venerdì 2 giugno 2017

Si scrive “sistema tedesco”, si legge Mario Draghi. - Peter Gomez

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Mario Draghi con il vice Vitor Constancio (Afp)
Si scrive sistema tedesco, ma si legge Mario Draghi. Può e deve essere raccontata così la scelta dei nostri partiti e movimenti di portarci al voto con una legge elettorale che non farà vincere nessuno. Capire come andrà a finire questa storia non è difficile. Dopo le elezioni nascerà un governo di coalizione. Durerà un paio di anni e poi (ma forse molto prima) dovrà fare i conti con i tassi di interesse che ricominceranno ad andare alle stelle. Nella legislatura che ci stiamo lasciando alle spalle è stato fatto molto poco per rimettere in sesto l’economia. Il debito pubblico è salito; il Pil ha segnato tassi di crescita ridicoli rispetto al resto dEuropa; le nostre classi dirigenti hanno continuato bellamente a rubare; la spending review ha tagliato solo le teste dei commissari che avevano provato a proporla; la riforma della scuola è stata un disastro. Se a tutto questo si aggiungono poi la forza delle mafie, la crisi delle banche, l’assenza quasi totale di programmazione industriale, i bassi investimenti e l’incapacità di innovarsi dimostrata da una parte non piccola degli imprenditori, il quadro è completo.
Quando, verosimilmente verso la metà del 2018, la Bce sospenderà l’acquisto dei titoli di Stato (già ora sceso da 80 a 60 miliardi di euro al mese), in Italia respireremo un clima vicino a quello degli ultimi giorni del governo di Silvio Berlusconi. Panico, fuga dei capitali, spread e molti ridicoli appelli a fare presto. Per immaginarlo non bisogna essere delle Cassandre. Che le cose stiano così lo sanno tutti. Tanto che proprio ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, davanti alla domanda sulla grande paura che accompagna la fine del Quantitative easing targato Banca centrale europea, ha detto: “Cosa succederà? Dipende da noi. Sarebbe sbagliato subire la transizione” verso lo stop, “bisogna gestirla, anticiparla e accompagnarla”.
Bene, bravo, bis. Solo che qualcuno dovrebbe spiegarci perché dovrebbe mettersi a farlo chi fin qui la transizione non l’ha né anticipata, né gestita, né accompagnata. Pensate che lo faranno Pd e Forza Italia, più le decine e decine di parlamentari stile Scilipoti che per sorreggere l’eventuale governo lasceranno i gruppi in cui sono stati appena eletti? Credete davvero che lo potrà fare un ipotetico esecutivo Cinque Stelle: un governo che, pallottoliere alla mano, potrà essere solo di minoranza oppure anch’esso di coalizione?
Non prendiamoci in giro. Le possibilità sono pari allo zero. Con il sistema tedesco, la palude è servita. E i cittadini ci affonderanno dentro. Non moriremo, però. Di questo possiamo essere sicuri. Verremo invece tutti ulteriormente tartassati. Presi dalla disperazione i nostri leader di partito, esperti solo nel rimandare a domani ciò che andava fatto ieri, andranno in ginocchio da Draghi: l’unico nome ancora spendibile di fronte alla comunità internazionale.
Nel settembre del 2019 il suo mandato alla Bce scade. Per senso di responsabilità e ambizione personale è possibile, ma non scontato, che l’ex governatore di Bankitalia acconsenta a lasciare in anticipo l’incarico e a fare il salvatore della patria. Un po’ come Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. Anche perché, semmai la Germania finisse per dare l’ok agli eurobond, cioè a titoli in qualche modo garantiti dall’Europa (1.000 miliardi di investimenti è il minimo sindacale per far ripartire i Paesi del Sud), di certo non vorrebbe far spendere quei soldi all’allegra brigata di cui Silvio e Matteo sono i campioni. Quindi Draghi o la troika. È questo il sistema tedesco.

Il governo silura il capo del Fisco: era il simbolo della lotta agli evasori. - Paolo Biondani

Il governo silura il capo del Fisco: era il simbolo della lotta agli evasori

Dal 12 giugno Rossella Orlandi non sarà più al vertice dell'Agenzia delle Entrate, nonostante il record storico nel recupero di capitali nascosti. Al suo posto Ernesto Ruffini, renziano di ferro e numero uno di Equitalia.


Rimosso il capo del fisco. Dopo mesi di voci, ora è ufficiale: Rossella Orlandi dovrà lasciare dal prossimo 12 giugno la carica di direttore dell'Agenzia delle Entrate. Al suo posto il ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, ha deciso di nominare un renziano di ferro: Ernesto Ruffini, attuale numero uno di Equitalia. Padoan, nei mesi scorsi, aveva resistito alle pressioni politiche, anche interne al governo, che chiedevano un cambio al vertice dell'agenzia fiscale.

L'ex premier Matteo Renzi ha dichiarato più volte anche pubblicamente la sua stima per Ruffini e non ha nascosto invece la sua crescente ostilità nei confronti della Orlandi, considerata un simbolo della lotta all'evasione, che in un paese come l'Italia non è sempre popolare in tempi di campagna elettorale.

Tra i casi più vistosi di scontro, spicca il no della direttrice dell'agenzia nel dicembre 2015 alla famosa leggina del 3 per cento (poi saltata) che avrebbe consentito in particolare a Silvio Berlusconi di chiedere l'annullamento della condanna definitiva per frode fiscale; la sua opposizione all'aumento a tremila euro della soglia di utilizzo dei contanti (poi varata ugualmente e ora contestata dalle autorità europee); la sua contrarietà al progetto di annullare tutte le accuse fiscali contestate prima delle nuove norme sui termini di prescrizione (una specie di amnistia poi ritirata dal governo); e, da ultimo, il testo del regolamento con cui la responsabile delle entrate 
ha limitato l'applicazione della flax tax (la tassa fissa di centomila euro per i super-ricchi) ai soli cittadini veramente stranieri, escludendo invece gli italiani con dubbie residenze nei paradisi fiscali.

Formalmente il ministro Padoan ha deciso solo di non rinnovare l'incarico alla Orlandi, che scade appunto il 12 giugno. Lo stesso giorno, salva la possibilità di una brevissima proroga tecnica, si insedierà al vertice dell'Agenzia l'ex avvocato Ernesto Ruffini, scelto due anni fa dal governo Renzi come numero uno di Equitalia, la struttura che ha il compito di riscuotere le tasse già accertate.

Ancora l'anno scorso, l'annuncio di Renzi della cosiddetta abolizione di Equitalia (in realtà assorbita nell'Agenzia) era stata interpretata dagli addetti ai lavori come la premessa di un ridimensionamento e successiva rimozione della Orlandi. L'ormai ex direttrice e il nuovo direttore hanno profili molto diversi.

Orlandi ha lavorato per più di trent'anni come funzionaria statale scalando tutti i gradini dell'Agenzia delle Entrate e ha fatto carriera in particolare con l'ex direttore Massimo Romano, il grande esperto di lotta all'evasione che per due volte fu nominato da Prodi e Visco e per due volte rimosso da Berlusconi e Tremonti. Ruffini invece è un giurista che si è formato nel privato e ha lavorato fino al 2015 come professionista con l'ex ministro Fantozzi in uno dei più importanti studi di commercialisti italiani.

Tra i suoi libri di diritto, «L'evasione spiegata a un evasore». Mentre la Orlandi ha conservato una figura di tecnico sganciato dalla politica, Ruffini ha un rapporto diretto con l'ex premier Renzi, che lo ha voluto a capo di Equitalia, e appartiene a una famiglia palermitana che ha espresso importanti esponenti delle istituzioni: il padre fu ministro democristiano, mentre uno zio materno è stato al governo con Berlusconi.

Di certo il cambio al vertice del fisco non dipende da scarsità di risultati: con Rossella Orlandi, l'Agenzia delle Entrate ha raggiunto nel 2016 il record storico nella lotta all'evasione, con oltre 19 miliardi di somme effettivamente recuperate e incassate dallo Stato.

giovedì 1 giugno 2017

Angelino Alfano, per il «delfino» è arrivato l’ultimo giro di giostra? - Barbara Fiammeri

Il ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano  (Ansa)


Chissà se per Angelino Alfano è arrivato l'ultimo giro di giostra. 
L'istinto di sopravvivenza finora dimostrato dal ministro agrigentino non è da sottovalutare. Il Defino senza quid spiaggiato dal Cavaliere è una sorta di araba fenice. 
Democristiano di nascita per discendenza paterna, a soli 24 anni capisce che è ora di lanciarsi nel nuovo che avanza approdando in Forza Italia. Riservato, apparentemente modesto e con le amicizie giuste è protagonista di una rapida scalata che solo un anno dopo, nel 1996, gli consente di sedere tra i banchi dell'assemblea siciliana. L'obiettivo però è Roma, il Palazzo, dove approda come deputato nel 2001. Nel frattempo cresce anche il suo peso nel partito e il legame con Silvio Berlusconi che prima gli affida nel 2005 il ruolo di coordinatore in Sicilia e poi lo vuole nel suo Governo come Guardasigilli.

Lodo e inasprimento 41bis.

Alfano svolge fedelmente il suo compito, tant'è che porta il suo nome il lodo che consentiva (la legge è stata poi cassata dalla Corte costituzionale) la sospensione dei processi per le 4 più alte cariche dello stato tra cui, ovviamente, quella del presidente del Consiglio Berlusconi alle prese con diversi guai giudiziari. Nel frattempo però è anche artefice di una serie di provvedimenti, primo fra tutti l'inasprimento del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi di cui si lamenta anche Totò Riina in una intercettazione. Per il giovane ministro la strada sembra ormai in discesa e nel partito si fa più di un nemico soprattutto quando Berlusconi lo designa come erede. Il Cavaliere non teme regicidi per l'assenza di “quid” di Angelino (ribattezzato dai malevoli Angolino), che a sua volta però si sta già preparando al dopo. Nel 2013 le larghe intese lo riportano al Governo guidato da Enrico Letta. Stavolta è ministro dell'Interno. La sua stagione al Viminale viene ricordata essenzialmente per due fatti: il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazakho Mukhtar Ablyazof, arrestata in un blitz violento assieme alla figlia di 6 anni ed espulsa illegittimamente dall'Italia, e il tweet con cui il ministro annunciava urbi et orbi l'arresto dell'assassino della piccola Yara Gambirasio, provocando le ire dei Pm a capo dell'indagine che doveva rimanere riservata.


L’ultimo giro di boa.

Alfano però resta al suo posto. Anche perché nel frattempo garantisce la sopravvivenza del governo abbandonando Berlusconi al suo destino di incandidabile e dando vita al Nuovo centrodestra. Anche il trasloco da Letta a Renzi non gli provoca particolari patemi (resta alla guida del Viminale), pur attirando su di sé critiche feroci con l'aggravarsi dell'emergenza immigrazione. Il partito intanto comincia a perdere pezzi: l'ex ministro Nunzia De Girolamo, poi il coordinatore Gaetano Quagliariello e alla vigilia del referendum costituzionale il capogruppo Renato Schifani. 


Alfano resiste e con Gentiloni trasloca dal Viminale alla Farnesina. Ora è di fronte a un nuovo giro di boa. Renzi lo ha abbandonato al suo destino d'intesa con Berlusconi e Grillo innalzando la soglia al 5% per entrare in Parlamento. 
Ma visti i precedenti, chissà che anche stavolta il Delfino spiaggiato non trovi l'onda giusta per tornare a surfare.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-06-01/la-storia-delfino-spiaggiato-angelino-alfano--095150.shtml?uuid=AE24kyWB

Speriamo che sparisca.... ma non ci credo troppo. 
Questo è un altro arcano poco comprensibile: non è benvoluto dal 97% degli elettori, ma resta sempre a galla.
Santi in paradiso?

Meteora, meteorite o ‘bolide’: cos’ha illuminato di verde i cieli del Nord Italia. - Andrea Centini



La notte del 30 maggio, per alcuni istanti, un piccolo oggetto celeste ha illuminato di verde i cieli del Nord Italia, prima di disgregarsi nell’atmosfera. Ecco di cosa si è trattato.

La scorsa notte, alle 23:10 circa, il cielo del Nord Italia è stato solcato da un piccolo corpo di natura extraterrestre, che per alcuni istanti lo ha illuminato di verde con una lunga ed effimera scia, prima di disgregarsi nell'impatto con l'atmosfera in un fragoroso boato. L'evento, che ha immediatamente catalizzato l'interesse degli utenti dei social, compresi alcuni vip che vi hanno assistito come il rapper Fedez, è stato particolarmente apprezzabile tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tuttavia sembra che tra i fortunati spettatori vi siano stati anche diversi cittadini del Centro Italia. Si trattava di un semplice bolide, come sottolineato dall'astrofisico Gianluca Masi a capo del Virtual Telescope, ovvero di una meteora particolarmente luminosa, "accesa" dall'impatto di un piccolissimo frammento con l'atmosfera terrestre. Ecco una lista degli oggetti che innescano questi spettacolari fenomeni.

Cos'è una meteora.

Quando il frammento di una cometa o un meteoroide, ovvero un piccolissimo asteroide, entra in contatto con l'atmosfera terrestre e “brucia” completamente a causa della pressione dinamica, un processo di vaporizzazione ed erosione noto col nome di ablazione, siamo innanzi a una meteora. È in pratica un semplice spettacolo visivo che non produce detriti e – normalmente – danni sulla Terra. Le meteore sono anche conosciute col nome comune di stelle cadenti, che possono trasformarsi in una vera e propria “pioggia” – lo sciame meteorico – quando l'atmosfera terrestre entra in contatto col materiale rilasciato dalle comete. Basti pensare alle famose "Lacrime di San Lorenzo”, le Perseidi, che tradizionalmente attorno al 10 agosto illuminano alcune notti estive. Esse non sono altro che particelle rilasciate dalla cometa Swift-Tuttle.

Cos'è un bolide.

Quando le meteore acquisiscono una magnitudine apparente (ovvero una luminosità) particolarmente elevata, da –3 o da -5 in su in base alle “scuole di pensiero”, prendono il nome di bolidi, sebbene il termine non abbia un vero e proprio rigore scientifico. Quello transitato sopra i cieli italiani, con la sua brillante scia verdognola, era proprio proprio un bolide, ed è stato generato da un frammento di polvere interplanetaria grande come un sassolino, come ha sottolineato il dottor Masi.

Cos'è un Meteorite.

Se il meteoroide non viene completamente consumato dall'impatto con l'atmosfera, ciò che ne rimane è destinato a impattare con la superficie della Terra. Il “sassolino” che troviamo sul terreno prende il nome di meteorite. Si stima che ogni anno ne cadano alcune centinaia, tuttavia la stragrande maggioranza finisce negli oceani e in aree disabitate, dunque se ne recuperano soltanto una (preziosissima) manciata. Ne esistono di diverse tipologie ed età, e fondamentalmente si dividono in meteoriti rocciosi e meteoriti ferrosi. Recentemente, nelle cosiddette condriti carbonacee, i più antichi meteoriti conosciuti, è stato scoperto un minerale completamente nuovo che è stato chiamato “rubinite”.

La “meteora” di Celjabinsk.

L'evento accaduto ieri notte nei cieli italiani ha alcune analogie con quello avvenuto nei cieli della Russia la mattina del 15 febbraio 2013, con l'unica – e sostanziale – differenza rappresentata dalla grandezza del meteoroide coinvolto. KEF-2013, così chiamato dagli scienziati russi, non si limitò alla “fiammata” e al boato. Aveva infatti un diametro di 15 metri e una massa di 10mila tonnellate, ed esplose a decine di chilometri di altezza sopra i cieli della cittadina di Celjabinsk, a sud degli Urali. L'impatto con l'atmosfera, all'incredibile velocità di 54mila chilometri orari, fu tremendo e sprigionò un'energia di 500 chilotoni (decine di volte più potente delle bombe atomiche sganciate dagli USA sul Giappone), che ha prodotto un'onda d'urto devastante. Ci furono circa 1.200 feriti a causa delle schegge dei vetri degli edifici, letteralmente esplosi. Fortunatamente non si registrarono morti. Nell'ottobre del 2016 in un lago vicino alla città fu recuperato un meteorite di 270 chilogrammi, ciò che rimaneva del meteoroide. Nonostante il recupero del grande frammento, l'evento è passato alla storia come “la meteora di Celjabinsk.



[Foto di Navicore]

http://scienze.fanpage.it/meteora-meteorite-o-bolide-cos-ha-illuminato-di-verde-i-cieli-del-nord-italia/

Non abbiamo memoria. - Luciano Scanzi

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Non abbiamo memoria. Nemmeno quella a breve termine, quella che servirebbe.
Ma c’è un motivo.
I libri ci raccontano che in Italia c’erano la fame e la miseria. Molti giovani se ne andavano per cercarsi una vita da qualche altra parte. Le persone sapevano a malapena leggere e scrivere e l’informazione, da sempre poco propensa all'autonomia di pensiero, raccontava loro quello che il Potere gli chiedeva di raccontare, avendo gioco facile, vista la diffusa ignoranza.
La gente non poteva curarsi e spesso si moriva per poco, anche delle malattie più stupide.
Il paese era gestito con un sistema che si diceva essere democratico, ma non lo era, controllato dai partiti politici, una specie di associazioni a delinquere i cui membri avevano per unico fine quello massimizzare i propri privilegi e soddisfare i propri cazzi. Di fatto, eravamo poco più di una colonia americana che aveva perso la guerra coi tedeschi. Due miserie in un colpo solo (semi-cit.)
La struttura organizzativa del Paese era quella prevista da una democrazia: Governo, Parlamento, cazzate così, alla quale facevano capo altre strutture, chiamate Regioni, Province e Comuni, tanti Comuni. Troppi Comuni.
Nei territori più complicati, poi, venivano utilizzate unità speciali, chiamate Mafie.
I ministri venivano scelti alla cazzo di cane, non per competenze, ma per amicizie, equilibri politici, fotogenie, quote rosa.
I Governi duravano mediamente il tempo di maturare i vitalizi previsti per lorsignori e lordame, poi tutti a casa.
Fra i suddetti partiti, il più potente era la Democrazia Cristiana, che, da sempre, ha avuto il controllo di quasi tutti i Governi, anche se a volte ha dovuto farlo cambiando il proprio nome e ricorrendo ad una genialata di strategia, chiamata Gattopardismo, che serviva a ripristinare il controllo del potere quando si faceva più forte la domanda di cambiamento da parte degli elettori. Consisteva nel rimescolare le carte, i programmi, i ministri, le alleanze, i nomi, cianciando di nuove promesse e facendo credere alla gente che tutto sarebbe cambiato, ma poi, in un "abbiamo scherzato", ritornava tutto come prima.
E la gente abboccava ancora. La gente abboccava sempre.
Il sistema si reggeva economicamente sulla tassazione dei cittadini, da prelevare in base ai loro redditi, ma alla fine pagavano solo quelli costretti a farlo. Gli altri erano liberi di sbattersene i coglioni. Era un tacito accordo, visto che "gli altri" erano anche i detentori delle ricchezze e dei capitali maggiori e, di fatto, i migliori amici di qualsiasi potente al governo, che quindi si doveva guardare bene dal disturbarli chiedendogli balzelli.
Per questo, per le tasse non pagate dagli amici, i servizi sono sempre costati molto più che altrove e il nostro paese è sempre stato indebitato fino agli occhi. Effetti collaterali.
La benzina aumentava continuamente. Pensate, allora comprendeva perfino la tassa per la guerra in Africa.
Poi c’erano i fondi per il Mezzogiorno, un sistema che prevedeva la raccolta di enormi quantità di denaro facendo credere che sarebbero servite per sviluppare attività nelle regioni più povere del Meridione; denaro che poi, come pianificato, sarebbe evaporato lungo il tragitto a vantaggio delle strutture suddette, soprattutto di quelle speciali: le mafie.
E poi c’erano gli Enti Merenda, una quantità enorme, ognuno col suo consiglio d’amministrazione, gettoni, ricchi premi e cotillon(s). Servivano per ospitare politici trombati, o a fine carriera, o altri figli di papà a richiesta dei potenti del momento.
C’era un tipo di capitalismo bizzarro, che prevedeva la privatizzazione degli utili e la statalizzazione delle perdite. C’era Alitalia, pozzo senza fine di risorse sprecate in inefficienze e manager strapagati, e mille casi come questo. Era pieno, di manager strapagati, nominati dalla politica e che venivano pagati due volte: la prima quando arrivavano e la seconda per togliersi dalle palle e smettere di fare danni. C’erano i montezemoli.
C’erano gli operai, i peggio pagati d’Europa, e i loro sindacalisti, dalle carriere luminose e dai super stipendi.
C’era il vaticano, vero titolare della sovranità del nostro Paese.
C’erano i segreti di stato, buoni per le ricorrenze e le celebrazioni, ma che rimanevano sempre tali.
C’erano i terremoti e le alluvioni, a portare morte e promesse, ma poi restava solo morte. E ancora morte.
E oggi? E’ tutto uguale a prima. Uguale a sempre. Perfettamente immutato e immutabile. Un cancro che si è fatto sistema.
Ecco perché non abbiamo memoria. Non ci serve.

mercoledì 31 maggio 2017

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari. - Lirio Abbate e Marco Lillo

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari

Le società del capitano della Roma affittano immobili in periferia al Comune di Roma per l'emergenza abitativa. E il canone è extra large: 900mila euro l'anno per 35 alloggi del residence di Tor Tre Teste. A capo della commissione di gara, l'ex vice capo di gabinetto di Veltroni Odevaine, ora in carcere per Mafia Capitale. Un palazzo in locazione anche all'ex Sismi.

* Pubblichiamo uno stralcio de ”I Re di Roma. Destra e sinistra agli ordini di Mafia Capitale” di Lirio Abbate e Marco Lillo, (Chiarelettere, 272 pagine, 14.90 euro)
Il 19 maggio 2014, meno di tre mesi prima di presentare la richiesta di arresto per i protagonisti di “Mafia Capitale”, i pubblici ministeri romani mettono nel mirino i Caat, una parolina criptica che sta per Centri di assistenza abitativa temporanea, uno scherzetto da quasi 43 milioni di euro di spese all’anno nel bilancio di Roma Capitale. (…) Questi centri vengono creati nel maggio del 2005 con una delibera del consiglio comunale ai tempi in cui è sindaco Walter Veltroni. Negli anni successivi vengono attivati alloggi di emergenza in numerosi palazzi, quasi sempre in periferia, di proprietà dei soggetti che ne fanno richiesta dopo un apposito bando del Comune. (…) L’amministrazione spende 42 milioni e 597.000 euro all’anno per 33 residence, a cui si sommano i centri della Eriches 29, di Salvatore Buzzi, che ospitano complessivamente 584 persone. Nell’elenco dei Caat troviamo grandi immobiliaristi (…). La procura finora non ha mosso accuse sull’emergenza abitativa. Non mancano casi di estrema “concentrazione”. Su 18 strutture a disposizione del Dipartimento Politiche sociali, ben 16 sono delle solite “coop bianche” (…). Alla fine le cooperative vicine a Comunione e liberazione racimolano grazie ai Caat del Comune più di 8 milioni di euro. Secondo il prospetto del Campidoglio, consegnato ai pm nel maggio del 2014 e poi girato al Ros dei carabinieri, Eriches 29 – quindi il versante “rosso” – costa alle casse dell’amministrazione pubblica ben 5 milioni e 179.000 euro, circa 740 euro al mese per immigrato (…).
Grazie a Odevaine 5 milioni vanno alla società di Francesco TottiNella lista consegnata dal pm Luca Tescaroli al Ros per le “concordate verifiche” c’è anche, all’undicesimo rigo della tabella dei Caat, il residence della Immobiliare Ten, amministrata dal settembre del 2009 da Riccardo Totti, fratello del capitano della Roma, e controllata indirettamente per l’83 per cento proprio dal fuoriclasse giallorosso, mentre il restante 17 per cento è diviso tra la mamma e il fratello stesso. 
La catena societaria a monte del palazzo di via Tovaglieri, zona Tor Tre Teste, è composta da tre società che fanno tutte riferimento al numero impresso sulla maglia del“Capitano”: a valle c’è l’Immobiliare Ten, proprietaria dell’immobile affittato al Comune; più su c’è invece l’Immobiliare Dieci che possiede – oltre al 100 per cento delle quote della Ten – anche altri due palazzetti (ora uniti in un unico stabile, ndr) in via Rasella, a due passi da via Veneto. Più su ancora c’è la holding di famiglia, la Numberten Srl: per l’83 per cento di Francesco Totti, per il 6,7 per cento del fratello maggiore Riccardo, amministratore di tutte e tre le società, e per il 10 per cento circa della mamma Fiorella Marrozzini. La società Immobiliare Ten del Capitano ha ottenuto dal Comune di Roma più di 5 milioni di euro in sei anni, per l’affitto di 35 appartamenti arredati in una zona dell’estrema periferia romana. Grazie al canone accordato dall’amministrazione, la società ha potuto realizzare negli anni utili interessanti: nel 2013 (ultimo bilancio depositato in Camera di commercio), 128.000 euro; nel 2012 addirittura 184.000.
Il punto è che il grande affare di Francesco Totti con il Campidoglio è stato fatto, come è accaduto per il gruppo Pulcini e per Salvatore Buzzi, grazie anche a un signore che oggi è in galera: Luca Odevaine. Nessuno è indagato per queste storie, ma resta lo sperpero di denaro pubblico (…). Il 16 ottobre 2007, dopo la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta ufficiale il 13 agosto 2007 e dopo l’arrivo delle offerte, viene nominata dal direttore del Dipartimento Politiche abitative del Comune di Roma in carica, Luisa Zambrini, una commissione di gara. (…) Il presidente della commissione è il “dottor Luca Odevaine”.
Qualche giorno prima, il 27 settembre, l’Immobiliare Dieci Srl “spara” l’offerta: per l’affitto di via Tovaglieri chiede un canone annuale complessivo di 1 milione e 280.851 euro. Una cifra spropositata. In pratica Francesco Totti, o meglio, l’amministratore di allora che non era il fratello Riccardo – subentrato solo nel 2009 – ma il commercialista Adolfo Leonardi, chiede al Comune di Roma di pagare più di 3.000 euro al mese per ognuno dei 35 appartamenti del palazzo di Tor Tre Teste.
Lo stesso giorno il Campidoglio dispone di sottoporre l’offerta a un “parere di congruità tecnica” e “a seguito di tali verifiche l’amministrazione di Roma ha informato l’Immobiliare Dieci Srl di essere interessata all’offerta in locazione della struttura” però “a un canone di locazione di 15 euro/mq per mese e 9,50 euro/mq per mese per i servizi gestionali pari a un canone annuo di 714.481 euro oltre Iva al 20 per cento (in tutto fanno 857.000 euro) di cui 437.437 euro oltre Iva al 20 per cento per le unità abitative e 277.000 e 44 oltre Iva al 20 per cento per i servizi di pulizia delle parti comuni (tre volte alla settimana), la portineria 24h, la pulizia al cambio inquilino e la manutenzione ordinaria”.
Il contratto, dalla cifra originaria di 857.000 euro, forse per gli aumenti automatici, sale poi a 908.000 euro l’anno. Un’enormità se si pensa che la società di Totti ha comprato l’immobile con un leasing, poco prima di affittarlo al Comune di Roma, e lo ha pagato 6 milioni di euro più Iva. In pratica, se il Campidoglio avesse acquistato a rate il palazzo invece di pagare la locazione e i servizi di portierato e pulizie alla società di Totti, avrebbe speso quasi la stessa cifra entrando, però, in possesso di un bene.
Il contratto è scaduto il 31 dicembre 2014 ma l’amministrazione continua a pagare anticipatamente ogni mese i 75.000 euro di affitto per le 35 unità immobiliari di questo palazzo di periferia. (…) La società, inoltre, incassa gli affitti dei negozi – per un totale di 1900 metri quadrati – che sono esclusi dal contratto con il Comune. Al piano terra, infatti, troviamo un bel bar, della catena Blue Ice, e un supermercato Conad. Nel 2007 questi affitti extra erano pari a 231.000 euro all’anno. (…)
“Infiltrazioni in camera da letto, piove dal bagno di sopra, gli scarafaggi ci tormentano.”Lo stabile è il classico immobile costruito per ospitare uffici, non certo appartamenti residenziali. “Quando siamo entrati qui – racconta Elisa Ferri che abita con il marito e tre figli piccoli in un appartamento di 75 metri quadrati al primo piano – era tutto in ordine con i mobili ancora imballati. Dopo sei anni e mezzo la situazione è ben diversa. La manutenzione è fatta male. Da un mese nella nostra camera da letto e nel bagno ci sono le infiltrazioni che vengono dall’appartamento del piano di sopra. Uno schifo! Non possiamo fare intervenire i nostri idraulici e siamo costretti ad aspettare quelli della proprietà”. E ancora: “In realtà qui in via Tovaglieri non c’è nessuno della Immobiliare Ten di Francesco Totti. Siamo costretti a passare tramite il portiere che mi risulta lavori per una cooperativa (…)”. “Non sappiamo nemmeno il cognome del responsabile con cui parliamo. Io – si lamenta Elisa Ferri – so solo che si chiama Stefano. Nonostante le promesse, però, a casa mia dopo un mese non è venuto nessuno, piove da sopra e la macchia si allarga a vista d’occhio. Anche l’ascensore è rimasto rotto per settimane questa estate senza che nessuno intervenisse nonostante la presenza di anziani. La casa è molto umida. Le pareti e i tramezzi sono troppo sottili e questo palazzo non è stato costruito per essere abitato ventiquattr’ore al giorno, ma solo per lavorarci”. E come se non bastasse, “il Comune spende tanto per la bolletta elettrica. Inoltre siamo tormentati dagli scarafaggi. Io penso che Francesco Totti non immagini nemmeno in che situazione ci troviamo. Qui non lo ha mai visto nessuno. Pensi che nel palazzo si era diffusa la voce che aveva regalato tutto al Comune”.
In realtà non è così. La Immobiliare Ten, amministrata da Riccardo Totti, in questa storia si è comportata come una società che massimizza il profitto. Semmai è il Comune che ha fatto beneficenza al calciatore più ricco di Roma. Tra affitto e spese, gli appartamenti “ci” costano l’uno 2.161 euro di affitto al mese. Un canone degno del centro di Roma, non certo di Tor Tre Teste. Un bell’autogol per tutti.
Quello stabile a due passi da via Veneto che ospita gli uffici dell’Aise.A questo punto è interessante capire la storia del palazzo di via Tovaglieri. Inizialmente il proprietario, come accaduto per altri residence poi affittati come Caat al Comune, è la società Fimit Sgr, un grande fondo immobiliare italiano nato nel 1998 per iniziativa di Inpdap e Mediocredito Centrale. Fino a maggio del 2007, alla guida c’è Massimo Caputi, un manager molto importante che ha guidato colossi come Invitalia e Grandi Stazioni (…).
Il 30 maggio 2007 l’Immobiliare Dieci Srl stipula un preliminare con Fimit per comprare il palazzo di via Tovaglieri e due stabili in via Rasella. La società del Capitano si impegna ad acquistare il “pacchetto” a 16 milioni e 950.000 euro. Il prezzo è buono per gli acquirenti e permette al fondo di fare una plusvalenza di 3,3 milioni.
Il vero affare per i Totti sono i due palazzetti accanto a via Veneto, mentre quello di Tor Tre Teste viene infilato giusto per venderlo. In via Rasella, infatti, il Capitano compra immobili quasi totalmente liberi da inquilini, con una superficie netta da affittare pari a 1.860 metri quadrati al prezzo di 10 milioni e 950.000 euro, tutt’altro che elevato per quella zon (…)
Ben diversa, almeno sulla carta, la situazione di via Tovaglieri. (…) Nel maggio del 2007, quando la società di Totti firma il contratto preliminare di acquisto al prezzo di 6 milioni con Fimit, è un mezzo bidone: difficile da affittare e con un valore in calo. Tra il preliminare e il definitivo però le cose cambiano. (…) Il 16 ottobre viene nominata la commissione che deve valutare le offerte, presieduta da Luca Odevaine, e venti giorni dopo, il 7 novembre, la società di Totti stipula il contratto definitivo di acquisto con Fimit per il palazzo di via Tovaglieri. Sembra un azzardo ma il 16 dicembre 2008, il Comune e l’Immobiliare Ten firmano il contratto di locazione. (…) Via Tovaglieri, grazie al contratto per sei anni rinnovabile tacitamente, è una gallina dalle uova d’oro (…)
I due palazzi di via Rasella sono stati invece uniti e ristrutturati. Oggi ci sono gli uffici amministrativi dei servizi segreti italiani. L’Immobiliare Dieci detiene in leasing lo stabile e ottiene, nel 2013, ricavi per 1 milione e 70.000 euro. Probabilmente pagati tutti dall’Aise (Agenzia informazione e sicurezza esterna). Sul palazzo c’è anche la targa della presidenza del Consiglio. L’Immobiliare Dieci sostiene per via Rasella una rata del leasing pari a 545.000 euro ai quali bisogna assommare altri costi e ammortamenti. Alla fine, il netto utile è di 182.000 euro nel 2013.  (…) Francesco Totti, pur essendo il maggiore azionista delle due società immobiliari e quindi “il beneficiario” economico principale, non è amministratore delle due società e potrebbe non essere a conoscenza della genesi e dell’evoluzione dei rapporti con il Comune di Roma e con la presidenza del Consiglio per la locazione dei palazzi di via Tovaglieri e di via Rasella.
Francesco e Luca, romanista sfegatato, si incontravano negli uffici del ComuneIn Comune raccontano che Francesco Totti, ai tempi di Veltroni sindaco, aveva un buon rapporto personale con Luca Odevaine. L’allora braccio operativo del primo cittadino è un romanista sfegatato. Il Capitano lo conosceva bene e andava anche a trovarlo talvolta nel suo ufficio in Campidoglio. A testimonianza di un rapporto profondo tra i due, c’è un necrologio pubblicato in occasione della morte del padre di Luca, Remo Odevaine (…): “Sinceramente addolorati per la triste circostanza porgiamo le nostre condoglianze. Vito Scala e Famiglia, Francesco Totti e Ilary Blasi”.
Il necrologio è datato 15 novembre 2005, quindi precedente alla decisione, da parte della commissione presieduta da Luca Odevaine, di affittare per sei anni a un canone complessivo che supera i 5 milioni di euro il palazzo di proprietà della società dell’amico Francesco. Nonostante ciò, Odevaine non riterrà più opportuno astenersi da quel ruolo che spetterebbe a persone “terze” e in Comune nessuno dirà nulla.
Il rapporto tra i due non si è mai interrotto, come il contratto di affitto. Una traccia di questa stima reciproca si trova anche sui quotidiani del 24 gennaio 2013. Quel giorno Odevaine, sotto la bandiera di Fondazione Integra/Azione e in collaborazione con Legambiente e cooperativa Abitus, organizza una partita contro il razzismo (…). “L’iniziativa – scrive Repubblica – è stata apprezzata dal capitano dell’A. S. Roma, Francesco Totti” (…).
Un’altra “battaglia giusta” potrebbe essere anche quella contro gli sprechi, che dovrebbe imporre a Totti – certamente all’oscuro dei malaffari di «mafia Capitale» – di migliorare la condizione degli inquilini del palazzo di via Tovaglieri e al Comune di chiudere al più presto il contratto con la società Immobiliare Ten e trovare una sistemazione più degna per 35 famiglie.
da Il Fatto Quotidiano del 6 marzo 2015

Nuovi occhi per riscrivere l'origine dei pianeti. - Enrica Battifoglia

Una interpretazione artistica del momento in cui masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a un pianeta (fonte: NASA/JPL-Caltech) © Ansa
Una interpretazione artistica del momento in cui masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a un pianeta (fonte: NASA/JPL-Caltech)

Sono quelli del radiotelescopio Alma.


CHAJNANTOR - Occhi molto speciali si preparano a riscrivere la storia di stelle e pianeti: sono quelli del radiotelescopio più grande del mondo, Alma, che si trova a 5.000 metri di quota sulle Ande cilene, a Chajnantor, al confine con la Bolivia. In questo momento di particolare entusiasmo per il susseguirsi delle scoperte di pianeti esterni al Sistema Solare, i telescopi ottici sono letteralmente a caccia di immagini mentre i radiotelescopi come Alma puntano a studiare con un dettaglio maggiore i meccanismi grazie ai quali masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a pianeti e stelle.

"Non abbiamo idea di come le teorie attuali possano cambiare, ma con Alma potremo avere nuovi dati e raggiungere una precisione tale da poter individuare anche le molecole organiche alla base dei mattoni della vita", ha detto l'astronomo Bill Dent, che nel centro di controllo di Alma gestisce insieme ai suoi colleghi l'enorme quantità di dati raccolti dalle 66 antenne del radiotelescopio nato dalla collaborazione tra Osservatorio Europeo Australe (Eso), Stati Uniti, Giappone, Canada, Taiwan, Corea del Sud e Cile.

Le antenne sono state costruite in Italia dalla Thales Alenia Space (Thales-Leonardo). L'obiettivo ambizioso è riscrivere la storia delle origini, chiarendo i meccanismi che hanno portato alla formazione di pianeti, stelle e galassie. La chiave per raggiungerlo è esplorare nel cosmo il mondo dell'infinitamente piccolo utilizzando lunghezze d'onda inferiori a un millimetro. Soltanto in questo modo diventa possibile analizzare i singoli granelli delle polveri che potranno generare nuovi pianeti o i gas che daranno origine a nuove stelle. "Le polveri sono oggetti interessanti e che possono rivelarci molte cose", ha osservato Dent. 

Fare un salto in avanti in questa direzione è necessario, ha aggiunto, perché "le teorie attuali della formazione dei pianeti considerano aspetti macroscopici, che non riescono a spiegare i meccanismi con i quali le polveri si aggregano e acquisiscono una massa sempre maggiore". Alma promette di fornire una grandissima mole di dati e per analizzarli, negli edifici che si trovano vicino alle antenne è al lavoro uno dei supercomputer più potenti, chiamato Correlator. "ci aspettiamo - ha concluso Dent - risultati fantastici".

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2017/05/30/nuovi-occhi-per-riscrivere-lorigine-dei-pianeti_ebf32178-1ab8-400f-b0cc-3ebb4a2f7eae.html