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sabato 11 marzo 2023

Norimberga. - G.Middei

 

A Norimberga son stati condannati uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini considerano superiore. Una parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né nell'una né nell'altra non sono che un'infima minoranza malata. Sono i cultori dell'obbedienza cieca.

E invece bisogna dir loro che Claude Eatherly, il pilota di Hiroshima, che vede ogni notte donne e bambini che bruciano e si fondono come candele, rifiuta di prender tranquillanti, non vuol dimenticare quello che ha fatto quand'era «un bravo ragazzo, un soldato disciplinato» (secondo la definizione dei suoi superiori) «un povero imbecille irresponsabile» (secondo la definizione che dà lui di sé ora).[...]

Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di corresponsabili diretti: politici, scienziati, tecnici, operai, aviatori. Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza. A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. C'è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.

Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965. (Se vi piace ciò che pubblico, potete trovarmi anche su Instagram, dove vi parlerò dei grandi classici, mi trovate a questo link: https://www.instagram.com/ilprofessorx

#storia #filosofia #istruzione Nella foto: Daniel Popper 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=767134254780349&set=a.655388085954967

sabato 14 agosto 2021

Mattarella sorvola le zone colpite dagli incendi: 'responsabilità gravissime'.

 

Il capo Stato in Sardegna "Danni immensi, è stato pregiudicato il futuro dei giovani".


Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha visitato la base dell'Aeronautica militare di Alghero. Successivamente, a bordo di un elicottero, ha sorvolato le zone dell'Oristanese colpite dai gravissimi incendi di fine luglio.

"Vedere direttamente la devastazione provocata dagli incendi - ha detto il presidente - fa comprendere l'immensa portata dei danni provocati alla vita dei comuni colpiti e al loro territorio e del pregiudizio arrecato al futuro dei giovani. Chi se ne è reso colpevole ha sulla coscienza una gravissima responsabilità" 

ANSA

mercoledì 12 maggio 2021

SERVIZI SEGRETI E REPORT. CONTE DÀ UNA LEZIONE A RENZI .

 

Chiede Padellaro:

"Quell’incontro avviene nel momento in cui la pressione di Renzi
sulla sua persona come presidente del Consiglio perché ceda le deleghe dei servizi segreti è al momento più alto.
Qual è la sua valutazione?”,
“Io credo che qualsiasi rappresentante delle istituzioni,
un segretario di partito in questo caso, debba rispondere del suo operato in modo trasparente
Quindi Renzi fa gli incontri che ritiene e anche si vanta degli incontri che fa, però è giusto che risponda in tutte le sedi istituzionali del perché e per come si ritrovi in un’area di servizio con un uomo dell’intelligence con cui lui non avrebbe ragioni istituzionali per avere rapporti”.
Già, perché un conto è essere semplici senatori e un conto è essere il presidente del Consiglio e avere quindi come ruolo ufficiale quello di capo dell’intelligence.
"Diciamo che quando ho incontrato io Mancini non ricordo di averlo incontrato in un autogrill, ma nella sede istituzionale propria
Avendo avuto responsabilità istituzionali e avendo rispetto delle istituzioni nel mio ruolo di presidente del Consiglio non ho voluto far polemiche.
Se sono stato sobrio, lo voglio dire a tutti i cittadini italiani: mi avete visto molto sobrio e non accettar polemiche perché con una forza che è in maggioranza, ma per due mesi con tutti i suoi esponenti è andata in tv, nei giornali, ecc, io ho pensato che ai cittadini in quel momento le polemiche non interessassero per questo non ho ceduto:
non per debolezza, ma perché ritenevo davvero di rimanere concentrato su quelli che erano i problemi.
Vedo invece che il senatore Renzi, e in questo un po’ lo invidio, è molto più versatile di me perché la mattina ce lo ritroviamo in Arabia a decantare il neorinascimento, spazzando via con un sol colpo tutta la tradizione neorinascimentale italiana, tra l’altro proprio fiorentina,
poi lo vediamo il pomeriggio fermarsi in autogrill,
poi lo vediamo in tutte le tv e in tutte le interviste.
Io so fare solo una cosa, sono meno versatile, so lavorare per gli italiani“.
IO SONO Populista

postato da Mara Colasanti su fb

mercoledì 28 aprile 2021

DA CHE PARTE STARE? DALLA PARTE DI CHI SOFFIA SUL FUOCO O DALLA PARTE DI CHI PROVA A SPEGNERE L’INCENDIO? - Giuseppe Conte

 

Governare in tempi di pandemia è una responsabilità dura, durissima. Si è costretti a intervenire con misure limitative di alcune pur fondamentali libertà costituzionali, a chiedere grandi sacrifici ai propri connazionali. Posso garantirvi che si tratta di scelte difficili, anzi difficilissime. Ma la responsabilità di governo impone di tutelare la salute dei cittadini oltreché di preservare il tessuto economico e sociale. E talvolta tutto questo si traduce in scelte a primo giudizio impopolari, poco adatte a chi in tempi di pandemia preferisce guardare alle tabelle dei consensi.
Una forza politica è libera di scegliere la via più comoda dell’opposizione, sperando di riuscire a intercettare il diffuso malcontento delle tante famiglie e imprese che stanno affrontando una durissima prova.
Oppure può decidere di condividere le responsabilità di governo, avendo così la possibilità, con i propri ministri, di sedere ai tavoli dove si formano le decisioni e orientare le scelte. Utilizzare la propria posizione per incassare onori e vantaggi, rifuggendo però oneri e responsabilità, è tanto facile quanto ingiusto e scorretto.
Per rispetto dei nostri concittadini che soffrono abbiamo tutti il dovere di essere trasparenti: è intollerabile in piena pandemia fingere di essere all’opposizione per cavalcare il malcontento dei cittadini e al tempo stesso assestarsi comodamente al vertice di ministeri importanti e sedersi tra i banchi della maggioranza per lucrare vantaggi, per appuntarsi medaglie e piantare bandierine.
Sia chiaro, nessuno qui esulta per un coprifuoco che dal periodo invernale si trascina alle ore 22. Si tratta di una forte limitazione alla libertà di circolazione, un sacrificio personale ed economico enorme per molti di noi. È una misura che non può che essere transitoria. Confidiamo tutti che possa essere rivista il più presto possibile, non appena l’andamento della curva epidemiologica lo permetterà. Ma sempre sulla base dei dati scientifici, applicando i criteri di adeguatezza e di proporzionalità.
Cosa faranno adesso i ministri leghisti? Si accoderanno ad apporre le proprie firme alla iniziativa propagandistica contro il coprifuoco lanciata ieri dal loro leader di partito, oppure si dissoceranno? Immagino che tutti i cittadini vorrebbero idealmente firmare non solo contro il coprifuoco, ma contro tutte le limitazioni e le sofferenze che questa pandemia ci sta procurando. Ma forse, prima di tutto, i cittadini pretendono dai propri governanti trasparenza e correttezza.
Bisogna scegliere da che parte stare: se da quella di chi soffia sul fuoco o da quella di chi si rimbocca le maniche per spegnere l'incendio.

Giuseppe Conte su Fb

venerdì 12 febbraio 2021

l sassolino nella scarpa. - Massimo Erbetti

 

Avete presente quando avete un sassolino nella scarpa? Avete presente quanto da fastidio? Avete presente il disagio? Ecco bene…beh sappiate che io sono giorni…settimane…, anzi no, mesi che mi porto qualcosa di molto più grande nella scarpa.

Arriva il momento in cui quel sassolino lo devi togliere, perché proprio non ne puoi più…e quel momento è arrivato…è arrivato il momento di fare i conti con la realtà dei fatti.

"ci siamo snaturati, non siamo più quelli che eravamo"...

Certo è vero…e cosa pensavate? Pensavate si potesse essere al tempo stesso, movimento di lotta e di governo? Quando prendi il 32%, quando 11 milioni di persone ti danno fiducia, non puoi essere quello che eri prima, ti devi assumere delle responsabilità e fare delle scelte…devi decidere…decidere se diventare grande o continuare ad essere Peter Pan.

Il problema è che ogni scelta ha dei risvolti positivi e negativi al tempo stesso, se decidi di essere movimento di governo, quello positivo è che puoi incidere, quello negativo è che chi ti ha votato solo perché dovevi mandare a casa quelli che c'erano prima, ti abbandonerà…perché sei diventato tu quello da mandare a casa.

Se decidi invece di essere movimento di lotta…avrai tanti applausi, tante strette di mano, tante pacche sulla spalla…ti aduleranno, ti santificheranno…ma non farai niente di buono per il tuo paese.

Continuerai ad ululare alla luna, mentre gli altri continueranno a mandare a picco il paese...chi fa sbaglia, chi protesta ci indovina sempre…funziona così…è facile puntare il dito, non costa nulla e nessuno potrà mai accusati di aver sbagliato, perché nessuno potrà mai verificare quello che affermi.

"Se fossimo rimasti coerenti ora avremmo ancora il 32%"...ma certo che si, ma per fare cosa? A cosa serve avere il 32% se poi non puoi fare niente?... "eh…ma se avessimo continuato a protestare, se fossimo rimasti puri…arrivavamo al 41%" dicono i duri e puri…certo come no…tanto chi può smentirli?...mia nonna diceva che con i se e con i ma, non si fa mai giorno.

Arrivare al 41%,sono chiacchere vuote e senza senso…perché un ulteriore 9% sono milioni di voti…milioni capite? Per la precisione 3,1 milioni…ma tanto chi afferma questo continuerà a farlo…tanto chi potrà mai dire il contrario?

Sapete invece cosa avremmo dovuto fare? Stringerci intorno ai nostri eletti, sostenerli, incoraggiarli…e invece cosa abbiamo fatto? Abbiamo puntato il dito, li abbiamo criticati, li abbiamo insultati, li abbiamo trattati come fossero nostri nemici…

Se facevano uno, era poco…se facevano dieci, era poco e se facevano cento era poco…non siamo mai riusciti a gioire di un solo risultato, mai una volta.

Ma gli altri li avete mai guardati? Li avete mai osservati? Guardate ora Salvini…da anti europeista ora indossa la felpa con su scritto "prima l'Europa", da no Recovery, a si Recovery…da flat tax a imposta progressiva…da no migranti a si migranti…e tutti i suoi muti, muti come pesci, nessuno che protesta, nessuno che si lamenta.

E il PD? Ma ci siete mai stati sulla pagina di Zingaretti? Sapete di cosa lo accusano? Di essersi asservito a noi…perche noi siamo riusciti a fargli dire si al taglio dei parlamentari, dopo tre volte che aveva votato no…capito? Tre volte no, poi siamo arrivati noi e ha dovuto dire si.

Ma a noi non basta, noi vogliamo di più…sempre di più…non ci basta mai, sempre poco, troppo poco.

E arriviamo ad oggi…il periodo più travagliato e doloroso della nostra storia…ma pensate che votare Sì ieri sia stato facile? Ma pensate che cliccare su quel tasto non sia stato doloroso per tutti?
E cosa vedo? Vedo gente che invece di incoraggiare, di aiutare, di consolare…cosa fa? Punta il dito…"spariremo".

Ma stiamo scherzando? Ma veramente? In un momento come questo c'è bisogno di unità, c'è bisogno di stringerci intorno ai nostri eletti e aiutarli a superare questo momento.
Non abbiamo bisogno di tifosi, abbiamo bisogno di gente che consapevolmente si rimbocca le maniche e lavora, perché gli eletti, i nostri portavoce, sono come noi, sono noi…erano quelli che con noi facevano banchetti, attaccavano manifesti...sono sempre loro e se oggi pensiamo siano altro, se lo pensiamo veramente…allora abbiamo un serio problema e non siamo così diversi da quelli che nel 2018 ci hanno votato per mandare a casa quelli che c'erano prima e che oggi votano per mandare a casa noi, perché il loro unico scopo di vita, non è costruire un paese migliore, ma mandare a casa qualcuno.

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lunedì 23 novembre 2020

Financial Times: ecco le dieci cose che la crisi da covid cambierà a lungo termine. - Martin Wolf

 

Il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Dalla globalizzazione, al fallimento dei populismi, all'uso della tecnologia: ci troveremo davanti un mondo diverso.

Cosa ci hanno insegnato 10 mesi di Covid-19? Per il momento, quello che sappiamo è che il mondo non era preparato ad affrontare la pandemia, innanzitutto, e che il virus ha causato finora circa 1,1 milioni di morti, soprattutto tra gli anziani, e alcuni Paesi hanno reagito meglio di altri. Sappiamo anche che il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, e che questa è stata tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Ne hanno subito maggiore danno i giovani, i lavoratori relativamente poco qualificati, le madri lavoratrici e gli appartenenti a minoranze deboli.

Sappiamo che il cosiddetto “distanziamento sociale”, in parte spontaneo e in parte forzato, ha danneggiato tutte le attività basate sulla prossimità umana, a beneficio di quelle che si possono fare da casa. Quasi nessuno viaggia più. Sappiamo che tantissime aziende usciranno dalla crisi cariche di debiti e molte altre non ne usciranno affatto. Sappiamo che le istituzioni fiscali e monetarie internazionali hanno messo in campo interventi senza precedenti in tempi di pace, soprattutto nei Paesi con valute accettate al livello internazionale. Sappiamo, non da ultimo, che lo scambio di accuse sulle responsabilità della pandemia ha destabilizzato le relazioni tra Stati Uniti e Cina e che, inoltre, il virus ha già messo in crisi la globalizzazione, soprattutto sul piano delle filiere produttive.

A partire da tutto ciò, è possibile delineare degli scenari a lungo termine? E quali? Nei dieci punti che seguono proveremo a indicare alcuni spunti.

Primo, l’evoluzione della pandemia. È possibile che molto presto si individuerà un vaccino (o più d’uno) definitivo contro il Covid-19, ed è altrettanto possibile che quest’ultimo venga messo a disposizione del mondo intero a tempi di record. Tuttavia, a ben guardare l’una cosa sembra escludere l’altra. Il rischio, perciò, è che il virus resterà ancora per molto tempo una minaccia concreta.

Secondo, la durata della crisi economica. L’entità delle perdite dipende in parte dalla velocità con cui riusciremo a mettere sotto controllo la malattia. Bisognerà però valutare quanto profonde saranno le cicatrici che questa ferita lascerà sul nostro tessuto sociale, in particolare in termini di disoccupazione, debiti insoluti, aumento di povertà, divari nell’accesso all’istruzione e così via. L’economia del mondo intero, come quella della maggior parte dei singoli Stati, usciranno probabilmente dalla pandemia ridotte di taglia in modo permanente, e la popolazione risulterà complessivamente più povera.

Terzo, la composizione dell’economia. Torneremo mai allo stile di vita pre-Covid-19? Oppure smetteremo definitivamente di viaggiare e di lavorare come pendolari? La cosa più probabile è che entrambe le ipotesi si verificheranno, cioè che viaggi e pendolarismo potranno riprendere, ma non torneranno ai livelli precendenti la pandemia. Inoltre, il Covid ci ha catapultato in un mondo nuovo ad alto tasso di “virtuale”, che difficilmente abbandoneremo anche dopo la crisi. Questo avrà effetti positivi su alcune forme di vita e di lavoro.

Quarto, il ruolo della tecnologia. Lo abbiamo detto. Non torneremo indietro sull’espansione tecnologica, ma è vero che il peso sempre maggiore acquisito dalle big tech di recente ha attirato l’attenzione pubblica sul potere che hanno nelle nostre società. È immaginabile che questo accrescerà la tendenza alla regolamentazione dei monopoli tecnologici e all’aumento della concorrenza.

Quinto, la centralità dei governi. Le grandi crisi tendono a provocare grandi salti di qualità nell’azione di governo. Con il Covid è cresciuta la richiesta sociale di “ricostruire” il ruolo del pubblico, ed eventualmente anche accrescerlo. Perciò è opportuno valutare la probabilità che i governi diventino sempre più interventisti in economia.

Sesto, il focus degli interventi. Le banche centrali di tutto il mondo si sono impegnate a tenere bassi i tassi di interesse per molto tempo. Se ciò resterà vero sia per i tassi reali che per quelli nominali, i governi saranno effettivamente in grado non solo di gestire i propri deficit, ma anche di cooperare per la ristrutturazione di quelli altrui. A un certo punto, tuttavia i disavanzi fiscali dovranno necessariamente essere ridotti e, stanti le pressioni dell’opinione pubblica per l’aumento di spesa, è possibile che i governi si orienteranno verso un aumento delle tasse, in particolare quelle per i ricchi.

Settimo, la politica interna. Alcuni paesi hanno messo in campo risposte efficaci contro la crisi pandemica, altri no. Nella valutazione del successo delle misure, tuttavia, non sembra essere stato rilevante il fattore della democraticità dei paesi. Invece, quello che sembra aver giocato un ruolo importante è il senso di responsabilità mostrato dai governanti rispetto all’efficacia delle loro azioni. La demagogia populista dei vari Jair Bolsonaro, Boris Johnson e Donald Trump ha ottenuto pessimi risultati nella gestione della pandemia, perciò il Covid potrebbe forse aver fermato la corsa del populismo.

Ottavo, le relazioni internazionali. La crisi che stiamo vivendo è davvero globale, perciò può essere gestita efficacemente solo attraverso la cooperazione internazionale. Eppure, la pandemia sembra aver rafforzato le tendenze all’unilateralismo e allo scontro frontale tra paesi. Esistono anzi buone probabilità che la situazione peggiori, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra Stati Uniti e Cina.

Nono, il futuro della globalizzazione. La globalizzazione delle merci aveva già subito un brusco rallentamento dopo la crisi finanziaria del 2008. Dopo il Covid-19 è probabile che si ritroverà ulteriormente frenata. La pandemia può erodere il sistema di scambi multilaterale, e in particolare il ruolo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, mentre le controversie commerciali tra Occidente e Cina non sembrano avviate a una risoluzione. Quanto alla globalizzazione virtuale, invece, è probabile che crescerà.

Decimo, la gestione dei beni comuni globali. Da questo punto di vista il Covid-19 è un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, ha accresciuto il desiderio di una politica milgliore tanto sul piano nazionale che su quello internazionale, in particolare riguardo al clima. Dall’altro lato, però, il Covid ha indebolito la legittimità degli accordi internazionali, soprattutto per paesi come gli Stati Uniti che si sono ritirati dall’accordo di Parigi sul clima e dall’Organizzazione mondiale della sanità.

In conclusione, è chiaro che il Covid-19 è stato e sarà un shock profondo per il mondo, a solo 12 anni dall’enorme sconvolgimento della crisi finanziaria globale del 2008. Sicuramente la pandemia avrà effetti importanti e a lungo termine sull’economia, le imprese, la politica interna e le relazioni internazionali. I cambiamenti saranno molti, e molti di essi saranno imprevedibili.

Fonte: FT.com

Traduzione di Riccardo Antoniucci

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/23/financial-times-ecco-le-dieci-cose-che-la-crisi-innescata-dal-coronavirus-cambiera-a-lungo-termine/6013234/

venerdì 20 novembre 2020

IO VI ACCUSO. - Marco Galice

 

Queste mie parole non cambieranno niente, ma spero in una condivisione di indignazione che possa diffondersi più di una pandemia.

Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.
Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Questo è il vostro mondo, questo è ciò che da anni vomitate dai vostri studi televisivi.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.
Parlo da insegnante, che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione; che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.
Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.
Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.
Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.

Marco Galice 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10158661348539194&set=a.35518759193

venerdì 6 novembre 2020

MINCHIONI PER SCELTA E MINCHIONI PER CONTRATTO. - Rino Ingarozza

 

Vorrei dire qualcosa ai negazionisti. A tutti quelli che dicono che "coviddi non ce n'è". A quelli che ne sono veramente convinti e a quelli che, pur non essendolo, lo fanno per partito preso o, peggio ancora, per contratto.
Forse non avete capito una cosa. A me e a tutti noi, non ce ne frega un c.... un accidenti, se voi ci credete o no, che il virus esiste. A noi non ce ne frega un c.... un niente, se voi vi ammalate o no. A noi non ce ne frega un c.... una cippa se vi volete suicidare.
Il problema è che la mia probabilità di contagio e, quindi, la mia salute, dipende molto dal vostro comportamento. Vi è chiaro?
Non credo, visto che probabilmente avete qualche problema di Salvinite e, quindi, le cose ve le devono spiegare più volte. Fate attenzione che si faccio lo spelling:
Domodossola
Oristano
Venezia
Empoli
Torino
Empoli
Mantova
Empoli
Torino
Torino
Empoli
Roma
Empoli
Livorno
Ancona
Mantova
Ancona
Sondrio
Crotone
Helsinki
Empoli
Roma
Imperia
Napoli
Ancona
Capito adesso? Ancora no? Aspettate forse vi occore un rafforzativo:
Cazzo!!!! Non amo molto dire questa parola, ma oggi sono particolarmente ispirato e la uso. Sarà per via dei soggetti odierni (voi). Leggete in verticale le prime lettere di ogni parola.
Fatto?
Non nel senso se lo avete letto.
Nel senso se l'avete messa sta cazzo di mascherina?
Non avete possibilità di scelta. La vostra inettidutine mette in pericolo la mia vita e quella dei miei cari. Degli altri e dei loro cari. Come ve lo devo spiegare?
Caro Montesano, caro Sgarbi, caro Bose', caro Salvini dei giorni dispari,
cara Meloni dei giorni pari, pennivendoli zerbini, noi non possiamo pagare la vostra voglia di protagonismo a tutti i costi.
Noi non possiamo pagare il vostro desiderio di essere al centro dell'attenzione. Sempre e comunque.
Montesano, hai fatto il tuo tempo. Goditi la vecchiaia. Bose', se non lo hai fatto quando era viva, fallo adesso, rispetta tua madre ora che è morta. Ed è morta di questa malattia. Sgarbi, hai creato la tua carriera facendo il bastian contrario, anche su cose su cui eri d'accordo e violentando le tue corde vocali e le orecchie di chi ti stava ad ascoltare. Ti sei costruito un personaggio. Sei diventato un fenomeno da baraccone che viene invitato in taluni talk, nel tentativo di far aumentare l'audience, coi tuoi incazzamenti premeditati.
È ora di farla finita. Lo hanno capito tutti. Cerca di fare l'uomo per bene. È arrivato il momento. Hai la credibilità di uno che posta le sue foto mentre è sul cesso. Non so se mi spiego.
Salvini dei giorni dispari ....forse non hai capito ...tu la mascherina ce l'hai e la metti. Tu non decidi un cazzo. Tu non sei nessuno. Tu non puoi, in nessun modo, attentare alla vita altrui, con i tuoi comportamenti idioti e irresponsabili. Quando sarà finita l'emergenza, vi riunite con i tuoi seguaci e fate a gara di sputacchiate e rutti in faccia. Prima no. Farlo prima è vietato e criminale.
Idem per te, Meloni dei giorni pari. Noi non possiamo pagare la tua strafottenza e quella dei tuoi "segugi" di partito. Novelli "teste pelate" che parlano di democrazia.
Finiscila di armare le mani e nascondere la tua. Può essere pericoloso. Molto pericoloso. Quasi come quando gli squadristi fascisti andavano in giro per scoprire chi la pensava diversamente. Chi ragionava con la sua testa e non con quella del bastardo di Predappio.
E poi voi, pennivendoli zerbini. Abbiate un sussulto d'orgoglio, uno scatto di ritrovata dignità. Finitela di fomentare odio e dare eco alle stronzate dei vostri padroni. Strappatevi il guinzaglio e buttatelo via. Guadagnateveli onestamemte i croccantini.
Abbiate almeno la voglia sopita da anni di tornare a casa e guardare negli occhi i vostri bambini, senza dover abbassare la testa. Non chiudete gli occhi, quando vi guardate allo specchio, apriteli e pensate quello che avreste dovuto pensare da un sacco di tempo: "Ma io sono un uomo. Un uomo libero, mi ribello alla logica del servo che compiace il proprio padrone".
Alzatela quella testa.
Vedrete, scoprirete che la vita è bella.
Da liberi.

giovedì 29 ottobre 2020

Sala di attesa. - Marco Travaglio

 

Anche oggi tutti si concentreranno sul numero dei nuovi positivi di ieri: 25mila su 200mila tamponi, contro i 22mila su 174mila di martedì (i morti sono in lieve calo, ma si riferiscono a casi di due settimane fa). Pochi segnaleranno che, almeno per un giorno, il rapporto positivi-tamponi rimane stabile (12,5%: se sia un fatto statistico passeggero o il primo timido frutto delle nuove misure del 13 ottobre e della paura crescente, è presto per dirlo). E pochi noteranno che 200mila tamponi in un solo giorno sono una bella smentita al mantra “Da marzo non si è fatto nulla” (a marzo i tamponi erano 20mila al giorno: un decimo di oggi). Ma c’è un altro dato che disturba chi non parla mai dagli unici responsabili della (dis)organizzazione sanitaria: le Regioni. La seconda ondata, diversamente dalla prima, investe tutto il territorio nazionale. Ma corre a velocità molto diverse da zona a zona. Prendiamo gli ultimi tre giorni. In alcune Regioni i nuovi casi giornalieri sono simili o in calo: Emilia-Romagna 1146 lunedì, 1413 martedì, 1212 ieri; Toscana 2.171, 1823, 1708; Lazio 1698, 1993, 1963; Campania 1981, 2761, 2427. In altre aumentano fino a quasi raddoppiare, ma non in una settimana come avveniva finora, bensì in tre soli giorni: Veneto 1129, 1526, 2143; Piemonte 1625, 2458, 2827; Liguria 419, 1127, 926. Poi c’è la Lombardia, sempre più fuori concorso e controllo: 3570, 5035, 7558 (rapporto positivi-tamponi 18,2%). Cioè i casi lombardi di ieri sono più del doppio di lunedì e 2700 (un terzo) si registrano a Milano.

Ricordate le polemiche, gli scaricabarile, le indagini sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro? Ora i dati di Milano e mezza Lombardia (la meno toccata dalla prima ondata: Milanese, Brianza e Varesotto) sono infinitamente più gravi e allarmanti di quelli della Val Seriana a fine marzo per infetti, contatti non tracciati, morti, ospedali saturi. Che si aspetta a cinturare per qualche settimana questi territori e quelli di Napoli e di metà Campania e Piemonte, che da soli fanno 13mila contagi, cioè più della metà del totale nazionale? Mentre Fontana e De Luca dicono, disdicono e contraddicono, i sindaci Sala e De Magistris scrivono a Speranza per sapere se la proposta del suo consulente prof. Ricciardi su lockdown mirati sia a titolo personale o rifletta anche il suo pensiero. Ma il pensiero dei due sindaci, di grazia, qual è? Che aspettano a chiedere le zone rosse per difendere i propri concittadini e i propri ospedali dal Covid e il resto d’Italia da un lockdown generale? Sala se la prende comoda: “Abbiamo 10-15 giorni per decidere”. Chiederà di chiudere Milano quando sarà già chiusa tutta l’Italia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/29/sala-di-attesa/5983568/

mercoledì 21 ottobre 2020

Il Covid e i sindaci Presunti sceriffi, ma con indosso la stella di un altro. - Alessandro Robecchi

 

Quante cose si vengono a sapere con una pandemia in corso! Per esempio che esiste una “chat dei sindaci”, dove i primi cittadini esprimono la loro “indignazione” per quel passaggio del Dpcm che li autorizza a chiudere vie e piazze a rischio, o luoghi dove il contagio minaccia di diventare incontrollabile. Tutti frementi, e/o furibondi, e/o sbalorditi (aggiungete a piacere) nelle dichiarazioni alle agenzie. Poi, all’apparir del vero, si è visto che si trattava di un’indignazione un po’ peregrina: i sindaci molti di quei poteri ce li hanno già, ci saranno accordi con le prefetture, il ministero dell’interno, eccetera eccetera. Insomma, pare che l’incidente diplomatico governo/sindaci sia un po’ rientrato, riportato alle sue giuste dimensioni.

Eppure la cosa – i sindaci italiani che declinano la responsabilità di chiudere o limitare zone che loro per primi conoscono meglio di tutti – lascia un po’ perplessi, almeno per come ci hanno abituati i sindaci italiani che solitamente fanno una polemica contraria (cioè vogliono decidere di più, non di meno). Anche se si tratta di archeologia politica, forse qualcuno ricorderà i decreti Maroni del 2008, che davano ai sindaci la possibilità di deliberare in modo “creativo” su tutto e tutti. Fu una specie di meravigliosa ordalia della cazzata: kebab vietati se non c’erano corrispondenti dosi di polenta, parchi frequentabili in non più di due persone, divieti tra i più assurdi e grotteschi. Prima che la Corte Costituzionale facesse a pezzi quelle leggi, l’entusiasmo per i sindaci sceriffi, sfiorò l’apice assoluto, il sindaco divenne una specie di legislatore superiore, un crociato del decoro, un poeta del divieto estemporaneo (spesso totalmente cretino). Stupisce quindi vederli ora, in situazione d’emergenza, storcere il naso (di più “indignarsi in chat”) davanti a nuovi poteri che gli verrebbero concessi. Probabile che i sindaci pensino più all’elettorato che a tutto il resto, e dire al barista che deve chiudere, o a un quartiere che deve spegnersi due ore prima, non è che porta molti voti, meglio che glielo dica il governo. Insomma, sceriffi, ma con la stella di un altro, ecco. Fa specie, solo per fare un caso, vedere il sindaco di Firenze Nardella dolersi che gli vengano dati poteri di controllo del territorio, proprio lui che si vantava di installare più telecamere di tutti.

In più, il Paese dei sindaci, dove periodicamente si alza qualche bel tomo a dire che ci vuole “il sindaco d’Italia”, ci ha abituato a un culto locale della personalità, per cui molti sindaci giocano la loro partita politica o personale. Vero che a virus inoltrato questo ruolo da protagonisti è stato usurpato dai governatori (si pensi a De Luca, o a Zaia Superstar, o al pasticcione della Lombardia), ma anche vero che i sindaci potranno ora riprendersi la scena. Bene, se questo garantirà decisioni rapide, efficaci e tempestive, dopotutto se c’è pericolo in via Pincopallino lo sa per primo il sindaco, non il ministro dell’Interno. Male, invece, se ricomincerà il valzer delle vanità, della visibilità, della gara mediatica, del chi la spara più grossa. Probabilmente assisteremo a un’impennata delle cronache locali, con i sindaci intenti a usare l’arte del bilanciamento: ora ottimisti-aperturisti (Hurrà! Si riparte!), ora allarmisti-chiusuristi (Tutti a casa!) a seconda del bilancino del consenso contingente, delle pressioni di categoria, delle opportunità politiche, insomma, se tutto diventerà soltanto altro materiale di consumo da talk show.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/21/il-covid-e-i-sindaci-presunti-sceriffi-ma-con-indosso-la-stella-di-un-altro/5973843/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-10-21

giovedì 10 settembre 2020

Conte e la memoria corta degli italiani. - Roberta Labonia

 

E ci risiamo. Vi ricordate la caccia ai furbetti del reddito di cittadinanza (peraltro prontamente sgamati dall’INPS), che, fino a che la peste Covid-19 non ci ha colpito, era diventato lo sport nazionale del giornalismo italiano? Fiancheggiatore com’è noto, da sempre, dei poteri forti, il giornalista medio di sistema ha vissuto l’ introduzione di questa legge di civiltà, come l’assicurare un reddito minimo ai cittadini in povertà, come un sopruso, tutta ciccia sottratta a Confindustria e alle rapaci mani dei suoi padroni. Non imprenditori ma, bensì, “prenditori” di Stato.Ebbene, ora la stessa tecnica, guidati dalle sapienti mani dei soliti “padroni del vapore” (B., Agnelli/Elkan, Cairo, Caltagirone, De Benedetti, Benetton etc, etc.), nonché dall’ “onorevole” politica politicante in Parlamento e nei tanti corpi intermedi in cui si affastella il nostro apparato statale (a proposito, ma a quando una bella sforbiciata magari, che so, partendo dalle Regioni?), la stanno applicando alla scuola. Fra i giornalecchini in queste ore si è ingaggiato un nuovo gioco: è tutto un affannarsi alla ricerca di Istituti scolastici talmente lasciati negli anni al degrado, da non essere nelle condizioni, nonostante le risorse eccezionali messe a disposizione dall’attuale Governo, di poter aprire in sicurezza, in vigenza di pandemia, ai loro alunni. Rare eccezioni, ma che purtroppo ci sono, è inutile negarlo, tanto è il loro stato d’abbandono incancrenitosi negli anni. Con la solita tecnica sfascista che mira a sminuire agli occhi degli elettori azioni di governo esemplari, come quella memorabile di aver immesso (finalmente!) nuove risorse nella scuola per 7 miliardi, l’immagine che si sta contrabbandando in queste ore a reti e testate unificate (salvo rare eccezioni per i pochi informati), è quella di un Governo inefficiente e di una ministra incapace (e certo, un insegnante come Lucia Azzolina messa a fare il ministro della Scuola in Italia è vista con sospetto, vuoi mettere una sindacalista come la Fedeli che si fregiava di una terza media… forse? E si arriva all’assurdo di vedere all’opera il galoppino di redazione di turno che, affiancato dall’operatore scafato, mostra al pubblico ludibrio un plesso scolastico fatiscente il cui accesso è ostruito dalle erbacce. La povera preside, intervistata, ammette l’inevitabile: la prossima settimana non sarà in grado di riaprire la scuola in sicurezza. Il risultato del fallimento di una intera classe politica dell’ultimo trentennio spacciato mediaticamente come l’emblema della gestione fallimentare dell’attuale Governo. Il risultato di decenni di politiche predatorie perpetrate dai governi precedenti è, con tecnica mistificatoria e truffaldina, scaricato dai media su Giuseppe Conte e i suoi ministri che non ne hanno la responsabilità ma che, anzi, stanno raccogliendo in tempi record i cocci di una costola dello Stato da tempo immemore fratturata, per ricostruirla.Cosa che, onestà intellettuale impone di dire, non si fa nell’arco di un anno ne’ di due ne’, tanto meno, nell’arco di una manciata di mesi in costanza di un emergenza sanitaria, per giunta. Gli Istituti scolastici statali, in Italia, tralasciando l’altro cancro tutto italiano della strutturale carenza di personale docente, sono circa 45mila, la stragrande maggioranza dei quali costruiti negli anni 60/70, molti dei quali tutt’ora non rispettano i criteri minimi antisismici (quante ne vogliamo di tragedie compiute o sfiorate per lo sfondamento di tetti scolastici negli ultimi decenni?). A chi ancora oggi si riempie la bocca di Tav, Mose e Stretti di Messina, sono questi i dati che gli si dovrebbe sbattere in faccia. Questa è la più grande delle opere da realizzare nel nostro Paese dopo la riqualificazione e la messa in sicurezza del nostro martoriato territorio! L’importante, a cui dovrebbe guardare un cittadino elettore avveduto, per giudicare l’attuale e qualsiasi altro governo, è se siano state poste le basi affinché queste reali, improcrastinabili, vere grandi opere, questa ricostruzione, possa avvenire e vigilare affinché avvenga. Tanti, troppi, abboccano all’amo di politici che usano il diversivo di accusare il loro avversario dei loro stessi fallimenti.Troppi, ingiustificatamente, irrazionalmente troppi (al netto di quelli che ci mangiano, che almeno una scusa ce l’hanno), che ancora credono a chi oggi promette l’impossibile ma che, quando gliene è stata data l’opportunità, non ha saputo o voluto realizzare neanche il possibile, cioè l’ordinata gestione di un Paese. Non è la cattiva politica il male peggiore dell’Italia, è la memoria corta degli italiani.

https://infosannio.com/2020/09/10/conte-e-la-memoria-corta-degli-italiani/

giovedì 4 giugno 2020

Il gruppo ‘noi denunceremo’: “il 10 giugno sarà il d-day”. - Maddalena Oliva

Il gruppo ‘noi denunceremo’: “il 10 giugno sarà il d-day”

Come un treno. Senti il suono che arriva in lontananza. Si ferma a ogni fermata. E tu continui a fare le tue cose. Piano piano il rumore si fa forte. Inizi ad accorgerti delle immagini al telegiornale. E intanto, quello, si avvicina sempre più. Poi è un secondo. Il treno arriva, ti trancia le gambe. Tu lo vedi passarti sopra: oramai agonizzante. Non è più solo in Cina, ora. Il virus è dietro, dentro casa tua. E ti porta via tuo padre. Tua madre. In dei casi, entrambi. Luca Fusco, commercialista 58enne di Brusaporto, in provincia di Bergamo, ha perso il padre, Osvaldo, 85 anni, che fino a tre mesi fa ogni giorno passava in studio a vedere se “con le pratiche tutto bene”. “Non so nemmeno se quelle ceneri che mi hanno restituito siano le sue… per due volte sono state perse”, racconta. “Cuneo, Ferrara, non si sapeva in che città l’avessero portato. Quelli delle pompe funebri si ammalavano uno dopo l’altro, e mio padre si perdeva. È successo tutto così. Ma c’è un punto in cui quella velocità, e la sospensione che dall’altra parte tutto il Paese viveva, si sono incontrate”. È stato suo figlio a creare il gruppo Facebook. “Papà, io te lo faccio, ma guarda che sarà un casino stargli dietro, sai in quanti scriveranno?”. Solo che Luca davvero non riusciva ad immaginare. Con la sua compagna decidono il nome: Noi denunceremo. “L’idea era nata in cucina, una sera. Per condividere, innanzitutto. Non c'è un bergamasco che non abbia un parente o amico morto”. In meno di 24 ore gli iscritti diventano migliaia: oggi, oltre 55mila. E da tutt’Italia. Così “Noi denunceremo” è diventato un comitato, e un sito con migliaia di storie. Tutte con lo stesso canovaccio. Abbandono dei malati, e dei familiari (senza tampone). Nessun contatto dalle Ats. Mancanza di assistenza domiciliare. Difficoltà di ricovero per i casi gravi. Pronto soccorso di Alzano. E quei “sacchi neri dell’immondizia”, in cui vengono raccolte le ultime cose delle persone che non ci sono più.
“Ancora oggi – prosegue Luca – mi rendo conto, quando sento gli amici di Milano che si lamentano per le chiusure, che chi non vive qui non può capire. Siamo stati sacrificati. Per interessi altri. Per incapacità. Per errori”. Qui, in queste valli di “lavoratori a testa bassa, proprio come piacciono a loro”, le serrande sono quasi tutte abbassate. Ed è il silenzio che ti accompagna per strada. Ma non perché le persone siano chiuse per le ultime ore di lockdown. Perché proprio non ci sono più. Morte. E prima la bacheca Facebook, poi il sito, hanno raccolto, attraverso le testimonianze dei familiari, le loro storie.
Non s’allude mai alla possibilità di contrarlo o meno, il Covid-19. Il punto, a leggere quei ricordi, era soltanto capire quando. Ora, scritte nere su bianco, quelle centinaia di storie sono diventate esposti, che verranno presentati davanti alla Procura di Bergamo il 10 giugno. “Sarà il nostro D-Day, il nostro Denuncia-Day”, spiega Consuelo Locati, anche lei rimasta orfana di padre, che coordina il team di avvocati. “Saremo tutti in fila. Ordinati, distanziati. Ma persone, non numeri: e vogliamo che si veda anche con un’immagine”. Ogni denuncia si porterà dietro il familiare che l’ha presentata. L’idea è nata, dopo essere stati chiamati più volte in Procura in via informale, “per aiutare i magistrati a fare chiarezza”. Le storie sono state raccolte e divise in tre filoni: ospedali, Rsa e “nessun tampone”. Poi, è scattato il progetto di una vera e propria azione legale, in sede penale e in sede civile. “Non possiamo puntare a una class action perché per il momento nel nostro ordinamento è prevista solo per tutelare i diritti dei consumatori. Ma – riprende a spiegare Consuelo – se dovessimo fare un buco nell’acqua, perché nel penale sarà molto difficile arrivare a un’incriminazione per epidemia colposa o per omicidio colposo, ci rivolgeremo al giudizio civile. E chiameremo a rispondere le autorità, per non aver ottemperato agli obblighi di responsabilità civile secondo l’ex articolo 2043 del Codice. E se nemmeno così otterremo giustizia, dopo il secondo grado andremo alla Corte di Strasburgo, per violazione dell’articolo 32 della Costituzione”. “Parliamo di decine di migliaia di morti”. Ora è Luca a parlare, la mente del Comitato. Siamo seduti a un tavolo all’aperto di un’osteria di passaggio: è la loro prima uscita dal lockdown. “Non si possono nascondere tutte quelle persone, cancellarle. Ci sono responsabilità di gestione nelle strutture – a livello comunale, regionale e centrale – che vanno chiarite. Non ne facciamo una questione politica di questo o quello schieramento, motivo per cui i giornalisti ci hanno chiesto subito se fossimo dei 5Stelle. Si figuri che io sono di destra, quelli della Lega li ho frequentati da vicino per tanto tempo. Ma qualcosa, quando il virus ha cominciato a diffondersi qui, nella Bergamasca, non ha funzionato. Altro che tsunami. La situazione è sfuggita di mano. E laVal Seriananon è stata chiusa, come chiesto dai sindaci della zona. Il resto, purtroppo, è noto”.
Marina Verzelletti
Mia mamma è caduta in casa il 15 marzo. Da li è iniziato un calvario, verso il più vicino ospedale. La dimettono, dopo averla medicata. Mi dicono: “Lei è fortunata, sua madre non ha il coronavirus.” Gli avevano fatto esami del sangue, una tac polmonare e il tampone. Che però non aveva esito. Mia mamma peggiora. Non era più lei. Ci telefonano dall’ospedale: la mamma era risultata positiva. Tre giorni dopo. Ho chiesto se noi dovevamo stare in quarantena e mi ha detto che non dovevamo fare nulla. La sera, ho guardato il certificato che mi aveva dato. Era retrodatato di due giorni. Era come se io avessi saputo che al momento delle dimissioni era positiva. L’impresa porta mia mamma insieme a un sacchettino della spazzatura nero. Dentro avrei dovuto trovare i suoi effetti personali. Invece c’erano quelli di un’altra persona.
Ezio Limonta
Il 13 febbraio ti ho accompagnato, contro la tua volontà, al pronto soccorso di Alzano, per problemi di calcolosi. Da qualche giorno tossivi. Giovedì 20 la tua tosse peggiora: “bronchite”, disse il medico. Notai che nella camera di fronte, c’era un signore con uno strano cilindro in testa pieno di tubi (un respiratore). Sabato 22 febbraio alle 8.00 notai che il personale portava la mascherina. Che notte ho passato, tu che continuamente tossivi e mi dicevi che avevi la gola arsa e non riuscivi a respirare. Le infermiere, impegnate nella stanza di fronte dal signore col respiratore, anzi coi signori col respiratore, perché da uno erano diventati due. Dopo le 12.00 è successo il finimondo, l’ospedale è stato chiuso per caso di Covitd-19 e, cara mamma, era esattamente sul tuo piano, nella camera di fronte. Come te, nei giorni successivi, tutte le persone della tua camera sono decedute.
Mariangela Armanni
Sabato 28 marzo. Congestione nasale e febbre sotto i 37,5. Assunzione di mucolitici e Tachipirina. La saturazione oscilla tra 93-94%. Martedì 31 marzo. La saturazione scende a 90, nessun medico è disponibile per visitarlo. Mercoledì 1 aprile. Un medico dell’Usca ci contatta al telefono e parla con mio papà. Ci consiglia di continuare con le cure domiciliari, contatterà il medico di base. La telefonata non avverrà.
Cristina Longhini
Mercoledì 18 Marzo avvisano mamma che papà è peggiorato: senza un posto in terapia intensiva non si salverà. Papà viene trasferito in pronto soccorso. Chiamo tutti quelli che conosco: il posto non si trova. Papà viene intubato verso sera, ma senza arrivare alla terapia intensiva. Alle 5 mi chiama il Dr. Manzoni: “L’ossigeno non arriva agli organi periferici, la richiamo appena suo papà sarà morto”. Poi il vuoto. Alle 7:45 richiamo io. Papà risulta essere morto da dieci minuti.
Isabella Sala
È l’11marzo, Maria Rosa si ammala: un po’ di tosse, un po’ di febbre, sarà influenza. Il medico le prescrive un antibiotico. “Mamma, non è meglio telefonare al numero verde della Regione?” L’operatore dice: se non c’è affanno, va bene così. È il 20 marzo. “Ma se non c’é affanno”, dice l’operatore del 112. Alla fine l’affanno arriva, e con esso l’ambulanza. Il saturimetro indica 45. L’operatore scuote la testa: 45 non è un valore compatibile con la vita. Non la rivedremo più. Quando ho scritto questa cronaca noi figli non eravamo ancora riusciti a ottenere un tampone, a 60 giorni dall’ultimo contatto con mia madre.
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“Agiamo in via penale e civile: lo dobbiamo ai nostri nonni e papà”

“Agiamo in via penale  e civile: lo dobbiamo ai nostri nonni e papà”
Era il 22 marzo, quando in quattro abbiamo deciso da Bergamo di costituire il gruppo Facebook “Noi Denunceremo”, che conta oggi più di 55.000 followers.
La nascita del gruppo ha unito forze centripete e contrastanti, il dolore, la rabbia. Ha creato legami, permettendo la nascita di nuovi rapporti tra le persone. Persone con visioni politiche agli antipodi che si sono incontrate e comprese su un comune terreno: quello del senso civico, della condivisione, della solidarietà. Il terreno in cui sono cresciuti i nostri genitori, i nostri nonni, proprio le generazioni falciate dal virus. Chi ha sviluppato la propria vita politica a sinistra ha trovato un’intesa profonda con “quelli di destra”, a dimostrazione che la voglia di buon governo e di giustizia unisce, e non divide.
Tutto in nome delle domande che devono avere risposta. Chi doveva fare, ha fatto? Chi doveva vigilare, ha vigilato? Chi doveva difendere, ha difeso?
Quello che pretendiamo come comitato no- proft “Noi Denunceremo: Verità e Giustizia per le Vittime Covid-19” – nato quasi naturalmente dal gruppo social, il 29 aprile – è che l’autorità giudiziaria indaghi a 360°, noncurante delle pressioni politiche, sulla strage che ha colpito la Lombardia in particolare, ma anche tutto il nostro Paese.
Chiediamo che le Procure incarnino quell’obbligo morale di cui sono investite da tutti i cittadini italiani.
Vogliamo, per coloro che hanno dato mandato al Comitato di agire in sede prima in sede penale, e poi civile, verità e giustizia per le migliaia di morti, per molti versi inspiegabili, dei nostri genitori e dei nostri nonni.
E, nel nome di questa generazione scomparsa, non ci fermeremo finché non saranno acclarate e determinate le responsabilità delle amministrazioni locali – in particolare quelle regionali, poiché è alle Regioni che la nostra Costituzione demanda la gestione della sanità – e del governo centrale.
Ecco perché il 10 giugno decine di aderenti al Comitato attenderanno pazientemente il proprio turno per depositare, davanti alla Procura delle Repubblica di Bergamo, le denunce che come Comitato, assieme ai nostri legali, abbiamo preparato. Non smetteremo di chiedere conto a quella politica che non è stata capace di tutelare la salute dei propri cittadini, i diritti della persona ed il bene comune, tradendo i valori su cui la nostra Costituzione si impernia, finché non avremo risposta.