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martedì 4 novembre 2025

SCOPERTE MISTERIOSE TOMBE, CIRCOLARI, IMPONENTI E UNITE LUNGO IL PENDIO. HANNO CIRCA 2200 ANNI.

 

In pianta, hanno la forma di fiori o di famigliole di funghi che, partendo dalla radice di un albero, scendono lungo il pendio. Sono una accanto all’altra, come figli appoggiati al padre e alla madre, in un’immagine di famiglia che doveva anche essere anche resa dall’insieme di edifici funerari di altezze diverse, stretti in una sorta di abbraccio che integra i muri, in superfici curvilinee. Protezione e vicinanza. Affettuoso conforto, nel pensarsi insieme, protetti e vicini, anche dopo la morte, come in una casa con tante stanze.
Gli archeologi sull’area delle tombe circolari, poste a gradoni, una accanto al’altra, lungo il declivio. E’ interessante notare la forte unità dell’antico complesso, con muri condivisi Il disegno d’insieme ricorda un fiore o una famigliola di funghi
Sull’altura di Kopila, sopra il piccolo centro di Blato, nell’isola di Korčula, la terra continua a restituire frammenti di un passato che precede Roma. Il sito, scavato dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Zadar, è ormai divenuto una chiave di lettura per la cultura illirica, quel vasto complesso di popolazioni che tra l’Età del Bronzo e l’epoca ellenistica abitò la costa orientale dell’Adriatico, dalla Dalmazia fino all’attuale Albania. Dopo il successo della mostra sui tesori della fortezza di Kopila al Museo Archeologico di Spalato, la nuova campagna di ottobre ha portato alla luce nuove tombe circolari, costruite a pietra a secco, che emergono dal terreno come fosse tracce do famigliole di funghi pietrificati, simbolo di una civiltà profondamente radicata nel territorio e in armonia con la natura circostante.
Il dott. Igor Borzić, che dirige lo scavo insieme a Dinko Radić e Anamarija Eterović Borzić, descrive la scoperta come una delle più significative mai effettuate sull’isola. Le tombe, appartenenti alla necropoli dell’antica comunità di Kopila, appaiono come sepolture familiari, utilizzate per generazioni tra il III e il I secolo a.C. Le strutture, formate da cerchi di pietra sovrapposti a gradoni, costituiscono una tipologia inedita nell’Adriatico, mai documentata con tale precisione e monumentalità. All’interno e intorno alle tombe sono stati ritrovati gioielli in bronzo e argento, vasi ceramici, fibule, pendenti e anelli, depositati come offerte rituali, strumenti di accompagnamento del defunto nell’aldilà e testimonianza del prestigio della famiglia sepolta.
La civiltà illirica, a cui apparteneva la comunità di Kopila, era composta da un insieme di tribù indipendenti, spesso guerriere, ma anche altamente organizzate, che condividevano una lingua indoeuropea e un forte legame con il territorio montano e marittimo. La società era gerarchica e clanica, in cui le famiglie estese si riconoscevano in capi militari, sacerdotali e anziani di saggezza. Le tombe familiari come quella di Tomba 11 non rappresentano solo il luogo di sepoltura dei singoli defunti, ma il centro della memoria collettiva, un simbolo della continuità e della stabilità del clan.
Le tombe di Kopila, con la loro forma circolare e sovrapposta, sembrano riflettere questa visione centripeta della vita e della morte, in cui il ritorno al nucleo familiare e al ciclo naturale è espresso nella geometria perfetta del cerchio. La pietra, scolpita e disposta senza malta, non è solo materiale da costruzione: è medium simbolico e spirituale, elemento di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
La religione illirica era profondamente animista e naturalistica. Gli Illiri veneravano le forze della natura, le acque, le montagne, gli astri, e ogni tribù possedeva divinità locali specifiche, tra cui Bindus, dio delle sorgenti, Vidasus, assimilato al Giove romano, e Thana, dea della caccia e della fertilità. Credevano nella continuità dell’anima e nell’importanza dei riti funerari, che comprendevano deporvi oggetti di uso quotidiano, vasi da libagione, armi e ornamenti, per accompagnare il defunto nel viaggio verso l’aldilà e consolidare la memoria della famiglia e della tribù.
A partire dal IV secolo a.C., le comunità illiriche entrarono in contatto con le civiltà greca e italica, assimilandone elementi culturali, artistici e religiosi. Le rotte commerciali adriatiche collegavano le isole dalmate ai porti dell’Italia meridionale, favorendo scambi di ceramica, metalli, idee religiose e simboliche. Proprio da questi contatti derivarono migrazioni di piccoli gruppi illirici verso l’Italia meridionale, con presenze documentate lungo le coste pugliesi, in Piceno e nel Sannio. Alcuni elementi rituali e linguistici sopravvissero anche durante l’età romana, soprattutto nei culti legati alla natura e alle acque, testimoniando la persistenza della memoria illirica al di là del mare Adriatico.
La scoperta delle tombe di Kopila contribuisce a delineare un’immagine concreta e complessa di un popolo finora avvolto nel mito. Gli Illiri di Korčula sembrano non allinearsi con le immagini di pirati o guerrieri marginali, come spesso appaiono nelle fonti classiche. Appaiono piuttosto come una comunità organizzata ed armonica, capace di costruire monumenti raffinati, elaborare linguaggi simbolici e rituali sofisticati, e fondare una religione intimamente legata al territorio e al ciclo della vita.
Vanno, a nostro giudizio, rilevate consonanze tra le tombe illiriche di Kopila e i nuraghi della Sardegna, pur senza contatti diretti accertati. Entrambe le civiltà condividono l’uso della pietra a secco, la forma circolare e sovrapposta, le superfetazioni a base circolare, di dimensioni minori, attorno ad un nucleo imponente.
Queste analogie potrebbero derivare da un fondo protomediterraneo condiviso, diffuso lungo le rotte dell’Adriatico e del Mediterraneo, che ha trasmesso modelli architettonici e simbolici simili. In entrambi i casi, la tomba diventa luogo vivo di memoria e rito, un teatro della comunità, della famiglia e del ciclo naturale della vita.
Il sito di Kopila, unico nel suo genere sull’Adriatico, sarà oggetto di altri scavi. Le ricerche e le fotografie sono curate dal Dipartimento di Archeologia dell’Università di Zadar, con il sostegno del Comune di Blato, del Ministero della Cultura della Repubblica di Croazia e del Museo del Vetro Antico di Zadar, confermando l’importanza di Kopila come luogo emblematico per comprendere l’Illiria e le connessioni del Mediterraneo arcaico.

sabato 5 ottobre 2024

Il teletrasporto è realtà. Nel mondo dei quanti. - Alessandro Zavatta

 

A spiegare il funzionamento e le possibili future applicazioni pratiche di questo processo, che si verifica nel mondo microscopico degli atomi e delle molecole, è Alessandro Zavatta dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche.

Con le parole “Beam me up, Scotty” il capitano Kirk, nella celebre serie televisiva Star Trek, ordinava all’ingegnere capo Scott, addetto al teletrasporto, di trasferirlo su qualche pianeta remoto dell’Universo. Insieme ai superpoteri dei personaggi della Marvel, questo è quello che ci viene alla mente non appena si pronuncia la parola teletrasporto, cioè un modo per trasferire cose o persone da un punto a un altro dello spazio con effetto immediato, senza percorrere la distanza che li separa. 

Purtroppo tale modalità di trasferimento è a oggi una possibilità che rimane solo nel mondo delle fiction e dei cartoni animati per i più piccoli. Nonostante ciò, il teletrasporto è una realtà concreta nel mondo microscopico, cioè in quello fatto di particelle fondamentali, atomi e molecole, che è governato dalle leggi della meccanica quantistica. Qui ogni elemento, o sistema, viene decritto da uno stato quantistico ben preciso, che ne racchiude tutta l’informazione e segue leggi che a volte ci appaiono controintuitive e in contrasto con la fisica classica.

Nel teletrasporto quantistico non si trasferisce materia, ma quello che in gergo viene chiamata la “funzione d’onda”, ovvero l’informazione che descrive esattamente in quale stato si trova una particella o, più in generale, un sistema fisico. È proprio questa funzione d’onda a raccogliere tutta l’informazione possibile che viene utilizzata per ricostruire altrove quella particella o quel corpo con le stesse caratteristiche di quello iniziale.

Alla base del fenomeno del teletrasporto si ha l’effetto a distanza che si manifesta fra due particelle quantisticamente correlate o intrecciate, dette “entangled”; questo effetto, evidenziato per la prima volta in un celebre articolo firmato da Einstein, Podolsky e Rosen nel 1935, rappresenta una delle tante peculiarità del mondo quantistico. L’“entanglement”, consiste proprio nell’“intreccio” inestricabile di due o più particelle, le cui proprietà non possono più essere descritte singolarmente: due particelle entagled si comportano come se fossero tutt’uno, anche se si trovano molto distanti l’una dall’altra.

Consideriamo il caso in cui Alice desideri teletrasportare una particella all’amico Bob, che si trova a grande distante da lei. La particella posseduta da Alice viene distrutta per essere “ricreata” da Bob, ottenendo così una particella con le stesse proprietà di quella iniziale. Tutto ciò può avvenire, in maniera non istantanea, grazie alla condivisione di una coppia di particelle intrecciate, a un canale di comunicazione classico, come internet o il telefono, e a patto che Alice non conosca lo stato della particella da teletrasportare.

Ma se le cose stanno così, il teletrasporto quantistico può avere applicazioni pratiche? Certamente sì. Il teletrasporto è un protocollo della teoria dell’informazione quantistica che sta alla base delle tecnologie del futuro. In particolare, è un fenomeno ampiamente utilizzato all’interno del computer quantistico che, in un futuro non molto lontano, sarà in grado di risolvere problemi attualmente impossibili da affrontare da un normale computer. Inoltre, il teletrasporto quantistico è un buon candidato come protocollo di comunicazione per una rete Internet quantistica. Questa nuova rete garantirà la comunicazione fra sensori, simulatori e computer quantistici creando nuove applicazioni, dalla sicurezza delle comunicazioni allo studio di nuovi medicinali o materiali, fino al monitoraggio ambientale su larga scala.

A livello di ricerca, i primi esperimenti pionieristici di teletrasporto quantistico furono condotti a Roma e a Vienna nel 1997, utilizzando fotoni. In entrambi i casi, i ricercatori riuscirono a teletrasportare a distanza le informazioni quantistiche riproducendo esattamente lo stato di un fotone. Più di recente, lo stesso schema è stato realizzato su grandi distanze mediante un satellite messo in orbita con a bordo una sorgente di fotoni entangled. Ulteriori passi avanti hanno permesso di teletrasportare lo stato di un atomo di itterbio a un secondo atomo identico che si trovava a un metro di distanza.

Il Cnr è particolarmente attivo in questo campo di ricerca grazie alle attività dell’Istituto nazionale di ottica, che negli anni è diventato un’eccellenza nazionale, con innumerevoli contributi apparsi sulle più importanti riviste scientifiche internazionali riguardanti l’ottica quantistica e le comunicazioni quantistiche.

Fonte: Alessandro Zavatta, Istituto nazionale di ottica, e-mail: alessandro.zavatta@ino.cnr.it

https://almanacco.cnr.it/articolo/5419/il-teletrasporto-e-realta-nel-mondo-dei-quanti

sabato 28 settembre 2024

Tolstoj, Dostoevskij e Cechov. - Guendalina Middei

 

Lo sapevate che… un giorno per spiegare le differenze tra Tolstoj, Dostoevskij e Cechov, dissi a miei alunni: immaginate i tre grandi scrittori russi in riva al mare.
Tolstoj vi descriverà il mare in tutta la sua larghezza, in tutta la sua profondità, in tutta la sua immensità, vi dirà da dove arriva quell'onda e dove va, scriverà di correnti e sabbia, barche e navi, vento e vele, e poi isole, scogliere, spiagge, pesci, conchiglie, gabbiani, maree, e poi colori e suoni, odori e immagini, gesti e movimenti, ombre e luci, ecc., e di ogni cosa vi spiegherà le caratteristiche, i dettagli, le particolarità, le peculiarità, le origini, le sfumature.
Dostoevskij, invece, si soffermerà su quella parte di mare in burrasca, su cicloni e tempeste, e vi spiegherà perchè le onde schiumano, si frantumano, spumeggiano, perchè il vento soffia, infuria, sbuffa, scriverà di tifoni improvvisi, di tornadi e uragani, di naufragi e mareggiate; scriverà di mulinelli assassini, dove si creano , perchè si creano, perchè portano dolore e sofferenza, tormento e delirio; perchè pure nel mare c'è il male, la passione, l'inquietudine.
Cechov, dal canto suo, avrà su quella distesa immensa uno sguardo apparentemente più lento, più svogliato, più circospetto, e magari si concentrerà maggiormente, in silenzio, su quei sassolini trascinati sulla riva, senza chiedersi da dove vengono, né dove finiranno, né perchè sono lì, né dove saranno in futuro; ne scriverà brevemente, in modo conciso, magari descrivendoli con la sua sottile, aguzza, affilata ironia.
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (➡️ Tratto da «Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera». Potete leggerne un estratto gratuito qui:

giovedì 15 febbraio 2024

«L’ignorante sa molto. L’intelligente sa poco. Il saggio non sa niente, ma l’imbecille sa sempre tutto». - Guendalina Middei

 

Qualche giorno fa avevo scritto un post su Dante e Ulisse, citando la celebre frase: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». Al che un signore mi scrive: «Ignorante! Si scrive conoscenza non canoscenza (con la a)!» Non contento mi snocciola l’etimologia della parola conoscenza, seguita da tutta una serie di insulti e dall’invito a tornare sui banchi di scuola.
Ecco, anche i bambini sanno che Dante usò la parola «canoscenza» ma non ci fu verso di convincere il signore che era in errore. E non è la prima volta che mi capitano questi episodi. Una volta usai la parola «scancellare» per rendere omaggio alla Morante, e di di nuovo il saccente di turno con la massima arroganza possibile mi diede dell’ignorante.
Vedete, con il tempo ho notato una cosa. Le persone che magari hanno letto migliaia di libri, ma non hanno un diploma sono sempre umili. E lo stesso vale per i grandi. Ti parlano con semplicità, non si vantano mai di ciò che sanno. «È curioso a vedere» diceva Leopardi, «che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici.» Sono quelli convinti di sapere già tutto che sono presuntuosi. E pericolosi. Con i paladini delle grandi certezze non puoi ragionare. Non puoi dialogare.
Ecco, voi potete potete credere in ciò che volete, potete leggere, studiare, e aumentare di giorno in giorno la vostra conoscenza, ma siate sempre pronti a rimettervi in discussione. Siate umili soprattutto! Non c’è nessuna vergogna nel dire «credo, non so». Chi spara sentenze invece spesso finisce per essere come il signore di cui vi ho parlato prima: uno sciocco presuntuoso.

giovedì 26 ottobre 2023

I russi sono matti? - Professor X - G. Middei

 

Chi non ha almeno una volta nella vita sentito parlare di Dostoevskij? O di Gogol e di Tolstoj? E no, non mi importa se oggi non è conveniente, politicamente corretto per la precisione, parlare della letteratura russa. Incominciai a leggere i russi da giovane e da allora non li ho più abbandonati. Ma perché leggere la letteratura russa?
Nella letteratura russa troverete le domande prime e ultime dell’uomo. È tutta un dibattersi di enigmi e dubbi morali, di personaggi dilaniati dai conflitti morali. Uno studente, afflitto dalla miseria, decide di uccidere una vecchia usuraia per dimostrare a se stesso di potersi ergersi al di sopra della legge; nei Fratelli Karamazov l’amore familiare diviene odio, ed un figlio assassina il proprio padre per interposta persona; in Guerra e pace il giovane Pierre si tormenta per capire il senso della vita, mentre Gogol nelle Memorie di un pazzo vi farà toccare con mano la follia.
Non aspettatevi i classici eroi senza macchia e senza paura, gli eroi russi sono sempre complessi, sempre disperati, sempre pieni di contraddizioni. Sono buoni? Cattivi? Sono folli? Non riuscirete mai a stabilirlo. Non del tutto. Dostoevskij vi parlerà dell’amore e della passione, dove si crea, perché si crea, perché porta dolore, gioia e tormento. Tolstoj vi descriverà la vita in tutta la sua larghezza, in tutta la sua profondità, in tutta la sua immensità, ve ne mostrerà le infinite ramificazioni e di ogni cosa, di ogni uomo vi spiegherà le caratteristiche, i dettagli, le particolarità, le origini, le sfumature.
I russi pretendono tanto, chiedono tanto, pretendono attenzione, concentrazione, ma sono la più grande esperienza che possa capitare a un lettore. Leggendo i classici russi, provo sempre un brivido tra le scapole. Leggere un Tolstoj, un Dostoevskij, un Gogol, un Turgenev, è un’esperienza radicale, vi farà mettere in discussione voi stessi, tutto ciò che pensate, sentite, e credete. È la più grande esperienza che possa capitarvi, a patto di avere il coraggio di compierla. Ed è molto più facile dimenticare il numero del telefono del primo amore, che la prima lettura di Delitto e castigo o della Sonata a Kreutzer di Tolstoj. E voi che rapporto avete con la letteratura russa?
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Se vi piace ciò che pubblico, potete trovarmi anche su Instagram, dove vi parlerò dei grandi classici, mi trovate a questo link: https://www.instagram.com/ilprofessorx
#dostoyevski #dostoevskij #tolstoj #letteratura #letteraturarussa #libri

domenica 15 ottobre 2023

Il liceo classico? È inutile ormai, non serve più a nulla. Chi lo difende è un classista. - Professor X - G. Middei

 

In questi giorni sui giornali non si parla d’altro: sono sempre meno i ragazzi iscritti al classico. Proprio ieri ho letto su Repubblica un articolo che parla degli studenti che preferiscono lo scientifico «soft» al liceo classico. Il merito? L’aver eliminato lo studio del latino. A quanto pare oggi «modernizzare e riformare la scuola» significa eliminare dai programmi tutte quelle materie difficili, impegnative, che stressano inutilmente i ragazzi insomma.

Ecco, fateci caso, oggi quando si parla del latino, del greco, della filosofia, c’è sempre qualcuno che obietta: certo, sono cose interessanti, ma sono davvero utili? Non è più utile in fondo insegnare a un ragazzo un mestiere? Ma indovinate un po’? I classisti, i veri classisti sono loro. Perché non c’è niente di più antiquato e classista che dire questo: insegniamo a un ragazzo un mestiere. Gioverebbe a questi fautori del modernismo, ripassare un po’ di storia.

Sapete cosa dicevano gli intellettuali del XIX? Che se ne fa il popolo della letteratura, della storia? Meglio mandarli a bottega, insegnare loro un mestiere, almeno avranno di che campare. E a cosa serve in fondo a una donna, si domandavano altri, avere un’istruzione? Sarà utile per trovarle un buon marito? No, certo che no, insegniamo loro a cantare, a danzare, insegniamo loro l’arte della conversazione, del disegno e del ricamo, non sia mai che si mettano a leggere e poi pensino di essere “intelligenti come un uomo”.

Ecco, sarebbe davvero opportuno oggi prestare un po’ più di attenzione a tutte quelle materie “inutili” come il latino, la storia e la letteratura, ma forse hanno ragione loro, forse non è opportuno educare in questo modo i ragazzi. Non sia mai che poi capiscano da soli che quando il sistema dice loro: imparate un mestiere, non ha a cuore i loro interessi.

Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Carissimi, è appena uscito «Intervista con un matto», il mio nuovo romanzo. Se volete leggerlo anche voi e scoprire di cosa parla, potete leggerne un estratto gratuito qui (andando su Kindle): https://www.amazon.it/Intervista-matto.../dp/883205597X/

#istruzione #scuola #latino #letteratura

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domenica 13 agosto 2023

ProfessorX - G.Maddei

 

«Se istruisci un bambino, avrai un uomo istruito. Se istruisci una bambina, avrai una una donna, una famiglia, una società istruita.»

Rita Levi Montalcini aveva ragione. Però oggi in nome dell’istruzione e del femminismo si vuole riscrivere la nostra cultura, perché i classici e le fiabe del passato sono «maschilisti, medievali, anti femministi». Ma sapete una cosa? Nei classici e nelle fiabe del passato, se li leggete con attenzione, scoprirete una cosa che a questi progressisti di oggi è sfuggita: sono le donne le vere eroine di queste storie, le donne salvano gli uomini e non il contrario!

Ricordate la Divina Commedia? Parla di un uomo che compie un viaggio nell’inferno, nel purgatorio e nel paradiso. Di un uomo che si trova, nel mezzo del cammin della vita, ad attraversare una «selva oscura». Ma il vero protagonista della Divina Commedia non è Dante ma Beatrice. Beatrice salva Dante; è lei che che lo conduce in Paradiso, perché per quest’autore che vi hanno descritto come antiquato, è la donna a salvare l’umanità intera.

Lo stesso vi dirà Dostoevskij: Sonja salva Raskolnikov in Delitto e castigo, ricordandogli cioè che la vera forza dell’uomo è una soltanto: l’amore. Se prendete in mano un classico o un libro di fiabe, troverete sempre la figura di una donna, di una confidente, di una madrina che sostiene l’eroe e lo salva. Com’è possibile allora che questi luminari della cancel culture non lo abbiano capito?

Vedete, leggere e saper leggere non sono la stessa cosa. Guardare e vedere non sono la stessa cosa! Se non sai interpretare, se proietti sul passato i tuoi preconcetti, tu non stai leggendo. Non stai guardando. A me fanno ridere coloro che dicono: «non è moderno!» Il libro più antico di tutti, l’Epopea di Gilgamesh, risale a quattromila anni fa! Vi troverete usanze, costumi e modi di parlare lontanissimi dai nostri, però quando Gilgamesh piange la morte del suo amico Enkidu, quando si domanda «perché c’è la morte?», il suo dolore è identico al nostro. Oggi il vero problema è che la gente non sa guardare: nella società della superficialità vedono soltanto le apparenze e non la sostanza.

G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Cari amici, con un senso di commozione vi comunico che il mio romanzo Clodio è alla sua ultima ristampa. Se vi piacciono la storia e la filosofia, vi lascio il link per leggerne un estratto gratuito: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848

#cultura #letteratura #scuola #istruzione

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venerdì 20 novembre 2020

IO VI ACCUSO. - Marco Galice

 

Queste mie parole non cambieranno niente, ma spero in una condivisione di indignazione che possa diffondersi più di una pandemia.

Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.
Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Questo è il vostro mondo, questo è ciò che da anni vomitate dai vostri studi televisivi.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.
Parlo da insegnante, che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione; che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.
Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.
Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.
Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.

Marco Galice 

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giovedì 25 giugno 2020

Tutte le proposte del Piano: treni, green e meno contanti. - Patrizia De Rubertis

Tutte le proposte del Piano: treni, green e meno contanti

Il Piano di rilancio con le cifre ancora non c’è, ma gli obiettivi per rimettere in piedi l’Italia sono già tracciati dal governo: Alta velocità, pagamenti digitali, investimenti in ricerca e scuola, taglio del cuneo fiscale e l’addio al combustibile fossile. Il premier Giuseppe Conte ora avrà una settimana di tempo per tradurre le proposte raccolte durante gli Stati generali dell’economia in misure concrete per riuscire a “reinventare il Paese, affinché sia moderno, sostenibile e inclusivo”. Un piano che verrà poi presentato a settembre per ottenere le risorse del Recovery plan europeo. Ecco, in sintesi, le linee di intervento.
Iva. Ieri il premier Conte intervistato dal direttore de ilfatto.it Peter Gomez ha ribadito che si sta valutando l’eventualità che l’Iva possa essere abbassata per un breve periodo di tempo seguendo l’esempio della Germania che ha scelto di tagliarla dal 19 al 16% per 6 mesi. Il problema è il costo: ogni punto di aliquota vale 4,3 miliardi nel caso di un taglio dal 22% al 21% e 2,9 miliardi dal 10% al 9%. Sarebbe da finanziare con risorse in deficit. Per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, la riduzione andrebbe inserita in una riforma fiscale di ben più ampio respiro.
Cashless. È uno dei cavalli di battaglia del premier: il piano per i pagamenti digitali, e quindi tracciabili, che consentirà il contrasto al nero. E che in futuro potrebbe anche essere legato alla riduzione dell’Iva. Per ora la proposta, presentata in passato ma mai attuata, prevede di far pagare meno soltanto se si utilizza il bancomat o la carta di credito. Intanto restano su carta le due misure previste dalla legge di Bilancio 2020: il fondo da 3 miliardi del bonus Befana è finito tra le risorse del dl Rilancio e la lotteria degli scontrini è stata rinviata al 2021.
Cuneo fiscale. Un’altra ipotesi per rilanciare l’economia è quella di proseguire sulla linea del taglio del cuneo fiscale e, quindi, del costo del lavoro attraverso una riduzione del prelievo su certi scaglioni dell’Irpef. “Già a luglio avevamo predisposto una misura. È una direzione giusta che va perseguita”, ha detto Conte. La viceministra dell’Economia Laura Castelli ha promesso che nella prossima legge di Bilancio ci sarà un intervento più organico di riforma per la riduzione delle tasse, Irpef compresa.
Alta velocità. È uno dei progetti sui quali governo e maggioranza hanno siglato la tregua: le infrastrutture al Sud. Il primo traguardo potrebbe essere il via alla realizzazione di una linea di Alta velocità da Brindisi a Napoli. L’obiettivo che interessa a Conte è “quello pratico” che consente di accorciare i tempi di percorrenza e che permetta anche al Sud di avere “treni buoni, efficienti e funzionanti”.
Donne manager. C’è la proposta di un voucher per 500 donne per un master in Business administration executives dal valore di 35 mila euro, visto che tra i primi 100 manager più pagati in Italia le donne sono solo 4. La ministra dell’Innovazione tecnologica, Paola Pisano, ha spiegato che “è anche importante che la società aiuti le donne lavoratrici che sono anche madri”.
Green e Digitale. L’impianto del progetto prevede una spinta per la definitiva transizione energetica ed ecologica che punta ad abbandonare i combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili anche grazie ai progetti che verranno realizzati nei distretti dell’economia circolare. Vanno resi strutturali gli incentivi fin qui erogati che, nelle intenzioni del governo, porteranno l’Italia ad “avere l’energia blu e l’idrogeno integrati”. Il governo punta anche colmare il divario digitale esploso con la didattica a distanza e lo smart working. Per farlo va resa Internet accessibile a tutti.
Abuso d’ufficio. Il premier Conte ieri è tornato sulla riforma che già aveva annunciato a maggio: “La immagino per il fatto che i reati debbano essere legati alla certezza. Dobbiamo collegare l’abuso d’ufficio alle deviazioni delle condotte e non ai principi costituzionali”.
Povertà educativa. Reinventare il Paese passa anche per gli investimenti nell’università e nella scuola. C’è bisogno di risorse: per ora il governo ha stanziato 1,4 miliardi per fare ripartire la scuola, ma comunque non bastano.

giovedì 20 febbraio 2020

Fiori per i riti funebri dei Neanderthal. -


Ricostruzione artistica di una cerimonia di sepoltura dei Neanderthal (fonte: Karen Carr)

I resti degli uomini dei Neanderthal nella grotta di Shanidar
(fonte: Graeme Barker)

Grotte come cimiteri, lo indica una nuova sepoltura.

I Neanderthal continuano a sorprendere: un fossile di 70.000 anni fa scoperto nel Kurdistan iracheno, nella grotta di Shanidar già nota per i resti di altri Neaderthaliani, contiene la testimonianza che i riti funebri comprendevano dei fiori. La stessa grotta aveva la funzione di un cimitero. La scoperta è frutto di un rocambolesco scavo archeologico cominciato nel 2014, interrotto poco dopo a causa degli attacchi dell'Isis e ripreso nell'anno successivo. Pubblicato sulla rivista Antiquity, il risultato si deve agli archeologi coordinati da Graeme Barker, dell'università britannica di Cambridge.

"Negli ultimi anni abbiamo avuto prove crescenti che i Neanderthal erano più sofisticati di quanto si pensasse, dai disegni nelle caverne, all'uso di conchiglie a scopo decorativo", rileva la prima autrice dello studio, Emma Pomeroy dell'università di Cambridge. 
"Se gli uomini di Neanderthal usavano la grotta di Shanidar come sito per il rito sepolcrale dei loro morti, questo - ha aggiunto - suggerisce una complessità culturale di alto livello".

La grotta di Shanidar è nota dagli anni '50, quando l'archeologo americano Ralph Solecki scoprì resti di dieci fra uomini, donne e bambini di Neanderthal. Alcuni erano raggruppati e uno degli scheletri era circondato di polline. Solecki affermò che questo mostrava che i Neanderthal seppellivano i loro morti e avevano riti funebri nei quali usavano fiori. La "sepoltura dei fiori" in particolare aprì una lunghissima controversia sul fatto che questi uomini primitivi fossero davvero capaci di tali raffinatezze culturali.

Più di 50 anni più tardi gli archeologi sono ritornati a scavare nella grotta e hanno scoperto il cranio e le ossa del tronco quasi completo di un altro Neanderthal. Le prime analisi suggeriscono che è un adulto di mezza età ma ancora non è stato determinato il sesso.

Quattro dei Neanderthal, tra cui la "sepoltura dei fiori" e l'ultima scoperta, sono raggruppati e questo secondo gli esperti solleva la questione se gli uomini di Neanderthal tornassero nello stesso punto nella grotta per interrare i loro morti.


https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/ragazzi/news/2020/02/18/fiori-per-i-riti-funebri-dei-neanderthal-_7155928f-b180-4765-bd0e-cead27479235.html

lunedì 2 dicembre 2019

Noam Chomsky e Pepe Mujica insieme in un documentario che lancia un messaggio importante alle nuove generazioni. - Francesca Biagioli

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Uno speciale incontro tra Noam Chomsky, noto linguista, filosofo e attivista politico, e Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, è già stato registrato nei giorni scorsi e a breve diventerà un documentario, a patto di trovare i finanziamenti necessari al post-produzione.
Due “giganti” della cultura e della politica di oggi a livello mondiale si sono incontrati per discutere di società, cultura e politica. Parliamo di Noam Chomsky che, secondo il New York Times, è “il più importante intellettuale oggi vivente” e di José “Pepe” Mujica, l’amatissimo ex presidente dell’Uruguay di cui anche noi più volte vi abbiamo parlato.
Il primo è un filosofo americano e uno dei più iconici attivisti politici dei nostri tempi, conosciuto anche per i suoi importanti contributi nel campo della linguistica,  mentre Mujica faceva parte del movimento Tupamaros in Uruguay a cui si unì negli anni sessanta durante la dittatura uruguaiana, trascorse quasi 15 anni in prigione e dal 2010 al 2015 divenne presidente dell’Uruguay.
A filmare il loro incontro è stato il giovane regista messicano Saúl Alvídrez, che ha avuto la brillante idea di far trascorre ai due intellettuali un fine settimana insieme in modo da realizzare un documentario. L’obiettivo era parlare dell’attuale e non certo rosea situazione mondiale conoscendo il parere e le possibili soluzioni di Chomsky & Mujica (così si intitola il documentario).
L’incontro si è svolto a Montevideo, sia il linguista e filosofo americano che l’ex presidente dell’Uruguay hanno partecipato con le loro mogli, Valeria e Lucia, e hanno trascorso l’intero fine settimana a chiacchierare mentre le telecamere li filmavano.
Nonostante la loro età (Chomsky ha 90 anni e Mujica, 84) il documentario è molto attuale ed è destinato in particolare ai giovani.
Come ha dichiarato il regista:
”È un messaggio bellissimo e urgente per l’umanità. Esplora l’amore, la vita, la libertà, il potere e le principali sfide del 21° secolo insieme a due personaggi straordinari che non si erano mai incontrati prima. Le giovani generazioni hanno ereditato il più grave pericolo e la responsabilità di tutta la storia umana. Oggi, il collasso ecologico, economico, politico e sociale della nostra insostenibile civiltà sembra imminente. Pertanto, le nuove generazioni devono realizzare un cambiamento globale radicale nei prossimi decenni; ma come? Questo progetto cerca di rispondere a questa domanda, semplicemente perché è la domanda più importante del momento”
Questo speciale incontro si appresta dunque a diventare un documentario a tutti gli effetti pieno di riflessioni e conversazioni molto profonde ma per il post produzione sono necessari molti fondi e per ottenerli è stata aperta una raccolta su una piattaforma di crowdfunding, Kickstarter dove è disponibile anche l’anteprima video.
Per poter coprire le spese di post-produzione del documentario è necessario raccogliere circa 17mila dollari (obiettivo già raggiunto) ma meglio 30mila dollari in modo da poterlo far uscire entro maggio 2020 e, ancora meglio, 38 mila dollari, in modo da coprire anche i costi per la distribuzione del documentario nei festival.
Deve essere stato davvero un incontro senza precedenti e pieno di saggezza. Siamo molto curiosi di conoscere tutti i dettagli del loro speciale finesettimana!

giovedì 10 ottobre 2019

Civiltà degli Olmechi.

olmechi
queste teste colossali si trovano nel parco di la Venta e forse rappresentano  re o sacerdoti

Gli Olmechi erano un’antica civiltà precolombiana che viveva nell’area tropicale dell’odierno Messico centro-meridionale, approssimativamente negli stati messicani di Veracruz e Tabasco sul Istmo di Tehuantepec. La civiltà olmeca fiorì durante il periodo formativo (Preclassico) mesoamericano, estendentesi approssimativamente dal 1400 a.C. al 400 a.C. Gli Olmechi costituirono la prima civiltà mesoamericana e stabilirono le fondamenta delle culture successive. Esistono prove che gli Olmechi praticassero il sacrificio umano e praticassero un primitivo gioco con la palla (gioco della pala mesoamericano), caratteristiche di tutte le successive culture. L’influenza culturale olmeca fu molto ampia, tanto che opere d’arte di questa civiltà sono state trovate anche a EL Salvador Questo popolo ebbe il predominio nella sua area da circa il 1200 a circa il 400 A. C. e da molti è considerata la cultura madre di tutte le successive civiltà mesoamericane.

Il termine “olmechi” significa la gente della gomma in nahuatl, lingua con cui gli aztechi indicavano la popolazione di quest’area che cadde sotto il loro controllo. In effetti in quest’area si estraeva il lattice dalla Castiglia elastica, un tipo di albero della gomma presente nella zona e utilizzato in diversi modi. Non si sa se questo popolo si definisse col termine di olmechi, mentre alcune successive fonti mesoamericane sembrano riferirsi a loro col termine di Tomoanchan. Gli studiosi concordano quasi del tutto sul fatto che gli olmechi parlassero una lingua appartenente alla famiglia Mixe-Zoque anche se le prove di ciò sono comunque limitate. Sta di fatto che la lingua olmeca è sconosciuta dato che non esistono persone che la parlano.
La storia olmeca si suddivide in tre periodi. 
Cultura di san lorenzo dal 1200 A.C. al 900 A.C.: fu da questa zona che cominciarono ad emergere le caratteristiche di questa civiltà, la cui ascesa fu probabilmente favorita dalle pianure alluvionali dell’area che favorirono un’elevata produzione di mais (situazione dunque analoga a quella vissuta in Mesopotamia o in Egitto). Si discute se l’alta concentrazione di popolazione a San Lorenzo incoraggiò la nascita e lo sviluppo di un’élite che alla fine portò gli olmechi a dominare e che fu alla base dello sviluppo di una cultura materiale raffinata, che avrebbe fatto venire anche da lontano i materiali necessari a soddisfare i propri bisogni, segno questo dell’esistenza di un’ampia e sviluppata rete commerciale.
Cultura di la Venta dal 900 A.C. al 400 A.C. San Lorenzo fu abbandonato attorno al 900, più o meno attorno al periodo in cui acquistò importanza il centro di La Venta. Alla base di questo spostamento potrebbero esserci stati cambiamenti ambientali, che provocarono anche il cambiamento del corso di alcuni importanti fiumi. La distruzione di molti monumenti a San Lorenzo attorno al 950 A.C. potrebbe essere spiegata con una ribellione interna o con un’invasione dall’esterno. Comunque, La Venta fu il più importante centro olmeco fino al 400 A.C. circa. Durante questo periodo, la grande piramide e diversi complessi cerimoniali furono costruiti in questo centro. Sebbene attorno al 400 il centro di La Venta avesse esaurito il suo ruolo, l’importanza dei complessi cerimoniali sembra essere durata più a lungo all’interno della cultura olmeca.
Cultura di Tres Zapotes dal 4000 A.C.al 200 A.C. non si sa con certezza cosa accadde agli olmechi. Il sito di Tres Zapotes continuò a essere occupato anche dopo il 400, ma senza i tipici segni della cultura olmeca. Alcuni studiosi hanno definito questo periodo cultura EpiOlmeca, che ha elementi simili a quelli riscontrabili a Izapa (città maya in Chiapas). Un centinaio di anni dopo l’abbandono delle ultime città olmeche, altre culture si erano già saldamente insediate in quell’area, come quella maya nella penisola dello Yucatan quella Zapoteca nella valle di Oaxaca.
L’arte olmeca consiste sia in sculture statuarie sia in piccole sculture in verde. Gran parte di quest’arte è altamente stilizzata e utilizza un’iconografia dai forti significati religiosi. E tuttavia una certa arte è sorprendentemente naturalistica, riproducendo con grande esattezza i dettagli dell’anatomia umana come solo quella maya, nel suo periodo più fulgido, fece nell’ambito delle civiltà precolombiane. Oltre ai soggetti umani, molto rappresentati sono anche gli animali.. La ceramica olmeca era prodotta in forni capaci di superare i 900 °C (l’unica altra cultura antica capace di ciò era quella egiziana).
La mitologia olmeca influenzò in maniera significativa lo sviluppo sociale e culturale del mondo mesoamericano. Non esistono testimonianze dirette delle credenze olmeche (come invece ci sono per i Maya  K’iche del Guatemala che hanno lasciato il libro noto come Popol Vuh), ma gli elementi dell’arte di questo popolo, comparati con le meglio note credenze di popoli successivi, possono aiutare a far luce su questo aspetto. La religione olmeca è accostata a quella dei maya: un sistema politeistico in cui gli dei più importanti erano il Dio-giaguaro (da cui sarebbe disceso il popolo olmeco),Quetzalcoatl(serpente piumato), il dio della pioggia, il dio sole e il dio del mais, il cui culto era affidato a sacerdoti che praticavano riti propiziatori con sacrifici umani.
tumulo di la Venta.jpg
scultura e tumulo in terra a La Venta sito olmeco fondato intorno al 1200 A.C.