domenica 7 ottobre 2012

Quelle 350mila firme buttate nel cesso per un Parlamento Pulito.



"Se siete onesti, dovete ammettere che quello che oggi tutti cercano improvvisamente di fare, Grillo voleva farlo già cinque anni fa. E tutti gli ridevano dietro. Questi sono tempi in cui Fini lancia la campagna "Liste pulite - fuori i corrotti dalla politica", e per farlo ha la brillante idea di proporre una petizione popolare e mettersi a raccogliere firme. Sono tempi in cui Giorgia Meloni lancia una proposta di legge per ripristinare la preferenza diretta. Sono tempi in cui perfino Berlusconi, dopo le ostriche di Fiorito. dichiara di voler fare pulizia interna. Sono tempi in cui anche il cosiddetto nuovo che avanza si mette a chiedere un limite sul numero dei mandati e l'abolizione dei rimborsi elettorali, come "Fermate il declino" di Oscar Giannino. E sono addirittura tempi in cui i grandi protagonisti della politica riscoprono il significato di termini come "movimento" in contrapposizione a "partito" e parlano di "liste civiche", come Pierferdinando Casini, anche se poi dentro a queste liste civiche ci finiscono grandi imprenditori che certamente, di civico nel senso di comune cittadino, hanno poco. Sono tutti tentativi di riverginatura. Se questo tentativo fosse onesto, avrebbero non dico appoggiato la proposta di legge popolare di Beppe Grillo, presentata cinque anni fa, ma perlomeno rispettato la Costituzione italiana, che all'Art.71 recita: "Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli". E cosa la esercita a fare, se poi la proposta non viene calendarizzata per la discussione in aula? Trecentocinquantamila fantasmi, apolidi, che il Parlamento dei nominati ha sfregiato con il peggiore degli insulti: li ha ignorati. Scrive non un pericoloso professionista dell'antipolitica, ma uno stimato costituzionalista come Michele Ainis: "La facoltà prevista dalla Costituzione all'Art.71 di presentare una legge di iniziativa popolare si è ridotta di più e né meno che al ruolo che avevano un tempo le suppliche al sovrano. Con il Parlamento che si arroga il diritto di occuparsene o meno così, a capriccio. Come quei monarchi annoiati che, mollemente adagiati sul trono, decidevano il destino di questo o quel poveretto condotto al loro cospetto sollevando o abbassando il mignolo inanellato". Ad aprile, se nessuno ne discuterà in Parlamento, superate le due legislature la proposta di legge popolare "Parlamento Pulito" si avrà come mai pervenuta. Trecentocinquantamila firme saranno allora prese e buttate nel cesso. Una delle prove più evidenti e indiscutibili del vuoto significato della parola democrazia in questo paese." 

Claudio Messora, blogger

http://www.beppegrillo.it/2012/10/quelle_350mila_firme/index.html

Ha, ha, ha...



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I pm: "Ecco perché Formigoni può essere ricattato". - Piero Colaprico


I pm: "Ecco perché Formigoni può essere ricattato"


I giudici: Daccò e Simone restino in cella, possono ancora incidere sulla Regione. Il governatore: accanimento senza precedenti, tanta durezza neanche con Mani pulite.

MILANO - "Non mi faccio condizionare da nessuno. Com'è possibile dipingere un presidente Formigoni condizionato da qualcuno?", dice il governatore della Regione Lombardia.

Lo dice dopo aver saputo che i magistrati vogliono tenere ancora in carcere i due faccendieri Piero Daccò e Antonio Simone, perché hanno potere di ricatto, e perché stanno arrivando altre carte giudiziarie. Formigoni contrattacca, ma è come se non ricordasse di aver ricevuto a giugno l'invito a comparire per corruzione, e di non aver mai mostrato le ricevute dei cinque lussuosi capidanno, di yacht a disposizione, di eventi, cene e vari benefit mai pagati da lui. 


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Ecco il lodo “Salva Ilva”, bozza pronta per il prossimo Consiglio dei ministri. - Salvatore Cannavò


Ilva Taranto

Alla lettura del testo, che Il Fatto ha potuto consultare e che non è ancora ufficiale, appare chiaro, in effetti, che l'impatto delle nuove norme, se approvate, sarebbe quello di garantire l'attività produttiva allo stabilimento di Taranto, nonostante quanto stabilito dal Gip e la sostenibilità economica degli interventi di bonifica.

Il provvedimento è entrato l’altro ieri in Consiglio dei ministri, ma è stato rinviato alla prossima seduta. La bozza però è già scritta e prevede un pacchetto di semplificazioni normative che fanno discutere gli ambientalisti. In particolare i due articoli dedicati alla bonifica ambientale, ribattezzati articoli “salva Ilva”. Alla lettura del testo, che Il Fatto ha potuto consultare e che non è ancora ufficiale, appare chiaro, in effetti, che l’impatto delle nuove norme, se approvate, sarebbe quello di garantire l’attività produttiva allo stabilimento di Taranto, nonostante quanto stabilito dal Gip e la sostenibilità economica degli interventi di bonifica. Gli articoli “incriminati” sono due, il 21 e il 22. Con l’articolo 21 si tratta la “Gestione delle acque sotterranee emunte” cioè la messa in sicurezza della falda acquifera.
A essere oggetto di “semplificazione” è il decreto legislativo 152 del 2006, il cosiddetto Codice dell’Ambiente, di cui verrebbe sostituito l’articolo 243. “Nei casi in cui – si legge – le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile (corsivo nostro, ndr) devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche”. L’intervento, insomma, è stabilito “ove possibile ed economicamente sostenibile” senza precisare nemmeno a chi spetti la valutazione circa la possibilità e l’economicità di tali misure. “Sarebbe una vergogna perché fa cadere il principio europeo secondo cui chi inquina paga” commenta al Fatto, il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli.
Va inoltre aggiunto che “gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate” – cioè gli unici realmente efficaci, secondo gli ambientalisti – sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Una diminuzione dell’efficacia, quindi, sancita per legge. All’articolo 22, invece, si passa a una norma che sembra scritta apposta per risolvere il contenzioso che si è aperto a Taranto in questi mesi. Sotto il titolo di “procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza”, si legge che “Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione”. Nessuno stop agli impianti, dunque, come l’Ilva chiede da mesi in relazione alle disposizione del Gip ma anche della Procura tarantina. “Si tratta di un gran favore economico fatto agli inquinatori d’Italia, non solo a Taranto” commenta ancora Bonellli. “Se non saranno economicamente sostenibili gli interventi non saranno fatti”.
Altre misure di alleggerimento vengono previste anche per quanto riguarda il permesso di costruire in caso di vincoli, per cui scatta il silenzio-assenso, ma anche per le norme che regolano la Valutazione di impatto ambientale (Via) per la quale scompare l’obbligo di pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale e nel Bur regionale. Basterà la pubblicazione sul sito web dell’Autorità competente.

Formigoni, urlare per non dire. - Peter Gomez



Fino a tre mesi fa Roberto Formigoni si ispirava a un celebre aforisma del poeta Paul Valéry: “Quando non si può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore”.
Non appena c’erano domande sulle sue vacanze dal valore di molte centinaia di migliaia di euro, pagate da Pierangelo Daccò, il governatore accusava la stampa di aver falsificato i verbali. Poi è arrivato l’invito a comparire per corruzione. E Formigoni dai poeti è passato ai filosofi.
Per distogliere l’attenzione dal nocciolo della questione – a Daccò sono stati versati 70 milioni di euro da un ospedale privato come compenso per i 200 milioni di fondi regionali concessi a quella struttura – il Celeste si è aggrappato all’Arte di ottener ragione, il trattato di Shopenhauer pubblicato postumo perché il grande pensatore si vergognava di avervi minuziosamente elencato “le vie traverse e i trucchi di cui si serve la natura umana per celare i suoi difetti”.
Stratagemmi del tipo: se si è di fronte a un’argomentazione che ci batterà “non dobbiamo consentire che sia portata a termine, ma dobbiamo interrompere e sviare”. Regola applicata mercoledì sera anche a Porta a Porta quando chi scrive ha tentato di farlo parlare degli scandali della sanità lombarda. Con due particolarità però. Formigoni alza sempre di più toni, arrivando ormai a urlare. E, per anestetizzare i cittadini, occupa costantemente il piccolo schermo.
Perché come spiega questa volta uno storico, Tacito: “Il crimine, quando scoperto, non ha altro rifugio che la sfrontatezza”. E noi, che siamo semplici cronisti, la sfrontatezza la vediamo tutta. Il resto, invece, è solo materia da tribunali.