lunedì 27 aprile 2015

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse. - Giorgio Velardi e Lea Vendramel

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse

Avvocati, imprenditori e medici possono continuare a esercitare, al contrario dei dipendenti. Con accumulo di retribuzioni e possibili cortocircuiti (che la legge non sanziona). C'è chi "dorme meno di notte", chi sacrifica i weekend, chi si affida a uno staff. E chi, come Ghedini, Longo e Tremonti, alle votazioni non si vede quasi mai.

Molti di loro hanno superato la tagliola della Giunta per le elezioni di Montecitorio e Palazzo Madama: nessuna incompatibilità. Ma a ben guardare restano dubbi di un conflitto di interessi latente. La certezza, però, sono i tanti soldi in tasca. Almeno stando alle dichiarazioni dei redditi depositate in Parlamento. Molti dei nostri deputati e senatori non si accontentano, infatti, di occupare lo scranno. E continuano a svolgere indisturbati l’attività in cui erano impegnati prima dell’elezione. Soprattutto avvocati, commercialisti, imprenditori e medici dividono le giornate tra i corridoi dei Palazzi e i loro uffici. Circondandosi spesso di fidati collaboratori, ma incassando gli utili a fine anno. Al contrario di chi, come i dipendenti pubblici (docenti universitari, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, solo per citare alcuni casi) è costretto per legge a fare un momentaneo passo indietro. Insomma, se suscita qualche perplessità la nuova attività di viticoltore di Massimo D’Alema (che pure non ha più incarichi pubblici né di partito), non può non essere così per i parlamentari in carica. Per carità: nessuna violazione della legge. Ma qualche problema sorge quando il Parlamento si trova a legiferare su materie che li riguardano direttamente.
È così, per esempio, per Niccolò Ghedini e Piero Longo. Storici avvocati di Silvio Berlusconi che dividono uno studio a Padova e che, nonostante il mandato parlamentare, continuano a frequentare assiduamente le aule di tribunale. Capirlo non è così difficile. Basta soffermarsi sulle percentuali di assenza al momento delle votazioni calcolate da Openpolis: il 99% per Ghedini, recordman dei parlamentari “assenteisti”, e l’86% per Longo. E sulle loro dichiarazioni dei redditi, visto che nel 2014 il primo ha guadagnato oltre 2 milioni di euro e il secondo più di 900mila. Percentuale di assenze simile la fa registrare anche Giulio Tremonti, che ha saltato l’85% delle votazioni (e ha un reddito di quasi 3 milioni e mezzo di euro). L’ex ministro dell’Economia risulta socio dello studio legale “Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi e Associati” con sedi a Milano e Roma. Su di lui al momento pende una richiesta di autorizzazione a procedere che la Procura di Milano ha inviato al Senato. Tremonti, infatti, è indagato per corruzione per il presunto versamento di 2,4 milioni di euro al suo studio da parte di Finmeccanica, nell’ambito dell’acquisto della statunitense Drs, azienda produttrice di supporti militari, quando era ministro.
Da inizio legislatura Gregorio Gitti, invece, è passato da Scelta civica al Partito democratico. Ciò però non gli ha impedito di continuare a svolgere la professione di avvocato nello studio legale “Pavesi Gitti Verzoni”. Il genero di Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), contattato da ilfattoquotidiano.it, spiega che da dopo l’elezione “gli impegni professionali variano a seconda di quelli parlamentari. Di solito – spiega Gitti – dal martedì al giovedì sono a Montecitorio”. Il deputato del Pd rigetta comunque qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi. Anzi, dice, “trovo vantaggioso il fatto che oggi in Parlamento ci siano figure con una loro indipendenza professionale”. E proprio questa gli ha permesso di dichiarare un reddito di 3,9 milioni di euro, complici anche le numerose partecipazioni nonché le cariche ricoperte nei consigli di amministrazione di diverse società, che lo rendono il secondo parlamentare più ricco di tutti.
Circostanze, queste, che per il presidente del Gruppo Misto Pino Pisicchio forniscono più di uno spunto di criticità. “Pur avendo da sempre un peso specifico molto forte in Parlamento, soprattutto in commissione Giustizia, situazione che pone un’evidente dimensione di prossimità rispetto ai temi ordinistici, gli avvocati non hanno alcun tipo di incompatibilità”, fa notare Pisicchio. Il quale ricorda come “in passato ci sono state delle proposte per renderla formale, ma sono cadute tutte nel dimenticatoio, sintomo che da un punto di vista politico e dell’etica pubblica è un tema sempre molto attuale. Gli avvocati – conclude Pisicchio – sono un elemento della giurisdizione al pari dei magistrati, ma mentre questi ultimi sono obbligati ad andare in aspettativa per legge, come è giusto che sia, i primi non hanno nessuna costrizione”. Una discrepanza singolare.
Anche gli imprenditori possono vantare un record. Quello del parlamentare con la dichiarazione dei redditi più importante:Antonio Angelucci con oltre 5,3 milioni di euro. Ma il “re delle cliniche”, esponente di Forza Italia, detiene anche un altro primato, stavolta meno edificante: è il deputato più assente, con sole 86 presenze sulle quasi 9mila votazioni (0,99%). Cifre che fanno capire come le sue aziende abbiano la precedenza rispetto alla cosa pubblica. Pur di non lasciare la propria attività c’è chi, addirittura, arriva a “sacrificare” la famiglia. Come il forzista Bernabò Bocca, numero uno di Federalberghi e presidente di Sina Hotels (gruppo di hotel di lusso). “Sommando tutti gli impegni, le ore della giornata e della settimana che restano per i miei due figli, di 4 e 6 anni, sono poche, cerco di ritagliarmi la domenica per stare con loro”. Fra le due, l’attività principale di Bocca resta quella imprenditoriale: “Rappresenta il mio futuro e quindi non potevo permettermi di abbandonarla – spiega il senatore –. Dedico alle aziende due giorni e mezzo a settimana, spesso anche il sabato e la sera al termine dell’attività parlamentare”. Conflitto di interessi? Nemmeno a parlarne. E casomai, se c’è, questo “è solo di tipo temporale perché non ho incarichi di governo. Cerco di mettere il mio know-how di imprenditore al servizio del mondo delle imprese in genere, sicuramente non la mia”.
Paolo Vitelli ha, invece, delegato a un manager la gestione di Azimut Benetti, il più grande gruppo privato del settore nautico al mondo, che egli stesso ha fondato 40 anni fa. Il deputato di Scelta civica continua però a dedicare tempo alla sua azienda. “Seguire il Ceo, fornire il mio know-how e garantire un briciolo di rappresentanza mi porta ad essere in ufficio il sabato e la domenica – racconta Vitelli – il lunedì e il venerdì gli dedico un terzo della giornata, mentre ogni sera, finita l’attività parlamentare, leggo e rispondo alle e-mail”.
A un altro esponente montiano, Gianfranco Librandi, “piace tantissimo essere parlamentare, forse più che fare l’imprenditore”. Ma ciò non è comunque bastato per lasciare del tutto la Tci srl, azienda che ha fondato nel 1987 e che opera nel campo dell’illuminazione. Di solito “sto in azienda il sabato, il lunedì e quando ci sono dei clienti troppo importanti”, dice Librandi. Per conciliare le due attività, il deputato di Scelta civica ha preso in affitto un ufficio privato a Roma dove, racconta, invita spesso i suoi clienti. Oltretutto Librandi è anche il tesoriere del partito: un ulteriore impegno che “a volte non mi permette di essere presente alle votazioni”.
C’è poi chi per fare tutto non dorme più. “Da quando sono parlamentare ho scoperto purtroppo che di notte si può fare anche altro oltre che dormire”, afferma Paolo Galimberti, ex presidente dei giovani di Confcommercio (incarico lasciato a causa dell’ingresso a Palazzo Madama), oggi senatore di Forza Italia. Il quale rivela che, per prepararsi al meglio sui temi da trattare in aula e in commissione, ha “drammaticamente” ridotto le ore di sonno: non più di quattro a notte. Galimberti è vicepresidente dell’azienda che porta il suo nome, specializzata nella vendita al dettaglio e all’ingrosso di elettrodomestici e di elettronica di consumo. Così sicuro dell’elezione da nominare prima del voto del 2013 un direttore generale a cui affidare la gestione ordinaria dell’azienda, a cui comunque dedica in genere il lunedì per occuparsi della parte strategica. “Non lavoro con il pubblico, non partecipo ad appalti, non ho mai avuto rapporti con lo Stato, quindi – conclude – non c’è nessun conflitto di interessi”.
Ha mantenuto a tutti gli effetti la presidenza della sua Brembo, invece, Alberto Bombassei. Il quale oltretutto, come verificato da ilfattoquotidiano.it, siede ancora nel consiglio di amministrazione di Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv). Pur continuando a sedere nel Cda della Piaggio in qualità di vice presidente, il ruolo di Roberto Colaninno (Pd) non è più esecutivo. Tanto che lui stesso tiene a precisare che “la mia presenza in aula è significativa, basta guardare le statistiche”. Le quali dicono che è stato presente a quasi il 70% delle votazioni.
Si dividono tra le aule parlamentari e il loro studio privato Pasquale Maietta (Fratelli d’Italia) e Giuseppe Marinello (Nuovo centrodestra). Anche se, dicono, l’attività parlamentare è comunque il loro primo impegno. Maietta, commercialista e al tempo stesso presidente del Latina Calcio, spiega che “la nomina a deputato ha sottratto la quasi totalità della mia presenza presso lo studio del quale sono titolare, ma ciò non ha minimamente compromesso l’andamento delle sue attività in quanto sin dai tempi della mia entrata in politica ho provveduto a circondarmi di uno staff in grado di gestirne le funzioni in piena autonomia”. Marinello, invece, medico e socio all’1% di uno studio dentistico a Menfi, racconta che “fino al 2012 ero direttamente coinvolto, mentre nel 2013 e 2014 ho svolto prevalentemente attività di consulenza, cosa che farò probabilmente anche nel 2015. Sono un libero professionista, quindi devo mantenere la professione”.
Qualcuno, però, ha fatto volontariamente un passo indietro. “Da quando sono senatore ho sostanzialmente azzerato l’attività forense, salvo portare a compimento quegli incarichi che non potevo interrompere senza fare un danno al cliente”, rivela Pietro Ichino (Pd). Che negli ultimi sette anni, cioè da quando è parlamentare, ha dato “soltanto tre pareri”. Stessa cosa è avvenuta anche per quanto riguarda la docenza universitaria. “Ho sospeso l’attività didattica limitandomi a tenere qualche lezione quando me lo chiede un collega”. A differenza di altri, per Ichino “la mia attività professionale e l’attività parlamentare sono di fatto incompatibili, perché soprattutto in materia di lavoro l’assistenza giudiziale comporta la presenza in udienza dell’avvocato e se ci si fa sostituire si fa un cattivo servizio al cliente”. Un parlamentare, aggiunge il senatore del Pd, “non può garantire questa presenza a meno che non sacrifichi l’impegno in Parlamento al lavoro forense, ma questo sarebbe scorretto per un altro verso, quindi o si fa una cosa o si fa l’altra”. Deputato “full time” anche Carlo Dell’Aringa (Pd), docente di Economica politica alla Cattolica di Milano (università privata): “Da dopo l’elezione non ho più svolto nessuna attività né di consulenza né di insegnamento”. C’è, infine, chi è stato “costretto” a doversi dividere tra i due impegni. È il caso di Michela Marzano, deputata del Pd e professore ordinario di filosofia morale all’Università René Descartes di Parigi. “Ho chiesto l’aspettativa – dice Marzano – ma il sistema francese la prevede solo per i professori associati e non per gli ordinari. Quindi, il sabato e la domenica ricevo gli studenti a casa, mentre il lunedì faccio otto ore di lezione e la sera torno a Roma con l’ultimo aereo. È faticoso, ma è anche una boccata d’ossigeno visto che il lavoro in commissione Giustizia è incentrato sugli stessi temi di cui insegno”.

domenica 26 aprile 2015

Corruzione: “Miliardi della Banca europea in opere segnate da sprechi e mazzette”. - Lorenzo Bagnoli

Corruzione: “Miliardi della Banca europea in opere segnate da sprechi e mazzette”

Il dossier dell'associazione Re:Common sull'utilizzo dei fondi dell'istituzione che nel 2015 ha stanziato per l'Italia 10,9 miliardi. Dal passante di Mestre al Mose, dal rigassisficatore Iren alla Salerno-Reggio Calabria. Tra costi esplosi e inchieste della magistratura.


L’Unione Europea ha contribuito ad alimentare il sistema corruttivo in Italia, erogando fondi senza verificare a dovere che fine facessero. 
E se chi li riceveva sperperava invece di investire. 
È quanto sostiene l’associazione Re:Common nel suo dossier Malaffare italianodenaro europeo, che ilfattoquotidiano.it ha avuto in anteprima. L’investigazione mette in fila i dati ufficiali degli investimenti della Banca europea per gli investimenti (Bei), istituto che concede prestiti a un basso tasso d’interesse per finanziare progetti volti a migliorare le infrastrutture, l’approvvigionamento energetico o la sostenibilità ambientale. È facile provare come l’elargizione non porti progressi alla grande opera. E i costi, invece, schizzano sempre alle stelle. 
Se è vero che il Rapporto 2014 di Transparency International relega l’Italia al 69esimo posto nel mondo per trasparenza, è lecito porsi la domanda: dove sono scomparsi i soldi. Soprattutto se da novembre 2014 il piano targato Junker per uscire dalla crisi della zona euro prevede 315 miliardi per investimenti pubblico-privati. 
“Non c’è corruzione che tenga – notano i ricercatori di Re:Common – Le grandi opere si faranno perché si devono fare”.
Per il 2015 il finanziamento all’Italia della Bei è di 10,9 miliardi di euro, a cui si aggiungono 500 milioni provenienti dal Fondo europeo per gli investimenti. In un cimitero di segni meno per i flussi di cassa da Bruxelles a Roma (in particolare nel settore agricoltura), la Bei viaggia in direzione ostinata e contraria: +4% sul 2013. “Dallo scoppio della crisi nel 2008 la Bei ha fatto nuovi prestiti in Italia per 63 miliardi di euro che hanno attivato circa 180 miliardi di euro. Nello stesso periodo sono state finanziate circa 77.000 Pmi, di cui 6.700 nel solo 2014″, dichiarava ai giornalisti il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco il 19 gennaio 2015, a bilancio appena chiuso. 
Sarebbe un’ottima notizia. 
Se non fosse per quei soldi spesi per non realizzare niente.

IL SISTEMA VENETO
Per primo fu il Passante di Mestre, i 32 chilometri che collegano Dolo e Quarto d’Altino. Il viaggio comincia da qui. Nel 2003 costava 750 milioni di euro, lievitati a 1,34 miliardi quando si è arrivati all’apertura

All’inizio doveva essere realizzata da un consorzio di società (tra cui ImpregiloMantovaniCmc e altre aziende note alla magistratura), poi subentra loro la Cav (Concessioni autostradali venete), partecipata di Anas e Regione Veneto. Nel 2011 la Corte dei Conti segnala un aumento dei costi sospetto e un’anomalia nella struttura societaria. Il commissario Silvano Vernizzi è anche amministratore delegato di Veneto Strade e uomo chiave dell’assessorato alle Infrastrutture. Vernizzi è indagato per turbativa d’asta legata ad un altro progetto. Nonostante tutto questo, ricordano i ricercatori di Re:Common, la Bei presta soccorso alla compagnia che sta realizzando il passante con 350 milioni di euro, erogati nel 2013. A gennaio 2014 Re:Common, insieme al comitato cittadino Opzione Zero e alla rete europea Counter Balance, ha scritto all’Olaf, l’ufficio europeo anticorruzione per segnalare le irregolarità.

La Bei insiste sulla sua linea: Scannapieco in un’audizione in commissione Politiche Ue del Senato il 16 aprile ha garantito che il Passante sarà sostenuto con un project bond emesso dalla Bei a partire dall’estate, con la quale la Banca europea garantirà finanziatori stranieri per l’opera. 
Anas nel passante di Mestre, nota l’associazione, è committente ed esecutore dei lavori, controllore e controllato. 
E affida i subappalti per la realizzazione dell’opera, tra gli altri, alla Mantovani spa. La dirigenza nel febbraio 2013 è in carcere per associazione a delinquere finalizzata alle false fatture, inchiesta che poi si svilupperà nel caso Mose e coinvolgerà il parlamentare Giancarlo Galan, che dal Consorzio, a quanto è emerso dall’inchiesta, riceveva uno stipendio
La Mantovani fa parte del Consorzio Venezia Nuova, stazione appaltante. Una storia infinita, cominciata nel 1991 e che (forse) si chiuderà nel 2016. “La spesa – ricorda Re:Common – ha raggiunto i 5,49 miliardi di euro. Per completare il tutto serviranno almeno altri 220 milioni di euro, a cui si stima vada aggiunto un altro miliardo e mezzo per la manutenzione ordinaria”. Ovviamente la Bei contribuisce. Con 1,5 miliardi di euro, uno stanziamento mai visto prima.

L’IREN
Tra i maggiori azionisti conta i Comuni di ParmaTorino,Genova e Reggio Emilia. La multiutility Iren spa possiede quote importanti del rigassificatore di Livorno e dell’inceneritore di Parma. Due opere inutili, per Re:Common. “Il privato sente puzza di bruciato, ma il pubblico dà lo stesso il suo sostegno”, sottolineano i ricercatori. La Banca europea per gli investimenti garantisce all’Iren il solito salvagente: 860 milioni di euro. Il bilancio fa acqua da tutte le parti: l’esposizione debitoria della multiutility è di 2,525 miliardi di dollari. 

Per uscire dal guado, la società si ricapitalizza in borsa, attraverso uno strumento chiamato dividend lending (prestito dividendi) e per i dividendi agli azionisti si affida ai rabbocchi di istituzioni amiche, come la Bei. 
Tutto a posto? 
Non proprio. 
Il debito è stato ridotto solo di 30 milioni e nel contempo la magistratura di Parma (era il 2013) accusa Luigi Giuseppe Villani, vicepresidente di Iren e di Iren Mercato, e l’ex sindaco di Parma Pietro Vignali di essersi appropriati di fondi del Comune di Parma, utilizzandoli per spese elettorali e per effettuare assunzioni pilotate nelle strutture pubbliche. Con i soldi dell’Iren. Anche la Commissione europea nel 2010 ha aperto un’indagine per vederci chiaro, sulla base di un esposto rivolto alla stessa e all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ora in corso di assorbimento nell’Autorità nazionale anticorruzione. I costi dell’impianto sarebbero 180 milioni nelle stime del progetto, e 265 milioni di euro nella richiesta alla Bei. 
Perché? 
A Livorno, invece, in questi anni non si è mosso nulla: il rigassificatore costruito con i fondi Bei giace inutilizzato in mezzo al mare.

LA SALERNO-REGGIO CALABRIA
La Bei ha immesso denaro anche nella madre di tutte le opere incompiute italiane, i 440 chilometri della Salerno-Reggio Calabria. I lavori cominciarono nel 1964, la data d’inaugurazione dovrebbe essere il 2018: 54 anni dopo. 

E l’Europa paga da tempo immemore: la Bei 530 miliardi di lire nel 1998, Bruxelles con fondi strutturali da 400 milioni di euro. 
Ma ancora l’autostrada mangia-fondi non è sazia. 
Servono altri 2,9 miliardi di euro e 1,1 sarà di provenienza Bei con il Piano Juncker. Finiranno nelle tasche di qualche azienda in odor di mafia? 
Persino l’ufficio anticorruzione europeo, l’Olaf, nel 2011 ha dimostrato un’irregolarità nella gestione dei fondi e ha chiesto alla Regione Calabria di restituire 381,9 milioni di euro, ovvero i fondi attribuiti alla regione Calabria tra il 1994 e il 2006 per un’autostrada mai terminata. 
La ‘ndrangheta quei soldi li ha già incassati: lo sostengono le inchieste Tamburo (2002-2013), Arca (2007) e Cosa Mia (2010). A mettere le mani sull’autostrada, le cosche Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano e Bruzzise-Parrello. Al momento sono state emanate 109 informative interdittive, di cui 62 contrattualizzate. Chi è il general contractor dell’appalto? Un nome noto: Impregilo. La stazione appaltante è Anas.

I misteri del tesoro di Matteo Renzi, quattro milioni e associazioni opache. - Davide Vecchi

Matteo Renzi

La vera storia dell’intreccio di fondazioni e società su cui il leader Pd ha costruito la sua scalata dalla provincia al potere nazionale. Sponsor anonimi, l’aiuto di Verdini e la regia della trimurti dei fedelissimi Carrai, Boschi e Bianchi. I bilanci delle associazioni segrete e le uscite molto superiori alle entrate.

Tutto in cinque anni. Dal 2009 a oggi. Tanto è durata la scalata al potere di Matteo Renzi che da assistente di Lapo Pistelli, poi insediato nel 2004 dalla coalizione di centrosinistra alla guida della Provincia di Firenze, è riuscito a sfidare tutti. Centrodestra e centrosinistra. E a vincere. In cinque anni Renzi è riuscito a sostenere quattro campagne elettorali. Due nel 2009 (primarie e amministrative a Firenze), una nel 2012 e un’altra nel 2013, entrambe per la segreteria del Pd. Il tutto senza sostegno economico da parte del partito, rimborsi elettorali né fondi pubblici.
La coppia dei fund raiser Bianchi & Carrai.
Come ha finanziato la sua attività politica? Attraverso quali canali è riuscito a creare un tale consenso in appena cinque anni? Qualcuno lo ha aiutato a costruire il suo bacino elettorale? E come? Nel tentativo di rispondere a queste domande abbiamo ripercorso a ritroso l’ascesa del rottamatore, arrivando al 2007. Abbiamo individuato associazioni, società, comitati e rapporti (alcuni finora sconosciuti) che ruotano attorno a Renzi come l’universo copernicano attorno al sole. Al suo fianco solo due pianeti: Marco Carrai e Alberto Bianchi. Il primo sin dal 2007, il secondo dal 2009. Sono i fund raiser, i “raccoglitori di soldi”. E sono bravi, perché complessivamente hanno messo insieme oltre quattro milioni di euro per coprire le spese della corsa alla guida del Paese del loro amico Matteo Renzi.
Bianchi e Carrai oggi fanno parte del consiglio direttivo della Fondazione Open, cioè l’evoluzione della Fondazione Big Bang a cui lo scorso novembre è stato cambiato nome e composizione: Renzi ha azzerato il vecchio consiglio, confermando solo Bianchi e Carrai, inserendo Luca Lotti e Maria Elena Boschi, nominando quest’ultima segretario generale. Nel 2013 la fondazione ha raccolto 980 mila euro di donazioni, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente. Nel 2012 aveva chiuso il bilancio con una perdita di 535 mila euro dovuta a debiti ancora da estinguere e, stando ai resoconti che il Fatto ha potuto leggere, nel corso del 2013 la perdita si è assottigliata a poco più di 300 mila euro e le entrate sono aumentate del 30 per cento. Prima la Fondazione Big bang non esisteva, è stata fondata il 2 febbraio 2012 dall’allora presidente Carrai di fronte al notaio Filippo Russo.
La fideiussione e il mutuo della Festina Lente
Negli anni precedenti l’attività politica di Renzi passa attraverso due associazioni: Link e Festina Lente, di cui nessuna comunicazione è mai stata data. Non hanno mai avuto siti internet né rendicontazione pubblica. Praticamente sconosciuta in particolare la Festina Lente. Anche qui figurano Carrai e Bianchi. Fondata nel giugno 2010 cessa le sue attività di fund raising nel maggio 2012. L’ultimo evento che organizza è una cena di raccolta fondi per Renzi nel gennaio 2012 al Principe di Savoia di Milano. Raccoglie 120 mila euro e ha ancora all’attivo circa 40 mila euro. Questa associazione è citata solamente una volta: nel resoconto delle spese elettorali sostenute da Renzi per le amministrative del 2009.
Il comitato dell’allora candidato sindaco dichiara di aver speso 209 mila euro, 137 raccolti tra i sostenitori e gli altri 72 mila euro che mancano all’appello coperti da un mutuo acceso e garantito dalla Festina Lente. Mutuo concesso dalla banca di credito cooperativo di Cambiano (presieduta dal potente sostenitore Paolo Regini e usata anche per le ultime primarie) con a garanzia una fidejussione firmata da Bianchi. È il maggio 2009 e la Festina Lente nasce solo l’anno successivo. Si fa carico del mutuo e lo estingue immediatamente accendendone però un altro (oggi in via di rimborso) per avviare le attività di fund raising. Complessivamente però questa associazione organizza solamente due eventi, oltre alla cena milanese, in due anni.
Da dove sono arrivati i 750 mila euro di Link?
Ben più attiva la Link. Nasce nel 2007, quando Renzi era presidente della Provincia di Firenze. Con il solito Carrai nell’atto costitutivo figurano buona parte di quelli che ancora oggi sono al fianco del rottamatore. C’è Lucia De Siervo, direttore della cultura ed ex capo segreteria di Renzi, figlia di Ugo, presidente della Corte Costituzionale, e moglie di Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. C’è poi Vincenzo Cavalleri, ora direttore servizi sociali di Palazzo Vecchio e Andrea Bacci, oggi presidente della Silvi (società pubblica partecipata dal Comune), intercettato nel dicembre 2008 al telefono con Riccardo Fusi (ex patron del gruppo Btp condannato a due anni in primo grado per i lavori alla Scuola marescialli e imputato per il crac del Credito cooperativo fiorentino di Denis Verdini e indagato per bancarotta fraudolenta) per organizzare un viaggio in elicottero a Milano per Renzi. Poi però saltato. Per ben due volte. Infine, a firmare l’atto costitutivo della Link, c’è anche Simona Bonafè, ex assessore oggi onorevole e il presidente Marco Seracini. L’associazione ha la propria sede in via Martelli civico 5, dove poi nascerà la fondazione Big Bang. I primi due anni di vita chiudono con un resoconto finanziario in avanzo di 22 mila euro, a fronte di una raccolta complessiva di circa 200 mila in 24 mesi.
Tutt’altra musica nel 2009, anno delle primarie e delle amministrative, quindi fondi che vanno ad aggiungersi a quelli dichiarati dal Comitato. Link spende 330 mila euro e chiude con una perdita di 154 mila. Che viene in parte appianata nel 2010 attraverso erogazioni liberali ricevute per 156.350 euro e in parte nel 2011, ultimo anno di vita dell’associazione Link che termina la sua esistenza con una perdita di 3.500 euro. Complessivamente questa associazione raccoglie e investe nell’attività politica di Renzi circa 750 mila euro. Da dove arrivano queste “erogazioni liberali”?
Abbiamo cercato per giorni inutilmente il presidente Marco Seracini sia nel suo studio, dove venne registrata l’associazione, sia al cellulare. Ci siamo rivolti a Carrai che pur rispondendo molto gentilmente al telefono e rendendosi inizialmente disponibile a incontrarci, ha poi preferito non rispondere né in merito alla Link né ad altro. Cavalleri, infine, ha risposto. Al telefono, non alle domande sui donatori dei quali, ha detto, “non so niente”. Però ci ha spiegato che “l’associazione è una delle scatole a cui ho partecipato, non ho molte informazioni, non ho mai neanche partecipato agli incontri che organizzava”. Che tipo di incontri? “Raccolta fondi ma non solo, non faceva attività politica però, erano incontri sociali diciamo”. Sociali? “Sì, eventi promozionali per diciamo sviluppare le idee di cui Renzi era portatore”. E cene elettorali? “Non ricordo”.
L’amico Verdini, quando la destra era d’aiuto 
Nel 2009, dopo aver vinto le primarie, Renzi partecipò ad alcune iniziative organizzate anche da Denis Verdini, all’epoca coordinatore regionale di Forza Italia e oggi colui che deve scegliere il candidato sindaco da contrapporre a Renzi per le prossime amministrative di maggio. Nel 2009 l’allora rottamatore sedette al tavolo d’onore insieme a Verdini e consorte alla festa de Il Giornale della Toscana. Presenti tutti i parlamentari forzisti dell’epoca: Mazzoni, Parisi, Bonciani, Amato e altri. E mesi dopo partecipò a un evento organizzato dalla signora Verdini, Maria Simonetti Fossombroni. Molti del Pdl ricordano inoltre che la scelta di candidare sindaco nel 2009 l’ex calciatore Giovanni Galli fu considerato un “regalino” al giovane prodigio Renzi. Che lo asfaltò. Verdini non ha mai negato la propria simpatia per il rottamatore.
Dal centrodestra sono mai arrivati fondi alle associazioni di Renzi? Gentile e disponibile quanto Carrai si dimostra anche Alberto Bianchi, che come Carrai alla domanda non risponde. Da dove arrivano i fondi e come ha coperto il mutuo Festina Lente? E come è riuscito ad appianare il debito della Fondazione e a raccogliere il 30 per cento in più l’anno successivo? Neanche a queste domande riceviamo risposte. Una cosa è certa: l’imprenditore e l’avvocato fanno benissimo il loro lavoro di fund raiser. Sempre dall’ombra, mai in prima fila.
La società di Carrai e i lavori di Eataly a Firenze
Meno si parla di loro meglio è. Per dire: la cena di finanziamento di Renzi a Milano nell’ottobre 2012 che passò come un evento organizzato da Davide Serra in realtà è stata opera esclusiva di Carrai. L’amico di Renzi mal sopporta la pubblicità, i suoi interessi sono nel privato. Ha affiancato Renzi nel 2009 solamente per tre mesi. Oggi è, fra l’altro, presidente di Aeroporto Firenze, della C&T Crossmedia, della Cambridge Management Consulting e della D&C, mentre giovedì ha lasciato la carica di amministratore delegato della Yourfuture srl. Inoltre è socio dell’impresa edile di famiglia Car.im, società che ha realizzato la trasformazione della storica libreria fiorentina Martelli in un negozio Eataly, proprio davanti alla sede della Fondazione Open. Ma certo, sono affari privati.
da Il Fatto Quotidiano del 1 febbraio 2014

Solanum - Melanzana o Pianta delle uova.







È una specie di Solanum molto simile alla melanzana, una variante nativa dell'India che nel suo colore bianco appare davvero curiosa e spesso usata a scopo decorativo.
Non è difficile capire perché la chiamino "la pianta delle uova".

Forte terremoto in Nepal, crollano palazzi a Kathmandu. - Elena Masuelli e Roberto Pavanello

Roma - Due violentissime scosse di terremoto, a distanza di 35 minuti l’una dall’altra hanno sconvolto il Nepal alle 11,56 ora locale. Il bilancio è tragico: 1.341 le vittime accertate, secondo gli ultimi dati diffusi dalle autorità locali. Ma il macabro conteggio è destinato ad aggravarsi: interi villaggi non sono stati ancora raggiunti dai soccorritori. Non si contano dispersi e feriti, mentre interi siti archeologici e storici sono stati rasi al suolo. La morte è arrivata anche sull’Everest, dove il sisma ha provocato una serie di valanghe. Gli alpinisti stranieri uccisi sarebbero almeno 18.
La doppia scossa - la prima di magnitudo 7.9, ma che i sismologhi cinesi stimano sia arrivata a toccare gli 8.1, e la seconda di almeno 6,6 - rischia di far registrare una vera e propria ecatombe in un’area altamente popolata da circa 2,5 milioni di persone dove le costruzioni sono precarie. Kathmandu è una città in ginocchio. Si scava senza sosta alla ricerca di superstiti. I soccorritori hanno recuperato i cadaveri di 250 persone fra le macerie della torre Dharahara, patrimonio dell’Unesco raso al suolo. Il terremoto si è fatto sentire anche nei Paesi vicini, provocando almeno 34 vittime in India, 11 in Tibet e due in Bangladesh.
Il sisma - il peggiore nella zona dell’Himalaya degli ultimi 80 anni - ha avuto il suo epicentro a Lamjung, nel Nepal occidentale, località che secondo i media è stata rasa al suolo. A Kathmandu sono crollati monumenti e palazzi. Con i suoi nove piani e i 62 metri di altezza, bianca e svettante un po’ come un minareto, l’imponente torre di Dharahara era un punto di riferimento nel paesaggio urbano : oggi non esiste più. Il terremoto l’ha praticamente sbriciolata , rasa al suolo e sepolta in pochi attimi insieme a centinaia di persone che come ogni giorno la stavano visitando.
Monumenti rasi al suolo
Il terremoto ha danneggiato anche alcune famose piazze medioevali dove sorgono palazzi reali e templi. Decine di migliaia di persone hanno scelto di dormire in strada a Kathmandu per la paura di scosse di assestamento. Forse altrettante sono state costrette a farlo perché sflollate. È emergenza negli ospedali per l’arrivo di moltissimi feriti. L’aeroporto è stato chiuso e diversi voli dall’India sono stati cancellati. Rasa al suolo anche Durbar Square, l’antica piazza reale, centro monumentale della città, su cui si affacciavano il palazzo reale e costruzioni riconosciute patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Le scosse hanno anche colpito le altre due città medioevali di Patan e Bhaktapur della valle di Kathmandu, anche questi siti archeologici tutelati, e mete preferite dei turisti.
“La polvere si è alzata 6o metri”
«Subito dopo la prima scossa, ho visto la polvere alzarsi per circa duecento piedi (circa 60 metri, ndr)». Lo scrive su Facebook Chris Decker, funzionario dell’Undp a Kathamandu. «Abbiamo tentato di andare a casa, ma ci sono così tante scosse di assestamento che ci siamo trasferiti nel compound dell’Onu. La Torre Bianca è crollata, piazza Durbar è rasa al suolo», ha aggiunto.
L’epicentro
L’epicentro del terremoto è stato individuato a Lamjung, nel Nepal occidentale, località che secondo i media è stata rasa al suolo, a metà strada tra la capitale e la città di Pokhara. Due le scossa più violente, la prima di magnitudo 7.9, ma i sismologi cinesi stimano sia arrivata a toccare gli 8.1, e la seconda di almeno 6,6. Dopo le prima scosse, la prima protrattasi per 90 secondi, ce ne sono state altre di assestamento. Il ministro dell’Informazione nepalese, Minendra Rijal, ha riferito di «danni immensi» nella zona dell’epicentro e ha lanciato un appello alle agenzie internazionali per un aiuto nel gestire l’emergenza.
La strage sull’Everest
Almeno 18 alpinisti sarebbero morti e 30 sarebbero rimasti feriti nel campo base ai piedi dell’Everest. Il terremoto ha provocato infatti una valanga dal piccolo Pumori che ha sepolto alcuni accampamenti, in cui c’erano soprattutto alpinisti cinesi e giapponesi.
“Altri moriranno senza soccorsi”
Uno degli alpinisti sorpresi dal sisma sull’Everest ha invocato soccorsi al campo base, rimasto parzialmente sommerso dall’«enorme valanga» di neve innescata da sisma, avvertendo che se non arriveranno in tempi rapidi, moriranno altre persone. Il rumeno, Alex Gavan, ha inviato un Sos tramite Twitter, confermando che la situazione è molto critica. E poi ha aggiunto: «Ho aiutato a cercare e trarre in salvo le persone coinvolte, in un’enorme area di rovine. Molti erano morti, molti di più gravemente feriti. E ne moriranno altri se non arriveranno gli elicotteri quanto prima».

sabato 25 aprile 2015

Chi presiede la commissione bilancio dell'ARS.



Promemoria per i naviganti: la persona che sta presiedendo la commissione bilancio, riunita oggi fino a tarda sera per la finanziaria 2015, è Nino Dina, deputato dell'UDC rinviato a giudizio per il caso Ciapi 2 (lo scandalo che vede coinvolti politici e manager imputati a vario titolo di corruzione e di violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti). 
I paradossi della politica: un imputato che presiede la commissione più importante dell'ars.

Guardare per credere : http://goo.gl/9q0XHk


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#5giornia5stelle del 24 Aprile 2015 - #criminiemisfatti. - Luigi Di Maio



E' una puntata che vi prego di condividere il più possibile quella di questa settimana di #5giornia5stelle, per tanti motivi.
Perché affrontiamo lo spinoso caso dei migranti morti in mare con la denuncia della totale assenza di una politica estera efficace di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto. Perché per la prima volta in questo numero ci sono dei servizi che documentano il lavoro dei nostri colleghi in Europa. Battaglie che conduciamo su più fronti, grazie ai portavoce che il M5S ha nei comuni, nelle Regioni, in Parlamento, fino ad arrivare agli uffici di Strasburgo e Bruxelles.
Non solo. Ci siamo occupati del caso dei lavoratori Indesit, dei precari del mondo della scuola, del documento economico-finanziario "lacrime e sangue" presentato da Renzi ed infine del terribile caso di Giovanni Lo Porto che abbiamo scoperto essere stato barbaramente ammazzato da un drone militare statunitense nel gennaio scorso.
Tanti temi che trovate in questi 10 minuti di video che vi prego di condividere e di portare agli occhi dei tanti che ancora non sanno che oggi in Italia c'è una forza politica che combatte al loro fianco e che presto prenderà il governo di questo Paese.


Luigi Di Maio

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