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mercoledì 21 ottobre 2020

Il Covid e i sindaci Presunti sceriffi, ma con indosso la stella di un altro. - Alessandro Robecchi

 

Quante cose si vengono a sapere con una pandemia in corso! Per esempio che esiste una “chat dei sindaci”, dove i primi cittadini esprimono la loro “indignazione” per quel passaggio del Dpcm che li autorizza a chiudere vie e piazze a rischio, o luoghi dove il contagio minaccia di diventare incontrollabile. Tutti frementi, e/o furibondi, e/o sbalorditi (aggiungete a piacere) nelle dichiarazioni alle agenzie. Poi, all’apparir del vero, si è visto che si trattava di un’indignazione un po’ peregrina: i sindaci molti di quei poteri ce li hanno già, ci saranno accordi con le prefetture, il ministero dell’interno, eccetera eccetera. Insomma, pare che l’incidente diplomatico governo/sindaci sia un po’ rientrato, riportato alle sue giuste dimensioni.

Eppure la cosa – i sindaci italiani che declinano la responsabilità di chiudere o limitare zone che loro per primi conoscono meglio di tutti – lascia un po’ perplessi, almeno per come ci hanno abituati i sindaci italiani che solitamente fanno una polemica contraria (cioè vogliono decidere di più, non di meno). Anche se si tratta di archeologia politica, forse qualcuno ricorderà i decreti Maroni del 2008, che davano ai sindaci la possibilità di deliberare in modo “creativo” su tutto e tutti. Fu una specie di meravigliosa ordalia della cazzata: kebab vietati se non c’erano corrispondenti dosi di polenta, parchi frequentabili in non più di due persone, divieti tra i più assurdi e grotteschi. Prima che la Corte Costituzionale facesse a pezzi quelle leggi, l’entusiasmo per i sindaci sceriffi, sfiorò l’apice assoluto, il sindaco divenne una specie di legislatore superiore, un crociato del decoro, un poeta del divieto estemporaneo (spesso totalmente cretino). Stupisce quindi vederli ora, in situazione d’emergenza, storcere il naso (di più “indignarsi in chat”) davanti a nuovi poteri che gli verrebbero concessi. Probabile che i sindaci pensino più all’elettorato che a tutto il resto, e dire al barista che deve chiudere, o a un quartiere che deve spegnersi due ore prima, non è che porta molti voti, meglio che glielo dica il governo. Insomma, sceriffi, ma con la stella di un altro, ecco. Fa specie, solo per fare un caso, vedere il sindaco di Firenze Nardella dolersi che gli vengano dati poteri di controllo del territorio, proprio lui che si vantava di installare più telecamere di tutti.

In più, il Paese dei sindaci, dove periodicamente si alza qualche bel tomo a dire che ci vuole “il sindaco d’Italia”, ci ha abituato a un culto locale della personalità, per cui molti sindaci giocano la loro partita politica o personale. Vero che a virus inoltrato questo ruolo da protagonisti è stato usurpato dai governatori (si pensi a De Luca, o a Zaia Superstar, o al pasticcione della Lombardia), ma anche vero che i sindaci potranno ora riprendersi la scena. Bene, se questo garantirà decisioni rapide, efficaci e tempestive, dopotutto se c’è pericolo in via Pincopallino lo sa per primo il sindaco, non il ministro dell’Interno. Male, invece, se ricomincerà il valzer delle vanità, della visibilità, della gara mediatica, del chi la spara più grossa. Probabilmente assisteremo a un’impennata delle cronache locali, con i sindaci intenti a usare l’arte del bilanciamento: ora ottimisti-aperturisti (Hurrà! Si riparte!), ora allarmisti-chiusuristi (Tutti a casa!) a seconda del bilancino del consenso contingente, delle pressioni di categoria, delle opportunità politiche, insomma, se tutto diventerà soltanto altro materiale di consumo da talk show.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/21/il-covid-e-i-sindaci-presunti-sceriffi-ma-con-indosso-la-stella-di-un-altro/5973843/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-10-21

venerdì 14 agosto 2020

Poteri a Consob su Borsa Spa E il governo pensa all’acquisto. - Marco Palombi

Poteri a Consob su Borsa Spa E il governo pensa all’acquisto

Nella versione finale del dl Agosto tornano i poteri all’Autorità per bloccare operazioni sgradite: ora il Tesoro valuta un’offerta a LSE.
Il cosiddetto “decreto agosto” ieri sera è uscito dagli uffici nebbiosi del Tesoro e oggi dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale (otto giorni dopo la sua approvazione formale in Consiglio dei ministri). Il testo che Il Fatto ha potuto visionare, rispetto a quello degli ultimi giorni, contiene però una novità non da poco: viene effettivamente ampliato il potere concesso a Consob, l’autorità che vigila sui mercati, di impedire operazioni sgradite su Borsa Italiana Spa. In sostanza, il diritto di chiedere informazioni su eventuali passaggi di quote rilevanti della società (o della società che la controlla) e, se del caso, intervenire fermando tutto.
Questi maggiori poteri, seppure in capo ad Autorità simili in altri Paesi europei, erano spariti dalle bozze degli ultimi giorni, ma evidentemente la pressione di un pezzo della maggioranza (5 Stelle in testa) ha riportato le cose al punto di partenza. Non una novità da poco se, come riporta (non smentita) Milano Finanza, il governo ha rotto gli indugi sulla questione Borsa Italiana e – in una prossima riunione tra Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (ma dovrebbe esserci anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro, il cui staff ha curato il dossier fin dall’inizio) – darà il via libera a un’offerta alla London Stock Exchange per rilevare Piazza Affari e tutto quel che contiene.
La situazione è complessa e va spiegata. Privatizzata nel 1998, Borsa Italiana fu ceduta alla società che gestisce anche la piazza londinese (LSE appunto) nel 2007 garantendo una plusvalenza miliardaria alle banche e agli intermediari finanziari che l’avevano rilevata dallo Stato. La nostra Borsa non è un mercato enorme, ma è una società efficiente che produce utili nelle sue varie divisioni (particolarmente rilevante in questo contesto è Mts, cioè la piattaforma su cui vengono intermediati i titoli di Stato italiani). Problema: LSE vuole fondersi col gigante dei dati Refinitiv, la cui controllata Tradeweb sarebbe un doppione di Mts. Per aggirare i limiti dell’Antitrust europea e fare cassa, i londinesi sono costretti a cedere Borsa Italiana: la vicenda ha subito una brusca accelerazione in questi ultimi giorni, tanto che LSE – e i suoi advisor Goldman Sachs e Morgan Stanley – hanno avviato l’asta e si aspettano le prime offerte entro venerdì 21 agosto e quelle vincolanti per settembre.
E qui torniamo al ruolo del governo italiano. Piazza Affari, e in particolare Mts, possono essere considerate asset strategici: sicuramente interessati all’acquisto sono Euronext (che riunisce alcune Borse europee a partire da Parigi) e i tedeschi di Deutsche Börse, ora si aggiunge pure il governo italiano non si sa bene in che forma e se in alleanza coi francesi.
Il dossier è infatti da mesi sulle scrivanie del governo e si arriva a questa accelerazione senza le idee chiare. Il piano sponsorizzato in primo luogo dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, prevede che Borsa Italiana finisca in Euronext, ma con l’ingresso nell’azionariato di Cdp all’8% (la stessa quota che nella società ha già la Cassa depositi francese).
Il problema è che Euronext non ha i soldi per fare da sola un’operazione che costa almeno 3,3 miliardi (le servirebbe un aumento di capitale) e ha già dimostrato nel recente passato di non gradire le aste troppo competitive (ha lasciato agli svizzeri di Six la Borsa di Madrid per non rilanciare).
E qui arrivano i nuovi poteri concessi a Consob, che sostanzialmente ne ampliano il potere negoziale nel caso di un cambio di azionariato di Borsa Spa (o persino della sua controllante). Di fatto Consob deve ricevere preventiva comunicazione da parte di qualunque operazione superiore al 10% del capitale su LSE o Borsa Spa ed entro 90 giorni persino opporsi alla chiusura dell’affare: in ipotesi, non solo la vendita di Borsa Italiana, ma persino la fusione tra LSE e Refinitiv potrebbe essere ostacolata da questa modifica normativa (in odore di violazione delle norme europee).
È evidente insomma che chi volesse partecipare all’asta per Piazza Affari– con una tale spada di Damocle sulla testa e il contestuale interesse dello Stato a entrare nell’azionariato – non lo farà senza un preventivo accordo col governo italiano: la cosa non farà piacere a Londra perché rischia di abbassare il prezzo di vendita (o almeno non farlo alzare). Ora resta da capire come vogliono muoversi Conte e soci.

giovedì 28 maggio 2020

Il tweet di Salvini e la risposta di Carofiglio. - Lorenzo Tosa

Carofiglio

Salvini - Carofiglio

Ieri Matteo Salvini, diploma classico e abbandono della Facoltà di Storia a cinque esami dalla laurea, ha tuonato su Twitter:
“Mi auguro che Mattarella sciolga il Consiglio Superiore della Magistratura. Si nominino i nuovi Componenti estraendo a sorte, per dare ossigeno a tanti magistrati liberi. Basta correnti.”
Poche ore dopo, Gianrico Carofiglio, magistrato dal 1986, già pretore a Prato, pm a Foggia e Sostituto procuratore alla Direzione distrettuale antimafia di Bari, gli ha dato una lezione di diritto gratuita in 260 caratteri.
“Salvini chiede a Mattarella di sciogliere il CSM. Il presidente non ha questo potere (vedi art.31 legge Csm). Se uno che ha fatto il ministro non lo sa, se è così ignorante, c’è da preoccuparsi. Se lo sa, e dunque la richiesta è in totale malafede, c’è da preoccuparsi di più.”
Niente da aggiungere. Ha già detto tutto lui.
In altri tempi, un politico, dopo una figura del genere, si sarebbe quantomeno vergognato e avrebbe chiesto scusa. Qui, invece, va a “Fuori dal coro” a ribadire, come se nulla fosse, senza contraddittorio, le stesse identiche sciocchezze.
E la cosa più drammatica è che c’è gente che gli crede pure.

https://m.facebook.com/lorenzotosa.antigone/photos/a.476251642907003/812835042581993/?type=3&source=57&__tn__=EH-R

mercoledì 27 novembre 2019

La recita di Salvini e quei coglioni degli italiani. - Tommaso Merlo


Per conquistare i pieni poteri, Salvini si è dato una calmata e una ripulita. Quei coglioni degli italiani sono pronti a consegnarli il paese solo se tiene a bada la lingua e finge di essere più moderato. Non li deve spaventare, li deve rassicurare. Quei coglioni degli italiani vogliono finire tra le braccia di un capo forte ma benevolo che li protegga da un mondo malvagio che si ostina a cambiare. Un uomo tutto d’un pezzo che li faccia tornare indietro all’era delle ‘nazioni” rinchiudendoli dentro confini culturali e di filo spinato. Una retromarcia isolazionista e dirigista che per essere venduta a quei coglioni degli italiani ha però bisogno di una diversa strategia di marketing, di una confezione più accattivante e friendly. E così, come ogni prodotto che vuole conquistare nuove quote di mercato, Salvini rinnova il packaging. E così, come un attore che vuole conquistare un nuovo pubblico, Salvini cambia copione e costume di scena. Sorrisi, toni concilianti e perfino abiti casual chic. Per conquistare quei coglioni degli emiliani romagnoli e poi di tutta Italia. Un camuffamento divenuto necessario dopo la crisi improvvisa e l’evocazione dei pieni poteri che ha spaventato il paese, compattato i suoi oppositori e fatto nascere addirittura un governo contro di lui. E un camuffamento necessario a seguito dello scandalo russo che ha lasciato ombre neofasciste internazionali che minano la sua credibilità e quella del suo partito anche oltre confine. Un camuffamento disperato, perché Salvini fa politica da 1993, è un vecchio poltronista di professione di cui si conosce l’indole personale e le vere idee fino alla noia. Eppure i brandelli del vecchio regime sembrano abboccare alla sua nuova strategia di marketing per conquistare i pieni poteri. I giornalai di sinistra o paragonano Salvini a Mussolini facendo il suo gioco con la solita retorica comunista d’annata, oppure pensano di fermare Salvini con la satira e le battutine da bar sport. Ormai nessuno parla più dell’esperienza penosa da ministro di Salvini e dello scandalo del Metropol e ormai passano nell’indifferenza le varie cene con Parnasi e tutte le beghe di soldi su cui la Lega si ostina a non far luce. Quanto ai brandelli di destra siamo alle solite. Si sono compattati attorno al loro nuovo duce di tolla. Berlusconi è finito e in cambio di protezione anche postuma, ha schierato le sue televisioni e suoi giornali con Salvini. Mediaset è un megafono della propaganda leghista mentre i giornalini di carnevale della destra sono scatenati con la solita becera faziosità. Dopo aver ucciso il giornalismo, sono al vilipendio di cadavere. Quanto alla Rai, Salvini va in onda dalla mattina alla sera grazie alle persone che è riuscito ad infiltrare e a quelle che si sono vendute in attesa che prenda i pieni poteri. Un classico del nostro paese, quando sorge un nuovo Cialtrone all’orizzonte, le mandrie parassitarie dello stato e dell’informazione emigrano verso nuovi pascoli. Ma per conquistare i pieni poteri, Salvini alla fine ha bisogno di voti, anche di quelli più moderati e perbenisti e tradizionalisti. Per questo si è dato una calmata e una ripulita. Tornerà ad essere se stesso solo quando sarà riuscito a far abboccare quei coglioni degli italiani e conquistare quei pieni poteri che insegue da una vita.