori, per ribadire la prima legge della Restaurazione: la legge è uguale per gli altri. Nel 1993, per 4 autorizzazioni a procedere su 5 contro Craxi negate dalla Camera al pool di Milano, il Pds ritirò i suoi ministri dal neonato governo Ciampi. Non perché il voto della Camera fosse colpa del governo, ma perché Occhetto e persino Rutelli ritennero che allearsi con partiti che calpestavano il principio di eguaglianza fosse complicità. Ci pensino, 5Stelle, Pd e Leu, se oggi i loro alleati forzaleghisti compieranno l’ennesimo scempio sui vitalizi. Nel ’93 il governo Ciampi stava in piedi anche senza il Pds, mentre il governo Draghi senza i giallorosa va a casa: quando si ricorderanno di essere la maggioranza, sarà sempre troppo tardi.

IlFQ

venerdì 14 maggio 2021

Grazie a tutti. - Luciano Scanzi

 

Sono abili, confondono le idee, ci spacciano la merda per finissima cioccolata. E noi abbiamo i neuroni rattrappiti da un devastante e perenne lockdown mentale, che rende quello dovuto alla pandemia una piccola pausa di riflessione.

Ci fregano facile. Ci fregano sempre. Ne compriamo a barattoli.
Certo, la mia è una visione di parte, essendo io ignorante, grillino, populista, qualunquista, massimalista, giustizialista e ovviamente comunista di merda, perciò vale quello che vale. Ma voi andate oltre, fate finta che da qui in avanti a scrivere sia uno intelligente, democratico e obiettivo come per esempio… sì insomma tipo… che somigli a… va be’, fate finta e basta.
Pd e 5s hanno contribuito a formare il governo del federisarcatuttinabarca, voluto da un Presidente troppo di parte, sostenuto da confindustria, appoggiato dalle banche e presieduto da una sorta di epica divinità evocata come un messia da quasi tutti i media.
Questo dopo che il precedente era stato eliminato da un killer, e per ogni killer c’è un mandante, come previsto dal piano segreto noto con il nome in codice “togliersi di culo Conte e i 5S”.
Ora, non potendo chiamare questo nuovo esecutivo “God and the New Providence” perché pareva troppo anche a loro, l’hanno chiamato “Governo dei migliori”, così, per complimentarsi un po’, però con sobrietà.
Costoro hanno proseguito il percorso già tracciato da quelli di prima, e questa è stata la sola cosa giusta, ma l’hanno fatto peggio e hanno farcito il tutto impreziosendolo con piccole gemme lucenti, tipo il ripristino dei vitalizi per il celeste, a ribadire la vocazione mistica, nuovi condoni, abolizione del salario minimo, braccino corto sulla Sanità, i viaggi della Serbelloni Mazzanti, di nuovo ‘sto cazzo di Ponte sullo Stretto, i silenzi complici su durigon e renzi, e soprattutto quello che ancora non sappiamo, o dovrà succedere quando si aprirà il barattolo della marmellata.
Però fanno tutto questo per noi, per renderci meno traumatico il passaggio quando al governo andrà la destra più becera e pericolosa, che nel frattempo sta acquattata nell’ombra e aumenta il proprio consenso fingendo un’opposizione che non fa.
Un po' come quando il mio urologo, per curarmi le ragadi, mi segnò una serie di supposte graduate, da piccola a enorme, che dovevo mettermi via via aumentando la misura, e io mi tenni le ragadi.
In attesa che succeda e che mi ritrovi la meloni presidentessa del consiglio, con le altre due grazie a corredo, vorrei ringraziare tutti per questo grandissimo risultato.
Grazie a letta e al suo pd, fonti imperiture di vuoto cosmico, eredi di una tradizione di delusioni inenarrabili che si tramanda ormai da decenni, ideologi dell’assenza più dannosa e colpevole rispetto ai bisogni delle persone che dovrebbero rappresentare; e grazie ai 5S, che, con audacia e sprezzo del periglio, si stanno consegnando al martirio e quindi alla leggenda in nome di non si sa cosa, o forse si sa fin troppo bene.
Entrambi, in questo governo contano meno di Ringo Starr nelle canzoni dei Beatles e di quell’altro negli 883.
Grazie ai media, agli opinionisti, ai salottieri mentani, agli intell… va be’, davvero un bel risultato quello del partito unico, dalle prospettive entusiasmanti.
E grazie a quei miei connazionali che appena si è parlato di riaperture hanno festeggiato inondando i social di selfie dove inneggiavano alla libertà brandendo uno spritz.
Grazie a tutti.
Io però ho un’altra idea di libertà.

Orso Grigio, blog

martedì 2 marzo 2021

La mossa di Mattarella è politica (verso destra). - Tomaso Montanari


Ora che il “governo del Presidente” è tutto sotto i nostri occhi, è possibile criticare il Presidente? I manuali di Diritto costituzionale spiegano che non si è mai stabilito un divieto legale di criticare il presidente della Repubblica perché lo scopo della tacita regola per cui il capo dello Stato non si critica è quello di indurlo ad agire in modo da non ricevere critiche. Se l’attività del Presidente diventasse insindacabile, verrebbe meno la garanzia che questi non faccia un uso politico dei suoi poteri.

Ora, la decisione di non sciogliere le Camere è stata frutto di una valutazione dello stato del Paese: come tale, quintessenzialmente politica. La scelta di non comunicare questa decisione al presidente del Consiglio Conte, che aveva appena ricevuto la fiducia dal Parlamento, è stata politica. La decisione di incaricare Mario Draghi senza ricavarne il nome da un ulteriore giro di consultazioni, e mettendo i partiti davanti a un fatto compiuto, è un’altra scelta politica di Sergio Mattarella. Tutto nei limiti formali della Costituzione, sia chiaro, ma, come ha osservato Gustavo Zagrebelsky, fuori dalle consolidate convenzioni che circondando l’attuazione della Carta. E con la chiara volontà politica di uscire dalla crisi “dall’alto”, e non “dal basso”. Verso l’oligarchia, non verso la democrazia parlamentare. Coerentemente, Mattarella si è assunto davanti al Paese la responsabilità dell’identità del nuovo esecutivo: “Di alto profilo” e “che non deve identificarsi in nessuna formula politica”.

Come mentore e garante di un “governo del Presidente di alto profilo”, Mattarella ha assunto su di sé (ancor più di quanto non preveda l’articolo 92 della Costituzione) la responsabilità della scelta dei ministri, e quindi dei sottosegretari: ben sapendo, tra l’altro, che il Consiglio dei ministri è organo collegiale il cui presidente è solo un primo tra pari. Ora, come pensare che la credibilità della Presidenza non sia intaccata dalla qualità infima, in molti casi disdicevole fino al rigetto, della compagine ministeriale? Da cittadino, sono francamente sconcertato che il Presidente, dopo aver promesso al Paese l’“alto profilo”, abbia firmato i decreti di nomina di ministri come Stefani o Gelmini, e di sottosegretari come Molteni o Sisto. Borgonzoni alla Cultura e Sasso all’Istruzione, poi, sono veri e propri schiaffi alle parti più sensibili del progetto costituzionale.

E veniamo alla formula politica: che, in realtà, esiste eccome. Anzi, quella larghissima formula fino a ieri impensabile potrebbe essere la base per la rielezione dello stesso Mattarella al Quirinale: in un cortocircuito che avrebbe implicazioni inedite. Ancor più se questo secondo mandato, di cui si inizia a sentir parlare, avesse termine precoce: magari proprio per permettere l’ascesa di un successore (lo stesso Mario Draghi) che sarebbe così in qualche modo un erede designato, in una torsione dal sapore monarchico. E inoltre: la scelta di portare la Lega in un governo del Presidente comporta un’assunzione di responsabilità politica per nulla neutrale, visti i molti nodi irrisolti nei rapporti di quel partito con i neofascismi e il suo sostanziale rigetto di gran parte dei principi fondamentali della Carta. E anche la scelta di affidare l’opposizione a un solo partito, ancor più compromesso col neofascismo, è gravida di conseguenze politiche (a mio avviso, nefastissime). In Cecità di Saramago (libro che, a rileggerlo oggi, mette i brividi) la radio finalmente trovata, diffonde “notizie non confortanti: correva voce che fosse prevista a breve scadenza la formazione di un governo di unità e di salvezza nazionale”. Credo che anche oggi, nell’Italia resa politicamente cieca dalla pandemia, la notizia più sconfortante sia proprio questa. La resa della politica; la teorizzazione, dal più alto colle della Repubblica, che di fronte all’emergenza si debba abbandonare qualsiasi “formula politica”. E non per il presunto commissariamento da parte dei tecnici (che sembrano in verità assai poco autorevoli), quanto proprio per la dimensione dirompentemente antipolitica del messaggio che ne scaturisce. Tutti i partiti insieme, a correre sulla monorotaia imposta dal mercato e dalle banche (Draghi): a far capire che davvero There Is No Alternative, nessuna scelta è possibile. E cioè di fatto affermando che è inutile (oggi e domani) votare, perché comunque le scelte sono obbligate, e prese in alto: per il bene dello Stato.

Come dimostrano le prime mosse di Draghi (dalla scelta dell’ultraliberista Giavazzi alla incomprensibile opposizione, in sede europea, alla donazione dei vaccini per il personale sanitario africano proposta da Francia e Germania), la formula politica c’è: l’asse della politica italiana si è ulteriormente spostato a destra. E non per un voto, ma per una decisione politica del presidente della Repubblica.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/02/la-mossa-di-mattarella-e-politica-verso-destra/6118313/


Io credo che Mattarella si sia consultato con Napolitano prima di decidere, ed ha deciso seguendo il consiglio ricevuto, senza commettere, però, lo stesso errore fatto da Napolitano quando nominò Renzi a capo del consiglio per le sue doti di yesman, (bravo soldatino), ma che, alla fine , è risultato poco adatto, poichè ammalato di protagonismo ed egocentrismo. Draghi è stato scelto per le sue doti di "mago della finanza" e, quindi, a disposizione del mondo della finanza, mondo nel quale si muove benissimo. Naturalmente essendo un drago, farà gli interessi di chi conta, non certo i nostri.

Ancora una volta, la politica ci ha dimostrato che ciò che chiamano democrazia è solo un'utopia, il nostro voto non ha alcun valore, andare a votare o non farlo produce lo stesso effetto, se votiamo chi vogliamo noi il governo cade, se votiamo chi vogliono loro il governo prosegue fino alla scadenza naturale. 

Mattarella mi ha molto deluso, pensavo fosse un buono, ma credo di aver confuso la sua bontà con una forma di debolezza, di mancanza di carattere.

Cetta.

sabato 20 febbraio 2021

Con la scissione. L’ammucchiata va verso destra. - Antonio Padellaro

 

Dopo la fiducia del Senato al gabinetto Draghi, forse a qualcuno è sfuggito che se le defezioni 5Stelle fossero definitive (15 voti contrari e 8 assenti) la coalizione uscente del governo Conte-2 (Pd-M5S-LeU) avrebbe meno voti di Lega-Forza Italia a Palazzo Madama (110 contro 115). Ragion per cui le lacerazioni dei grillini rischiano di spostare decisamente a destra l’asse della maggioranza. Ragion per cui, se si vuole evitare che Matteo Salvini conquisti la golden share della presunta unità nazionale, sembrano urgenti almeno tre interventi. 

1. È del tutto evidente che perseguendo la via della espulsione in blocco dei parlamentari che dicono di no a Draghi (a Montecitorio se ne contano 20) i vertici del Movimento, Beppe Grillo in testa, non faranno altro che radicalizzare lo scontro, spingendo i dissidenti prima nella terra di nessuno del Misto e quindi verso lidi più accoglienti, a cominciare proprio dalla Lega.

Senza l’avvio di una ricomposizione interna, o almeno di una tregua armata, aumenterebbe la pressione sull’ala “governista” da parte di quel 40% di iscritti che sulla piattaforma Rousseau si è pronunciato contro l’ammucchiata con Berlusconi, Salvini e Renzi. Quando il governo si troverà, prima o poi, a decidere su temi altamente sensibili per i 5Stelle – uno per tutti, la rottamazione della riforma Bonafede che blocca la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, anche se la ministra Cartabia sostiene che non c’è fretta –, nei gruppi potrebbe crescere lo smottamento per togliere l’appoggio al gabinetto Draghi, e sarebbero guai seri. 

2. A proposito di Mario Draghi, assistiamo a dotte disquisizioni (a sua insaputa) sulla cultura politica liberalsocialista di cui egli sarebbe portatore. A maggior ragione, potrebbe un Draghi sensibile alle idee della sinistra riformista accettare che il sovranismo antieuropeo cacciato dalla porta (dal suo predecessore) ricicci sotto mentite spoglie? Rafforzare e non indebolire il contrappeso Pd-5S-LeU è anche nel suo interesse. 

3. Chi può utilmente strutturare l’intesa giallorosa è proprio Giuseppe Conte, soprattutto in vista del voto di giugno nelle più importanti città. Anche se a mettergli i bastoni tra le ruote è già in azione, al Nazareno, l’insaziabile quinta colonna renziana. Memore del fatto che, numeri alla mano, al Senato il tanto bistrattato Conte-2, sia pure di poco, la destra l’aveva messa sotto. E infatti lo hanno mandato a casa.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/20/con-la-scissione-lammucchiata-va-verso-destra/6107737/

sabato 17 ottobre 2020

Gli opposti isterismi. - Marco Travaglio

 

Ieri mattina, appena due giorni dopo l’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm anti-Covid, già dal Pd e dal ministero della Salute si levavano gridolini isterici su nuovi vertici di governo per nuovi giri di vite assortiti. Una prova d’orchestra felliniana, degno pendant agli opposti isterismi delle destre No Mask e dei giureconsulti No Dpcm. E che s’è fatta ancor più cacofonica nel pomeriggio, quando i dati sui contagi giornalieri hanno superato la soglia psicologica di 10mila. Per fortuna, Palazzo Chigi non pare intenzionato a varare nuove misure a breve: prima si misurano gli effetti delle nuove misure e della loro osservanza da parte dei cittadini, riscontrabili non prima di 10 giorni; poi si vede. Annunciare, invocare, far trapelare ora nuove strette serve solo ad aumentare il caos e a seminare il panico, oltre a svalutare i divieti e le raccomandazioni del Dpcm di martedì. Forse sarebbe il caso di ripristinare ogni pomeriggio la conferenza stampa della Protezione civile e del Cts che ci accompagnò nel lockdown: molti le imputavano un eccesso di allarmismo, invece era (e sarebbe) un’ottima occasione per fare il punto sulla pandemia e leggere correttamente i dati. Che, visti così, dicono tutto e il suo contrario. Viene spontaneo il confronto con quelli di sette mesi fa, che però è fuorviante. Il 21 marzo, giorno del picco massimo, i nuovi positivi erano 6.557: ieri 10.010.

Stiamo dunque peggio oggi? Al contrario: tutti gli altri parametri dicono che stiamo molto meno peggio. Il 21 marzo i tamponi furono 26 mila, ieri erano 150 mila, il sestuplo: più tamponi si fanno più positivi si trovano (il rapporto tamponi/positivi era del 25% e oggi è del 6,6). Il che significa che i positivi sommersi, all’epoca, erano molti più di oggi, quando il virus pare un po’ meno diffuso di allora. Ma allora si testavano solo i sintomatici: ora anche gli asintomatici. Che oggi sono la stragrande maggioranza dei positivi: infetti e contagiosi, ma non malati. I dati certi su cui giudicare e modulare le misure di contrasto sono altri. Anzitutto i morti: 793 il 21 marzo, 55 ieri (in forte calo rispetto a giovedì). E poi il numero di ricoverati (cioè di sintomatici malati e bisognosi di cure): sette mesi fa 17.708, di cui 2.857 in terapia intensiva; ieri 6.178, di cui 638 in terapia intensiva. Reparti Covid e rianimazioni sono lontani dal rischio di saturazione, almeno in media (52% il 21 marzo, 9% oggi, anche se alcuni sono semipieni e altri semivuoti). Ma siccome i ricoveri aumentano del 7-8% al giorno e la crescita è esponenziale, se non s’inverte la rotta si può arrivare in un mese all’overbooking. E qui si apre il capitolo delle colpe. Cioè di chi ha fatto e non ha fatto cosa da maggio a oggi.

Il governo si era impegnato a riaprire le scuole e l’ha fatto, anche se poi i ritardi sui trasporti della ministra De Micheli, delle Regioni e dei Comuni han messo a rischio arrivi e partenze. Il governo aveva promesso di raddoppiare i posti letto di terapia intensiva e ha fornito i fondi necessari, oltre alle attrezzature tramite il commissario Arcuri. Ma molte Regioni hanno dormito: malgrado i 3.059 ventilatori polmonari per terapie intensive e i 1.429 per sub-intensive già inviati da Roma, hanno attivato appena 1.500 posti letto, mentre gli altri 1.600 disponibili restano sulla carta. Arcuri ha pronti altri 1.500 ventilatori, ma attende che qualcuno glieli chieda, possibilmente per usarli. Tra le maglie nere, oltre alla solita Lombardia (che non riesce neppure a comprare i vaccini antinfluenzali), svetta la Campania del sedicente sceriffo De Luca, tutto chiacchiere e distintivo: “Prima del Covid – ricorda il ministro Boccia – aveva 335 posti letto di terapia intensiva. Il governo con Arcuri ha inviato 231 ventilatori per le terapie intensive e 167 per le sub-intensive. Oggi risultano attivati 433 posti, devono essere 566”. Così molti ospedali campani sono già al collasso e Don Vicienzo, anziché rivolgere il lanciafiamme contro se stesso, lo dirige sugli studenti, chiudendo scuole e università senza neppure avvertire il sindaco di Napoli. Lui che un mese fa voleva riaprire gli stadi. E trova a difenderlo pure Zingaretti. Altri sgovernatori, con la stessa (il)logica, insistono sulla didattica a distanza (già prevista dalla legge in casi di necessità) per sfollare i trasporti pubblici e coprire la propria e altrui incapacità di potenziarli e organizzarli meglio: sono gli stessi che a luglio riaprivano le discoteche, ad agosto si opponevano alle proposte dell’Azzolina sugli ingressi scaglionati nelle scuole e a settembre volevano riempire gli stadi di tifosi. A tutti sfugge un dato elementare: chiudere le scuole durante il lockdown aveva senso perché gli studenti restavano in casa, evitando i contagi attivi e passivi; ma senza lockdown chi non sta a scuola va a spasso o si assembra in locali molto meno sicuri delle aule (lì la percentuale di contagi è 0,08%). E aumenta le possibilità di contagiare e di essere contagiato.

Quindi, per favore, nervi saldi e basta isterie fondate su letture sbagliate dei dati. Il governo attenda qualche giorno per vedere se il Dpcm funziona, tenendo pronte misure più severe, ma sempre graduate all’evolversi della pandemia. E le Regioni facciano finalmente ciò che devono, stringendo le maglie del Dpcm dove serve, anche con zone rosse o arancioni nelle città e province più infette. Se poi qualcuna continua a dormire, si spera che stavolta scatti il commissariamento.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/17/gli-opposti-isterismi/5969481/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-10-17

IL VIRUS FALCE MARTELLO E 5 STELLE. - Rino Ingarozza

 

In questi mesi di pandemia, in questi mesi strani che hanno cambiato le nostre abitudini, il nostro modo di fare e di pensare, che, in sintesi, hanno cambiato la nostra vita, abbiamo anche scoperto che esistono i virus politici, quelli di destra e quelli di sinistra. Il covid 19 e' decisamente di sinistra, anzi, direi proprio comunista, anche perché proviene dalla Cina. Un comunista anomalo perché invece di avere una stella, nel simbolo, ne ha cinque.
E allora via al derby destra contro sinistra. In mezzo, la vita o, perlomeno, la salute, di milioni di italiani.
Non si spiega atrimenti, Non va bene mai niente, quando i comunisti a cinque stelle prendono delle decisioni per contenere l'epidemia. Non c'è stata una volta, che sia una, che la destra sia stata d'accordo con le decisioni prese.
Tralascio tutti gli slogan e gli epiteti sventolati e sghignazzati perché si sanno benissimo.
Dicono "ma non hanno mai voluto ascoltare le nostre proposte".
La Meloni ha fatto un intervento alla camera, criticando, criticando e criticando e non ha mai spiegato in che modo avrebbe agito lei. È troppo facile dire "così non va bene" senza indicare un'alternativa. Ma ti è chiaro che tutta Europa sta "chiudendo" e da noi si sta facendo il possibile per non farlo? Lo capisci che se metti dei paletti, lo fai per non mettere delle travi in seguito? Lo capisci che se si fa come dici tu e quell'altro scienziato (cioè niente), si chiude subito? Cara la mia Giorgia.
E poi, ricordate quando è scoppiata la pandemia in Italia? Come avrebbero potuto ascoltarvi, se voi avete sempre detto il contrario di quello che diceva la maggioranza? Se loro dicevano che bisognava chiudere e voi dicevate di aprire con dirette Facebook o addirittura con il Colosseo come sfondo, dicendo al mondo che da noi non c'era nessuna emergenza?
Viene da pensare che il vostro fosse, ed è, una sorta di gioco per far dispetto al governo. Anche per le altre proposte. Sembrava quasi che prima ascoltavate le proposte del governo, per poi dire l'esatto contrario, sapendo benissimo che quelle proposte non sarebbero state ascoltate, per poi dire "Il governo non ci ascolta".
Strategia degna del miglior Churchill.
Matteo e Giorgia Churchill (i figli gemelli).
E poi, cara Giorgia, le ricordiamo benissimo le vostre ricette, quelle che nel 2011 ci hanno portato ad un "lockdown economico" senza precedenti. Quando vi hanno cacciati a calci ne culo, lo hai dimenticato? Io no. Ma cosa ti credi, che abbiamo l'anello al naso? Cosa ti credi, Giorgia Churchill (in Kennedy).
E allora via allo schieramento diffamatorio al gran completo. Politici (Ovviamente), giornalisti (??????), attori (dei quali ci si era dimenticata l'esistenza) cantanti (o aspiranti tali), filosofi (di primo pelo), milionari ( di soldi ma poveri di cervello) e tutta la fragaglia disposta a contraddire tutti (virologi comunisti, scienziati comunisti, epidemiologi comunisti). I neo "tuttologi", i neo "so tutto io". Rigorosamente anticomunisti.
E ancora, facciamo casino, inventiamoci cose, diciamo più fregnacce possibili. Se su cento ci credono in venti o trenta, è pur sempre un successo.
Titolare in prima pagina che i provvedimenti del governo sono un disastro e se lo dice la stampa ........molti ci crederanno. "Lo ha detto la tv. Era scritto sul giornale".
E allora........" verranno anche nelle vostre case a controllarvi".
(Come sei caduto in basso, Giordano. O forse in alto non sei mai stato. Perlomeno non lo è stata la tua lingua, che, al massimo, è sempre stata all'altezza del culo dei tuoi padroni. Ma ogni tanto, uno scatto d'orgoglio, no eh?).
"Verranno a sorpresa, senza neanche citofonare".
Noi almeno quando andiamo nelle case altrui, "citofoniamo". Educatamente.
Anche per fare l'amore vi dovete mettere la mascherina. No, non lì, davanti al naso e alla bocca. Lì si mette un'altra cosa, ma serve contro un'altra malattia.
Questi dilettanti allo sbaraglio.
Cosa importa se all'estero dicono che l'Italia è il paese che ha gestito meglio l'epidemia e che, guarda caso, abbiamo la peggiore stampa del mondo occidentale e anche oltre. Forse leggermente più libera di quella Corea del Nord (proprio da vantarsene). Cosa capiscono all'estero? Non sarà, per caso, che prima pensavano che il prototipo dell'italiano medio fosse Berlusconi, adesso hanno cominciato a capire che, invece, l'italiano è un tantino diverso, un tantino più perbene, un tantino più serio?
Che ne sa la gente di queste cose? Chi glielo dovrebbe dire, noi? Appunto. Non lo sapranno mai.
La stampa siamo noi. Diciamo loro che il governo è comunista (sempre a cinque stelle) e che i comunisti, e adesso anche i grillini, mangiano i bambini. E anche le mamme. I papà no, sono un po' duri e alquanto indigesti. Tanto molti ci credono davvero. Lo abbiamo detto noi. Noi che siamo l'informazione. E decidiamo noi quello che è giusto e quello che è sbagliato.
" La mascherina comunista non la indossiamo non serve a noi di destra. Il virus colpisce solo i comunisti. Noi siamo immuni".
Aumentano i contagi? Tutta colpa del governo. Di questi dilettanti allo sbaraglio. Noi si che siamo dei professionisti. Siamo in politica da decenni. Andate a vedere quello che abbiamo fatto per il Paese. Se avessero fatto come dicevamo noi, il virus si sarebbe "decomunistizzato", magari si sarrebbe rasato i capelli a zero al grido di "Eia eia, alala' e sarebbe stato inerme. Come il fascismo".

martedì 1 settembre 2020

Sciagura-Conte: manca solo che la destra gridi ai caschi blu. - Antonio Padellaro

Star del giornalismo: «Io e altri centinaia di reporter al soldo della Cia»  - Popoff Quotidiano
Alcuni titoli de La Verità di ieri 31 agosto. “Sapevano tutto già dal 12 febbraio. Ma non hanno fermato l’epidemia”. “È ufficiale il flop del bonus vacanze”. “I banchi con le rotelle? Ora si scopre che sono fuori legge”. “L’ultimo disastro del ministro Azzolina. Altro che vittima, è solo una incapace”. “La strage delle scuole paritarie. Gli aiuti del governo sono briciole”. “Ogni Vip una Ong. Risultato? Sbarchi e morti”. “Bellanova come la grandine: vendemmia a rischio”. Alcuni titoli di Libero: “La carica dei cinquecento. Immigrazione senza freni: siamo invasi”. “Tra i migranti il virus circola più in fretta. Positivo il 4% degli extracomunitari sottoposto a test. Tra gli italiani la media è 1,4%. Ma l’esecutivo nega tutto”. “Ministro sul binario morto. La De Micheli sbanda: ormai ha perso la bussola”. Alcuni titoli de Il Giornale: “Ancora una strage buonista. Esplode un veliero di migranti”. “Gualtieri copia Visco: a rischio la flat tax. Nel mirino le partite Iva”.
Non mi permetto di criticare le scelte di professionisti affermati come Maurizio Belpietro, Vittorio Feltri, Pietro Senaldi, Alessandro Sallusti. La questione semmai riguarda il giudizio sull’attività di governo da parte dei quotidiani d’opposizione più diffusi, che sono (o dovrebbero essere) lo specchio della pubblica opinione più radicata a destra. Per essi, e non da oggi, questo è un governo dove non si salva niente e nessuno, composto da un’accozzaglia di ministri colpevolmente incapaci, inetti, maldestri, incompetenti, superficiali, che agiscono nell’illegalità, che fanno danni peggio della grandine e delle cavallette, che gestiscono l’immigrazione a livelli criminali, degli stragisti per caso, e forse anche dei potenziali assassini. Ma se fosse davvero questa la realtà dei fatti cosa si aspetta a chiedere l’intervento dei Caschi blu dell’Onu? Al confronto il dittatore della Bielorussia è Abramo Lincoln. Quando, qualche tempo fa, mi azzardai a scrivere che a mia memoria nessun premier come Giuseppe Conte aveva ricevuto un trattamento così risolutamente ostile da parte della maggior parte dell’informazione cartacea e televisiva c’è chi saltò su: forse Silvio Berlusconi non era stato maltrattato dalla sinistra assai peggio? Vero, ma con la differenza che, a parte le numerose pendenze giudiziarie, Sua Emittenza aveva quasi tutti i media, e soprattutto le tv, ai suoi piedi (il famoso conflitto d’interessi). Onestamente, si può dire lo stesso dell’attuale presidente del Consiglio? E dunque mi asterrò dal sottolineare che il capo di questa presunta banda di incapaci e malfattori nei sondaggi riscuote, ancora e malgrado tutto, il 60% di gradimento popolare. La risposta la conosco già (vedi Salvini e Meloni): è chiaramente un consenso frutto della paura dopo che ha terrorizzato gli italiani con l’uso politico del virus. E qui alzo le mani.

venerdì 24 luglio 2020

Fratelli di Poltrona. - Tommaso Merlo



La destra italiana si è spaccata anche sul Recovery Fund. Gli europarlamentari della Meloni e di Salvini si sono astenuti a Bruxelles. Se i soldi li avessero trovati loro avrebbero marciato su Roma per celebrare il trionfo, ma i soldi li ha trovati quel maledetto Conte reo tra le altre cose d’impedirgli di abbuffarsi di poltrone. Stando ai sondaggi la Meloni è quella che gode di migliore salute nella destra nostrana. Al punto che certi benpensanti hanno iniziato a spargere incenso nonostante la bolla meloniana si stia gonfiando più per demeriti altrui che altro. Berlusconi è in uno stato di decomposizione politica ormai avanzato mentre la renzite di Salvini peggiora a vista d’occhio. Se continua di questo passo il leader padano rischia di ritrovarsi sul prato di Pontida con la camicia verde e un elmo da vichingo in testa prima del previsto. Ma certi benpensanti non demordono e dipingono la Meloni come una novità nonostante faccia politica dalla notte dei tempi e tra le perle della sua biblica carriera spicchi quella come ministra di Berlusconi. 

Un governo che passerà alla storia come una delle pagine più aberranti della nostra democrazia. Ma c’è di più. La Meloni viene dipinta come più competente di Salvini solo perché leggiucchia qualcosina prima di aprire bocca e non gli dà fiato a vanvera come il suo alleato padano. Bella consolazione. 
A livello di stacanovismo sono invece considerati alla pari. Entrambi non si vedono in parlamento neanche col binocolo astronomico. 
Anche a livello di sensibilità legalitaria si equivalgono. Entrambi possono vantare una sterminata e variegata collezione di scandali. L’ultimo alle pendici dell’Etna. Come grazia e finezza vince nettamente Salvini in compenso la Meloni viene dipinta come più moderata del leader padano. 

Peccato che sia lei ad avere le radici nella destra dura e pura con camerati riciclati di ogni risma che ogni tanto rispuntano dalle ceneri fascistoidi. 
Chi con una divisa addosso, chi con qualche frase agghiacciante. La verità è che la Meloni ma pure Salvini devono tutto a Berlusconi che si sta trascinando il suo partito personale nella tomba e con esso quella che un tempo era la casa della destra moderata, liberale ed europeista nostrana. Una destra che esiste eccome nel nostro paese ma che da anni ormai non ha più né un leader né un partito di riferimento e quindi prima si è rifugiata da Salvini poi quando quello si è beccato la renzite ha ripiegato sulla Meloni. L’estenuante trapasso berlusconiano ha consentito ai sovranisti di avere campo libero e di lucrare comodamente sulle gravi crisi degli ultimi anni raggiungendo consensi impensabili. Un’ascesa che sembrava inarrestabile fino allo scoppio della pandemia e alla reazione storica dell’Europa che sta rendendo anacronistici i rigurgiti sovranisti e che sta strappando via il velo d’ipocrisia dietro cui la destra italiana si nasconde da troppo tempo. In Italia come in tutta Europa le destre sono almeno due come conferma la vicenda del Recovery Fund. Una sovranista che da noi ha addirittura due versioni e due leader destinati prima o poi a scornarsi a vicenda. 
Ed una seconda destra moderata che da noi vagabondeggia miseramente. A tenere insieme le destre italiane è la fame di potere e la colla del nemico comune. 
Dei veri Fratelli di Poltrona che vanno d’amore e d’accordo soprattutto sotto elezioni ma che prima o poi dovranno fare i conti coi nodi politici che li dividono. La Meloni è quella che gode di migliore salute al momento, ma la sua bolla si sta gonfiando per demeriti altrui checché ne dicano certi benpensanti. La Meloni è sovranista e per storia personale ed indole non sarà mai il leader di quella destra moderata, liberale ed europeista vittima di Berlusconi e che prima o poi anche in Italia risorgerà.

https://repubblicaeuropea.com/2020/07/24/fratelli-di-poltrona/

mercoledì 20 maggio 2020

Castigo senza delitto. - Marco Travaglio

I ministri Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Roberto Speranza, arrivano a palazzo Madama per la seduta del Senato © ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Oggi il Parlamento promette di battere il record di ridicolaggine stabilito con la mozione “Ruby nipote di Mubarak”. Infatti voterà su due mozioni di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che dicono l’una l’opposto dell’altra: quella del centrodestra lo accusa di aver fatto uscire troppa gente dalle patrie galere; quella di Più Europa (Bonino&C.) lo accusa di aver tenuto troppa gente dentro. E Italia Viva, decisiva per la loro approvazione o bocciatura, è tentata di votarne almeno una. A caso. Il fatto che l’una dia a Bonafede dello scarceratore e l’altra del carceriere è un dettaglio che non tange questi buontemponi, perché hanno letto solo il titolo. E non le motivazioni, del tutto superflue per un non-partito animato da non-idee e pieno di non-elettori. Noi siamo andati a leggere le due mozioni, scoprendo particolari davvero avvincenti.
La mozione Bonino imputa a Bonafede di non aver ancora portato “in Parlamento la riforma del processo penale”. Il che è vero, ma solo perché il ddl, pronto dal giugno 2019, fu bloccato prima da Salvini e poi da Iv. Altra accusa: “un’idea puramente afflittiva della pena”. Niente indulti né amnistie. Ora, l’ultima autorevole proposta di indulto e amnistia venne dal presidente Napolitano, d’intesa con il premier Letta, nell’ottobre 2013. E sapete chi la bloccò? L’Innominabile, neosegretario in pectore del Pd: “Sarebbero un autogol e un clamoroso errore”. La terza accusa è il decreto che “ha imposto la revisione, con effetto retroattivo” delle scarcerazioni di mafiosi: decreto appena approvato da tutta la maggioranza giallorosa, Iv compresa. La quarta accusa è “la soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio”: coerente dal pulpito boniniano, ma da quello renziano proprio no, visto che il primo a lanciare l’idea nel 2014-2015 fu l’Innominabile e poi i suoi uomini in commissione Giustizia. Quindi, se i renziani votano la mozione di Più Europa, si danno almeno quattro zappe sui piedi. Ma potrebbero pure votare la mozione Lega-Fratelli d’Italia, cui s’è subito associata Forza Italia. E qui, se possibile, si ride ancor di più. Cogliamo fior da fiore: “Bonafede ha iniziato ad accettare il principio, indimostrato e scientificamente falso, del nesso di causalità tra detenzione in carcere e contagio”. Poco sotto, oplà: “da parte del Dap, a fronte dell’emergenza sanitaria nazionale, non sono state predisposte, all’interno degli istituti, adeguate misure di prevenzione sanitaria e anti-contagio Covid-19 a tutela di detenuti, operatori e visitatori… mettendoli tutti a grave rischio della loro salute”.
Oh bella: ma se è “falso” il “nesso di causalità tra detenzione in carcere e contagio”, che bisogno c’era di “misure di prevenzione sanitaria e anti-contagio”? La verità è che le carceri sono rimaste il luogo più sicuro d’Italia (e non solo) proprio perché Bonafede e il Dap del famigerato Basentini intervennero subito con pre-triage e misuratori di febbre per detenuti e agenti, reparti isolati per i “nuovi giunti”, blocco delle visite personali (sostituite con colloqui via Skype), mancati rientri serali per i semiliberi e snellimento della Svuotacarceri di Alfano (votata nel 2010 da tutto il centrodestra) che consente di scontare ai domiciliari le pene residue di 18 mesi, con braccialetto elettronico sopra i 6 mesi, salvo per i mafiosi e condannati per altri reati gravissimi. Ma non è finita, perché i tre partiti di centrodestra rimproverano a Bonafede anche di non aver affidato il Dap a Nino Di Matteo, cioè al pm che hanno passato gli ultimi 15 anni a insultare a difesa degli imputati del processo Trattativa, da Dell’Utri a Mori (se lo amavano tanto, in gran segreto, perché non gli han proposto il Dap, anziché affidarlo all’indimenticabile Tinebra?). Ora sarebbe davvero strepitoso se i renziani votassero quel documento, visto che l’Innominabile, non più tardi di tre mesi fa, tuonò contro i magistrati che osano sospettare B. e Dell’Utri di rapporti con la mafia e con le stragi (indovinate un po’ con chi ce l’aveva). E, quando era premier, prese le proposte della commissione Gratteri-Davigo-Di Matteo sulla riforma del processo e le imboscò in un cassetto.
Ma c’è di meglio e di più: se la Bonino accusa Bonafede di ostacolare scarcerazioni, indulti e amnistie, il centrodestra lo dipinge come un furbacchione che scatena le rivolte nelle carceri “finalizzate ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti che avrebbero potuto alleggerire il carcere per gli uomini della criminalità organizzata” e poi “avanza ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi”. Infatti, quando i giudici ne mettono fuori qualche centinaio fra lo scandalo generale (anche di Iv), Bonafede fa subito un decreto per tentare di riportarli dentro (votato anche da Iv). Naturalmente il Parlamento è sovrano e ogni partito può votare come gli pare: ma sarebbe interessante sapere quale terribile delitto (a parte le leggi anticorruzione e antiprescrizione, le manette agli evasori e la riforma del voto di scambio) avrebbe commesso Bonafede per meritare un simile castigo. E, soprattutto, se sia un carceriere o uno scarceratore: che sia entrambe le cose è altamente improbabile.

mercoledì 29 aprile 2020

Golpubblica. - Marco Travaglio


Dal 25 Aprile, festa della Liberazione, il centrodestra (notoriamente privo di mezzi di comunicazione) ha un nuovo quotidiano: la Repubblica, agnellizzata da Maurizio Molinari. Chi pensava che il neodirettore avrebbe atteso un po’ prima di imprimere la svolta al giornale fondato da Scalfari, per tranquillizzare giornalisti e lettori in subbuglio dopo il brutale licenziamento di Verdelli, sbagliava. La sterzata è arrivata ieri: una fake news in copertina (“Messe, dietrofront di Conte”); la quotidiana intervista all’Innominabile, che voleva devastare la Costituzione e ora la insegna al premier; una ventina di pagine sui piagnistei di quelli che vogliono riaprire tutto subito, con tanti saluti ai morti (appena 3-400 al giorno, dunque spariti); e soprattutto la nota politica di Stefano Folli che, per la noia che emana, viene letta solo dagli addetti ai lavori, sempreché riescano ad arrivare in fondo senza cadere in catalessi. Nato a La Voce Repubblicana con Molinari e Oscar Giannino (quello che mentì sulla laurea e persino sullo Zecchino d’Oro, anche lui giornalista di centrodestra, ingaggiato dal gruppo Stampubblica e parcheggiato a Radio Capital), Folli stava al Corriere e poi al Sole 24 Ore, dov’era strenuo difensore di B. e fan del leghismo lombardo-veneto. Poi nel 2014 approdò a Repubblica, ma nessun lettore si domandò che ci facesse lì perché i pochi che leggevano i suoi arzigogolati dire-non-dire ne uscivano con la labirintite.
Ma ora il Folli liberato parla finalmente chiaro: evoca scenari da Grand Guignol e invoca un cambio non solo di governo (legittimo), ma addirittura di sistema costituzionale. L’altro giorno, con vari salti logici e storici, paragonava l’emergenza Covid che investe il mondo intero alla guerra d’Algeria che in Francia riportò al potere il generale De Gaulle. E augurava all’Italia una bella svolta presidenzialista con apposito “uomo forte”, possibilmente Draghi. Ieri, con chiarezza per lui inusitata, ha optato per il golpe bianco, invitando Salvini & Meloni a prepararsi per non mancare all’appuntamento. Titolo: “Il tempo stringe per Salvini e Meloni” (entusiasmo incontenibile degli eventuali lettori nel vedere il loro giornale, che un tempo sussurrava al Pci-Pds-Ds-Pd, consigliare amorevolmente Matteo&Giorgia). Svolgimento: “Dopo la prova televisiva di domenica, è opinione diffusa che Conte si sta avviando a diventare il capro espiatorio del possibile disastro”. Di chi sia l’opinione diffusa e in quale terrazza o loggia si annidi, visto che il sondaggio Openpolis sulla prova televisiva di domenica dà l’81% pro Conte e il 16% anti, non è dato sapere.
Ma il Folli già sa che presto arriverà “l’ancora più drammatica emergenza economica. Il che pone due interrogativi”. Tenetevi forte, perché qui entriamo in una via di mezzo fra il Piano di rinascita della P2 e Vogliamo i colonnelli di Monicelli: “La crisi si aprirà secondo canali tradizionali e sarà gestita dalle forze politiche in base al rituale tipico ovvero l’insieme di protagonisti e comprimari è destinato a essere travolto da circostanze eccezionali?”. Ora sarebbe interessante sapere di quali “canali tradizionali”, “rituali tipici” e “circostanze eccezionali” stia vaneggiando. La Costituzione prevede che le crisi di governo si aprano in Parlamento, dove il capo dello Stato verifica l’esistenza di una maggioranza e, in caso contrario, indìce le elezioni. Senz’alcun cenno a circostanze eccezionali. Folli (o chi per lui) sta chiedendo qualcosa di diverso a Mattarella, in codice? Lo fa pensare il secondo interrogativo: “Nel caso in cui il bandolo della matassa fosse ancora nelle mani dei poteri riconosciuti, c’è qualcuno che già ora si prepara a gestire una stagione drammatica?”. Ecco: a quali mani, diverse da quelle dei “poteri riconosciuti” (capo dello Stato e Parlamento eletto dal popolo) il Folli vorrebbe consegnare il bandolo della matassa? La famiglia Agnelli-Elkann? La Fiat-Fca tornata a essere “la Feroce” di Pansa? La Confindustria? Una superloggia? Qualche conventicola di tecnocrati mai eletti né legittimati dal Parlamento? L’esercito? I Caschi blu? Le teste di cuoio? Le Giovani Marmotte?
“In quel caso”, scrive il (ti)gellino, “occorre aver predisposto un piano B”. Un bel piano Solo, o più probabilmente un piano Sòla: “un sentiero tendenziale verso qualche forma di unità nazionale”. Fortuna che “il Pd – incalzato da Renzi – comincia a rendersi conto che lo status quo non può durare” e bisogna “tenere sotto controllo il premier” (per fargli fare quel che vuole Folli o chi per lui). Invece, se Dio vuole, “FI è già pronta per il dopo” (qui i lettori di Rep fanno proprio la ola). Purtroppo “Salvini ha perso il piglio che aveva a suo tempo, comunque si volesse giudicarlo” (testuale), ma Zaia e Giorgetti scalpitano e “per lui il tempo stringe”, sennò si perde sul sentiero tendenziale. Meglio la Meloni, che “non esclude il confronto” e ha “carte migliori da giocare al tavolo dei futuri assetti” per evitare, Dio non voglia, che “il 14% dei sondaggi finisca in frigorifero”. Nulla è previsto, nel Risiko folliano, per quel trascurabile dettaglio del M5S, partito più votato alle ultime elezioni. Ma l’allegato 13-bis del Piano Sòla, intitolato “Gli enucleandi”, prevede per loro la deportazione nella base di Capo Marrargiu.

mercoledì 27 novembre 2019

La recita di Salvini e quei coglioni degli italiani. - Tommaso Merlo


Per conquistare i pieni poteri, Salvini si è dato una calmata e una ripulita. Quei coglioni degli italiani sono pronti a consegnarli il paese solo se tiene a bada la lingua e finge di essere più moderato. Non li deve spaventare, li deve rassicurare. Quei coglioni degli italiani vogliono finire tra le braccia di un capo forte ma benevolo che li protegga da un mondo malvagio che si ostina a cambiare. Un uomo tutto d’un pezzo che li faccia tornare indietro all’era delle ‘nazioni” rinchiudendoli dentro confini culturali e di filo spinato. Una retromarcia isolazionista e dirigista che per essere venduta a quei coglioni degli italiani ha però bisogno di una diversa strategia di marketing, di una confezione più accattivante e friendly. E così, come ogni prodotto che vuole conquistare nuove quote di mercato, Salvini rinnova il packaging. E così, come un attore che vuole conquistare un nuovo pubblico, Salvini cambia copione e costume di scena. Sorrisi, toni concilianti e perfino abiti casual chic. Per conquistare quei coglioni degli emiliani romagnoli e poi di tutta Italia. Un camuffamento divenuto necessario dopo la crisi improvvisa e l’evocazione dei pieni poteri che ha spaventato il paese, compattato i suoi oppositori e fatto nascere addirittura un governo contro di lui. E un camuffamento necessario a seguito dello scandalo russo che ha lasciato ombre neofasciste internazionali che minano la sua credibilità e quella del suo partito anche oltre confine. Un camuffamento disperato, perché Salvini fa politica da 1993, è un vecchio poltronista di professione di cui si conosce l’indole personale e le vere idee fino alla noia. Eppure i brandelli del vecchio regime sembrano abboccare alla sua nuova strategia di marketing per conquistare i pieni poteri. I giornalai di sinistra o paragonano Salvini a Mussolini facendo il suo gioco con la solita retorica comunista d’annata, oppure pensano di fermare Salvini con la satira e le battutine da bar sport. Ormai nessuno parla più dell’esperienza penosa da ministro di Salvini e dello scandalo del Metropol e ormai passano nell’indifferenza le varie cene con Parnasi e tutte le beghe di soldi su cui la Lega si ostina a non far luce. Quanto ai brandelli di destra siamo alle solite. Si sono compattati attorno al loro nuovo duce di tolla. Berlusconi è finito e in cambio di protezione anche postuma, ha schierato le sue televisioni e suoi giornali con Salvini. Mediaset è un megafono della propaganda leghista mentre i giornalini di carnevale della destra sono scatenati con la solita becera faziosità. Dopo aver ucciso il giornalismo, sono al vilipendio di cadavere. Quanto alla Rai, Salvini va in onda dalla mattina alla sera grazie alle persone che è riuscito ad infiltrare e a quelle che si sono vendute in attesa che prenda i pieni poteri. Un classico del nostro paese, quando sorge un nuovo Cialtrone all’orizzonte, le mandrie parassitarie dello stato e dell’informazione emigrano verso nuovi pascoli. Ma per conquistare i pieni poteri, Salvini alla fine ha bisogno di voti, anche di quelli più moderati e perbenisti e tradizionalisti. Per questo si è dato una calmata e una ripulita. Tornerà ad essere se stesso solo quando sarà riuscito a far abboccare quei coglioni degli italiani e conquistare quei pieni poteri che insegue da una vita.

giovedì 31 ottobre 2019

DEL PERCHÉ VINCE LA DESTRA (COMUNQUE SI CHIAMI) E DEL PERCHÉ È SCOMPARSA LA SINISTRA (COMUNQUE SI CHIAMI) - Turi Comito

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Per quasi due secoli (faccio riferimento, tanto per dare una data di inizio, alla Congiura degli eguali di Babeuf e Buonarroti e, per la data di fine, all'insediamento in Gran Bretagna della Thatcher) in Europa è circolata una idea politica potentissima: che le diseguaglianze sociali avessero fondamento nella diseguale distribuzione della ricchezza e nella conseguente difesa degli interessi di alcuni gruppi sociali rispetto alla concentrazione della ricchezza. Per cui da un lato ci stava chi quella ricchezza, e il potere che ne deriva, la controllava e dall'altro chi il potere derivante da quella ricchezza lo subiva. Queste parti erano considerate da quella idea di politica, naturalmente, tra loro in conflitto.
Se volete usare un linguaggio marxista, anche se non è necessario, potete dire che da un lato ci stavano i capitalisti e dall'altro i proletari. Per pura comodità di esposizione possiamo chiamare "classe" da un lato l'insieme di individui che possedevano capitale, ricchezza e potere e dall'altro chi possedeva poco o punto di tutto questo ma possedeva la forza lavoro.
I movimenti politici del XIX secolo più o meno rivoluzionari più o meno riformisti (non solo marxisti, non solo anarchici, non solo "utopisti") hanno tutti condiviso questa impostazione di base e si sono incaricati, ciascuno a modo suo, di trovare una maniera per ridurre o addirittura liquidare le enormi differenze di ricchezza che esistevano nelle società europee moderne giustamente chiamate società capitaliste.
Dal conflitto tra capitalisti e proletari - non risolto dal fascismo o dalla rivoluzione leninista - sono nate le società cosidette di Welfare. Prima (anni 20/30 del 900 nei paesi scandinavi), poi, nel secondo dopoguerra, in tutti i paesi dell'Europa occidentale.
Ad un certo punto della storia (fine anni 70) questa idea (cioè l'idea del conflitto tra classi) si logora, si indebolisce e, infine, muore. Perché? Perché viene sostituita da un'altra idea potentissima (e vecchissima allo stesso tempo).
E cioè che non esiste il conflitto tra classi, che non è vero che la diseguale distribuzione di ricchezza produce malessere sociale, sfruttamento, marginalità, ecc. Anzi, la diseguale distribuzione della ricchezza produce più ricchezza per tutti: per chi ne ha già e per chi non ne ha. Il conflitto tra capitale e lavoro è una assurdità. Poiché senza il capitalista (imprenditore creativo) il proletario (un fessacchiotto solo buono ad avvitare bulloni nella catena di montaggio) non ha lavoro e dunque neppure quel minimo di ricchezza che gli consentirà di vivere. La società perfetta è perciò quella in cui le classi collaborano, in cui ciascuno fa del suo meglio per accrescere la ricchezza complessiva della società, sapendo che più cresce la ricchezza complessiva più ciascuno starà meglio.
Questa idea è ormai radicatissima, praticamente inespugnabile, malgrado i fatti la contraddicano in continuazione. Un esempio per tutti: in questi anni di crisi (ormai dieci) la concentrazione di ricchezza in tutti i paesi europei è aumentata a dismisura mentre la povertà non si è affatto ridotta e anzi si è allargata a fasce sociali prima non contigue con quelle più marginali (non ho tempo né voglia di darvi qui le fonti: cercatevele se non ci credete, le troverete facilissimamente).
Ora, la domanda è: come è possibile che l'idea politica del conflitto tra classi - che ha generato, dentro le istituzioni democratiche, livelli di benessere sociale mai visti prima - sia morta mentre quella della collaborazione tra classi (malgrado sia falsa) sopravviva e domini senza alcun contrasto?
Viene in mente di applicare a questa situazione una felice frase, attribuita a Steinbeck, che parlando degli Stati uniti diceva: "in america non esiste il movimento socialista perché i poveri si considerano ricchi momentaneamente in difficoltà".
L'americanizzazione dell'Europa sta in questo: nell'avere espugnato dalla società e dalla politica l'idea del conflitto di classe e di averla sostituita con l'idea della felice collaborazione tra classi.
Si è passati dunque, nel giro di qualche decennio, dal considerare il capitalista un avversario di classe (addirittura un "nemico" per i più rivoluzionari) al considerarlo il benefattore che ti dà reddito, lavoro e soldini per comprare - a rate - l'iPhone.
Come si sia arrivati a questo credo non sia difficile da spiegare. Il capitalismo del secondo dopoguerra è un capitalismo dal volto umano. Ha due caratteristiche principali: è regolato dallo Stato in maniera pesante e produce, al massimo grado e più di quanto non abbia mai fatto prima, consumismo. Nazionalizzazioni, regolamentazione statalista delle industrie considerate "strategiche", costituzionalizzazione del sindacalismo e dei diritti sociali, regole che modificano fortemente le logiche classiche del mercato (si pensi allo Statuto dei lavoratori), pesante tassazione dei redditi elevati (redistribuzione della ricchezza) sono tutti elementi che si intrecciano fortemente con un capitalismo che offre sempre più beni di consumo a poco prezzo e sempre più "truccati" da status symbol. Tutto questo produce un effetto sociale, e quindi politico, non trascurabile: il proletario, lo sfruttato dal capitale, comincia seriamente a pensare non solo di non essere sfruttato ma di essere al centro degli interessi del capitale stesso. Non si sente manco più proletario (perde, secondo il linguaggio marxista, la "coscienza di classe") e si considera un'altra cosa. Non sa bene cosa ma non più uno sfruttato dal capitale visto che gode di una serie di diritti fino a pochi anni prima inimmaginabili (sciopero, assegni familiari, pensione, ferie e malattia pagate, bonus extra contratto collettivo, ecc. ecc.). Velocemente il proletario abbastanza ben pasciuto acquisisce una collateralità e poi una piena identificazione con quel ceto medio piccolo borghese che storicamente mai è stato di sinistra, mai ha creduto nel conflitto tra classi, mai ha pensato, non dico di rivoluzionare il capitalismo, ma neppure di riformarlo.

Se così stanno le cose - e per me non ci sono santi: stanno così - mi pare del tutto ovvio che non ci sia spazio, in politica, per chi ripete la vecchia storia del conflitto tra classi. C'è spazio invece per tutto il resto: per il liberismo, per il social-liberismo (liberismo + qualche ammortizzatore sociale), per il corporativismo (fascista e non), per il sovranismo (nazionalismo liberista/corporativista), per il qualunquismo (1) e per ogni altra cosa vi possa passare per la mente. Tutto tranne qualunque cosa che, anche timidamente, cerchi di ricordare che il conflitto tra classi esiste e che la collaborazione tra classi ha solo un effetto: rafforzare all'infinito la classe dominante.
Se questo è vero - e per me, anche stavolta, non ci sono santi: è vero - è inutile ripetere la tiritera (che tanti in questi anni, mesi, giorni, raccontano come pappagallini ammaestrati) che in Italia la "sinistra" non ha progetti, non ha idee, non ha programmi, non ha partiti in grado di opporsi alle destre.
E' semplicemente falso.
Ci sono millemila partiti di sinistra (dai marx-leninisti puri e duri che impugnano falce e martello pure al cesso, agli utopisti di PaP, ai tiepidissimi socialdemocratici di LeU) che continuano ad offrire piattaforme che si rifanno alla idea del conflitto sociale. C'è solo l'imbarazzo della scelta. Il fatto è che non li vota nessuno, non li segue nessuno, non li ascolta nessuno.
Perché? Perché nessuno crede più all'idea di conflitto di classe. E non perché quei partiti dicano scemenze (o solo scemenze) ma perché la società nella quale viviamo si è trasformata radicalmente (antropologicamente, diceva Pasolini) e domina un sentimento universale di opportunismo qualunquista che io, per mia comodità personale, chiamo piccolo-borghesismo. Un sentimento che fa ritenere, per esempio, al sottoproletario urbano di essere un benestante borghese perché ha in mano (non importa come lo ha ottenuto) un iphone e siede accanto al suo tavolo in un pub a bere una birretta.
Dalla parte opposta, a destra, invece viene votata - con una tranquillità che fa impressione - qualunque cosa a seconda degli umori del momento. Berlusconi, il Pd, la Lega, il M5S, qualunque cosa, insomma, non faccia più, manco per scherzo, riferimento all'idea del conflitto di classe. E dire che di cazzate immani, di stronzate intellettualmente infime e ridicole e razziste e pericolose e delinquenziali ed eversive, questi partiti ne dicono e ne fanno ben più di qualunque partitello di sinistra radicalissima.

A me la situazione pare questa. E me ne convinco sempre più che sia questa perché altrimenti non mi spiego il continuo successo delle destre comunque si chiamino e chiunque ne sia leader da un trentennio a questa parte (e non solo in Italia).
E fino a che non resuscita, per un qualche miracolo, l'idea del conflitto tra classi è inutile perdere tempo a schiamazzare sul fatto che in Umbria (in Sardegna, in Basilicata e ovunque) vinca la Lega e perda il Pd perché corrotto. E' una cazzata inaudita.
Il Pd perde perché non interpreta bene la voglia di destra radicale che circola nel paese. La corruzione non c'entra una minchia. Altrimenti non si voterebbe un partito che ha fatto sparire 49 milioni di euro di finanziamento pubblico. E non c'entra manco la questione dell'immigrazione: ché non mi pare che il PD abbia abolito, ora che è al governo, i decreti salvini. C'entra molto di più, invece, la questione della Flat Tax ad esempio, che tutti vogliono e desiderano come la panacea di tutti i mali. O l'altra questione pompata ad arte dai media: quella di ripristinare l'ordine sociale manomesso e sovvertito dalla crescente (altra stupidaggine) criminalità e microcriminalità.
Il fatto è che questa crisi, questo capitalismo libero dalla zavorra ideologica del conflitto di classe, ha prodotto milionate di incertezze ancora prima che milionate di disoccupati, sotto occupati ed emigrati. C'è una società in cui ogni cosa che sembrava eterna (il posto fisso, la casa di proprietà e quella di villeggiatura, la pensione, l'ascensore sociale dei titoli di studio, ecc.) si è sfarinata.
E alle incertezze si risponde con le certezze. In una politica fatta di spettacolo e di talk show vince chi ne offre di più. La Lega offre certezze, l'altra destra, quella social-liberista, offre dubbi, tentennamenti, distinguo (anche se poi fa le stesse cose della destra liberista: chi ha snaturato lo Statuto dei lavoratori? Berlusconi o Salvini? No, Renzi e il PD).
Il piccolo borghese in difficoltà non ama i dubbi e non ama chi li propone, ama le certezze e i capi.
Questo piccolo borghese adesso tutto patria e sovranità, tutto trumpista anti mondializzazione è lo stesso piccolo borghese intellettualmente mefitico e qualunquista che quando a Genova la polizia pestava a sangue e torturava i no-global non stava dalla parte di questi: stava dalla parte di chi le cariche di polizia le ordinava. A quei tempi, il sovranista nazionalista di oggi, era mondialista.
Fa schifo questa cosa, vero?
Eppure è così, ne conoscete tanti di questi qua. Ci lavorate accanto, ci andate a passeggio, ci parlate ogni giorno al bar.
Forse siete così anche voi.
Nulla di grave se è così.
Anzi, rallegratevene: siete ormai la maggioranza.
Vincerete voi.
Da noi, che crediamo ancora qualcosa che assomigli all'idea di conflitto di classe, non avete nulla più da temere.
Noi da voi sì.

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(1) per capirci: liberismo=forza italia, social-liberismo=PD/Renzi, corporativismo=fratelli d'Italia, sovranismo=Lega, qualunquismo=M5S.


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