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sabato 24 ottobre 2015

Il piede sull'Anm - Liliana Milella

Anm: "Contro di noi strategia di delegittimazione". Tensione fra politica e magistratura
Il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli

La politica contro i giudici. 
Li vorrebbero muti, ciechi, sordi. 
Elettroencefalogramma piatto. 
Nessuna reazione. 
Nessuna disobbedienza. 
Solo e sempre "sissignore". 
Bari, Anm a congresso. 
Il presidente Sabelli, magistrato moderato di Unicost, anche caratterialmente un uomo misurato e attento agli equilibri istituzionali, ripete quello che ha sempre detto, critiche tecniche alle misure del governo (vedi corruzione, intercettazioni, prescrizione...). Aggiunge che mal vede certa "strategia dì delegittimazione" che proviene, per esempio, da chi, come Cantone, parla male delle correnti e della stessa Anm. La politica non aspettava altro. Attacca Sabelli come se avesse di fronte un giudice rosso rivoluzionario e guerrafondaio. Il Guardasigilli è velenoso e vede nelle parole di Sabelli un modo per coprire le divisioni interne dell'Anm. Il ministro dell'Interno Alfano, immemore degli scandali che hanno pesantemente coinvolto molta gente del suo partito, consiglia all'Anm di guardare in casa propria, allo scandalo della Saguto a Palermo. S'arrabbia pure il Pd renziano David Ermini, vede "critiche ingenerose". La triste impressione è che una politica arrogante voglia solo toghe prone e pronte a dire "evviva" a qualsiasi riforma, fatte anche in modo provocatorio, come fu per il taglio delle ferie.

http://milella.blogautore.repubblica.it/2015/10/24/il-piede-sullanm/

martedì 17 marzo 2015

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici Renzi replica: frasi false e tristi.

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici
Renzi replica: frasi false e tristi


Rodolfo Sabelli critica pesantemente una serie di interventi legislativi che favorirebbero la corruzione, dalla "depenalizzazione del falso in bilancio alla riduzione della prescrizione". Dura risposta del premier.


"Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità. In Italia accade il contrario". 
Così il presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati Rodolfo Sabelli commenta l'inchiesta di Firenze sulle tangenti sulle Grandi opere. "I pm sono stati virtualmente schiaffeggiati e i corrotti accarezzati", afferma Sabelli. Dura la replica di Renzi: frasi false e tristi.
Il numero uno dell'Anm si riferisce a una serie di interventi legislativi che avrebbero favorito i corrotti, a cominciare dall'epoca di Tangentopoli, per arrivare nel 2002 "alla depenalizzazione del falso in bilancio e nel 2005 alla riduzione della prescrizione". Sabelli conclude quindi: "Chi semina vento raccoglie tempesta". E chiede a "chi ha responsabilità della cosa pubblica" di dare "il buon esempio" perché nel Paese possa "diffondersi la cultura della legalità".

Dura replica del premier Renzi - "Questo governo intende combattere perché in questo Paese non si formi uno stato di polizia ma di pulizia". Così Matteo Renzi alla Scuola superiore di polizia, spiegando che il ruolo dell'Anticorruzione è quello di "eliminare la sporcizia". Ha poi replicato alle accuse dell'Anm: "Lo Stato non dà schiaffi a magistrati e carezze ai corrotti. Sostenere questo è falso e triste". E ha esortato: "Non abbiate paura dell'appartenenza allo Stato".

domenica 23 settembre 2012

Il pm imparziale è quello morto. - Marco Travaglio



I procuratori di Palermo sono sotto attacco quotidiano perché parlano e denunciano le loro difficoltà. Eppure Borsellino e Falcone ci insegnarono che la coscienza civile diffusa è indispensabile ai magistrati.

Imparzialità", raccomanda il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli ai pm di Palermo Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, invitandoli a tacere. «Mai come in questo caso il silenzio è d'oro», ribadisce a stretto giro Michele Vietti, vicepresidente del Csm, ex deputato Udc e sottosegretario di Berlusconi. Dunque il pm imparziale è quello che non parla. Anzi «parla solo con le sentenze» (e pazienza se le sentenze le fanno i giudici). Il monito vale solo per Ingroia e Di Matteo. E non, per esempio, per il procuratore nazionale Piero Grasso, che un mese fa propose «una medaglia antimafia a Berlusconi». Ma nemmeno per i pm che hanno fatto arrestare i No Tav violenti e i presunti attentatori del manager Adinolfi e, diversamente da Ingroia e Di Matteo, hanno addirittura tenuto conferenze stampa sulla loro indagine. Se ne deduce che il pm può parlare anche delle sue inchieste, purché non riguardino politici. Se, come nel caso della trattativa Stato-mafia, indaga anche su politici, deve tapparsi la bocca. Ne va della sua "imparzialità". 

EPPURE IL PM IMPARZIALE è proprio quello che non guarda in faccia nessuno, visto che la legge è uguale per tutti. Difficile trovare un'indagine più imparziale di quella sulla trattativa, che vede imputati sei uomini della mafia e sei dello Stato. E, fra questi ultimi, tre politici, di cui casualmente uno è di centrodestra (Dell'Utri), uno di centro (Mannino) e uno di centrosinistra (Mancino, accusato di falsa testimonianza). Qualcuno può pensare che la Procura di Palermo sia parziale (e a favore di chi?) solo perché Di Matteo denuncia il "silenzio assordante" di chi dovrebbe difenderlo dagli attacchi, cioè l'Anm e il Csm? O perché Ingroia racconta la storia delle collusioni mafiose della classe dirigente e invita i cittadini a cambiarla in meglio? O perché 150 mila cittadini firmano una petizione di solidarietà dopo tante aggressioni?  


L'ineffabile Sabelli, presidente dell'unico sindacato al mondo che spara sui suoi iscritti sotto attacco anziché difenderli, spiega che «il magistrato non ha bisogno del consenso popolare». Forse gli sfugge la storia della (migliore) magistratura italiana. Il 26 gennaio 1989 Paolo Borsellino disse: «Lo Stato non si presenta con la faccia pulita... La vera soluzione sta nel lavorare perché lo Stato diventi più credibile, perché ci dobbiamo identificare di più nelle istituzioni». E Giovanni Falcone nel 1991: «Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere». Un'altra volta rispose a una lettera del preside di una scuola: «In questi difficili momenti la solidarietà e l'appoggio della società civile... mi inducono a ritenere che forse non è stato inutile quanto finora ci siamo sforzati di compiere». 

IL 23 GIUGNO '92 , un mese dopo Capaci, Borsellino si commosse: «Ricordo la felicità di Falcone quando, in un breve periodo di entusiasmo conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, mi disse: "La gente fa il tifo per noi". Non si riferiva solo al conforto che l'appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice. Ma anche al fatto che il nostro lavoro stava smuovendo le coscienze, rompeva l'accettazione della convivenza con la mafia che ne costituisce la vera forza. Questa stagione del "tifo per noi" sembrò durare poco...». Due sere dopo ricordò quando nell'88 aveva denunciato lo smantellamento del pool antimafia, rischiando «conseguenze professionali gravissime»: «Dissi: l'opinione pubblica deve sapere. Almeno il pool deve morire davanti a tutti, non in silenzio. L'opinione pubblica fece il miracolo, si mobilitò e costrinse il Csm a rimangiarsi in parte la precedente decisione, tant'è che, pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi». Fossero vivi oggi, Falcone e Borsellino verrebbero zittiti da Anm e Csm con l'accusa di "fare politica" e "cercare il consenso", anzi addirittura il "tifo". Fortuna che sono morti. Dunque tacciono. Ergo sono imparziali.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-pm-imparziale-e-quello-morto/2191486

mercoledì 12 settembre 2012

Manuale del perfetto pm. - Marco Travaglio. 12/09/2012




Breve decalogo del perfetto magistrato imparziale, indipendente, inodore e insapore nell’era delle Larghissime Intese. 

1. Se il Presidente della Repubblica parla al telefono con un politico coinvolto in un’indagine e intercettato, è colpa del pm che l’ha intercettato. Se uno critica il Presidente della Repubblica per quei colloqui, è sempre colpa del pm che li ha intercettati. 

2. Se un pm spiega le collusioni della classe dirigente col potere mafioso e invita i cittadini a cambiarla, dipende da dove lo fa: alle feste del Pd o sull’Unità va bene, perché dietro c’è un partito di governo; al congresso del Pdci no, perché il partito non è di governo; peggio ancora alla festa del Fatto , che non ha dietro partiti, ma 150 mila firme (troppe: “populismo giudiziario”).

3. Se in un convegno qualcuno, dal palco o dal pubblico, critica il Capo dello Stato, i magistrati presenti devono nell’ordine: fare la faccia contrariata storcendo naso e bocca; chiedere la parola e dissociarsi; andarsene bofonchiando; chiamare la Celere per disperdere con gl’idranti la radunata sediziosa; avvertire il dottor Sabelli in vista dell’agognata medaglietta dell’Anm. La regola vale solo per chi indaga sulla trattativa Stato-mafia: infatti Caselli, presente alla festa del Fatto con Ingroia e Di Matteo, non ha nemmeno avuto l’onore di una citazione dal dr. Sabelli. 

4. Nuovo articolo 104 della Costituzione: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, fuorché dal Quirinale”. Ergo il Csm deve aprire pratiche a loro tutela, tranne quando ad attaccarli è il Quirinale. 

5. L’Anm, sindacato dei magistrati, deve difenderli dagli attacchi, però dipende dall’attaccante e dall’attaccato: se l’attaccato indaga su B. o Dell’Utri, va difeso a prescindere dall’attaccante; se si occupa anche del centrosinistra, tipo Forleo e De Magistris, non va difeso a prescindere dall’attaccante; se si occupa anche del centrosinistra e dà noia al Colle, va attaccato anche dall’Anm. 

6. L’Anm difende da sempre il diritto dei suoi iscritti a esprimere opinioni in tema di giustizia e lotta alla criminalità, anche in caso di azioni disciplinari. Ma anche qui dipende: se le opinioni sono di un pm che indaga sulla trattativa, il dr. Sabelli lo accusa di “appannare la sua immagine di imparzialità”, additandolo ai titolari dell’azione disciplinare, casomai si fossero distratti un attimo. 

7. Il Pg della Cassazione, con il Guardasigilli, è titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati. Fra gli illeciti disciplinari non figurano interviste e dichiarazioni, salvo che contengano segreti su indagini in corso. Però dipende: se l’intervista senza segreti la dà un pm che indaga sulla trattativa, il Pg il procedimento lo apre lo stesso: a lui e al suo procuratore capo che non l’ha denunciato. 

8. Un Pg che, su richiesta di un politico coinvolto in un’indagine, si fa chiamare “guagliò” e si mette “a sua disposizione”, parrebbe – per dirla col dr. Sabelli – “appannare la sua immagine di imparzialità”. Ma se si chiama Esposito e parla con un protetto di Napolitano, il dr. Sabelli si volta dall’altra parte. 

9. Un Pg che convoca il procuratore nazionale antimafia perché soddisfi le pressioni del politico raccomandato e interferisca nell’indagine che lo coinvolge con avocazioni o strani “coordinamenti”, e per giunta viene respinto con perdite, parrebbe – sempre per dirla con il dr. Sabelli – “appannare la sua immagine di imparzialità”. Ma se si chiama Ciani e agisce su mandato del presidente della Repubblica, il dr. Sabelli si volta dall’altra parte. 

10. In casi come quelli di cui ai numeri 8 e 9, di solito intervengono i titolari dell’azione disciplinare. Invece nei due casi suddetti non interviene nessuno. Non il ministro della Giustizia, perché è meglio di no. Non il Pg della Cassazione, perché ai tempi di Esposito era Esposito e ora, ai tempi di Ciani, è Ciani. Dovrebbero processarsi da soli, e come si fa.

Da Il Fatto Quotidiano del 12/09/2012.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=496566377020216&set=a.438288629514658.107578.438277562849098&type=1&theater

lunedì 10 settembre 2012

L’Anm a Ingroia: “Basta politica”. La replica: “Rivendico la mia analisi”.


pm palermo raccolta firme interna

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati durissimo con il procuratore aggiunto di Palermo: "Chi fa indagini delicate non deve offuscare l'immagine di imparzialità". E sul dissenso nei confronti del Capo dello Stato "lui e Di Matteo avrebbero dovuto dissociarsi e allontanarsi". Il pm: "Era una valutazione storica e sociologica".


L’accusa di fare politica, a questo giro, arriva non da un peana del Pdl, ma dal sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati. E’ il massimo esponente dell’Anm, il presidente Rodolfo Sabelli, a lanciarsi contro il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e al suo collega Nino Di Matteo, entrambi componenti del pool che ha indagato sulla presunta trattativa Stato-mafia, presenti ieri alla giornata finale della festa del Fatto Quotidiano. Colpevole, il primo, di aver invitato i cittadini a cambiare la classe dirigente. Colpevole, il secondo, di aver lamentato l’assenza dell’Anm quando i magistrati palermitani venivano attaccati da più fronti. Colpevoli, entrambi, infine, di non essersi dissociati dalle critiche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A Sabelli ha già risposto Ingroia, rivendicando la propria analisi sull’atteggiamento della politica nei confronti della lotta alla criminalità organizzata e precisando che lui e Di Matteo, sui giudizi negativi nei confronti dell’inquilino del Quirinale non hanno mostrato la minima approvazione e che ognuno si prende la responsabilità di quello che dice. Peraltro resta che l’appunto mosso da Sabelli a Ingroia e a Di Matteo non coinvolge il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, che pure era presente e pure aveva partecipato allo stesso dibattito.
Sabelli: “Non offuscare l’immagine di imparzialità”. Il presidente dell’Anm ne fa un problema di immagine, insomma: “Tutti i magistrati, e soprattutto quelli che svolgono indagini delicatissime devono astenersi da comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità, cioè da comportamenti politici”. E con il suo invito a cambiare la classe dirigente del Paese, invece, “Ingroia si è spinto a fare un’affermazione che ha oggettivamente un contenuto politico”; con il rischio così di “appannare” la sua immagine di “imparzialità”. 
Poi la mancata reazione alle critiche al Colle, cioè alla “manifestazione plateale di dissenso nei confronti del capo dello Stato”: “In una situazione così – dichiara Sabelli – un magistrato deve dissociarsi e allontanarsi”, aggiunge Sabelli, che invita tutti i magistrati “a evitare sovraesposizioni” e a “non mostrarsi sensibili al consenso della piazza”. 
Sabelli rifiuta poi la ricostruzione fatta da Di Matteo secondo il quale era stato “assordante” il silenzio dell’Anm e del Csm sugli attacchi ricevuti dai magistrati che conducono l’indagine. ”Non ho difficoltà – prosegue Sabelli – a ribadire la difesa e a manifestare il sostegno ai pm di Palermo. Ma questa non è una novità: l’Anm tutta , la giunta e io ripetutamente abbiamo manifestato solidarietà; non capisco come si possa parlare di mancato sostegno”. 
Ingroia: “Rivendico la mia analisi”. Ma Antonio Ingroia insiste ancora oggi nella sua tesi e corregge Sabelli. “Rivendico la mia analisi storica e sociologica del fenomeno mafioso: il collega Sabelli non conosce il contenuto della mia intervista e si è fidato di una frase estrapolata”. ”Io ho fatto – continua Ingroia – un intervento, sul rapporto tra potere mafioso e politica e ho parlato di un certo modo di essere della classe dirigente che, invece di attuare una politica di annullamento, ha attuato una politica di contenimento della mafia e ho detto che per recidere i legami tra Cosa nostra e certa classe politica occorre rinnovare la classe politica. La mia era una valutazione storica e sociologica che rivendico”. 
Così il procuratore aggiunto siciliano precisa che “il discorso riguardante il cambiamento della classe dirigente va inquadrato in un contesto piu’ ampio, in cui parlavo della necessita’ di recidere i legami dello Stato italiano con la mafia dall’Unità ad oggi. In questo senso ho detto che va cambiata la classe dirigente”. 
Quanto alla mancata presa di distanza dalle critiche del Presidente della Repubblica Ingroia ha detto: “In un dibattito ognuno si assume la responsabilità personale delle proprie opinioni. Se si partecipa a un dibattito a più voci ciascuno dice quello che pensa e ne risponde. Nella cronaca cui si riferisce Sabelli è scritto che io e il collega Di Matteo siamo rimasti impassibili, non approvandole in alcun modo”. “Nè io nè i colleghi abbiamo espresso ieri critiche nei confronti del Capo dello Stato – ribadisce – Secondo me sono polemiche fuori luogo. Come in ogni dibattimento ciascuno è responsabile delle proprie opinioni, ma noi siamo rimasti impassibili”.
Il pm aveva detto: “Dovete cambiare la classe dirigente”. Sulla stagione delle stragi mafiose “non è ancora emersa tutta la verità”, aveva detto il magistrato palermitano, ma “a queste condizioni questo è il massimo risultato possibile”. E secondo il pm “queste condizioni” difficilmente potranno cambiare “con questo parlamento che ha approvato leggi ad personam e che è responsabile del disastro legislativo in cui ci siamo trovati”. Da qui un invito – applauditissimo – ai lettori del Fatto Quotidiano, che affollavano (solo posti in piedi) la platea a Marina di Pietrasanta: “Dovete cambiare la classe dirigente e questo ceto politico. Si deve voltare pagina”.
Ingroia incassa anche la difesa da parte della presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli. ”Non crediamo affatto – spiega in una nota – che il pm Antonio Ingroia abbia ‘bestemmiato’ chiedendo ai cittadini di cambiare questa classe politica che non ha versato una sola lacrima sincera per bambini e ragazzi ammazzati al posto di uomini politici”. 
Secondo la presidente “l’Anm avrà le sue buone ragioni” a rimproverare il pm Ingroia, “ma noi abbiamo le nostre” a volere “la verità ad ogni costo, anche cambiando questa classe politica che vuole gettare la verità sulle stragi del 1993 alle ortiche, perché troppo compromettente per tutti”. “Possibile che ogni giorno ci sia un buon motivo per farci pensare che la verità sulle stragi del 1993 non la voglia nessuno?”, si chiede Maggiani Chelli che si dice convinta che “la strage del 27 maggio 1993 è molto più di un ragionevole dubbio sia stata il prezzo pagato dai nostri figli affinchè uomini politici minacciati dalla mafia non morissero”.
Gasparri: “Perché Sabelli si sveglia solo ora?”. Nella polemica si infila anche il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: “E’ davvero stupefacente e commovente la rapidità con cui il presidente dell’Anm Sabelli ha censurato le esternazioni politiche di Ingroia. Sabelli ne ha contestato l’impropria esortazione a cambiar classe dirigente. Probabilmente nei mesi e negli anni precedenti il dottor Sabelli è stato lontano dal nostro Paese o ha ignorato i comportamenti e le affermazioni di Ingroia, che da tempo si è rivelato militante politico di parte provvisoriamente impegnato in una doppia attività di magistrato e di ideologo”. 
Così, con Gasparri apripista, il dibattito interno alla magistratura diventa tutto politico. “Gasparri ha perso un’occasione per tacere – ribatte Donatella Ferranti (Pd) – La presa di posizione dell’Anm sulla partecipazione di Ingroia e di Matteo alla festa del Fatto Quotidiano non può essere oggetto dell’ennesima rozza strumentalizzazione sulla giustizia che il capogruppo del Pdl continua incessantemente a portare avanti minando la credibilità delle istituzioni e ostacolando ogni qualsiasi forma di confronto politico su temi fondamentali, a partire dal ddl anticorruzione”.