giovedì 12 novembre 2015

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone. - Ilaria Proietti

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone


L'esponente siciliano del Pd risulta citato in una pagina di intercettazioni dell'indagine sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia. Coperta da omissis. Mentre al Csm si continuano a studiare gli atti che vedono coinvolti alcuni magistrati. Non senza imbarazzo.

Il caso non è chiuso. Anzi. Lo scandalo della gestione palermitana dei beni confiscati alla mafia continua a tracimare dai confini degli uffici giudiziari dei magistrati coinvolti. Cosa accadrà dopo gli ultimi avvenimenti e cioè l’addio del prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, ritenuta troppo vicina a Silvana Saguto, (ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo da pochi giorni sospesa dalla magistratura), è difficile dirlo. Anche perché l’onda lunga dello scandalo siciliano sembra destinata a creare qualche ulteriore imbarazzo all’esecutivo di Matteo Renzi.
NOMI ECCELLENTI – L’inchiesta è ancora in corso, infatti. Ma dalle carte della procura di Caltanissetta spunta a sorpresa un altro esponente del governo, oltre a  Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia, di cui si è già parlato nelle scorse settimane. Di chi si tratta? Nella nota 66 del file 31 del fascicolo delle intercettazioni si legge il nome di Davide Faraone (nella foto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi). Già deputato all’Assemblea regionale siciliana, Faraone uscì sconfitto, nel 2012, alle primarie per la candidatura a sindaco di Palermo nonostante uno sponsor d’eccezione e cioè Matteo Renzi. Fortissimo fin dalla prima ora il legame con l’ex rottamatore: Faraone è infatti stato uno degli organizzatori più attivi della Leopolda. Il resto è storia recente. Eletto alla Camera nel 2013, dal 2014 è sottosegretario al Miur dopo essere entrato nella segretaria del Pd a guida renziana come responsabile di Welfare e Scuola. La nota in questione rimanda ad un testo coperto da omissis, come del resto larga parte del materiale contenuto nel fascicolo a salvaguardia della prosecuzione delle indagini. Per questa ragione probabilmente il nome risulta stampato in chiaro ma i motivi per i quali vi si riferisce restano sconosciuti. Per saperne di più, ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il sottosegretario Faraone. Non è stato possibile parlarci. Quanto a Ferri, capo indiscusso della corrente di Magistratura indipendente e sottosegretario alla Giustizia dal 2013, il ruolo che Saguto e i suoi sodali speravano potesse svolgere è in parte desumibile dalle conversazioni captate dagli inquirenti.
CALDA ESTATE In questo senso il 28 luglio 2015 per l’inchiesta sui beni sequestrati è una data da cerchiare con la matita rossa. E’ il giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura (Csm) approva il nuovo testo unico della dirigenza e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando è a Palazzo dei Marescialli per testimoniare l’importanza dei nuovi criteri appena varati dal plenum che promettono più meritocrazia e meno correnti per la scelta dei vertici degli uffici giudiziari italiani. Intanto alla Camera gli animi sono surriscaldati almeno come la temperatura che fa toccare, dentro e fuori il Palazzo, picchi africani: in aula è in corso uno scontro durissimo sulla riforma delle intercettazioni che finirà con un rinvio dopo l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle (M5S).
FERRI E FUOCO Silvana Saguto non è a Palermo quel martedì, ma è a Roma, di nuovo. Una settimana prima è stata nella Capitale per sollecitare al presidente della sezione misure cautelari Guglielmo Muntoni (che per questo rischia di finire nei guai) incarichi per suo marito Lorenzo Caramma. Il 28 luglio invece è a Roma, presumibilmente al ministero di via Arenula, per incontrare il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri e parlargli – dice la donna – “sempre delle nostre vicende”. Ha bisogno, sembra, di una sponda che la metta al riparo da possibili iniziative dopo che le inchieste giornalistiche sulla gestione dei beni confiscati alla mafia hanno travalicato i confini siciliani e sono approdate in maniera prepotente sui media nazionali.
TEMPESTA IN ARRIVO Si intuisce che per il magistrato è un momento particolarmente drammatico e deve essere tentato di tutto affinchè il sistema regga alla tempesta che invece si abbatterà su di lei fino a travolgerla: il pressing della sua banca, per esempio, è scandito dagli sms che la angosciano sulla situazione dei suoi bilanci domestici, mentre le richieste incessanti dei figli non le lasciano scampo: “Non potete farmi spendere 12, 13, 14 mila euro al mese. La situazione nostra economica è arrivata al limite totale”, si sfoga il 9 luglio per telefono col figlio Elio, il più piccolo dei tre rampolli a cui però non sa dire di no. Lo stesso figlio diletto a cui racconta la sera del 28 luglio alle 21:09 l’esito dell’incontro con Ferri. “Bene, bene, è andata bene. Gli ho detto tutte cose, vuole mandato pure tutto lui, dice che dobbiamo organizzare… vediamo che fa Natoli (presidente della Corte d’Appello di Palermo, ndr)… poi vediamo di organizzare un’intervista, però non con me. Dice: ‘deve essere qualcun altro che parla, non tu che sei già abbastanza esposta’”.
IMBARAZZO AL CSM L’incontro a Roma tra Ferri e Saguto è stato organizzato da Tommaso Virga, a cui la procura di Caltanissetta contesta in questa inchiesta il reato di induzione alla concussione. E che ancora oggi siede nella commissione ministeriale sulla riforma del Csm (di cui è stato in un recente passato consigliere). La commissione di cui fa parte Virga è stata istituita con decreto del 12 agosto dal ministro Orlando che allo stato non ha ritenuto di esercitare l’azione disciplinare nei suoi confronti.  A rivelare la genesi dell’incontro a Roma con Ferri è un’intercettazione ambientale del 17 luglio. Nell’ufficio del presidente Saguto, Tommaso Virga (padre di Walter uno degli amministratori favoriti da Saguto nonostante la giovane età, secondo gli inquirenti per garantirsi gli uffici del padre) racconta di aver parlato con il sottosegretario Ferri della situazione delle misure di prevenzione oggetto di attenzione da parte dei media chiedendogli la possibilità che sia la stessa Saguto, accompagnata da lui, a raccontare personalmente la vicenda a Roma. I due, Saguto e Virga padre, parlano liberamente in ufficio a Palermo e non sanno che il nucleo della polizia tributaria li sta ascoltando: Virga cerca di rassicurare Silvana Saguto e afferma di aver già parlato del suo caso ad alcuni consiglieri del Csm ritenuti vicini a Ferri. Circostanza quest’ultima che imbarazza da settimane, e non poco, Palazzo dei Marescialli.

CARA SAGUTO Finora a pagare il prezzo più alto dell’inchiesta è stato l’ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo Silvana Saguto. E’ stata sospesa dalle funzioni e dalla stipendio, su richiesta del ministro della Giustizia e del pg di Cassazione titolari dell’azione disciplinare. Il Csm ha ritenuto nei suoi confronti ravvisabile “il mercimonio della funzione pubblica” in cambio di utilità personali. Nel mirino, come detto, c’è però anche il presidente della sezione misure cautelari di Roma Guglielmo Muntoni a cui la Saguto fece visita per procacciare lavoro a suo marito avendo a stretto giro conferma del suo interessamento. Particolarmente evocativo un sms datato 11 agosto: “Puoi mandarmi il cellulare di tuo marito? Potrebbe interessargli un incarico per il Cara di Mineo?”.  E gli altri? I magistrati coinvolti nell’inchiesta sono stati auditi dal Csm e hanno respinto ogni addebito come ha fatto la scorsa settimana per quattro ore Tommaso Virga che è presidente di sezione a Palermo. I magistrati che invece afferivano alla sezione misure cautelari del tribunale di Palermo guidata da Saguto attendono l’esito della richiesta di trasferimento che hanno fatto  al Csm: Fabio Licata e Lorenzo Chiaromonte ambiscono a rimanere sull’isola a Termini Imerese, Trapani o Marsala. Un altro, Dario Scaletta si è visto revocare nel frattempo dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo la designazione quale componente della locale DDA.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/11/caso-saguto-nelle-carte-dellinchiesta-spunta-il-nome-del-sottosegretario-davide-faraone/2208322/

mercoledì 11 novembre 2015

Smog, apocalisse in Cina

Olycom


Il livello di inquinamento rilevato nella metropoli di Shenyang è "il più alto che si sia mai registrato nel mondo", rivelano gli ecologisti. 

Domenica scorsa il livello di particelle pm 2,5, ritenute rischiose per la salute, è stato di 1400 microgrammi per metro cubico, cioè 56 volte più alto di quello ritenuto il massimo sopportabile dall' Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). 

I livelli sono di poco inferiori in tutto il nordest del Paese. La nube avvolge anche la capitale Pechino, la vicina città portuale di Tianjin e numerosi centri delle province del Liaoning, Hebei, Henan ed Heilongjiang. 

Queste polveri sottili sono accusate di essere implicate in centinaia di migliaia di decessi prematuri in Cina, dove gli episodi di "airpocalypse" sono frequenti. 

Migliaia persone sono intervenute su Internet denunciando l' incapacità delle autorità di combattere l'inquinamento. 

La municipalità di Shenyang, sul suo profilo ufficiale di microblog, ha spiegato che questo smog di densità estrema è provocato dall'avvio del sistema di riscaldamento centrale dellal città, principalmente alimentato a carbone, ma anche dall'inquinamento proveniente da altre province.

http://www.quotidiano.net/foto/smog-cina-1.1471172?utm_source=mrsend&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter&userid=NL10905

Rubava soldi della carità, sequestrati beni per 500mila euro all'ex abate di Montecassino.

Rubava soldi della carità, sequestrati beni per 500mila euro all'ex abate di Montecassino


Pietro Vittorelli, durante il suo mandato, si sarebbe impossessato insieme al fratello della stessa somma dai conti destinati a finalità di culto e aiuto ai poveri.

Sequestro di beni della Guardia di Finanza nei confronti di Pietro Vittorelli, ex abate di Montecassino, e del fratello Massimo, per un valore di oltre 500 mila euro, somma della quale l'alto prelato si sarebbe impossessato prelevandola, durante il suo mandato, dai conti dell'Abbazia.

La misura è stata disposta dal gip Vilma Passamonti del Tribunale di Roma, su richiesta del pm Francesco Marinaro della Procura capitolina. L'alto prelato è indagato perché durante il suo mandato, abusando del suo ruolo e avendo illimitato accesso ai conti dell'abbazia, si sarebbe appropriato indebitamente di oltre 500 mila euro.

Secondo la Procura il denaro sottratto, che doveva essere destinato a finalità di culto e a opere caritatevoli, è stato invece riciclato in varie tranche attraverso vorticosi passaggi da conti correnti vari gestiti dal fratello, per poi tornare nella disponibilità del prelato per usi privati.

Vittorelli, romano, 53 anni, laureato in Medicina, ha rinunciato al governo dell'abbazia nel giugno del 2013 per motivi di salute. Ne era diventato abate nell'ottobre del 2007. Nel 2012 venne colpito da una grave crisi cardiaca a cui seguì una lunga degenza e una terapia riabilitativa. Nel 2003 è stato membro del comitato provinciale di bioetica dell'azienda sanitaria locale di Frosinone. Nel settembre scorso l'ex abate ha partecipato alla convention di Forza Italia a Fiuggi.


http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/11/11/news/sequestro_beni_per_500mila_euro_a_ex_abate_montecassino-127093410/

Campania, De Luca indagato: io parte lesa, sostengo lavoro magistrati.



Il governatore accusato di corruzione in atti giudiziari. Convolti anche il capo della segreteria, che si è dimesso lunedì, e il magistrato Anna Scognamiglio, uno dei giudici del tribunale di Napoli che lo scorso 22 luglio ha accolto il ricorso contro la sua sospensione.


Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, e il giudice che bloccò la legge Severino sono indagati dalla Procura di Roma con l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Il governatore afferma "senza alcun margine di equivoco" la sua "totale estraneità a qualunque condotta meno che corretta", chiede di essere ascoltato dai magistrati e in conferenza stampa dice: "Io sono la parte lesa, do il mio pieno sostegno all'attività dei magistrati".

Indagata giudice della sentenza su De Luca - La bufera sul Presidente della Regione Campania si abbatte nella serata di martedì con la notizia che la Procura di Roma ha indagato per l'ipotesi di corruzione in atti giudiziari Anna Scognamiglio, uno dei giudici del Tribunale civile di Napoli che, lo scorso 22 luglio, confermando una precedente decisione del giudice monocratico, ha accolto il ricorso di De Luca contro la sospensione dall'incarico di governatore. Nella stessa inchiesta è indagato, per l'ipotesi di reato di induzione alla corruzione, il capo della segretaria di De Luca, Nello Mastursi, che si è dimesso nei giorni scorsi da tale incarico. 

Il ruolo del marito del giudice, indagato
 - Nell'inchiesta sarebbe indagato anche il marito del giudice Scognamiglio, Guglielmo Manna. Secondo l'accusa, sarebbe entrato in contatto con il capo della segreteria di De Luca, Mastursi, prospettandogli un esito favorevole del giudizio sulla Severino da parte della moglie (che si trovava nel collegio giudicante) in cambio di un importane incarico nella sanità pubblica regionale. Acquisite le intercettazioni telefoniche tra il braccio destro di De Luca e il marito del magistrato Scognamiglio, la Squadra Mobile di Napoli ha quindi effettuato nei giorni scorsi delle perquisizioni negli uffici della Regione e nelle abitazioni dei due. Portando così alla luce l’inchiesta e alle dimissioni di Nello Mastursi.

La prima reazione di De Luca su Facebook  - "Ho già dato incarico al mio avvocato - spiega De Luca - per chiedere di essere sentito dalla competente autorità giudiziaria. Per me, come per ogni persona perbene, ogni controllo di legalità è una garanzia, non un problema. E su questo, come sempre lancio io la sfida della correttezza e della trasparenza".

La sentenza sulla Severino per De Luca
 - La sentenza al centro dell'inchiesta romana è quella con la quale la prima sezione civile del Tribunale di Napoli ha confermato quanto già deciso il 2 luglio dal giudice monocratico Gabriele Cioffi, il quale aveva congelato la sospensione di De Luca dalla carica di Governatore che era stata disposta con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in base alla legge Severino. La sospensione era relativa a una condanna a un anno di reclusione per abuso di ufficio inflitta a De Luca quando era sindaco di Salerno. Il collegio aveva accolto il ricorso presentato dai legali di De Luca e aveva inviato gli atti alla Corte Costituzionale sospendendo il procedimento sul merito fino a quando la Consulta non si sarà pronunciata sui presunti profili di incostituzionalità ravvisati nella legge Severino.

http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2015/11/11/campania-inchiesta-de-luca-corruzione-atti-giudiziari-reazioni.html

Che non ci potessimo fidare di lui, anche se è stato eletto e, quindi, votato, ci poteva anche stare, ma che fossero riusciti a corrompere un giudice è inaccettabile!

L'olio di oliva non era extravergine. L'inchiesta di Guariniello ipotizza frode in commercio per 7 aziende italiane.

OIL OLIVE


L'olio d'oliva non era extravergine: è la frode in commercio il reato che il pm Raffaele Guariniello, della procura di Torino, contesta ai rappresentanti legali di almeno sette aziende del settore. L'indagine è partita dopo la segnalazione di una testata giornalistica specializzata, Il Test. Il periodico, lo scorso maggio, aveva pubblicato un servizio da cui risultava che "ben 9 delle 20 bottiglie" fatte analizzare "dal laboratorio chimico di Roma dell'Agenzia delle Dogane sono state declassate dal comitato di assaggio a semplici oli di oliva vergine". Il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha fatto ripetere l'accertamento, ordinando ai carabinieri del Nas di prelevare altri campioni. I laboratori delle agenzie delle dogane hanno quindi esaminato campioni prelevati dai carabinieri del Nas e hanno verificato casi in cui l'olio, a differenza di quanto indicato, non era extravergine. Guariniello ha informato il ministero delle Politiche agricole.
A sorpresa, però, sono risultati "taroccati" alcuni condimenti tra i più venduti, e sette rappresentanti legali delle aziende olearie coinvolte sono così stati indagati con l'accusa di frode in commercio. Si tratta dei marchi Carapelli, Santa Sabina, Bertolli Gentile, Coricelli, Sasso, Primadonna (confezionato per la Lidl) e Antica Badia (per Eurospin). Si tratta di oli prodotti in Toscana, Abruzzo e Liguria. Il pm ha iniziato a indagare dopo aver ricevuto una segnalazione da una rivista di tutela dei consumatori, e dopo aver ricevuto i risultati dal monopolio delle dogane ha informato il ministero delle Politiche agricole. Ora le indagini proseguiranno per fare ulteriori accertamenti sulla provenienza delle olive.
Nel pomeriggio la Procura di Torino ha poi diffuso una nota riguardante l'iscrizione nel registro degli indagati dei sette rappresentanti legali di noti marchi di olio. "Si precisa che il Procuratore della Repubblica - si legge - ha richiesto in visione il relativo procedimento al fine di valutare l'opportunità di co-assegnazione a se stesso, di accertare le modalità di diffusione dell'informazione sopra citata e di verificare la competenza territoriale in ordine alle ipotesi di reato per cui si procede". Il fascicolo è stato aperto dal pm Guariniello.
“Seguiamo con attenzione l’evoluzione delle indagini della Procura di Torino, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio d’oliva italiano", afferma in una nota il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, in merito alle indagini della Procura di Torino sull'olio extravergine contraffatto. "Da mesi abbiamo rafforzato i controlli, soprattutto in considerazione della scorsa annata olearia che è stata tra le più complicate degli ultimi anni. Nel 2014 il nostro Ispettorato repressione frodi ha portato avanti oltre 6 mila controlli sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. È importante ora fare chiarezza per tutelare i consumatori e migliaia di aziende oneste impegnate oggi nella nuova campagna di produzione”, conclude il ministro Martina.

martedì 10 novembre 2015

Opinion leader.




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Luciano Gallino, morto il sociologo che denunciò il neoliberismo e la crisi del lavoro. - Davide Turrini

luciano gallino 905


Il professore si è spento a Torino a 88 anni. Nella sua vasta produzione di libri e interventi, la critica serrata alla degenerazione dell'impresa e della finanza. E all'ideologia dominante di Thatcher e Reagan incarnata oggi dall'Unione europea. Dagli esordi all'Olivetti di Ivrea al recente tentativo di smuovere la sinistra con Alba.

“Quel che vorrei provare a raccontarvi, cari nipoti, è per certi versi la storia di una sconfitta politica, sociale, morale: che è la mia, ma è anche la vostra. Con la differenza che voi dovreste avere il tempo e le energie per porre rimedio al disastro che sta affondando il nostro paese, insieme con altri paesi di quella che doveva essere l’Unione europea”. L’ultimo anelito di speranza di fronte all’invasione del pensiero neoliberista in Europa, Luciano Gallino, professore emerito di sociologia all’Università di Torino dal ’65 al 2002, morto a 88 anni nella sua casa nel capoluogo piemontese dopo una lunga malattia, lo aveva affidato alle pagine del suo “Il denaro, il debito e la doppia crisi”, appena uscito in libreria per Einaudi, rivolgendosi proprio alle generazioni che verranno.
Perché la funzione della trasmissione del sapere sociologico ed economico, fuori da ogni paludata e conformista materializzazione dello status quo, Gallino l’aveva messa al primo posto da tempo. Parlare, e scrivere, di temi complessi con chiarezza e senza finalità meramente partitiche, da casacche dell’uno o dell’altro “sinistrato” orticello politico italiano, era la stella polare del professore che in gioventù, da trentenne, quando ancora l’ateneo non aveva bussato per prospettargli una lunga e brillante carriera, aveva accettato di lavorare per Adriano Olivetti. A Ivrea nella fabbrica utopista dove l’ “ingegnere” tentò di unire in equilibrio solidarietà sociale e profitto, Gallino iniziò a collaborare all’Ufficio Studi Relazioni Sociali della Olivetti, unico esempio del genere all’interno di un’attività industriale di grandi proporzioni – e alcuni anni dopo dal ’60 al ’70 diventò direttore del Servizio di Ricerche sociologiche e di Studi sull’organizzazione, che faceva capo alla Direzione del Personale e dei Servizi sociali, di cui fu responsabile a lungo il poeta Paolo Volponi. Un reparto aziendale tutto teso alla difesa dei diritti dei lavoratori, che a proporlo oggi in una qualunque azienda del paese verrebbe segnalato come un covo di sovversivi.
Gallino sarà per due anni “fellow research scientist” a Stanford, in California, e infine ordinario di Sociologia nella Facoltà di scienze dalla formazione di Torino dal 1972. Il periodo in Olivetti, però, deve averlo segnato parecchio, tanto che poi nel 2014 con “L’impresa responsabile” (Einaudi) tornerà a sottolineare il valore di quell’esperimento democratico nel campo del lavoro, e farà il paio speculare, con l’altro suo libro “L’impresa irresponsabile” (Einaudi, 2005) dove il professore torinese sottolineò come fosse deleterio, per un’impresa, concentrarsi esclusivamente sulla creazione del plusvalore per gli azionisti, non tenendo nella dovuta considerazione la produzione di beni; e soprattutto come l’impresa dovesse avere, e avesse in qualche modo irrimediabilmente perduto, l’obbligo etico di rispondere ad alcuna autorità pubblica e privata, o all’opinione pubblica, in merito alle conseguenze in campo economico, sociale e ambientale delle sue attività.
Difficile e allo stesso tempo affascinante mettere ordine sull’immenso corpus di saggi pubblicati con un certo successo commerciale da Luciano Gallino. Sostanzialmente negli anni ottanta è tra i primi ad affrontare l’arrembante arrivo della tecnologizzazione sui processi industriali nel mondo del lavoro e suoi effetti sociali, soprattutto in Italia; poi dai primi anni duemila inizia ad indagare la famigerata “flessibilità” fino a quando nel 2006 pubblicando “Italia in frantumi” (Laterza) oltre a farci aprire gli occhi con dati e fatti precisi dovuti alle conseguenze delle liberalizzazioni di mercato e di interi settori di servizi pubblici ci invita ad usare le parole adeguate per i fenomeni sociali: flessibilità, modernizzazione dell’industria e della scuola, riforma di tasse e pensioni, globalizzazione, non significano altro che “precarietà”.
Gallino non si sottrae allo scontro dialettico, riprende in mano parecchi filoni sociologici legati al marxismo e le opere in campo economico di Karl Marx rinvigorendo una controtesi antiliberista strutturata su due punti chiave: il concetto di “classe sociale” esiste ancora come del resto l’altrettanto abusato concetto di “lotta di classe”, che Gallino descrive quasi al contrario rispetto alla direzione tradizionale nell’esposizione marxiana; ma soprattutto l’Europa e l’Unione Europea sono diventate rispettivamente terreno di manovra e manovratore per l’applicazione delle dottrine neoliberiste thatcheriane e reaganiane che annientarono pace sociale, sviluppo economico delle classi medie e basse, diritti dei lavoratori conquistati dagli anni ’50 fino agli anni ‘80.
Ne “La lotta di classe dopo la lotta di classe” (Laterza, 2012) Gallino scrive: “Oggi le classi dominanti si sono mobilitate e hanno cominciato loro a condurre una lotta di classe dall’alto per recuperare il terreno perduto”. E ancora: “Questa classe formata da imprenditori, manager, titolari di grandi patrimoni, banchieri, ancora vari decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale presentava dimensioni ridotte (..) Al presente questa classe ha acquisito ovunque un peso massiccio, sia come entità numerica che di capitale controllato (…) Nel sistema finanziario degli ultimi 40 anni si è affermata una forte novità: decine di trilioni di dollari, che per almeno l’80% rappresentano risparmi delle classi lavoratrici, vengono gestiti a loro totale discrezione dai dirigenti dei cosiddetti investitori istituzionali: fondi pensione, fondi comuni d’investimento, compagnie di assicurazione, enti affini. Sono quelli che ho chiamato “capitalisti per procura” che non possiedono a titolo personale grandissime ricchezze”.
Quando, infine, venne intervistato dal fattoquotidiano.it poco tempo fa spiegò nuovamente l’irresponsabilità etica soggiacente all’ideologia neoliberista che attraverso Bce e Fmi si è palesata con forza nel continente europeo a partire dagli anni ottanta: “Si è affermato il processo cosiddetto della “finanziarizzazione”, per cui interessi e paradigmi finanziari hanno avuto la meglio su qualsiasi altro aspetto socio-economico. Il percorso di liberalizzazioni avviato in Usa da Reagan è avvenuto anche in Gran Bretagna con la Thatcher, e in Francia ad opera nientemeno che di un socialista come Mitterand. Tutto ciò ha fatto sì che il sistema ‘ombra’ delle banche, non assoggettabile in pratica ad alcune forma di regolazione, oggi valga quanto il sistema bancario che lavora per così dire alla ‘luce del sole’. Sono stati compiuti eccessi non immaginabili in campo finanziario, che hanno fortemente danneggiato l’economia reale. Qualunque dirigente o imprenditore di fronte alla possibilità di fare il 15% di utile speculando a livello finanziario o il 5% producendo beni reali, ha cominciato a scegliere la prima opzione senza stare più a pensarci troppo”.
Gallino nella stessa intervista non ebbe timore nel considerare la politica economica del governo Renzi diretta discendente del thatcherismo, come priva di differenza dai precedenti governi di Monti e dell’epoca berlusconiana. Nel 2012 per il professore torinese, assieme, tra gli altri, a Stefano RodotàPaul Ginsborg e Marco Revelli ci fu anche il tentativo di fondare Alba, “un soggetto politico nuovo che catalizzi un ampio spettro di energie politiche volte a superare il neoliberismo”, ma che non ebbe il successo sperato. Rimane allora la lucidità di pensiero e la capacità di analisi del reale con il baricentro della propria riflessione orientato verso i più deboli, con un coraggio di ribellione al pensiero dominante che di solito l’essere umano riserva più alla fase della giovane età che a quella degli ultrasessantenni. In questo cortocircuito anagrafico e politico Gallino è stato sicuramente tra gli esempi etici più limpido di tutta l’Europa contemporanea.