giovedì 28 gennaio 2021

Secondo giorno di consultazioni. Autonomie, sì al 'Conte ter'.

 

Saliranno al Colle le delegazioni del Pd e di Italia Viva. Nel frattempo è ancora gelo tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi.


Secondo giorno di consultazioni al Quirinale. Dopo le alte cariche istituzionali di ieri oggi sarà la volta al Colle di Pd e Italia Viva.

Ma la situazione non sembra avviata, almeno per ora,ad alcuna schiarita. Restano le distanze tra i partiti soprattutto sul nome del premier. Con una precisazione che arriva, prima dell'avvio delle consultazioni, dal segretario Dem Nicola Zingaretti  via Fb: "Non abbiamo nessuna intenzione di chiuderci nelle nostre stanze a cercare un governo a qualunque costo. Non è questa la nostra storia e non è questo che serve alla nazione. Prendiamoci cura dell'Italia e credo che la cura giusta sia un governo di legislatura, europeista, repubblicano, che rilanci lo sviluppo, socialmente giusto e attento agli ultimi. Un governo attento alla salute e al futuro degli italiani. Questa crisi non l'abbiamo voluta noi. Ne avremmo fatto volentieri a meno. Ripeto. L'Italia può e deve guarire". 

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Autonomie - La prima forza politica a salire al Colle è il gruppo delle Autonomie. "Abbiamo una preferenza per un eventuale Conte Ter. Abbiamo avuto una buona esperienza con Conte che ci ha sempre dato una mano. Pensiamo sia un punto di equilibrio tra tutti i partiti che formano questo governo e senza di lui è difficile avere una stabilità",  ha detto Julia Unterberger del Gruppo "Per le Autonomie" al Senato al termine dell'incontro con il presidente della Repubblica. "Abbiamo confermato al presidente Mattarella il sostegno per qualsiasi formazione purchè sia fortemente europeista e abbia nel programma la tutela delle minoranze linquistiche e delle autonomie speciali. Il Paese non ha bisogno di una crisi. Si deve trovare una soluzione politica e non un governo tecnico", ha aggiunto. Ora è la volta del gruppo Misto. 

E nel frattempo zero contatti tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Un semplie dato di cronaca che dà la misura di quanto sia avvitata la crisi. La situazione, osservano in ambienti del Quirinale è "molto complicata". E in Parlamento si avvertono accenti ancor più preoccupati. Perché l'operazione 'responsabili' finora sembra fallita nell'intento di procurare numeri in più al senato. I gruppi di Italia viva sembrano restare ancora essenziali per formare un governo. Ma Renzi e i suoi continuano a usare parole assai dure, danno corpo a chi sostiene che sostituire il premier uscente sia "l'obiettivo vero di Renzi".

Sia da Iv che dal M5s smentiscono che contatti siano in corso tra il senatore di Rignano e Luigi Di Maio per portare il ministro degli Esteri a Palazzo Chigi. Ma una fonte renziana a taccuini chiusi dice che "una sintonia ci può essere" su un nome alternativo a Conte. Quando ancora il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è entrato nel vivo degli incontri con i partiti, in Parlamento si diffonde l'ipotesi che, per la difficoltà di comporre il caos nella potenziale maggioranza, il capo dello Stato possa affidare un mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico. Una voce, nulla di più. Anche perché, se l'obiettivo fosse far sedere allo stesso tavolo Conte e Renzi per provare a superare l'apparente incomunicabilità, il mandato esplorativo potrebbe essere affidato allo stesso premier uscente. In alternativa, se una maggioranza si materializzerà con più chiarezza, a Conte potrebbe andare un vero e proprio reincarico, con l'obiettivo di trovare l'accordo su un nuovo programma e una squadra di governo.

La delegazione di Iv al capo dello Stato dovrebbe ribadire la disponibilità a sedersi al tavolo di maggioranza, anche con Conte premier incaricato, "senza veti". Ma dovrebbe anche sottolineare l'assenza di contatti e segnali da Palazzo Chigi: "Le nostre domande sono note, le risposte di Conte mai pervenute. Il nostro sostegno è legato a una forte discontinuità nel metodo e nel merito", dice un dirigente del gruppo.

A Palazzo Chigi continuano a non fidarsi affatto di Renzi, anzi a pensare che abbia disseminato già il percorso verso il Conte ter di trappole. Ma il barometro sulla possibilità di poter fare un tentativo vero sembra volgere un po' più al positivo, anche perché gira voce di una trattativa in corso con un 'big' di Forza Italia per il passaggio tra gli Europeisti. Ma soprattutto, rassicura il discorso di Nicola Zingaretti in direzione Pd, che anche Conte avrebbe ascoltato in diretta streaming. Il segretario Pd, che ha favorito con un "prestito" Dem la nascita della quarta gamba "Europeista", indica fino alla fine un tentativo convinto per il Conte ter, tiene in campo - non auspicandolo - lo scenario delle urne, punta il dito contro l'inaffidabilità di Renzi. I Dem sono divisi sulla imprescindibilità o meno di Conte. Ma in una direzione assai stringata e preceduta da contatti serrati tra le correnti, convergono su una linea compatta per garantire un tentativo forte sul Conte ter. Su cosa fare se fallisse le idee divergono.

Anche Di Maio, che trascorre il pomeriggio a Palazzo Chigi, garantisce di non lavorare a subordinate. Ma tra i Cinque stelle c'è chi afferma che subordinate possibili ce n'è più d'una. La partita è lunga, le prime battute si giocano a carte coperte, serpeggiano sospetti e veleni. Il fatto che il Pd punti così decisamente su Conte, ad esempio, da alcuni alleati di maggioranza - di Iv e M5s - viene interpretato come una mossa per "mandare a sbattere" il premier. Tra i Dem c'è chi teme che il vero obiettivo, d'intesa con Conte, sia andare alle elezioni. Lo spauracchio delle urne sembra ancora quello in grado di scompaginare i giochi al 'secondo giro', se l'avvocato dovesse fallire. Renzi sarebbe pronto a sostenere Di Maio, non è un mistero. Ma Maria Elena Boschi rispolvera anche il nome di Paolo Gentiloni, che negli scenari potrebbe tornare da Bruxelles per lasciare il posto a Conte come commissario europeo. In chiave "maggioranza Ursula" continuano a citarsi, nonostante le nette smentite dei diretti interessati, i nomi di Lorenzo Guerini e Dario Franceschini. E poi le opzioni tecniche, in chiave larghe intese o governo elettorale: da Carlo Cottarelli a Marta Cartabia. Ma sottotraccia si parla anche già di ministri. Alessandro Di Battista - si dice - potrebbe entrare al governo con un Conte ter. Fabio Panetta viene 'quotato' come ministro dell'economia. Ma con quale premier? E' ancora un mistero.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/28/secondo-giorno-di-consultazioni.-restano-le-distanze-sul-nome-di-conte_6017f1db-b039-4a13-9abf-d28da9170c62.html

Tutto può succedere. - Marco Travaglio

Nella crisi più demenziale del mondo, càpita che l’analisi più azzeccata la faccia Toninelli: “L’alternativa a Conte è un gran casino”. Ora che ha in mano il pallino della crisi, Mattarella deve trovare una maggioranza certa (non i famosi 161 senatori, ma almeno 158-159, visto che 4 dei 6 a vita e Bossi non si vedono quasi mai, dunque il plenum effettivo è 316-317). E, per farlo, deve intimare a chiunque incarichi di non porre veti per non precludersi i numeri che gli servono. Siccome poi siamo in piena pandemia e le Regionali in Calabria sono slittate da febbraio ad aprile, fa capire che le elezioni non sono un’opzione: se tutto va bene si può pensare a maggio-giugno, anche perché subito dopo parte il semestre bianco e sino a gennaio non si vota più. Inoltre non esiste una maggioranza per fare un governo, ma neppure per andare al voto. Le elezioni non le vuole nessun gruppo parlamentare, tranne forse quello di Fratelli d’Italia, che in tre anni ha quadruplicato i consensi ed è l’unico a poter garantire la rielezione a tutti i suoi, malgrado il taglio di un terzo dei posti. Oltre alla Meloni, il leader che ha tutto da guadagnare e nulla da perdere dal voto è Conte, forte di una popolarità già alta da due anni e ancora cresciuta dopo l’imboscata renziana.

Anche i 5Stelle, sventolando la bandiera di Conte, potrebbero aspirare a un buon risultato elettorale: ma l’altroieri i gruppi parlamentari hanno bocciato a maggioranza la linea (sacrosanta) del vertice “o Conte o elezioni”, pronti a un Conte-ter con Iv pur di restare dove sono. Poi c’è il Pd, che non è un partito, ma un coacervo di tribù tipo Libia: Zingaretti e i suoi ministri sarebbero ben lieti di andare alle urne, per tenersi stretto Conte, consolidare l’alleanza coi 5Stelle, liberarsi dei renziani di Iv e di quelli interni (i capigruppo Marcucci e Delrio giocano per il rignanese); ma non controllano le altre tribù, disposte a tutto, anche a un governissimo col centrodestra, pur di liberarsi di Conte e del M5S e restare lì altri due anni. Nemmeno Zinga, se fallisse il Conte-ter, potrebbe dire di no a Mattarella se questi chiedesse l’estremo sacrificio di appoggiare un governo istituzionale con i soliti Cottarelli o Cartabia. Perché quello, e non le elezioni, sarebbe lo sbocco di un naufragio del Conte-ter. Se Conte va a casa, i 5Stelle che l’Innominabile aveva miracolosamente ricompattato (Di Battista e Di Maio si riparlano addirittura) perderebbero il loro premier e per giunta finirebbero in mille pezzi. Ma andrebbe in frantumi anche l’alleanza giallorosa: il Pd e forse LeU in maggioranza e il M5S a sparare sugli attuali alleati dall’opposizione, probabilmente insieme alla Meloni e ai duri e puri della Lega.

Cosa resta, per evitare il “casino”? Due opzioni, una auspicabile e l’altra terrificante. Quella auspicabile è la più improbabile: il neonato gruppo “Europeisti” trova abbastanza senatori per sostenere il Conte-ter rendendo ininfluente Iv anche per un solo voto; da Iv si stacca qualche italomorente che non ha condiviso la crisi e finora si è fidato della promessa dell’Innominabile e delle sue quinte colonne pidine (Marcucci, Delrio, Guerini & C.) di una pronta resurrezione al governo come se nulla fosse accaduto; e il Conte-ter guadagna un margine accettabile per restare in piedi e governare. L’opzione terrificante è la più probabile: i centristi non bastano e Iv resta determinante. In quel caso si vedrà se oggi, al Quirinale, Iv porrà il veto su Conte o no. Se lo porrà, magari provocando i 5Stelle con trucchetti da magliari su Patuanelli o Di Maio o Fico, Conte non avrà il reincarico e Mattarella chiamerà qualcun altro per rappattumare i giallorosa; ma con scarse chance, perché i 5Stelle non voterebbero un governo senza il loro premier (a meno che non siano totalmente idioti). Dunque il passo seguente sarebbe il governissimo con chi ci sta. Se invece Renzi non porrà veti, Conte verrà reincaricato, ma col mandato di consultare l’intera maggioranza giallorosa, inclusa Iv, altrimenti non avrebbe più i numeri su cui ha riavuto l’incarico. E lì non vorremmo essere nei panni di Conte che, piuttosto che parlare con l’Innominabile e con la Boschi dopo mesi di insulti, calunnie e ricatti, si convertirebbe alla Lazio.

Avendo detto “mai più con Iv”, potrebbe rifiutare l’incarico per coerenza e ritirarsi in attesa di tempi migliori. Così salverebbe la faccia. Ma perderebbe l’alleanza che con tanta fatica aveva costruito. E si esporrebbe all’accusa di anteporre le questioni personali al bene comune. Oppure Conte, per lealtà istituzionale, spirito di servizio e vocazione masochistica, potrebbe accettare l’incarico e risedersi al tavolo con chi l’ha rovesciato chiamandolo “vulnus per la democrazia”. Magari a patto che nel suo terzo governo non entri chi ha messo in crisi il precedente (l’Innominabile, la Boschi e le due ex ministre). E nella speranza che intanto arrivi qualche centrista a rendere ininfluente Iv. Ma sempre col rischio che il rignanese ricominci coi veti e i ricatti su Mes, affari, giustizia e ributti tutto all’aria in qualche settimana. A questo punto, cari lettori, voi vi aspettereste una conclusione. Che cosa è meglio? Anzi, che cosa è peggio? Scusatemi, ma non so rispondere. L’unica certezza, per ora, è che l’Innominabile è talmente accecato dal suo ego che pensa di aver vinto lui. E non vede che hanno vinto Salvini, Meloni e B.. Sempreché non lavori già per loro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/28/tutto-puo-succedere/6081047/

mercoledì 27 gennaio 2021

Sedici mesi di corsa e di emergenze, poi la “Variante Renzi”. - Salvatore Cannavò

 

La vita del secondo governo Conte.

Alle ore 10 del 5 settembre 2019, il secondo governo Conte giura nelle mani del Capo dello Stato. Un parto complicato, frutto della crisi del “Papeete”, dà vita a un’inattesa alleanza tra M5S, Pd e sinistra con il ruolo fondamentale di Matteo Renzi.

Sarà un governo sopportato dalle élite anche se appena insediato Conte disegna il proprio profilo europeista nominando Paolo Gentiloni a Commissario europeo.

La prima variante. L’avvisaglia di quello che accadrà dopo 16 mesi si avrà il 19 settembre, quando Matteo Renzi consuma la scissione del Pd formando i gruppi parlamentari di Italia Viva.

Via l’Iva. Il nuovo governo mostra il biglietto da visita redigendo la manovra di Bilancio basata sulla sterilizzazione degli aumenti dell’Iva e il taglio del cuneo fiscale oltre all’abolizione del superticket sanitario. Non vengono toccate Quota 100 e Reddito di cittadinanze.

Con gli operai. L’8 novembre, a sorpresa, il presidente del Consiglio si reca dagli operai dell’Ilva di Taranto a cui Arcelor-Mittal ha annunciato l’intenzione di ritirarsi dalla gestione dello stabilimento. Il problema Ilva rimane però sul tavolo e richiede l’intervento di Invitalia.

Via Di Maio. Il 2020 si apre con le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico del M5S di gran lunga primo partito dell’alleanza. La situazione non si è ancora conclusa.

Emilia e sardine. A gennaio si vota in Emilia-Romagna dove Matteo Salvini punta al colpaccio, ma perde anche sull’onda delle Sardine e del voto M5S che converge su Stefano Bonaccini.

La seconda variante. Di nuovo, a gennaio 2020, Renzi manovra chiedendo di modificare la prescrizione, varata un anno prima. Sembra pronto a mettere in crisi il governo, ma nel frattempo scoppia l’emergenza Covid.

Emergenza. Il governo vara lo stato di emergenza nazionale il 31 gennaio. Dopo la scoperta del “paziente 1” il governo vara la “zona rossa” in Lombardia per poi estenderla, il 9 marzo, a tutto il territorio nazionale.

Dpcm. L’Italia scopre i Dpcm che regolano le restrizioni sul territorio nazionale contestati da molti, per quanto pienamente legittimi. Il governo vara anche misure economiche per tutelare le categorie penalizzate. Il “Cura Italia” da 25 miliardi vede la luce il 16 marzo. Il 6 aprile viene varato il decreto Liquidità che libera fino a 400 miliardi a favore delle imprese. Il 13 maggio il decreto Rilancio da 55 miliardi.

Arriva l’Europa. Ursula von der Leyen annuncia il 27 maggio il piano Next Generation Eu dall’ammontare di 750 miliardi di cui 172,7 miliardi all’Italia. Al Consiglio europeo del 17-21 luglio, Conte e il ministro degli Affari europei Enzo Amendola ottengono un miglioramento: all’Italia andranno 209 miliardi.

Genova a metà Il 28 aprile la ricostruzione del ponte Morandi viene completata a tempo di record. Non lo è, ancora oggi, il contenzioso con Autostrade per l’Italia a cui il governo non ha mai revocato la concessione pur avviando una trattativa in tal senso.

Silvia libera. Nel mezzo della pandemia accade, nel frattempo, la liberazione di Silvia Romana, la cooperante milanese rapita ormai oltre due anni prima.

Stati generali. A giugno vengono convocati gli Stati generali a Villa Pamphilj che per molti commentatori saranno solo una passerella mentre il governo sostiene di aver ricevuto molti spunti per il Recovery Plan.

Semplificazioni. Il decreto Semplificazioni per velocizzare l’esecuzione di una cinquantina di opere è approvato a luglio. Anche per effetto dell’emergenza Covid (e per le divisioni della maggioranza) i commissari non vengono però nominati fino a pochi giorni fa.

Tagli. Il 21 settembre si tiene il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari approvato con circa il 70% dei voti e un’affluenza del 51%. Nelle stesse elezioni si vota in sette regioni e ancora una volta, a proposito di sondaggi, la prevista spallata del centrodestra non si realizza.

Seconda ondata. A differenza del lockdown della prima ondata, la seconda ondata è gestita dai Dpcm modellati sull’andamento della curva dei contagi. Si tengono le scuole aperte, tranne le superiori a partire da fine ottobre.

Ristori. Il governo avvia la serie dei decreti “Ristori” per compensare le categorie penalizzate dalla chiusure differenziate nel territorio nazionale. Complessivamente, compresi i primi decreti del 2020, sono stati mobilitati 113 miliardi.

No al Mes. L’argomento è stato utilizzato da Renzi per aprire la crisi, ma il Parlamento ha già votato sul Mes: il 9 dicembre approva le comunicazioni di Conte anche con i voti di Iv.

Vaccini. Il 27 dicembre ha inizio la campagna di vaccinazione contro il Covid, con le prime 9.750 dosi: in pochi giorni l’Italia si afferma come il primo Paese europeo.

L’ultima variante. Convinto che l’emergenza sia alle nostre spalle, Renzi decide di staccare la spina al governo, che pure aveva fortemente voluto.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/27/sedici-mesi-di-corsa-e-di-emergenze-poi-la-variante-renzi/6079532/


Crisi, la diretta – Oggi le consultazioni al Colle: si parte da Casellati e Fico. Al Senato nasce gruppo Europeisti, ma è già lite sul simbolo.

 

CRONACA ORA PER ORA - La presidente del Senato è attesa alle 17, subito dopo le celebrazioni per la Giornata della memoria. Poi toccherà al presidente della Camera dei deputati. Le delegazioni dei partiti sono attese a partire da domani: si inizia con il gruppo delle Autonomie e si chiude venerdì alle 17 con il Movimento 5 stelle. Intanto a Palazzo Madama è nato il gruppo Europeisti-Maie-Cd: è guidato da Raffaele Fantetti. Fuori Ciampolillo e Lonardo Mastella.

A poco più di un anno dalle consultazioni che portarono al governo giallorosso, ora dimissionario, cominciano al Quirinale i nuovi colloqui del presidente della Repubblica. Ieri il premier Giuseppe Conte è infatti salito al Colle per rimettere il suo mandato e, come di consueto, resterà in carica solo per il disbrigo degli “affari correnti”. Il conto alla rovescia per tentare di varare un Conte ter, quindi, è ufficialmente partito. Anche se la strada auspicata da Palazzo Chigi, Pd, M5s e Leu è lastricata di insidie: da un lato pesano le diffidenze nei confronti di Matteo Renzi, l’artefice della crisi, e dall’altro le difficoltà nell’allargare il campo della maggioranza, al momento troppo risicato per garantire stabilità a un eventuale nuovo esecutivo senza Italia viva. La prima novità della giornata è la nascita in Senato del gruppo “Europeisti Maie Centro Democratico“, guidato dall’ex forzista Raffaele Fantetti. Potrebbe essere questa la “casa politica” dei costruttori, ma per ora non sposta gli equilibri: ad aderire sono stati 10 senatori che già martedì 19 avevano votato la fiducia a Conte. Rispetto ai nomi già noti, entrano la dem Rojc e Marilotti (Autonomie), mentre si sono chiamati fuori Sandra Lonardo Mastella e Lello Ciampolillo. La palla, ora, è nelle mani di Sergio Mattarella, che tenterà di sbrogliare i nodi che hanno portato alla caduta dell’esecutivo per capire se ci sono margini di ricucitura tra quello che resta della maggioranza giallorossa e i renziani o se Conte ha davvero i numeri in tasca per poter auspicare in un reincarico. Come da prassi, i primi a sfilare al Quirinale sono la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, attesa alle 17, e alle 18 il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico. Da domani si partirà con le delegazioni dei partiti.

Il calendario delle consultazioni – Il primo incontro è previsto nel pomeriggio: alle 17 Mattarella vedrà Casellati e Fico. Giovedì alle 10.00 tocca al gruppo per le Autonomie (SVP-PATT, UV). Tra le 10.30-12.30 e le 16.00-16.45 ci saranno poi gli incontri con i rappresentanti dei gruppi Misti del Senato e della Camera dei deputati. Alle 16.45 il capo dello Stato vedrà il gruppo parlamentare “Liberi e Uguali“. Alle 17.30 toccherà invece ai gruppi di Italia Viva – PSI e Italia Viva. Alle 18.30 ci saranno i gruppi parlamentari del Partito Democratico. La mattina del 29 gennaio si svolgerà la Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario della Corte Suprema di Cassazione e le consultazioni seguiranno nel pomeriggio: ore 16.00 Fratelli d’Italia; “Forza Italia – Berlusconi Presidente – UDC” del Senato della Repubblica e “Forza Italia Berlusconi Presidente” della Camera; “Lega – Salvini Premier”; rappresentanti delle componenti “Idea e Cambiamo”. Alle 17.00 chiude il Movimento 5 stelle.

Le condizioni del Quirinale – Quali sono gli scenari? Mentre il centrodestra ostenta compattezza nel chiedere le elezioni al capo dello Stato – anche se Forza Italia non esclude un esecutivo di unità nazionale – Pd, pentastellati e Leu si presenteranno al Colle con il nome di Conte, considerato l’unico punto di equilibrio possibile dell’alleanza. Per poter sperare in un reincarico, però, il Corriere della Sera riferisce che per il Quirinale servono tre condizioni: una maggioranza coesa, un programma definito insieme ai potenziali alleati, numeri in Parlamento che permettano di governare in sicurezza. Italia viva continua a offrire il suo appoggio (“No a veti sui nomi, ma svolta sui contenuti”, dice Maria Elena Boschi al Messaggero), mentre nella serata di ieri il presidente del Consiglio dimissionario ha deciso di rilanciare quell’appello ai responsabili che, solo una settimana fa, aveva fatto a Camera e Senato: “È il momento che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica“, ha scritto su Facebook. “Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono”.

Nascono gli Europeisti in Senato, no di Lonardo – Per allargare ulteriormente la platea di costruttori, Conte è poi tornato a rilanciare la carta della legge elettorale proporzionale. Un appello a cui è seguita l’ufficializzazione del gruppo “Europeisti Maie Centro Democratico” a Palazzo Madama, composto da 10 senatori: si tratta dei 5 già iscritti al Maie (il sottosegretario Merlo, De Bonis, Cario, Buccarella e l’ex FI Fantetti), a cui si aggiungono De Falco, gli ex azzurri Causin e Rossi, e le new entry Gianni Marilotti (in arrivo dalle Autonomie) e la dem Tatjana Rojc. Due nomi, questi, che si sono resi necessari per raggiungere la soglia dei 10 senatori prevista dal Regolamento del Senato per la nascita dei nuovi gruppi. A guidare la squadra sarà Fantetti, con Causin vice: smentite le ricostruzioni del Corriere su presunte divisioni per decidere a chi dovesse spettare il ruolo di capogruppo. Si sono chiamati fuori dalla partita, infatti, Lello Ciampolillo e Sandra Lonardo Mastella, su cui avrebbe pesato una lite con Rossi per il simbolo. Entrambi però già martedì scorso avevano votato la fiducia a Conte. “Rimane il mio impegno a sostenere il presidente Conte, ma un nuovo gruppo senza omogeneità politica e con esperienze diversissime non è quello che auspico in vista di un nuovo progetto, quello del ‘Meglio Noi’, cui, con altri all’esterno del Parlamento, stiamo dando vita”, ha dichiarato la senatrice Sandra Lonardo. “I responsabili, singolarmente – spiega – sono stati fondamentali per evitare che si precipitasse nella crisi di sistema, ora, però, occorre ricomporre ed allargare il più possibile senza esclusioni”.

Il pallottoliere – All’appello però, stando ai calcoli fatti dai quotidiani, mancano almeno sette costruttori per garantire la maggioranza assoluta in Senato. I nomi che circolano sono sempre gli stessi, dai tre dell’Udc a una quota di forzisti che sarebbe pronta a entrare in rotta con il partito. Ma nessuno ha ancora fatto un passo: Paola Binetti continua a chiedere un “progetto politico” per arrivare a una maggioranza “giallo-bianca”, il gruppo Cambiamo di Giovanni Toti smentisce qualunque appoggio al governo. Nelle discussioni tra i corridoi del Parlamento aleggiano sempre le divisioni sulla giustizia, come certifica il senatore Luigi Vitali in un’intervista al quotidiano di via Solferino: “Se il nuovo governo cambiasse radicalmente linea sulla giustizia, potrei anche starci“.

CRONACA ORA PER ORA

10.37 – Lonardo Mastella: “Resta sostegno a Conte ma no a gruppo disomogeneo”
“Rimane il mio impegno a sostenere il presidente Conte, ma un nuovo gruppo senza omogeneità politica e con esperienze diversissime non è quello che auspico in vista di un nuovo progetto, quello del ‘Meglio Noi’, cui, con altri all’esterno del Parlamento, stiamo dando vita”. Lo dichiara la senatrice Sandra Lonardo. “Non avevo rifiutato la proposta in sé, ma poi ho scoperto che il gruppo si sarebbe chiamato Maie-Centro democratico con una particolare attenzione quindi a una forza politica esistente come quella di Tabacci. Non ho niente contro di lui e il Cd ma io sono di una componente diversa. A quel punto il progetto non mi convinceva e non ho aderito. Sul nome e le varie anime politiche collegate non si era discusso prima. Ho proposto di togliere il nome Cd tornando solo al Maie o di aggiungere ‘Noi campani’ (lista e associazione politica fondata dal marito Clemente Mastella per sostenere il centrosinistra in Campania, ndr) a cui tengo molto, ma non è stato così. Comunque auguro lunga vita a questo gruppo”. La senatrice ribadisce il proprio sostegno all’attuale maggioranza: “Finché c’è Conte, gli darò la mia fiducia e ora mi auguro che possa mettere da parte le diatribe e che sia lui che Renzi facciano un passo avanti. Anche perché con questo nuovo gruppo non cambia nulla dal punto di vista dei numeri..”.

10.30 – La direzione PD spostata alle 16
La direzione nazionale del Pd è stata spostata alle 16 a causa di votazioni in Parlamento. Lo rende noto l’ufficio stampa del Pd.

10.21 – Marilotti (Europeisti-Maie-Cd): “I numeri arriveranno”
“Ho votato la fiducia il 19 gennaio e ho sempre sostenuto il governo Conte. Quando mi hanno proposto di far parte di questo nuovo gruppo, ho accettato perché ritengo che ora bisogna mettere Conte nelle condizioni di costruire un nuovo governo e rilanciarne l’azione con una maggioranza allargata, anche a Italia viva”. L’ha detto il senatore Gianni Marilotti, uno dei 10 ‘responsabili’ del neogruppo Europeisti-Maie-Cd nato al Senato. “Dal punto di vista dei numeri non cambia nulla, lo so – ha ammesso – ma può essere un inizio per aggregare altri politicamente. Poi i numeri arriveranno”.

10.03 – Mario Giarrusso: “Io nel gruppo Europeisti? Per ora no”
“Se passerò con gli europeisti? Per ora no”. Taglia corto con l’AdnKronos il senatore del Misto, Mario Michele Giarrusso, ex Cinque stelle, tra i nomi più gettonati tra coloro che potrebbero dare sostegno al premier dimissionario Giuseppe Conte, in vista di un Conte ter. Poi Giarrusso spiega che “le novità dovete chiederle al Maie”.

10.01 – Romani (Cambiamo) dopo l’appello di Conte: “Per ora non cambia nulla”
“Per ora mi pare che non cambi nulla, per eventuali novità bisogna aspettare venerdì”. Lo dice all’AdnKronos Paolo Romani, senatore di Cambiamo, rispondendo a una domanda sulla situazione al Senato, dove si riaccende il ‘dialogò con i possibili responsabili, dopo l’appello Facebook, fatto ieri sera dal premier dimissionario, Giuseppe Conte.

9.33 – Amendola ribadisce: “Conte punto di equilibrio”
Una “maggioranza di europeisti” costruita “su punti di equilibrio”: lo ha auspicato ai microfoni di Radio Anch’io il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, rispondendo a una domanda sul futuro governo. E il Pd, ha sottolineato il ministro, vede “come punto di equilibrio di questa nuova maggioranza larga e solida, con un programma di fine legislatura, il presidente Conte”.

9.26 – Nasce al Senato il gruppo “Europeisti-Maie-Cd”
Nasce al Senato il nuovo Gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico. Lo ha annunciato il presidente, Elisabetta Casellati. Ne fanno parte i senatori Buccarella, Cario, Causin, De Bonis, De Falco, Fantetti, Marilotti, Merlo, Rossi, Rojc. Capogruppo sarà Raffaele Fantetti, vice Andrea Causin.

8.32 – Boschi: “No a veti sui nomi, ma svolta sui contenuti”
“Non poniamo pregiudiziali sui nomi, ma chiediamo una svolta sui contenuti”, ha dichiarato la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi in un’intervista al Messaggero. “La crisi politica si è aperta ieri, la crisi sanitaria, economica, educativa è aperta da tempo. È tempo di fare un salto di qualità: basta chiacchiere, preoccupiamoci dell’Italia”. Rispetto al confronto con il suo ex partito, “il Pd mi sembra più interessato a parlare di noi che non delle questioni che stiamo ponendo – commenta -. Ho visto attacchi personali contro Renzi e contro i nostri parlamentari sinceramente inspiegabili. Ma questo non è il momento delle polemiche. E devo constatare che chi nel Pd ha passato la prima settimana a mettere veti su di noi oggi chiede il dialogo”. Il punto “non è chi fa il ministro, ma quali idee costituiscono il programma. Capisco che possa sembrare innaturale visto il suk ancora in corso al Senato, ma noi siamo l’unica forza politica che alle poltrone ha rinunciato”. Rispetto alle posizioni diverse di Iv e M5s sulla giustizia, Boschi sottolinea di non avere nulla contro Bonafede (“lo conosco dai tempi dell’università”), “ma che il governo si sia dimesso perché il ministro rischiava la bocciatura in Senato è un dato di fatto. Serve più garantismo e meno giustizialismo”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/27/crisi-la-diretta-oggi-le-consultazioni-al-colle-si-parte-da-casellati-e-fico-al-senato-nasce-gruppo-europeisti-ma-e-gia-lite-sul-simbolo/6079616/