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giovedì 16 novembre 2017

Il debito pubblico sale ancora. Padoan rassicura: "Verso riduzione aggressiva". E Gentiloni replica all'Ue.



Risale, a settembre, il debito pubblico italiano. La Banca d'Italia comunica che è stato pari a 2.283,7 miliardi, in aumento di 4,4 miliardi rispetto al mese precedente quando aveva registrato un ribasso di 21,3 miliardi. L'incremento, spiega Via Nazionale, ha riflesso il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (16,5 miliardi), in parte compensato dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro (per 11,3 miliardi) e dall'effetto degli scarti e dei premi all'emissione. Sull'incremento, rileva la Banca d'Italia, incide anche l'effetto degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio (complessivamente hanno contenuto il debito di 0,7 miliardi). Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 4,5 miliardi. Il debito delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,1 miliardi e quello degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.
Padoan rassicura sul debito. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, prevede "un calo deciso del debito in un prossimo futuro" grazie alla più alta crescita del Pil nominale. Il ministro spiega alla Cnbc, che il governo italiano si aspetta innanzitutto che l'1,5% di crescita del Pil nel 2017 stimato nel Def "sia confermato", ma ritiene anche che tale cifra possa essere superata. "La fiducia degli investitori nei titoli di Stato dell'Italia è intatta" dice Padoan rispondendo a chi gli chiede degli effetti della graduale riduzione degli acquisti di titoli da parte della Bce, sottolineando che ne sono una dimostrazione l'andamento delle aste del Tesoro e il "recente upgrade da parte di una delle maggiori agenzie di rating" del debito sovrano italiano. Padoan ha quindi spiegato che "la politica di emissione di nuovo debito da parte del Tesoro sta prendendo in piena considerazione l'aspettativa di tassi di interesse più elevati, in modo che il rischio sia già stato incorporato e questo dovrebbe essere chiaramente comunicato ai mercati".
Gentiloni replica all'Ue: "Italia non è più fanalino di coda". "Si può dire che l'inverno dello scontento europeo si è piano piano diluito, al sole del Campidoglio si è sciolto con la firma della dichiarazione dei 60 anni dei trattati d'Europa. Restano delle gravi incognite geopolitiche internazionali. Certamente l'imprevedibilità geopolitica resta. Quest'anno abbiamo assistito anche al proseguire ad una risalita del Paese, della crescita economica passata dal -2% ai livelli dell'+1,8%". Così il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nel giorno dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'università Cattolica del Sacro Cuore "Si parla molto di rimproveri europei, - prosegue Gentiloni - ma noi dobbiamo migliorare la situazione del deficit italiano. Si sono fatti passi in avanti. La crescita accelera. Chi non lo vede dovrebbe rendersi conto che non è così perché non siamo più il fanalino di coda. Da ieri non lo siamo più".
Standard & Poor's cautamente ottimista. L'economia italiana "sta mostrando positivi segnali di ripresa ma dopo sei anni di stagnazione il processo di recupero sarà probabilmente lungo". In un rapporto, l'agenzia di rating ricorda l'accelerazione della crescita nel secondo trimestre con il Pil reale in aumento dell'1,5% quest'anno. Fra i fattori positivi la crescita "degli investimenti grazi agli incentivi fiscali" e dal miglioramento delle condizioni di credito con la soluzione della crisi Mps e delle banche venete. Molto da fare resta però sulla "produttività del lavoro". Secondo Jean-Michel Six, S&P Global Chief Economist "la ripresa sta toccando tutti i settori dell'economia e ciò che particolarmente conforta è che gli investimenti sono tornati a rivestire un ruolo centrale, dopo una pausa a inizio 2017, grazie agli incentivi fiscali". L'agenzia ricorda poi l'aumento della fiducia delle imprese, il miglioramento degli utili aziendali e il calo dei fallimenti, che hanno toccato il livello più basso dal 2009. tuttavia gli investimenti devono ancora fare molto per tornare ai livelli pre-crisi. Il rapporto cita anche la soluzione delle crisi di Mps e delle banche venete e il successo dell'aumento di capitale Unicredit. Inoltre il mercato del lavoro "sta facendo progressi. L'occupazione è tornata ai livelli del 2008 e la creazione di lavori è stata forte con circa 150mila nuovi posti nel primo semestre del'anno". Di converso, "il ritorno dell'inflazione, sebbene modesto, probabilmente intaccherà la crescita dei redditi reali e di conseguenza la domanda dei consumatori. Sul lato del commercio estero, le esportazioni non dovrebbero dare un significativo contributo alla crescita del Pil a causa "della scarsa crescita nella produttività del lavoro nonostante le riforme messe in campo negli scorsi anni".

venerdì 2 giugno 2017

Il governo silura il capo del Fisco: era il simbolo della lotta agli evasori. - Paolo Biondani

Il governo silura il capo del Fisco: era il simbolo della lotta agli evasori

Dal 12 giugno Rossella Orlandi non sarà più al vertice dell'Agenzia delle Entrate, nonostante il record storico nel recupero di capitali nascosti. Al suo posto Ernesto Ruffini, renziano di ferro e numero uno di Equitalia.


Rimosso il capo del fisco. Dopo mesi di voci, ora è ufficiale: Rossella Orlandi dovrà lasciare dal prossimo 12 giugno la carica di direttore dell'Agenzia delle Entrate. Al suo posto il ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, ha deciso di nominare un renziano di ferro: Ernesto Ruffini, attuale numero uno di Equitalia. Padoan, nei mesi scorsi, aveva resistito alle pressioni politiche, anche interne al governo, che chiedevano un cambio al vertice dell'agenzia fiscale.

L'ex premier Matteo Renzi ha dichiarato più volte anche pubblicamente la sua stima per Ruffini e non ha nascosto invece la sua crescente ostilità nei confronti della Orlandi, considerata un simbolo della lotta all'evasione, che in un paese come l'Italia non è sempre popolare in tempi di campagna elettorale.

Tra i casi più vistosi di scontro, spicca il no della direttrice dell'agenzia nel dicembre 2015 alla famosa leggina del 3 per cento (poi saltata) che avrebbe consentito in particolare a Silvio Berlusconi di chiedere l'annullamento della condanna definitiva per frode fiscale; la sua opposizione all'aumento a tremila euro della soglia di utilizzo dei contanti (poi varata ugualmente e ora contestata dalle autorità europee); la sua contrarietà al progetto di annullare tutte le accuse fiscali contestate prima delle nuove norme sui termini di prescrizione (una specie di amnistia poi ritirata dal governo); e, da ultimo, il testo del regolamento con cui la responsabile delle entrate 
ha limitato l'applicazione della flax tax (la tassa fissa di centomila euro per i super-ricchi) ai soli cittadini veramente stranieri, escludendo invece gli italiani con dubbie residenze nei paradisi fiscali.

Formalmente il ministro Padoan ha deciso solo di non rinnovare l'incarico alla Orlandi, che scade appunto il 12 giugno. Lo stesso giorno, salva la possibilità di una brevissima proroga tecnica, si insedierà al vertice dell'Agenzia l'ex avvocato Ernesto Ruffini, scelto due anni fa dal governo Renzi come numero uno di Equitalia, la struttura che ha il compito di riscuotere le tasse già accertate.

Ancora l'anno scorso, l'annuncio di Renzi della cosiddetta abolizione di Equitalia (in realtà assorbita nell'Agenzia) era stata interpretata dagli addetti ai lavori come la premessa di un ridimensionamento e successiva rimozione della Orlandi. L'ormai ex direttrice e il nuovo direttore hanno profili molto diversi.

Orlandi ha lavorato per più di trent'anni come funzionaria statale scalando tutti i gradini dell'Agenzia delle Entrate e ha fatto carriera in particolare con l'ex direttore Massimo Romano, il grande esperto di lotta all'evasione che per due volte fu nominato da Prodi e Visco e per due volte rimosso da Berlusconi e Tremonti. Ruffini invece è un giurista che si è formato nel privato e ha lavorato fino al 2015 come professionista con l'ex ministro Fantozzi in uno dei più importanti studi di commercialisti italiani.

Tra i suoi libri di diritto, «L'evasione spiegata a un evasore». Mentre la Orlandi ha conservato una figura di tecnico sganciato dalla politica, Ruffini ha un rapporto diretto con l'ex premier Renzi, che lo ha voluto a capo di Equitalia, e appartiene a una famiglia palermitana che ha espresso importanti esponenti delle istituzioni: il padre fu ministro democristiano, mentre uno zio materno è stato al governo con Berlusconi.

Di certo il cambio al vertice del fisco non dipende da scarsità di risultati: con Rossella Orlandi, l'Agenzia delle Entrate ha raggiunto nel 2016 il record storico nella lotta all'evasione, con oltre 19 miliardi di somme effettivamente recuperate e incassate dallo Stato.

mercoledì 30 marzo 2016

Padoan: "L'Ue danneggia l'Italia, così non va".

Pier Carlo Padoan © ANSA

Il ministro dell'Economia: "Modalità di calcolo impongono al nostro Paese aggiustamenti dolorosi, ma rispetteremo le richieste".

Lo sforzo richiesta dall'Ue all'Italia è "deformato da considerazioni statistiche" e "queste regole, imponendo all'Italia aggiustamenti dolorosi, le recano maggior danno che ad altri Paesi, e questo non mi va bene''. Così il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan in una intervista a Le Figaro nella quale conferma che ''l'Italia rispetterà lo sforzo di aggiustamento che le è richiesto''. Anche la Commissione europea, spiega Padoan, "ammette che questo metodo di calcolo potrebbe essere differente, ma non si cambiano le regole durante il gioco".

Padoan risponde ad una domanda su come si difenderà l'Italia rispetto alla possibilità che Bruxelles apra contro il Paese una procedura di infrazione per deficit eccessivo. "L'Italia rispetterà lo sforzo di aggiustamento che le è richiesto", premette Padoan spiegando che ''manteniamo con Bruxelles un dialogo continuo''. ''Si rimprovera a volte all'Italia - aggiunge - di chiedere troppa flessibilità, di mostrarsi insaziabile, dimenticando che questa domanda è del tutto legittima, perché si iscrive nelle regole europee". Il nostro Paese, sottolinea ancora, "è quello che ha fatto gli sforzi di aggiustamento più intensi della sua politica di bilancio".

"Serve un ministro delle Finanze unico della zona euro", sottolinea Padoan. "In primo luogo, un ministro unico delle Finanze servirebbe a garantire la messa in atto di una politica di bilancio europea più equilibrata - spiega - Dovrebbe anche gestire eventuali azioni di sostegno che implichino risorse comuni, come la gestione dei flussi migratori o del rafforzamento della sicurezza europea. L'Europa deve dotarsi di risorse proprie. E' difficile immaginare che si continuino a spendere tante energie per arrivare ad accordi come quello con la Turchia sui migranti".


C'è da domandarsi se i nostri pseudo-rappresentanti siano ingenui o facciano solo finta di non capire. 
Quando decisero l'entrata in UE firmarono un contratto contenente delle regole che avrebbero dovuto rispettare, perché adesso scendono dalle nuvole? Pensavano di poter gestire l'evento come hanno gestito il governo del paese?
Pensavano che la UE, come una madre permissiva, avrebbe perdonato le loro marachelle proteggendoli sotto il manto azzurro?
Oltre che dannosi ed inadeguati al compito loro affidato, quello della gestione e conduzione del paese, stanno dimostrando di essere anche incompetenti sulle faccende internazionali.
Ci hanno danneggiato, sono la nostra vergogna, ma continuano spudoratamente ed imperterriti ad aprir bocca ed elargire idiozie.
Aspettiamoci altri dolorosi tagli al nostro potere d'acquisto, perchè è bene che si sappia, a pagare lo scotto della loro inadeguatezza, della loro incapacità e della corruzione della quale si servono per mantenere potere e poltrone, saremo solo noi, i cittadini che producono, ma ai quali hanno tolto ogni potere, secondo la loro "libera interpretazione di democrazia"!
La stessa democrazia che esportano altrove danneggiando intere popolazioni, rendendole schiave. 

domenica 28 giugno 2015

Grecia, il Parlamento approva il referendum.

"Il referendum non riguarda una rottura con l'Europa", ha detto Tsipras rivolgendosi all'aula. Il referendum di domenica prossima ci sarà, "che lo vogliano o meno i nostri partner". "Difenderemo la democrazia, la sovranità popolare e i valori fondamentali dell'Europa", ha dichiarato Tsipras, citato dall'agenzia Ana, aggiungendo di non dover certo chiedere il permesso al ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble o al capo dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. La decisione del Parlamento è arrivata dopo una giornata ad altissima tensione in cui Dijsselbloem ha confermato che l'attuale programma di salvataggio scadrà il 30 giugno.
BCE - La Banca Centrale europea intanto sarebbe pronta a metter fine ai prestiti di emergenza alle banche greche. Lo scrive la Bbc, mentre si attende per oggi una riunione del board della Bce sul caso ellenico. La Grecia dovrà probabilmente annunciare "un giorno di chiusura delle banche lunedì, in attesa di introdurre controlli sui capitali", ha detto una fonte all'emittente britannica.

lunedì 24 febbraio 2014

PADOAN: UN ECONOMISTA FALLITO ALLA GUIDA DELL’ECONOMIA ITALIANA? - Marco Della Luna

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I giornali, tolti alcuni più fedeli a Renzi e alla Merkel, si diffondono in esempi di clamorosi fallimenti del nuovo ministro dell’economia come economista. 
Citano le sue marcatamente erronee previsioni, ripetute, sulla fine della crisi. 
Citano la sua fedeltà al principio della austerità fiscale e quello della alta pressione tributaria, fedeltà che resiste all’evidenza del fallimento di questi due principi che stanno, nel mondo reale, producendo effetti contrari a quelli che dovevano produrre. Cioè più indebitamento, più deficit, più recessione. 
Citano Paul Krugman, che di lui dice che la sua regola è: bisogna bastonare l’economia finché non si riprende. Lo dipingono, insomma, come un dogmatico ottuso che rifiuta di vedere i fatti, cioè come un perfetto fanatico cretino.
Io però non credo che Padoan sia un cretino: per dimostrare che sia uno sciocco, bisognerebbe provare che creda in ciò che predica, e che non lo predichi solo per  sua convenienza – e di carriera ne ha fatta. 
Non credo affatto che sia un economista fallito, perché si può parlare di fallimento dei principi che egli propugna e difende soltanto se si guarda ai loro effetti dal punto di vista dell’interesse della popolazione generale, non dal punto di vista dell’interesse dell’élite. È vero che la loro applicazione ha prodotto un impoverimento generale, ma è anche vero che ha prodotto un arricchimento dei vertici della società. Un arricchimento in termini sia di ricchezza economica che di potere politico sulla popolazione generale. Un gigantesco trasferimento economico dal basso verso la punta della piramide. Ha consentito una profonda ristrutturazione dei rapporti giuridici e sociali in favore delle classi dominanti a livello globale. Ma ha anche fatto gli interessi della classe dominante italiana, della cosiddetta casta, una classe parassitaria che deriva sia il suo benessere economico che la sua capacità di mantenere la poltrona dalla quantità di risorse che riesce a prendere al resto della popolazione. E le prende attraverso le tasse, perlopiù. I principi economici portati avanti da Padoan aumentano la pressione tributaria, aumentano le risorse che tale classe riesce a prendere per sé. Quindi vanno bene per la casta.
Vorrei evidenziare, inoltre, che la pressione tributaria, in una società dominata da questo tipo di casta “estrattiva”, parassitaria, che non si sa se sia più delinquente o più incompetente, non può mai ridursi, perché la casta non può logicamente rinunciare a quote di reddito e ricchezza nazionale che ha fatte già proprie, anche perché le servono per comprare i consensi. Può solo aumentare con l’aumento delle aliquote, con l’introduzione di nuove tasse, con l’introduzione o l’inasprimento delle presunzioni di reddito o di valore dei patrimoni, con l’aumento della cosiddetta lotta all’evasione fiscale. Quindi ognuna di queste mosse peggiora strutturalmente e funzionalmente l’economia perché distoglie stabilmente  e definitivamente reddito e risorse dall’economia produttiva in favore del parassitismo. E le distoglie in via irreversibile.
Riprendere quelle risorse alla casta per riportarle all’economia produttiva quindi alla possibile ripresa economica, può avvenire solamente attraverso un’azione violenta e rivoluzionaria nei confronti della casta. 
Violenta, perché si tratta di togliere la carne di bocca ai cani. E perché la casta comprende i vertici dei poteri giudiziario, militare e poliziesco. Al punto di rottura del sistema, l’appoggio e la spinta dei potentati esteri ed europei saranno decisivi in un senso o nell’altro, anche se io rimango dell’opinione che una rivoluzione sia impossibile in Italia (altrimenti sarebbe avvenuta tempo fa) e che la soluzione pragmatica stia nell’emigrazione-delocalizzazione.
Sarà decisivo anche il fattore comprensione. Esiste una concezione liberale dello Stato, secondo la quale lo Stato è un apparato erogatore di servizi, un fornitore, economicamente parlando la gente paga tasse a esso, e deve ricevere in cambio servizi corrispondenti alle tasse; se i servizi non corrispondono alle tasse, lo Stato va cambiato e in mancanza di correzione bisogna rifiutare il pagamento delle tasse. 
Questa concezione è ingenua se non tiene conto del fatto che vi è una classe sociale o casta che ha in mano le leve di poteri dello Stato, e per la quale lo Stato è uno strumento per arricchirsi e per mantenere ed aumentare il proprio potere sulla popolazione generale. 
Per essa, l’erogazione dei servizi alla popolazione generale è un costo, un costo aziendale, mentre è un utile, un utile aziendale, tutto quello che essa riesce a prendere attraverso lo Stato dalla popolazione generale e a trattenere a proprio vantaggio. 
Come per il pastore la lana lasciata indosso alle pecore è lana persa, così per questa classe sociale, per la casta italiana, il gettito fiscale è, aziendalmente, il ricavo; la spesa per servizi al corpo sociale è un costo; la differenza, tolti degli oneri finanziari, è il suo profitto. Perciò essa tende ad aumentare il prelievo fiscale indipendentemente dai bisogni effettivi del Paese, e gestire la spesa pubblica clientelarmente, inefficacemente, e  non verso i bisogni effettivi del Paese, ma verso i suoi propri. Col che si spiega come mai in Italia abbiamo tasse altissime e servizi pessimi. Non è vero “più tasse, più servizi”. Non è vero che se si eliminasse l’evasione fiscale le tasse calerebbero: la casta tratterrebbe tutto. Stiamo già pagando tasse più che sufficienti, se non le pagassimo ai ladri. E se non si elimina questa casta di ladri, di parassiti, non è possibile riqualificare e rendere efficiente la spesa pubblica, tagliandone gli sprechi, perché questi sono profitti per la casta.
Padoan è il ministro giusto per questa gestione. Non è affatto un cretino o un economista fallito. È l’economista vincente, al contrario. Se lo ha scelto lui, Renzi ha scelto saggiamente : ha scelto un uomo che unisce gli interessi della casta italiana con gli interessi dell’élite capitalista finanziaria globale passando per i saccheggiatori di Berlino e di Brussel. Il suo governo è in linea perfetta coi precedenti.

IL MINISTRO PADOAN? ARGENTINA E GRECIA. - Gianni Lannes


Uno affidabile per il lavoro finale che porterà l'Italia dentro il baratro. 
Pier Carlo Padoan? 
In Argentina lo ricordano per unica ragione: aver spinto il Paese sudamericano nell’abisso economico. Ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ex consulente della Bce ed ex vice segretario dell’Ocse. Ecco un telegrafico identikit del nuovo titolare dell’economia telecomandata dall'estero. In altri termini, uno sicuro per il sistema di potere dominante.
Rammentate cosa dichiarò un anno fa il neo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan? Testuale: «La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia». Avete capito ora cosa ci attende? 

Scelto personalmente dal presidente abusivo della Repubblica Giorgio Napolitano e osannato dai mass media italiani. Sentite cosa scrisse di lui sul “New York Times” il premio Nobel per l’economia Paul Krugman: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse».

Un passo indietro: Padoan era responsabile in Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece bancarotta.

Allora a cosa si riferiva il professor Krugman? Padoan è stato l’uomo che ha gestito per conto del Fondo monetario internazionale la crisi argentina. Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi (suggerite da Padoan) distrussero il tessuto sociale del Paese. In quegli anni il neo ministro si occupò anche di Grecia e Portogallo. Krugman scrisse in un altro articolo che furono proprio le ricette economiche «suggerite da Padoan a favorire la successiva crisi economica nei due Paesi».

Ecco cosa ha detto Padoan a proposito della crisi greca: «La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro». In altre parole, Atene avrebbe dovuto rendere il lavoro molto più flessibile, alleggerendo (licenziando) la macchina della pubblica amministrazione. 

Nel marzo del 2013, quando la Grecia era sull’orlo del collasso indotto dalle speculazioni finanziarie, l’allora numero due dell’Ocse suggerì direttamente: «C’è necessità che il governo greco adotti una disciplina di bilancio rigorosa e di un continuo sforzo di risanamento dei conti pubblici, condizioni preventive per il varo di misure a sostegno dello sviluppo».

Mister Padoan è stato per quattro anni responsabile per conto del Fmi della Grecia. Successivamente, ha influenzato le politiche economiche di Atene in qualità di vice presidente dell’Osce.

Dopo la cessione definitiva della Banca d'Italia e della riserva aurifera nazionale (depositata a New York invece che a Roma) ai privati (grazie soprattutto  a Napolitano), vanno in onda gli ultimi affari sporchi che distruggeranno definitivamente le risorse naturali dello Stivale.