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mercoledì 18 agosto 2021
Nuovo record del debito, a giugno 2.696,2 miliardi.
domenica 15 agosto 2021
Recovery plan, Governo alla prova delle riforme e della spending review. - Dino Pesole
Illustrazione di Andrea Marson/Il Sole 24 Ore |
Ora si tratta di adeguare gli obiettivi alla mutata situazione innescata dal Covid. Non più tagli lineari, ma il sostegno a quei settori della spesa ritenuta prioritaria (la sanità è tra questi ma anche l'investimento in formazione e ricerca).
Prima che esplodesse la pandemia, la pausa estiva ha coinciso per anni con il rituale richiamo da parte del ministro dell’Economia ai singoli titolari dei vari dicasteri perché cominciassero a predisporre per la ripresa autunnale il piano di razionalizzazione delle spese di competenza di ciascun ministero.
Inviti che spesso dovevano fare i conti con la naturale resistenza dei responsabili dei singoli dicasteri, poco propensi ad assecondare nuove stagioni all’insegna del rigore e dello stretto controllo dei conti pubblici.
Quest’anno, la lettera firmata nei giorni scorsi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli e l’invito rivolto dal ministro dell'Economia, Daniele Franco con il decreto ministeriale in cui di fatto si avvia la fase di realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza hanno tutt'altro tenore: l’invito rivolto a tutti i ministeri è prima di tutto ad attrezzarsi per tempo perché l’obiettivo primario è rispettare gli impegni assunti con l’Unione europea.
I primi 25 miliardi e le prossime mosse del Governo.
La ratio che muove la linea d’azione del Governo si articola sostanzialmente su alcuni punti fermi. L’arrivo dei 24,9 miliardi dei fondi europei (sul totale di 191,4 miliardi assegnati all'Italia da qui al 2026) va inteso come una sorta di anticipo. Le relative risorse sono già impegnate e i primi progetti in rampa di lancio sono definiti: 106 progetti che nel Pnrr sono elencati nel dettaglio.
È il ministero dell’Economia a ripartire i fondi tra i vari dicasteri, e sarà lo stesso dicastero guidato da Daniele Franco a monitorare le fasi di attuazione dei progetti. La lettera di Garofoli sposta al tempo stesso il focus sull’altro decisivo fronte, non meno impegnativo, del Recovery Plan: quello delle riforme. Come indicato dalle linee guida di Bruxelles, e come recepito dallo stesso Pnrr, investimenti e riforme devono marciare in parallelo. Sono gli investimenti a garantire il successo delle riforme, e al tempo stesso sono le riforme il motore per far sì che gli investimenti vadano a buon fine.
La sfida dell’autunno e le riforme in cantiere.
Alla ripresa dei lavori, dopo la pausa estiva, è in agenda il varo di riforme strutturali ritenute prioritarie da Bruxelles, e che il Governo dovrà cercare di portare ad approvazione entro l’anno.
In rampa di lancio la riforma della giustizia civile, che dovrà completare il ciclo di interventi avviati con il faticoso varo della riforma del processo penale. Sarà tutt'altro che facile trovare una sintesi tra le diverse e per molti versi antitetiche ricette messe in campo dai partiti che sostengono il Governo.
Compito non meno impegnativo attende il disegno di legge delega che dovrà avviare il cantiere della riforma del fisco. Non sarà tanto il contenuto della legge “cornice” a creare problemi (il ddl delega contiene le linee portanti della riforma), quanto la successiva fase attuativa che sarà affidata ai relativi decreti legislativi.
Anche sul versante delle nuove misure in materia di concorrenza il confronto all’interno della maggioranza si annuncia tutt’altro che semplice, come già emerso nelle fasi iniziali di predisposizione del testo, che non a caso si è deciso di rinviare a settembre.
Non solo risorse in arrivo ma anche attenzione ai conti pubblici.
Tra gli impegni che il Governo ha assunto con Bruxelles e che tra breve torneranno puntuali ad animare il dibattito politico compare una nuova ed aggiornata versione della spending review, in sostanza un programma triennale di riqualificazione della spesa pubblica (con relativo taglio di quella che puntualmente viene definita “spesa improduttiva”) che dovrebbe partire dal 2023.
Diversi sono stati negli ultimi decenni i tentativi (affidati anche ai cosiddetti commissari) per porre sotto controllo la dinamica della spesa corrente. Ora si tratta di adeguare gli obiettivi alla mutata situazione innescata dal Covid. Non più tagli lineari, ma un’operazione a tutto campo che preveda di sostenere quei settori della spesa ritenuta prioritaria (la sanità è tra questi ma anche l'investimento in formazione e ricerca) e al tempo stesso di contenere l'aumento di voci di spesa su cui sarà possibile intervenire.
È il caso delle cosiddette “tax expenditures” (spese fiscali), altro settore su cui da anni si prova a intervenire con scarso successo. L’arrivo delle tranche del Recovery Fund è condizionato al rispetto del cronoprogramma (riforme e investimenti) ma non può essere interpretato come una sorta di “liberi tutti” che apra una stagione all'insegna del deficit spending (spesa in disavanzo). Ne è ben consapevole il ministro dell’Economia, Daniele Franco che ben conosce i meccanismi che alimentano i flussi di spesa nel nostro paese.
Deficit e debito sotto controllo.
La gestione oculata della finanza pubblica non è certo in controtendenza rispetto a una fase che vede il nostro paese come principale beneficiario dei fondi del Next Generation EU. Intanto occorre ricordare che una parte non certo secondaria dei fondi europei, pari a 122,6 miliardi, è rappresentata da prestiti che dunque andranno restituiti, se pur con scadenze non certo perentorie.
In secondo luogo, l’Italia (quale che sia il Governo che sarà chiamato a rappresentarla nei prossimi anni) dovrà comunque garantire un graduale e credibile percorso di riduzione del debito pubblico, che quest’anno lambirà il 160% del Pil.
Lo imporranno le condizioni di finanziamento del debito, quando la politica monetaria della Bce tornerà ad attestarsi su un sentiero di “normalità, e lo imporranno le nuove regole in materia di disciplina di bilancio europea che scatteranno a partire dal 2023, quando cesserà il triennio di sospensione del Patto di stabilità.
E qui torna in campo nuovamente il mix di riforme e investimenti che se attuate e realizzate secondo gli impegni assunti con Bruxelles potranno spingere sul pedale della crescita e dunque garantire la piena sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo.
Non sono ammessi dunque ritardi e deviazioni dal percorso concordato. Una constatazione di cui dovrebbero essere consapevoli, al di là della propaganda, tutte le forze politiche. Se il Financial Times cita il nostro Paese come un esempio virtuoso, grazie soprattutto alla notevole credibilità di cui gode il presidente del Consiglio, Mario Draghi, pare evidente che questo patrimonio di rinnovata fiducia non va in alcun modo disperso.
Le prossime scadenze politiche, dalle elezioni amministrative di ottobre all’appuntamento con l’elezione del nuovo presidente della Repubblica all'inizio del 2022, non devono in sostanza intaccare il patrimonio di credibilità conquistato a fatica negli ultimi mesi.
IlSole24Ore
martedì 1 ottobre 2019
Def, la bozza della Nota: deficit/Pil al 2,2%, stop gli aumenti dell’Iva, mini taglio del cuneo. “Dalla lotta all’evasione attesi 7,2 miliardi”
Il premier Conte: "Inizieremo a realizzare i 29 punti programmatici anche se non possiamo fare tutto il primo anno". Poi ribadisce: "Operazione di contrasto all'evasione come mai è stato fatto in passato. Incentiveremo la moneta elettronica ma senza penalizzare i commercianti". Per iniziare a ridurre le tasse sul lavoro ci sono l'anno prossimo solo 2,7 miliardi, a Bruxelles da chiedere oltre 14 di flessibilità. Il ministro Gualtieri: "Utilizzo significativo dei margini previsti, ma ho fiducia nel dialogo con la Commissione". Nel bilancio ci saranno "due nuovi fondi di investimento da 50 miliardi su un orizzonte pluriennale per riconversione energetica e incentivo all'uso di fonti rinnovabili".
Completa cancellazione dei 23 miliardi di clausole Iva e un primo avvio del taglio del cuneo fiscale. Sul fronte delle coperture, oltre 14 miliardi di flessibilità e 7,2 miliardi di proventi dalla lotta alla evasione. A meno di un mese dalla sua nascita, il governo Conte 2 ha approvato la nota di aggiornamento al Def, il documento che disegna la cornice di una manovra da circa 29 miliardi. Il deficit viene fissato al 2,2% del pil, come auspicato dal ministro Roberto Gualtieri che assicura il rispetto delle regole Ue e si dice “fiducioso che il dialogo costruttivo con la Commissione europea consentirà di confermare questo obiettivo”. Il debito però non è nei parametri di Bruxelles: cala di pochissimo, dal 135,7 al 135,1% del pil. La crescita è stimata nel 2020 allo 0,6%, anche se Gualtieri afferma che ora “c’è l’opportunità di un vero rilancio economico”, dopo la frenata dell’anno “gialloverde”. Per il governo resta però il nodo spinoso di indicare come in concreto si ricaveranno i 7 miliardi di lotta all’evasione. Per ora Conte conferma di avere in mente un’operazione di contrasto “come mai fatto in passato“. Per quanto riguarda l’Iva il titolare del Tesoro spiega che “nelle varie ipotesi esistono anche degli scenari di rimodulazione che complessivamente non aumentano l’Iva”. Che poi “questo debba essere svolto in un’altra fase o contestualmente” con la manovra sarà da vedere.
Iva sterilizzata e incentivazione moneta elettronica.
“Voglio confermare che abbiamo sterilizzato l’aumento dell’Iva. Ma non ci accontentiamo di questo”, ha commentato in conferenza stampa Giuseppe Conte. “Io ho chiesto la fiducia su 29 punti programmatici, su un progetto politico molto articolato”, e il governo è al lavoro per iniziare a realizzarli “già da quest’anno, non possiamo rinviare. Già da quest’anno progettiamo, con questa manovra e i documenti collegati, la modernizzazione del paese, la digitalizzazione delle sue infrastrutture, la svolta green per proteggere da subito il nostro ambiente. Vogliamo anche già iniziare a ridurre il cuneo fiscale, come promesso ai lavoratori. E in prospettiva abbassare le tasse e le aliquote Iva, anche se siamo consapevoli che non possiamo fare tutto il primo anno”. Per quanto riguarda la lotta all’evasione, “siamo consapevoli di dover lavorare per inasprire le sanzioni ai grandi evasori ma anche realizzare un grande patto con i cittadini”, ha ribadito Conte. “Uno degli strumenti più efficaci per conseguire questo obiettivo è incentivare la moneta elettronica. Ma lo vogliamo fare senza penalizzare nessuno, senza meccanismi disincentivanti. Il nostro obiettivo, e stiamo lavorando a tante simulazioni per scegliere quella giusta, è raggiungere questa finalità senza penalizzare i commercianti e avvantaggiando i consumatori, valorizzando anche i circuiti per la moneta elettronica alternativi, quello postale ma non solo”. Conte ha spiegato poi che “dalle interlocuzioni che abbiamo avuto fin qui con le istituzioni europee c’è consapevolezza della necessità di consentire l’utilizzo dello spazio fiscale e quindi anche manovre un po’ più espansive rispetto al passato”.
L’andamento del deficit “migliora notevolmente in confronto alle proiezioni del DEF”, scendendo dal 2,4 al 2,2, anche se “rispetto alle proiezioni di inizio luglio, l’aggiornamento del Conto economico della PA di questo Documento incorpora una revisione al rialzo delle stime delle entrate tributarie più contenuta“. Pesa, in positivo, il “calo dell’incidenza della spesa per interessi sul PIL (dal 3,6 per cento di aprile al 3,4 per cento)”. Il punto di partenza è un deficit 2018 “lievemente più elevato di quanto precedentemente stimato, 2,2 per cento anziché 2,1 per cento del PIL”, per effetto della revisione Istat comunicata il 23 settembre.
La manovra per il 2020 sarà di circa 29 miliardi. La flessibilità che verrà richiesta sul deficit è di circa 14,4 miliardi, lo 0,8% del Pil. Le risorse a cui attingere come coperture “sono pari a quasi 0,8 per cento del Pil (circa 14,4 miliardi)” così suddivisi: 7,2 miliardi (0,4% del Pil) dalla lotta all’evasione, compresa la “diffusione di strumenti di pagamento tracciabili”, 1,8 miliardi dalla spending review (0,1% del Pil), 1,7 miliardi (circa lo 0,1% del Pil). Il resto verrà dalla “riduzione delle spese fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente e nuove imposte ambientali, che nel complesso aumenterebbero il gettito di circa lo 0,1 per cento del pil”, altri 1,7 miliardi.
Saranno 23 i ddl collegati alla manovra. Nella bozza è elencata la lista dei provvedimenti: il primo è il Ddl Green New Deal e transizione ecologica del Paese. Ci sono poi un ddl recante riduzione del cuneo fiscale, uno “in materia di revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni per le prestazioni specialistiche e di diagnostica ambulatoriale” e un “ddl recante interventi per favorire l’autonomia differenziata ai sensi dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione attraverso l’eliminazione delle diseguaglianze economiche e sociali nonché l’implementazione delle forme di raccordo tra Amministrazioni centrali e regioni, anche al fine della riduzione del contenzioso costituzionale”.
martedì 16 luglio 2019
Bankitalia: debito pubblico cala a maggio a 2.364,7 mld.
Scende di 8,7 miliardi rispetto al mese precedente.
giovedì 16 maggio 2019
Sorpresa Italia: debito pubblico scende di 4,4 miliardi. - Cristiana Gagliarducci
Il debito pubblico italiano è sceso di oltre 4 miliardi di euro nel mese di marzo.
A quanto ammonta il debito pubblico italiano?
- scarti e premi all’emissione e al rimborso;
- rivalutazione di titoli indicizzati all’inflazione;
- variazione dei tassi di cambio.
Chi detiene il nostro debito pubblico?
mercoledì 12 dicembre 2018
Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro. - Vito Lops
Sempre seguendo questa classifica - che però al momento non fa parte delle griglie con cui l’Unione europea giudica l’operato dei suoi membri - si scopre che è la Francia il Paese più esposto finanziariamente; il Paese che ricorrendo al debito sta vivendo l’oggi più di tutti con i mezzi del domani. È vero, il debito pubblico in rapporto al Pil è più contenuto rispetto all’Italia ma se si somma l’esposizione delle società (circa 160% del Pil), delle banche (90% ) e delle famiglie (60%) vien fuori che il sistemaFrancia viaggia con una leva enorme, che supera il 400% del Pil, pari a 9mila miliardi di debiti cumulati. L’Italia, sommando tutti gli attori economici, supera di poco il 350% a fronte del 270% della Germania.
IL CONFRONTO
Dati in % del Pil (Fonte: Bloomberg)
mercoledì 24 ottobre 2018
Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro. - Vito Lops
Fonte: mobile.ilsole24ore del 31/8/2017
giovedì 16 novembre 2017
Il debito pubblico sale ancora. Padoan rassicura: "Verso riduzione aggressiva". E Gentiloni replica all'Ue.
domenica 30 aprile 2017
GLI ERRORI FATALI DEL FONDAMENTALISMO FINANZIARIO SPIEGATI DA UN PREMIO NOBEL. - William Vickrey
La realtà è che, al contrario, la spesa dei fondi presi in prestito (a differenza della spesa del gettito delle imposte) genera reddito disponibile aggiuntivo, aumenta la domanda di prodotti dell’industria privata, e rende quindi gli investimenti privati più redditizi. Finché ci sono risorse inutilizzate in abbondanza, se le autorità monetarie si comportano con buon senso (invece di cercare di contrastare il presunto effetto inflazionistico del deficit), chi ha la prospettiva di un investimento redditizio può essere messo in grado di ottenere finanziamenti. In queste circostanze, ogni dollaro aggiuntivo di deficit nel medio-lungo periodo produce due o più dollari aggiuntivi di investimenti privati. Il capitale creato è un incremento della ricchezza – e ipso facto anche del risparmio – di qualcuno. La regola dell’ ”offerta che crea la propria domanda” non funziona più non appena una parte dei redditi generati dall’offerta viene risparmiata: mentre sono gli investimenti che creano il proprio risparmio, e anche di più. Lo “spiazzamento” che può verificarsi è solo il risultato, non della realtà economica sottostante, ma di reazioni restrittive inappropriate da parte di un’autorità monetaria come risposta al deficit.