Visualizzazione post con etichetta virus. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta virus. Mostra tutti i post

venerdì 23 settembre 2022

Così il virus dell’herpes può sconfiggere il cancro: i risultati promettenti nello studio clinico in fase iniziale.

 

Nonostante i test sull’uomo siano cominciati da poco i tassi di risposta sono eccezionalmente positivi. 

Arriva dal Regno Unito la notizia di nuovo tipo di terapia contro il cancro. Quest’ultima si avvarrebbe di una forma indebolita del virus dell’herpes labiale, l’herpes simplex, per infettare e distruggere le cellule dannose. Nonostante saranno necessari studi più ampi e più lunghi, la Bbc parla di risultati molto promettenti nei primi test sull’uomo: il cancro di un paziente è scomparso, mentre altri hanno visto i loro tumori ridursi. Il 39enne Krzysztof Wojkowski, a cui nel 2017 era stato diagnosticato un cancro alle ghiandole salivari, ha per esempio deciso di prendere parte allo studio di fase uno sulla sicurezza in corso, condotto dall’Institute of Cancer Research presso il Royal Marsden NHS Foundation Trust. Un breve ciclo di terapia del virus, a base di iniezioni ogni due settimane, sembra aver eliminato il suo cancro.

Risultati promettenti.

Le iniezioni, praticate direttamente nel tumore, agirebbero in due modi: invadendo le cellule cancerose e facendole scoppiare, e attivando parallelamente il sistema immunitario. Circa 40 pazienti hanno provato il trattamento come parte dello studio. Ad alcuni è stata somministrata l’iniezione del virus, chiamata RP2, da sola. Altri hanno anche ricevuto un altro farmaco antitumorale, chiamato nivolumab. I risultati mostrano che 3 pazienti su 9 trattati solo con RP2, incluso Krzysztof, hanno visto i loro tumori ridursi. Anche sette su 30 che avevano ricevuto un trattamento combinato sembravano trarne beneficio. Gli effetti collaterali, come la stanchezza, sono stati generalmente lievi. «È raro vedere tassi di risposta così buoni negli studi clinici in fase iniziale», ha dichiarato il professor Kevin Harrington, a capo della ricerca.

https://www.open.online/2022/09/23/regno-unito-studio-herpes-cancro/

venerdì 25 giugno 2021

Covid, trovate le sequenze cancellate del virus. - Adele Lapertosa

In arancione le particelle del virus SarsCoV2 (fonte: NIAID)

 Risalgono all'inizio dell'epidemia.

Nuovo colpo di scena nella ricerca delle origini del SarsCov2: il ricercatore americano Jesse Bloom, del Fred Hutchinson Cancer Research Center, ha identificato dati che contengono sequenze del virus che risalgono all'inizio dell'epidemia di Covid-19 a Wuhan e che erano state rimosse deliberatamente dall'archivio delle sequenze dei National Institute of Health (Nih) americani.

Il ricercatore, come si legge su Biorxiv (che raccoglie gli articoli non ancora vagliati dalla comunità scientifica) e anche sul sito della rivista Science, ha recuperato i file cancellati da Google Cloud e ricostruito le sequenze parziali di 13 virus dei primi tempi dell'epidemia.

Secondo Bloom un gruppo di ricercatori cinesi avrebbe raccolto campioni di virus dai primi malati di Covid-19 a Wuhan, pubblicato le sequenze virali sulla banca dati americana Sequence Read Archive e le avrebbe rimosse qualche mese più tardi "per oscurarne l'esistenza". Bloom dice di aver chiesto ai ricercatori cinesi dell'ospedale universitario Renmin di Wuhan il perché della rimozione dei dati dal database americano, senza pero' ottenere risposta, mentre il Nih ha appena pubblicato una dichiarazione in cui spiega che le sequenze sono state rimosse su richiesta del ricercatore cinese, che aveva spiegato che le informazioni sulle sequenze erano state aggiornate e sarebbero state pubblicate su un'altra banca dati.

Per alcuni ricercatori, si legge sul sito della rivista Science, queste affermazioni rinforzano i sospetti sul fatto che la Cina abbia qualcosa da nascondere sulle origini della pandemia, mentre per molti altri fanno molto rumore per nulla, perché i ricercatori cinesi hanno pubblicato piú tardi le informazioni sul virus in una forma diversa e le sequenze di virus ora recuperate aggiungono ben poco a ciò che giá si sa sulle origini di questo coronavirus.

Lo stesso Bloom ammette che queste nuove sequenze virali sono un piccolo tassello di un puzzle molto piú grande ancora non completo, ma senz'altro aggiungono "prove ulteriori che il virus stesse circolando a Wuhan prima di dicembre".

Broccolo, nessun motivo scientifico per rimuovere delle sequenze
"Non vi è alcun motivo scientifico per rimuovere da una bancadati delle sequenze di virus giá depositate": cosí Francesco Broccolo, virologo dell'Università Bicocca di Milano, commenta all'ANSA lo studio di un ricercatore americano che avrebbe ricostruito 13 sequenze del virus SarsCov2 delle prime fasi dell'epidemia a Wuhan, pubblicate e poi rimosse da ricercatori cinesi su un database americano.

"Il ritrovamento delle sequenze di SarsCov2 depositate e poi omesse getta sempre piú dubbi sull'origine naturale di questo virus nel mercato del pesce", precisa. Le 13 sequenze ricostruite dal ricercatore americano "presentano delle mutazioni che rendono il virus molto piú somigliante al coronavirus del pipistrello e invece non sono presenti nel SarsCov2 che si è diffuso successivamente con l'epidemia - continua - perché dunque sono state rimosse queste sequenze? Sembra che non si voglia far capire che l'origine del virus sia nel pipistrello". Nel laboratorio di virologia di Wuhan "da quasi un anno si lavorava sul coronavirus del pipistrello".

E' possibile, secondo l'ipotesi avanzata da Broccolo, "che in laboratorio si sia 'forzato' l'isolamento del coronavirus del pipistrello su colture di cellule umane. In questo modo il virus sarebbe mutato in modo tale da riuscire a entrare nelle cellule umane. In altre parole si sarebbe provocato, non intenzionalmente, un salto di specie o spillover artificiale. Una volta che il virus ha acquisito queste caratteristiche, è possibile che magari un tecnico di laboratorio sia rimasto contagiato".

Le 13 sequenze virali rimosse sarebbero una sorta di "variante-ponte" tra il coronavirus del pipistrello e quello poi che si è diffuso nell'uomo. "Ripeto, è una mia ipotesi - conclude - ma non vi sono motivi scientifici per rimuovere delle sequenze da una bancadati, se non quella di non mostrare l'origine del virus".

ANSA

martedì 25 maggio 2021

Covid-19 meno grave grazie ai vaccini: ora la sfida è bloccare il virus. - di M.T. Island

 

Non è tutto finito, non dobbiamo commettere lo stesso errore della scorsa estate. I vaccini stanno mettendo in protezione gli over 60, dove si concentrava la maggioranza dei casi gravi e dei decessi, ma resta molta strada da fare. Il secondo obiettivo da centrare è la riduzione della circolazione del virus in tutta la popolazione: e non sarà facile, come dimostra il caso inglese dove i contagi, nonostante le vaccinazioni, si sono di fatto stabilizzati da oltre un mese. Alcuni dei risultati finora raggiunti possono essere valutati con una doppia chiave di lettura, positiva o negativa, a seconda di quale punto di riferimento si voglia utilizzare: il picco delle fasi epidemiche, oppure l’obiettivo ideale da raggiungere per mettere la Covid-19 davvero sotto controllo. Insomma, le cose vanno meglio, anzi molto meglio rispetto al passato. Ma sarebbe un errore imperdonabile affidarsi solo ai vaccini, trascurando le altre misure che restano indispensabili per arrivare all'obiettivo finale: tornare a una vita davvero normale, senza colori o limitazioni di sorta.

La fase attuale dell'epidemia.

Iniziamo come sempre la nostra analisi facendo il punto sulla situazione della Covid-19 in Italia. Utilizzeremo i dati dell'ultima settimana epidemiologica completa (15-21 maggio) per assorbire le oscillazioni giornaliere che spesso dipendono da fattori che si ripetono ciclicamente: per esempio il calo dei test e di conseguenza dei positivi rilevati durante i weekend. A livello nazionale i nuovi casi sono stati 36.754, con un calo di 17.244 unità (-31,9%) rispetto ai 53.998 del periodo precedente (8-14 maggio). La media giornaliera dei positivi rilevati scende da 7.714 a 5.250, e si avvicina sensibilmente al valore soglia indicato dall'Istituto superiore di Sanità (4.311, ovvero 50 casi alla settimana per 100.000 abitanti) come punto di svolta per la ripresa in piena efficienza delle attività di tracciamento sul territorio. Si tratta del primo obiettivo da centrare senza indugi, perché un'epidemia viene messa sotto controllo solo quando il contact tracing riesce a gestire il numero dei casi rilevati: ovvero quando, oltre a rilevare il maggior numero possibile di individui infettati, riesce a ricostruire i contatti (e possibilmente i contatti dei contatti) isolandoli per il necessario periodo di osservazione (per la Covid-19 due settimane). Che si stia avvicinando questo importante traguardo è testimoniato anche dall'ultimo Report esteso dell'Iss, che rileva come nell'ultima settimana il 33,7% dei positivi sia stato rilevato grazie alle attività di contact tracing, superando il 31,2% dei positivi individuati e testati perché sintomatici. Questa inversione dei valori si verifica dopo mesi nei quali si osservava una chiara prevalenza dei test eseguiti sui soggetti con sintomi: una condizione che riflette non solo l'alta circolazione del virus sul territorio, ma anche l’impossibilità di avere un approccio mirato al tracciamento dei contatti. Quando invece prevalgono le positività riscontrate grazie al contact tracing significa che la rete di sorveglianza può lavorare al meglio, individuando i soggetti infettati e impedendo al virus di sfruttare il classico effetto moltiplicatore riflesso da valori crescenti di Rt. Tornando ai dati dell'ultima settimana epidemiologica è anche importante rilevare come stia scendendo in modo consistente il numero dei nuovi ingressi in terapia intensiva: 468 tra il 15 e il 21 maggio, con un calo del 29,5% dai 664 della settimana precedente, ma soprattutto del 75,2% rispetto al massimo di 1.892 registrato nella settimana epidemiologica 13-19 marzo, nel corso della terza fase espansiva del contagio. I dati inducono a un attento, se non cauto, ottimismo anche se valutati a livello regionale. In particolare considerando le Regioni che abbiamo monitorato in modo costante negli ultimi mesi in quanto “motore” principale della fase di crescita delle infezioni: sempre nel periodo 15-21 maggio in Lombardia, della quale occorre valutare i numeri considerando che rappresenta da sola un sesto della popolazione italiana, i nuovi casi sono stati 6.009, in calo del 25,2% sugli 8.035 della settimana precedente; in Campania 5.001 (-37,9% da 8.055); in Veneto 1.999 (-34,0% da 3.031) e in Emilia Romagna 2.859 (-30,7% da 4.130). Oltre ai valori assoluti, che non permettono una valutazione comparata tra aree geografiche diversamente popolate, è importante considerare i numeri visti in precedenza in rapporto alla popolazione residente: al primo posto si trova la Campania con 87,7 nuovi casi per 100.000 abitanti, seguita da Emilia Romagna (64,9 casi per 100.000), Lombardia (60,0) e Veneto (41,6).

Test in calo, un errore da non ripetere.

Ai dati positivi che abbiamo appena visto si accostano, purtroppo, quelli negativi sul fronte dei test eseguiti: il massimo è stato registrato nella settimana epidemiologica 10-16 aprile, con il numero record di 2.051.720 tamponi. Da lì è iniziata una fase di riduzione: dapprima moderata (-0,9% sia nella settimana 17-23 aprile, sia in quella 24-30 aprile), poi via via più consistente con il -3,0% del periodo 1-7maggio e il -4,0% di quello 8-14 maggio. Per arrivare fino al -9,9% dell'ultima settimana. Il calo cumulato, dal momento di picco, raggiunge ormai il 17,7%.La strategia di riduzione dei test eseguiti, che implica una parallela e ovvia riduzione dei positivi individuati, costituisce una fin troppo intuibile scorciatoia per ottenere (o mantenere nel tempo) gli allentamenti legati al cambio di colore e della relativa fascia di rischio. E non è per nulla nuova, come abbiamo visto alla fine dello scorso anno: quando fu propedeutica non alla soluzione del problema, ma a una ripresa del contagio che sarebbe esploso tre mesi più tardi.Attualmente la situazione è diversa, grazie alla disponibilità dei vaccini: è difficile ipotizzare una nuova ondata epidemica come quelle vissute in passato (primavera ed autunno 2021, fine inverno 2021) ma non dobbiamo dimenticare che la maggior parte della popolazione è ancora priva di protezione e costituisce un bacino importante nel quale il virus può circolare in modo efficace. Ne vedremo più avanti i possibili rischi.Un altro elemento negativo, per quanto riguarda l'esecuzione dei test, è costituito dal basso numero di tamponi molecolari: che ormai rappresentano solo il 53,9% del totale a fronte di una progressiva crescita dei tamponi rapidi. Che non solo individuano meno positivi rispetto a quelli molecolari, ma in più sono del tutto inutilizzabili per il sequenziamento del materiale virale e il riconoscimento delle varianti.Per capire il rischio collegato a questa diminuzione dei test usiamo volutamente un parallelo con il Regno Unito, che entra spesso nei confronti per quanto riguarda gli allentamenti e la ripresa delle attività, molto meno in quelli sulle misure adottate per fronteggiare l'epidemia. Se utilizziamo i rispettivi dati aggregati, con i dati disponibili e consolidati possiamo confrontare la nostra ultima settimana epidemiologica con quella 14-20 maggio del Regno Unito, pur tenendo conto della differenza di popolazione (peraltro non eclatante, 66 milioni contro 60 milioni in Italia). I test totali eseguiti in Uk sono stati 6.083.150 contro 1.687.084 in Italia; i tamponi molecolari 1.800.560 contro 909.550 in Italia (le medie giornaliere sono rispettivamente 257.222 e 129.935).L'effettuazione dei test durante le fasi di allentamento delle restrizioni è una delle regole fondamentali dell'epidemiologia, e segue precise logiche che proveremo a sintetizzare di seguito. Secondo l'ultimo Report esteso dell'Iss il 16,8% dei nuovi positivi, nel periodo 3-16 maggio, è stato individuato proprio grazie alle attività di screening: in pratica 1 caso su 6, dato che pone l'accento sull'importanza di mantenere il più possibile elevato il numero dei test tampone, e non di diminuirne progressivamente il numero come invece si sta verificando da qualche settimana, in coincidenza con gli allentamenti delle restrizioni.Come abbiamo visto si tratta di una situazione purtroppo già vissuta in passato, perché meno test hanno come logica ricaduta meno positivi individuati, e quindi minori restrizioni. E ignorare i positivi è la cosa peggiore che si possa fare perché restano liberi di circolare e trasmettere il contagio.Inoltre, quando si attraversa una fase di riduzione dei casi, in assenza di numeri elevati di soggetti sintomatici da testare sono proprio le attività di screening a consentire l'individuazione (magari in modo del tutto casuale) dei soggetti positivi e asintomatici, prevenendo la formazione di focolai e cluster importanti.Esattamente come accade per altri indicatori che abbiamo imparato a conoscere, anche per i test esistono curve che si esprimono in modo differente a seconda della fase epidemica: quando il numero dei casi è molto (troppo) alto prevalgono i positivi individuati perché sintomatici; quando i contagi iniziano a calare (come in questo momento) prevalgono quelli rilevati con il contact tracing; quando i valori scendono a livelli molto bassi quelli individuati grazie alle attività di screening, sulle quali bisogna spingere al massimo per ripulire il territorio da soggetti non individuabili diversamente.Per questo motivo la riduzione in corso dei test eseguiti è un non senso dal punto di vista epidemiologico: il numero dei test dovrebbe essere almeno mantenuto costante, spostando l'attenzione dalle verifiche sui soggetti con sintomi (ora in calo) alla verifica di gruppi di popolazione individuati su base statistica e in grado di restituire una visione corretta della diffusione del contagio sul territorio. Senza trascurare l'importanza di avere a disposizione, grazie ai soli test molecolari, materiale genetico virale da esaminare per l'individuazione delle varianti: meglio se costante, sistematica e giornaliera, come accade nel Regno Unito, piuttosto che affidata a flash survey come avviene in Italia restituendo al massimo un'immagine istantanea della situazione.

Obiettivi raggiunti da raggiungere.

Il primo importante traguardo è stato quasi raggiunto, con la messa in sicurezza di una larga parte della popolazione più anziana con “almeno” una dose di vaccino: mentre scriviamo il 63,6% tra i 60 e 69 anni; il 79,5% tra 70 e 79 anni; il 90,3% tra 80 e 89 anni e il 92,7% degli over 90. Buono anche il risultato ottenuto con le doppie somministrazioni, che ormai superano l'80% nella popolazione over 80. Una situazione che ha permesso di centrare un secondo obiettivo, la forte riduzione dei ricoverati, dimezzati dal 3 al 23 maggio, e un terzo con la parallela discesa dei decessi: che nell'ultima settimana hanno registrato una media giornaliera di 152, contro i 237 della prima settimana di maggio. I vaccini agiscono in questo momento proprio sui soggetti più esposti a forme gravi della Covid-19, con oltre il 96% dei decessi concentrato tra gli over 60 da inizio epidemia. Considerando però gli obiettivi da raggiungere dobbiamo guardare le due facce della medaglia: non solo quella che ci porta a essere soddisfatti per aver già vaccinato il 35,4% della popolazione generale, un dato che non sembrava alla nostra portata solo un paio di mesi fa; ma anche l'altra, quella che ci dice come il 64,6% della popolazione sia ancora da vaccinare. Includiamo in questo numero anche le persone che hanno contratto la malattia e sviluppato anticorpi per via naturale, perché non sappiamo esattamente quanto duri la protezione indotta dall'infezione (in via cautelativa si pone un limite di circa sei mesi). Allo stesso modo possiamo guardare con molta soddisfazione alla riduzione dei nuovi casi, come abbiamo visto in precedenza ormai vicini alla soglia che permette la ripresa del tracciamento; ma non possiamo dimenticare che la circolazione del virus è tutt'ora molto sostenuta. Lo vediamo chiaramente dal confronto con i dati del maggio 2020, quando l'Italia stava attraversando una fase epidemica molto simile a quella attuale fatta di allentamenti e di una rapida riduzione delle infezioni. Un anno fa (settimana epidemiologica 18-24 maggio) i nuovi positivi erano stati 4.423, con una media giornaliera di 631; in quella 15-21 maggio 2021 sono stati 36.754, con una media giornaliera di 5.250. I vantaggi innegabili del vaccino non impediscono quindi una circolazione del virus quasi 9 volte superiore a quella dello scorso anno: lasciando spazio a una ancora possibile ripresa del contagio, anche se probabilmente non a una nuova ondata epidemica come quelle vissute in passato, ma piuttosto a una crescita progressiva soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. Motivo che dovrebbe consigliare, come del resto viene raccomandato (ma sempre meno rispettato) il mantenimento delle misure di prevenzione personali: prime fra tutte l'uso delle mascherine e il distanziamento interpersonale. Parlare di togliere le mascherine in questa fase non solo è prematuro, ma rischia di generare una percezione di eccessiva confidenza e sicurezza che potrebbe portare ad allentare ulteriormente le precauzioni quotidiane. Non dobbiamo inoltre dimenticare che più il virus circola, più si replica, più commette errori (mutazioni) nel farlo, più aumenta la probabilità che venga selezionata una variante in grado di eludere (in quel caso si spera solo parzialmente) la risposta immunitaria indotta dal vaccino. In questa fase, dove gran parte della popolazione è protetta con una singola dose, aumenta il rischio che venga selezionata proprio una variante venuta a contatto con la risposta anticorpale dei soggetti parzialmente protetti, e sopravvissuta ad essa. Ed è quindi fondamentale abbattere il più possibile il numero dei nuovi casi, riducendolo a livelli prossimi allo zero: come non siamo riusciti a fare la scorsa estate.

Il caso inglese: i nuovi positivi hanno smesso di scendere.

Che i vaccini siano una delle armi, anche se la migliore e più importante, ma non l'unica contro il Sars-CoV-2 lo possiamo vedere utilizzando di nuovo i dati del Regno Unito. Anche in questo caso non per dire che tutto va bene a prescindere, ma per prendere atto di una situazione che sta creando qualche preoccupazione oltre Manica. Nonostante il procedere rapidissimo della campagna vaccinale (il 24 maggio risultava protetto con almeno una dose il 72,3% della popolazione, con doppia dose il 43,5%) da metà aprile il numero dei nuovi casi ha smesso di scendere, passando a una fase stabile con numeri oscillanti tra 1.800 e 2.300 positivi giornalieri. Questa difficoltà nell'abbattere ulteriormente la circolazione virale, in presenza della variante indiana che è ancora allo studio per quanto riguarda le principali caratteristiche, inclusa la risposta al vaccino, ha portato alla decisione di abbreviare l'intervallo tra prima e seconda dose: dopo che proprio il Regno Unito aveva fatto da apripista nell'aumentare l'intervallo di tempo tra le due somministrazioni.

In conclusione.

1) Finalmente abbiamo a portata di mano la possibilità di controllare l'epidemia, ovvero di costringerla a muoversi secondo i nostri obiettivi invece di inseguirla come abbiamo fatto finora.
2) Abbiamo quasi raggiunto l'obiettivo di rendere la Covid-19 una patologia con effetti clinici gestibili grazie alla protezione, per quanto ancora parziale, della popolazione più anziana e quindi più esposta a forme gravi della malattia.
3) Allentare le misure di precauzione in questa fase potrebbe comportare il doppio rischio di permettere una circolazione virale sostenuta tra i giovani e di selezionare nuove varianti resistenti al vaccino grazie ai ceppi sopravvissuti a una risposta immunitaria ancora incompleta (nell'intervallo tra prima e seconda dose).
4) Il periodo estivo, con l'auspicato e auspicabile da un punto di vista economico arrivo di decine di milioni di turisti provenienti dall'estero, concentrerà ulteriormente la popolazione in alcune aree del Paese (mare, montagna, città d'arte) aumentando il problema dei controlli e la possibilità di diffusione del virus.
5) La prosecuzione di una strategia di estrema attenzione, oltre a consentire la messa in protezione di tutta la popolazione ad alto rischio, è fondamentale per abbattere la circolazione sul territorio del Sars-CoV-2. Un tema non trascurabile, come abbiamo visto dall'esempio inglese.
6) In questa fase deve essere assolutamente evitata una riduzione delle attività di tracciamento, mantenendo un alto numero di test effettuati: già oggi insufficiente, in particolare per quanto riguarda i tamponi molecolari e il conseguente sequenziamento del materiale genetico virale. Nessun liberi tutti, quindi, per almeno un po' di mesi. Dare al virus nuove opportunità proprio mentre lo stiamo battendo non sarebbe accettabile, né giustificabile. Senza dimenticare che sentirsi al sicuro perché abbiamo risolto il problema in Italia, senza curarsi degli oltre 7 miliardi di persone che abitano il pianeta, significa attuare con precisione matematica la strategia dello struzzo.

IlSole24Ore 

lunedì 26 aprile 2021

Covid: scoperto nuovo anticorpo monoclonale che protegge da virus e sue varianti.


Pubblicato studio europeo con ricercatori S. Matteo di Pavia.

È stato pubblicato sulla rivista "Nature" uno studio condotto da un team di ricercatori europei, al quale ha partecipato la Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, che ha portato allo sviluppo di un anticorpo monoclonale in grado di proteggere dalle varianti di SARS-CoV-2. La notizia è stata rilanciata dalla Commissione Europea, ente finanziatore del progetto di ricerca che attraverso il commento di Mariya Gabriel, (Commissario per l’istruzione, gioventù, sport e cultura della Comunità Europea) ha espresso molta soddisfazione per il risultato: «Grazie al lavoro dei ricercatori finanziati dall’UE, questa nuova scoperta potrebbe prevenire e trattare i casi di Covid-19, salvando delle vite».

La peculiarità di questo anticorpo monoclonale consiste nel riconoscimento contemporaneo di due diversi antigeni del virus: da qui il nome di «anticorpo bispecifico». I ricercatori hanno unito due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale e test preclinici hanno dimostrato che protegge dalle varianti di SARS-CoV-2, inclusa quella inglese. A differenza degli anticorpi che riconoscono un singolo antigene, il doppio legame degli anticorpi bispecifici riduce sensibilmente la selezione di varianti resistenti. L’anticorpo bispecifico ha elevata efficacia e caratteristiche che lo rendono un ottimo candidato per la sperimentazione clinica, con buone possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia sia nella cura di pazienti.

«L'anticorpo è stato sviluppato nell’ambito dell’attività del progetto di ricerca ATAC (Antibody Therapy Against Coronavirus), finanziato dall’European Research Council (ERC) - spiega Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare del San Matteo -. Fanno parte del consorzio di ricerca, oltre al Policlinico di Pavia, anche il Karolinska Institutet, Stoccolma in Svezia, l’Istituto di Ricerca in biomedicina di Bellinzona in Svizzera, l'Università di Braunschweig in Germania e il Joint Research Center della Commissione Europea. Ha collaborato anche la Rockfeller University di New York. Il progetto di ricerca si proponeva di sviluppare un’immunoterapia contro il Covid-19 sfruttando tre diversi approcci per massimizzare le possibilità di successo e sfruttare i vantaggi di ciascun approccio. Il primo approccio è consistito nella «immunoterapia con plasma iperimmune», sviluppato principalmente a Pavia. Il secondo approccio, «immunoterapia con gamma-globuline», è stato seguito dal Karolinka Institutet di Stoccolma. L’approccio "immunoterapia mediante anticorpi monoclonali» è stato sviluppato dalla Technische Universität Braunschweig, e dall’IRB di Bellinzona. Quest’ultimo, ha avuto successo nel generare anticorpi monoclonali umani altamente reattivi. Le caratteristiche biologiche e l’efficacia degli anticorpi monoclonali cosi prodotti sono state definite dal nostro gruppo di ricerca presso il San Matteo».

GazzettadelSud

giovedì 25 marzo 2021

Covid, un farmaco intrappola il virus bloccandone la diffusione.

 

Già usato nell'uomo, può essere sperimentato rapidamente.


E' possibile intrappolare il virus SarsCoV2 impedendogli di uscire dalle cellule infettate per diffondersi a tutti i tessuti del corpo: questo grazie a un composto naturale e ben tollerato dall'organismo umano, chiamato I3C (Indolo-3 Carbinolo), che nei primi test in provetta si è dimostrato capace di inibire gli enzimi che favoriscono l'evasione del virus. Il prodotto è già utilizzato per altri trattamenti e dunque potrebbe essere avviato rapidamente ai test clinici contro la Covid-19. Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Cell Death & Disease da un gruppo internazionale coordinato dai genetisti Giuseppe Novelli (Università di Tor Vergata, Università del Nevada) e Pier Paolo Pandolfi (Università di Torino, Università del Nevada).

Allo studio, cofinanziato dalla Fondazione Roma, hanno collaborato anche l'Ospedale Bambino Gesù di Roma, l'Istituto Spallanzani e l'Università San Raffaele di Roma, insieme a diverse istituzioni americane (Harvard, Yale, Rockfeller, NIH, Mount Sinai, Boston University), canadesi (Università di Toronto) e francesi (INSERM Parigi, Hopital Avicenne).

I ricercatori hanno identificato una classe di enzimi (E3-ubiquitin ligasi) che servono al virus SarsCoV2 per uscire dalle cellule infettate e diffondersi a tutti i tessuti dell'organismo: questi enzimi sono espressi a livelli elevati nei polmoni dei pazienti Covid e in altri tessuti infettati dal virus. In un sottogruppo di pazienti gravi sono state identificate anche delle alterazioni genetiche rare che aumentano l'attività degli enzimi favorendo l'evasione del virus infettante.

Test in vitro hanno dimostrato che questo processo può essere bloccato con il composto I3C, che dunque si candida a essere usato come antivirale da solo o in combinazione con altre terapie.

"Dobbiamo testare il farmaco in studi clinici con pazienti Covid-19 per valutare rigorosamente se può prevenire la manifestazione di sintomi gravi e potenzialmente fatali", sottolinea Novelli. "Avere opzioni per il trattamento, in particolare per i pazienti che non possono essere vaccinati, è di fondamentale importanza per salvare sempre più vite umane e contribuire a una migliore condizione e gestione della salute pubblica".

"Dobbiamo pensare a lungo termine", aggiunge Pandolfi. "I vaccini, pur essendo molto efficaci, potrebbero non esserlo più in futuro, perché il virus muta, e quindi è necessario disporre di più armi per combatterlo". In futuro "sarà importante valutare se I3C possa anche ridurre le gravissime complicazioni cliniche che molti pazienti sperimentano dopo aver superato la fase acuta dell'infezione. Questo rappresenterà un grave problema negli anni a venire, che dovremo gestire".

ANSA

giovedì 12 novembre 2020

Regioni, l’obiettivo non è fermare il virus ma far cadere Conte. - Gianni Barbacetto

 

Non è andato tutto bene. E non ne stiamo uscendo migliori. Peggiori, invece, più cinici e incattiviti. La seconda ondata ha tirato fuori il peggio dalla politica, ma anche da quella che chiamavamo società civile. I negazionisti, intendiamoci, esistono in tutto il mondo, una minoranza terrapiattista per cui il Covid è un complotto planetario di non si sa quali poteri occulti si fa sentire in varie parti del globo. Ma solo in Italia si vede un uso così cinico e al tempo stesso contraddittorio del virus per fare lotta politica. Nel primo tempo di questo teatro dell’assurdo, una composita schiera di politici, amministratori, presunti virologi, opinionisti a comando e leoni da tastiera minimizzavano il pericolo, protestavano contro le chiusure, attaccavano il governo che cercava di imporle. Sfoderando un ventaglio d’argomenti che andavano dalla negazione dell’emergenza, dal virus “clinicamente morto” (Zangrillo), “inutile chiudere tutto, gli asintomatici non sono malati” (Bassetti), fino alla solita “Milano non si ferma”, “così si uccide l’economia”. L’economia muore se si lascia tutto aperto, permettendo che la pandemia diventi un’ecatombe. Fa più danni alle attività commerciali la manica larga ora, che ci costringerà a chiudere a Natale, che non la fermezza immediata necessaria per bloccare rapidamente la progressione dell’infezione. Basta il buonsenso per capirlo: un intervento drastico, ma tempestivo (e temporaneo), può bloccare un interminabile aumento dei contagi, dei ricoveri, dei morti. Invece prevale l’ideologia e la cattiva fede. Perché l’obiettivo di molti non è fermare il virus, ma far cadere il governo. Gli errori vanno sempre denunciati, chiunque li compia. Ma anche in questa partita scatta il metodo dei due pesi e due misure: inflessibili contro gli errori e le sottovalutazioni governative, che pure ci sono, mentre non si vede la trave delle amministrazioni regionali, che hanno la competenza della sanità, anche in tempi d’emergenza. Soprattutto la Regione Lombardia ha inanellato una serie d’errori da brivido. All’impreparazione con cui ha affrontato la prima ondata della pandemia si è aggiunta la disfatta con cui ha subìto la seconda, prevedibilissima ondata (tracciamento contagi inadeguato, medici Usca per l’assistenza a domicilio insufficienti, trasporti per le scuole non rafforzati, medici tolti agli ospedali che funzionano per mandarli all’ospedale-spot in Fiera, vaccini antinfluenzali che mancano…). Tutto invisibile, a chi vuole usare il virus, i malati, i morti soltanto come arma per attaccare il governo.

Ora è scattato il secondo tempo del teatro dell’assurdo. Ormai impossibile (tranne che per una minoranza complottista) negare, minimizzare, chiedere di tenere tutto aperto: ci sono i contagi che aumentano ogni giorno, e soprattutto i ricoveri, le terapie intensive, i morti. Scatta allora l’effetto ammuina, con i sindaci (come Giuseppe Sala) e i presidenti di Regione (come Attilio Fontana) che tirano in lungo, filosofeggiano, fanno scaricabarile, aspettano che a decidere siano altri per poi attaccarli comunque. “La zona rossa? Uno schiaffo alla Lombardia”, declama Fontana. “I criteri per definire le zone? Troppo complicati”, aggiunge Sala. Milano brucia, i medici chiedono la chiusura totale e il lockdown nazionale e loro spaccano il capello in quattro, pensano ai voti dei commercianti, invece di pensare a mantenerli sani e in vita insieme ai loro clienti, cioè a tutti noi. Vorrebbero distinguere, chiudere solo qui e non lì, lasciare aperto dove ci sono meno contagi, distinguendo non solo per regione, ma per provincia, per comune, per caseggiato, la scala A chiusa, la scala B aperta. Mandano segnali, giocano con la comunicazione, cercano il consenso. Chissà se mai qualcuno chiederà loro il conto finale di comportamenti confusi, cinici, criminali.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/12/regioni-lobiettivo-non-e-fermare-il-virus-ma-far-cadere-conte/6000736/

mercoledì 21 ottobre 2020

Coronavirus, 10.874 nuovi casi con 144.737 tamponi. Quasi 800 ricoveri in 24 ore e altri 73 malati in terapia intensiva. (20 .10.2020)

 

Le tre regioni con i maggiori incrementi sono Lombardia (2.023), Piemonte (1.396) e Campania (1.312). Male anche Lazio e Liguria. I morti sono 89. Forte incremento di ospedalizzazioni con +778 in reparti Covid e +73 in terapia intensiva: si tratta, rispettivamente, dei peggiori dati dal 27 marzo (+1.276) e dal 30 marzo (+75).

Nelle ultime 24 ore sono 10.874 i nuovi casi di coronavirus accertati in Italia su 144.737 tamponi processati (87.680 i casi testati) e un rapporto del 7,5% in calo rispetto agli ultimi due giorni. Forte incremento di ospedalizzazioni con +778 in reparti Covid e +73 in terapia intensiva: si tratta, rispettivamente, dei peggiori dati dal 27 marzo (+1.276) e dal 30 marzo (+75). I morti sono 89. Le tre regioni con i maggiori incrementi sono Lombardia (2.023, di cui 1.054 in provincia di Milano e 515 in città), Piemonte (1.396) e Campania (1.312), seguite dal Lazio (1.224). Male anche la Liguria, con il nuovo record di positività in ventiquattr’ore: sono state 907. Solo due regioni hanno meno di 75 casi: Molise e Basilicata, rispettivamente con 26 e 17 contagi.

Prosegue quindi l’incremento prossimo al 100% sullo stesso giorno della settimana precedente: martedì 13 furono 5.901 i casi accertati con 112.544 tamponi. Tra lunedì e martedì di questa settimana sono 20.212 i nuovi infetti rintracciati, il 12 e 13 ottobre furono 10.520. Sette giorni fa i ricoverati con sintomi erano 5.076 e le persone in terapia intensiva 514, oggi sono 8.454 e 870. Il saldo tra ingressi-uscite fa segnare quindi un incremento di posti letto occupati negli ospedali di 3.378 unità e 356 in rianimazione.

Dall’inizio della pandemia sono 434.449 i contagiati accertati. Di questi 255.005 sono clinicamente guariti o sono stati dimessi, mentre 36.075 sono deceduti. Gli attualmente positivi sono 142.739, di cui 133.415 sono in isolamento domiciliare, mentre quasi 10mila, come detto, necessitano di assistenza in strutture sanitarie. Le regioni che fanno segnare i peggiori trend di crescita nelle ospedalizzazioni sono Lombardia (+132 in reparto e +10 in terapia intensiva), Piemonte (+154 e +1), il Lazio (66 e 12), il Veneto (63 e 7) e la Liguria con 69 persone in più ricoverate con sintomi ma due posti letto in meno occupati in terapia intensiva.

I dati regione per regione

Lombardia 2.023 – ieri 1.687
Piemonte 1.396 – 933
Emilia-Romagna 507 – 552
Veneto 490 – 402
Lazio 1.224 – 939
Campania 1.312 – 1.593
Toscana 812 – 986
Liguria 907 – 323
Puglia 295 – 321
Sicilia 574 – 362
Marche 89 – 98
Trento 94 – 79
Friuli Venezia Giulia 131 -159
Abruzzo 184 – 159
Sardegna 221 – 159
Bolzano 209 – 85
Umbria 194 – 167
Calabria 94 – 108
Valle d’Aosta 75 – 135
Basilicata 17 – 22
Molise 26 – 38

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/20/coronavirus-10-874-nuovi-casi-con-144-737-tamponi-quasi-800-ricoveri-in-24-ore-e-altri-73-malati-in-terapia-intensiva/5973305/

lunedì 19 ottobre 2020

Conte non richiude e avvisa: “Fase critica, fare la propria parte”. - Paola Zanca

 

“Non firmerò mai più un lockdown”, aveva detto Giuseppe Conte nelle ultime ore. E in effetti, non l’ha firmato.

Alle nove e mezza della sera, uscendo nel cortile di palazzo Chigi, insiste: la strategia di contenimento del virus non può essere la stessa di marzo. Perché gli ospedali sono attrezzati, i dispositivi di protezione individuali adesso ci sono, i tamponi anche. “Non abbiamo abbassato la guardia”, dice, pur ammettendo che ci sono ancora “criticità” e avvertendo che, dal punto di vista economico, qualunque cosa succeda, “non ci saranno più elargizioni a pioggia”.

Ma il vero appello lo rivolge alle persone, ricordando le regole di igiene e distanziamento, in particolare quando sono in situazioni “vulnerabili”, come dentro le mura di casa. “Dobbiamo impegnarci – è il cuore del discorso del premier – la situazione è critica, la curva dei contagi è preoccupante. Ma il governo c’è. E ognuno deve fare la sua parte”.

Pazienza se filtra già l’irritazione dei sindaci e dei governatori, consapevoli che toccherà a loro il lavoro sporco. Ieri mattina, al termine della riunione con i presidenti, era già chiarissimo lo scontro andato in scena con le ministre De Micheli (Trasporti) e Azzolina (Istruzione): la prima che ha ribadito la capienza dei mezzi pubblici all’80 per cento, la seconda che li invitava ad aprire un tavolo con i dirigenti scolastici per trovare un accordo sugli ingressi scaglionati delle scuole. “A questo punto, mentre il virus avanza – è sbottato il presidente dell’Anci Antonio Decaro – tra due settimane staremo ancora parlando di cosa fare”.

Chiuso il confronto con gli enti locali e aperto quello con la politica, sembra incredibile ma raccontano che alla fine, la litigata vera, l’abbiano fatta sulle palestre. Da una parte i dem convintissimi che fosse il caso di chiuderle perché quelle, in effetti, sono rimaste l’unico luogo chiuso in cui si sta in tanti senza indossare la mascherina. Dall’altra il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, la renziana Teresa Bellanova, ma per primo il presidente Giuseppe Conte: che non ha cuore di dire ai gestori, che hanno speso fior di euro per la messa in sicurezza degli impianti, che adesso si riabbassa la serranda. Bisogna “seguire il principio di proporzionalità”, è il mantra che ha ripetuto il premier nei vertici di questi giorni. Sulla sicurezza di palestre e piscine, ha spiegato il premier, dal Comitato tecnico scientifico sono arrivate informazioni “contrastanti”, per cui si sono presi una settimana di tempo per decidere se chiuderle o no, dopo aver verificato il rispetto dei protocolli e preannunciando già l’impegno economico per eventuali ristori.

Non si tocca invece la scuola, “le lezioni continueranno in presenza, è un asset fondamentale”, fatto salvo l’aumento della didattica digitale per le scuole superiori, per le quali è previsto anche un ulteriore scaglionamento degli ingressi – che non potranno iniziare prima delle 9 e potranno arrivare fino al pomeriggio – per alleggerire il carico dei trasporti. E alla fine, perfino la movida ha subito sì una stretta, ma ben lontana dal coprifuoco di cui pure si è discusso nei giorni scorsi: non è passata infatti nemmeno la proposta di mediazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che suggeriva un lockdown a notte fonda, tra l’1 e le sei del mattino, mentre in casa Pd si arrivava a ipotizzare la chiusura dei locali tra le 22 e le 23: si continua a stare aperti fino a mezzanotte – seppur con un limite di sei persone per tavolo – , solo l’asporto termina alle 18.

Si è buttata la patata bollente ai sindaci, per i quali è stato messo nero su bianco un potere che, va detto, avevano già: ovvero quello di chiudere – nel testo si specifica “dopo le 21” – quelle strade e quelle piazze dove di solito si formano gli assembramenti. Decisioni non popolarissime da prendere, magari, e ancora più complesse da far rispettare considerata l’arcinota carenza di forze dell’ordine a disposizione. Tanto che i sindaci hanno chiesto all’esecutivo di ripensarci: “Sarebbe un coprifuoco scaricato sulle nostre spalle”. Ma evidentemente non ci sono riusciti. Così come non è riuscito a incidere il ministro della Salute Roberto Speranza, che è “rimasto fermo sulle sue posizioni”. Che poi è un eufemismo per dire che non è per niente d’accordo con le decisioni assunte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/19/conte-non-richiude-e-avvisa-fase-critica-fare-la-propria-parte/5971064/

domenica 18 ottobre 2020

Covid, verso il nuovo dpcm. Le Regioni: "No a riduzioni di orari per i locali, sì alla Dad". Azzolina e Manfredi: "Scuole e università restino aperte".

 

Da sciogliere alcuni nodi, si tratta dai bar alle palestre. Il ministero dello Sport: "Nessuna decisione presa".

Riunione tra governo e Regioni in vista del nuovo dpcm sulle misure anticontagio da Covid.

"Abbiamo chiesto di non intervenire penalizzando ulteriormente i locali pubblici con altre riduzioni di orario". E' quanto riferisce il governatore della Liguria, Giovanni Toti e vice Presidente della Conferenza delle Regioni, che in loro rappresentanza chiede al governo "più di didattica a distanza a rotazione per i ragazzi degli ultimi anni. La Liguria già usa i bus turistici dove si può e dove è utile, ma per alleggerire i mezzi serve anche scaglionare ingressi nelle scuole e nei luoghi di lavoro".

"All'incontro di oggi abbiamo voluto che ci fossero tutti gli attori in campo, dai ministri alle Regioni, agli enti locali, per uscirne più uniti e più forti. Siamo in una fase nuova dell'emergenza sanitaria, con reti sanitarie più forti ma con tanti contagi in più e molti tamponi in più. Solo con la flessibilità e la responsabilità di tutti riusciamo a trovare soluzioni condivise. Su scuola, università e trasporti le proposte di Regioni ed enti locali sono di buon senso e vanno nella direzione auspicata da tutti noi per tutelare al massimo salute, attività scolastiche e universitarie e funzionamento delle nostre città. Chi vive le complessità quotidiane dei territori merita il massimo dell'ascolto". Lo ha detto - a quanto si apprende - il ministro per le Autonomie, Francesco Boccia durante il vertice Governo-Regioni.

"La scuola in presenza è fondamentale per tutti, dai più piccoli all'ultimo anno del secondo grado". Questa, a quanto si apprende, la posizione ribadita dalla Ministra Lucia Azzolina nel corso dell'incontro. Per le superiori una parte di didattica digitale "è già presente", ha ricordato la ministra. Sulla differenziazione degli orari le Regioni chiedono al Governo di organizzare eventuali adattamenti per le scuole di secondo grado. Passa dunque - a quanto si apprende - la linea del Ministero dell'Istruzione: nessuna misura generalizzata, ma interventi mirati, territorio per territorio, e d'intesa con dirigenti scolastici e famiglie. La Ministra ha poi chiesto che per risolvere le criticità dei trasporti "non si guardi solo a Scuola e Università. La scuola ha "già contribuito a decongestionare i trasporti. Ora si agisca anche su altri settori", dice la ministra.

Le università sono luoghi sicuri, la didattica è già al 50% a distanza, le lezioni sono controllate, con uso della mascherina e distanziamento, tutto è stato programmato con protocolli specifici e la massima attenzione, è impossibile fare di più all'università. E' quanto avrebbe detto, secondo quanto si apprende, nel corso della riunione con le Regioni, gli Enti locali e i colleghi di governo, il ministro dell'Università Gaetano Manfredi. Il ministro avrebbe fatto notare che è più sicuro fare stare in facoltà gli studenti che fuori, dove non c'è controllo nelle distanze e a volte non c'è uso di mascherine. Il ministro avrebbe fatto un appello a rafforzare al meglio la collaborazione tra le istituzioni nazionali e locali e ha chiesto risposte flessibili che consentano di contemperare le giuste richieste di sicurezza con le necessità di studio degli studenti.

"Nessuna decisione è stata presa ancora in merito alla chiusura di palestre e piscine". Fonti del ministero dello sport intervengono, sottolineando all'ANSA, "come il settore abbia affrontato ingenti spese per adeguare i propri spazi ai protocolli di sicurezza, e che nessuna evidenza scientifica denuncia focolai in relazione all'allenamento individuale nei luoghi controllati".

Il vertice notturno non scioglie i nodi, si tratta dai bar alle palestre
Orari scaglionati per la scuola; palestre chiuse; stop a bar e pub dalle 21, ai ristoranti dalle 23 o 24. Non basta un confronto lungo oltre tre ore del premier Giuseppe Conte con i capi delegazione di maggioranza e i ministri Roberto Gualtieri e Francesco Boccia, per definire le misure anti contagio da Covid che entreranno nel nuovo dpcm. Serviranno un altro confronto con le Regioni e i Comuni e una discussione finale nel governo, prima che Conte - probabilmente nella serata di oggi - annunci al Paese la nuova stretta.

Al termine di una discussione che fonti di maggioranza definiscono "assai tesa", manca una sintesi ancora su diversi aspetti, per i quali decisivo sarà il confronto con gli enti locali: dallo stop a fiere e congressi, all'ipotesi di vietare di consumare alcolici in piedi fuori dai locali dalle 18. La nuova stretta dovrebbe puntare, come suggerito anche dal Cts, sullo smart working e sullo scaglionamento degli orari delle scuole superiori, con l'ipotesi di ingresso alle 11 e una quota di didattica a distanza per alleggerire i trasporti (ma non si esclude neanche una riduzione della capienza massima degli autobus).

Dovrebbe esserci anche lo stop agli sport di contatto dilettantistici e - ma ancora non c'è certezza - la chiusura di palestre e piscine. Si punta inoltre su una spinta al tracciamento dei contagi, sollecitata dagli esperti. Continua a dividere il pacchetto delle misure anti movida e una possibile forma di "coprifuoco".

Al termine del vertice serale a Palazzo Chigi il punto di caduta sembra essere la chiusura di bar e pub alle 21, ristoranti alle 24, per non pesare su un settore già in grande sofferenza. Ma dal governo invitano alla cautela nelle indiscrezioni: c'è chi continua a spingere per misure ancora più dure, soprattutto nel weekend. E chi, come Italia viva, è contro le nuove chiusure e tiene alta la guardia: nonostante la smentita di diverse fonti di governo, i renziani non escludono che fino all'ultimo possa tornare sul tavolo l'ipotesi - da loro osteggiata - di uno stop a parrucchieri e centri estetici.

(foto:ANSA)

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/10/18/misure-contro-il-covid-nel-nuovo-dpcm-riunione-governo-regioni-_22f704d1-3918-4a7c-86b6-fccbf337300c.html

sabato 17 ottobre 2020

IL VIRUS FALCE MARTELLO E 5 STELLE. - Rino Ingarozza

 

In questi mesi di pandemia, in questi mesi strani che hanno cambiato le nostre abitudini, il nostro modo di fare e di pensare, che, in sintesi, hanno cambiato la nostra vita, abbiamo anche scoperto che esistono i virus politici, quelli di destra e quelli di sinistra. Il covid 19 e' decisamente di sinistra, anzi, direi proprio comunista, anche perché proviene dalla Cina. Un comunista anomalo perché invece di avere una stella, nel simbolo, ne ha cinque.
E allora via al derby destra contro sinistra. In mezzo, la vita o, perlomeno, la salute, di milioni di italiani.
Non si spiega atrimenti, Non va bene mai niente, quando i comunisti a cinque stelle prendono delle decisioni per contenere l'epidemia. Non c'è stata una volta, che sia una, che la destra sia stata d'accordo con le decisioni prese.
Tralascio tutti gli slogan e gli epiteti sventolati e sghignazzati perché si sanno benissimo.
Dicono "ma non hanno mai voluto ascoltare le nostre proposte".
La Meloni ha fatto un intervento alla camera, criticando, criticando e criticando e non ha mai spiegato in che modo avrebbe agito lei. È troppo facile dire "così non va bene" senza indicare un'alternativa. Ma ti è chiaro che tutta Europa sta "chiudendo" e da noi si sta facendo il possibile per non farlo? Lo capisci che se metti dei paletti, lo fai per non mettere delle travi in seguito? Lo capisci che se si fa come dici tu e quell'altro scienziato (cioè niente), si chiude subito? Cara la mia Giorgia.
E poi, ricordate quando è scoppiata la pandemia in Italia? Come avrebbero potuto ascoltarvi, se voi avete sempre detto il contrario di quello che diceva la maggioranza? Se loro dicevano che bisognava chiudere e voi dicevate di aprire con dirette Facebook o addirittura con il Colosseo come sfondo, dicendo al mondo che da noi non c'era nessuna emergenza?
Viene da pensare che il vostro fosse, ed è, una sorta di gioco per far dispetto al governo. Anche per le altre proposte. Sembrava quasi che prima ascoltavate le proposte del governo, per poi dire l'esatto contrario, sapendo benissimo che quelle proposte non sarebbero state ascoltate, per poi dire "Il governo non ci ascolta".
Strategia degna del miglior Churchill.
Matteo e Giorgia Churchill (i figli gemelli).
E poi, cara Giorgia, le ricordiamo benissimo le vostre ricette, quelle che nel 2011 ci hanno portato ad un "lockdown economico" senza precedenti. Quando vi hanno cacciati a calci ne culo, lo hai dimenticato? Io no. Ma cosa ti credi, che abbiamo l'anello al naso? Cosa ti credi, Giorgia Churchill (in Kennedy).
E allora via allo schieramento diffamatorio al gran completo. Politici (Ovviamente), giornalisti (??????), attori (dei quali ci si era dimenticata l'esistenza) cantanti (o aspiranti tali), filosofi (di primo pelo), milionari ( di soldi ma poveri di cervello) e tutta la fragaglia disposta a contraddire tutti (virologi comunisti, scienziati comunisti, epidemiologi comunisti). I neo "tuttologi", i neo "so tutto io". Rigorosamente anticomunisti.
E ancora, facciamo casino, inventiamoci cose, diciamo più fregnacce possibili. Se su cento ci credono in venti o trenta, è pur sempre un successo.
Titolare in prima pagina che i provvedimenti del governo sono un disastro e se lo dice la stampa ........molti ci crederanno. "Lo ha detto la tv. Era scritto sul giornale".
E allora........" verranno anche nelle vostre case a controllarvi".
(Come sei caduto in basso, Giordano. O forse in alto non sei mai stato. Perlomeno non lo è stata la tua lingua, che, al massimo, è sempre stata all'altezza del culo dei tuoi padroni. Ma ogni tanto, uno scatto d'orgoglio, no eh?).
"Verranno a sorpresa, senza neanche citofonare".
Noi almeno quando andiamo nelle case altrui, "citofoniamo". Educatamente.
Anche per fare l'amore vi dovete mettere la mascherina. No, non lì, davanti al naso e alla bocca. Lì si mette un'altra cosa, ma serve contro un'altra malattia.
Questi dilettanti allo sbaraglio.
Cosa importa se all'estero dicono che l'Italia è il paese che ha gestito meglio l'epidemia e che, guarda caso, abbiamo la peggiore stampa del mondo occidentale e anche oltre. Forse leggermente più libera di quella Corea del Nord (proprio da vantarsene). Cosa capiscono all'estero? Non sarà, per caso, che prima pensavano che il prototipo dell'italiano medio fosse Berlusconi, adesso hanno cominciato a capire che, invece, l'italiano è un tantino diverso, un tantino più perbene, un tantino più serio?
Che ne sa la gente di queste cose? Chi glielo dovrebbe dire, noi? Appunto. Non lo sapranno mai.
La stampa siamo noi. Diciamo loro che il governo è comunista (sempre a cinque stelle) e che i comunisti, e adesso anche i grillini, mangiano i bambini. E anche le mamme. I papà no, sono un po' duri e alquanto indigesti. Tanto molti ci credono davvero. Lo abbiamo detto noi. Noi che siamo l'informazione. E decidiamo noi quello che è giusto e quello che è sbagliato.
" La mascherina comunista non la indossiamo non serve a noi di destra. Il virus colpisce solo i comunisti. Noi siamo immuni".
Aumentano i contagi? Tutta colpa del governo. Di questi dilettanti allo sbaraglio. Noi si che siamo dei professionisti. Siamo in politica da decenni. Andate a vedere quello che abbiamo fatto per il Paese. Se avessero fatto come dicevamo noi, il virus si sarebbe "decomunistizzato", magari si sarrebbe rasato i capelli a zero al grido di "Eia eia, alala' e sarebbe stato inerme. Come il fascismo".