lunedì 29 luglio 2013

Andrea Scanzi.



L'attesa per domani è in buona parte ipocrita, perché Silvio Berlusconi è stato già condannato in primo grado e in appello. La Corte Suprema di Cassazione non entra nel merito della sentenza, limitandosi a valutare rispetto delle norme e procedure.
Berlusconi è già stato condannato a quattro anni per evasione fiscale e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. In qualsiasi altro paese non farebbe più politica. Oltretutto ha molti altri processi pendenti. Eppure sta sempre lì. Da vent'anni. Grazie agli italiani che lo votano e grazie al Pd (e predecessori: que viva Violante) che lo ha sempre tenuto in vita. Anzitutto adesso.
Nel centrodestra sono sicuri del rinvio di un mese. Anche ammesso che venisse confermata la condanna, sono certi che il governicchio Letta andrebbe avanti (come ha ordinato Berlusconi nella solita intervista rilasciata a Libero e poi smentita) e che in qualche modo Napolitano e centrosinistra organizzerebbero una sorta di amnistia ad personam.
Nel caso peggiore, molto poco probabile, Berlusconi è pronto ad affidarsi alla figlia Marina come megafono e portavoce.
E nel Pd? L'attesa è vissuta con grande nervosismo. Ciò che più innervosisce è proprio la conferma della condanna: "Il Pd non reggerebbe l'urto e salterebbe come un birillo", dice Ugo Sposetti. Gli unici a "sperare" in una conferma della condanna sono quelli di Occupy Pd: "Alle volte è difficile non dare ragione a Grillo. Pd sveglia".
Santanché promette guerriglia, Biancofiore promette guerriglia. E Letta, beato lui, è "sereno".
Berlusconi non andrà comunque in galera. Glielo impediscono - toh, che coincidenza - le norme che escludono la detenzione in carcere per gli ultrasettantenni. In caso di condanna definitiva, la prospettiva sarebbe quella dell'affidamento in prova ai servizi sociali. Se li rifiutasse, rischierebbe al massimo gli arresti domiciliari.
La Sezione Feriale della Cassazione che deciderà domani il suo futuro può scegliere tra il rinvio di un mese (con rischio prescrizione); la condanna, l'assoluzione e l'annullamento del procedimento con nuovo processo (e prescrizione certa). Berlusconi non ha troppi motivi di essere pessimista. Nessuno dei cinque giudici è una toga rossa. Al contrario, è una Sezione fortemente e dichiaratamente conservatrice. Il relatore sarà Amedeo Franco, il presidente Antonio Esposito (padre del Pm Ferdinando, noto anche per le cene private con Nicole Minetti). Non è "rosso" nemmeno il rappresentante della Procura della Cassazione, Antonio Mura, braccio destro del procuratore generale Gianfranco Ciani e uomo di punta di Magistratura Indipendente, la corrente di destra delle toghe (di cui è stato anche presidente). E non sono "rossi" gli altri tre giudici a latere: Claudio D'Isa, Ercole Aprile e Giuseppe De Marzo.
La sensazione è che il Partito Unico vincerà anche stavolta, domani o tra un mese, e l'Italia perderà un altro treno per raggiungere un livello minimo di decenza.
Buona catastrofe.


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sabato 27 luglio 2013

L'acqua santa...



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Ecco dove può arrivare l'indifferenza dell'uomo!



E non venitemi a parlare di religione!

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Sferracavallo, Isola delle Femmine. Tramonto




Tesi, discorsi e programmi copiati: esiste il software anti plagio. - Loredana Di Cesare

Studenti Università


Il programma dal nome Turing è stato reso operativo all'università Bocconi di Milano nel 2011 e permette di verificare che l'autenticità delle tesi di laurea. Un sistema che se applicato anche per i politici rivelerebbe i numerosi "prestiti".

Se uno studente copia la tesi, rischia la sospensione dall’università. Se un ministro copia un discorso o una relazione programmatica, invece, nessun problema: Governo e Parlamento non hanno nulla da rimproverargli. Nessuna sanzione, nessuna censura. Eppure il software anti plagio – il suo nome è Turing – è stato reso operativo, nell’università Bocconi di Milano, dal 2011: nello stesso anno, il suo ex rettore, Mario Monti, che lasciò l’ateneo milanese per assumere la guida del Governo, copiò alcuni passaggi del programma fiscale dalle relazioni di Bankitalia, senza citarne la fonte. Un retroscena rivelato dal quotidiano Libero che non ci risulta sia stato smentito.
Ciò accadeva mentre la sua Bocconi – dov’è rientrato da un mese in qualità di presidente del consiglio di amministrazione dell’Università – sperimentava gli effetti pratici del software “Turing” sugli studenti. Risultato della sperimentazione: negli ultimi 18 mesi, un laureando è stato sospeso e allontanato dall’università perché aveva copiato la tesi di un suo collega. Tra i comportamenti sanzionabili – si legge nel codice etico (honor code) dell’istituto milanese – c’è appunto quello di “appropriarsi di idee, concetti, presentazioni, dati e di ogni altra informazione elaborata o riportata in scritti o in interventi orali altrui senza espressamente e correttamente indicarne le fonti”.
Ma da quando è stato “lanciato il programma anti plagio, e gli studenti sono a conoscenza della possibilità di essere scoperti, si è messo in moto un meccanismo virtuoso e un regime di deterrenza per cui ogni possibilità di plagio è impedita sul nascere – precisa Roberto Grassi, dirigente responsabile divisione didattica e componente della commissione disciplinare della Bocconi. Infatti, un solo caso di copiatura, in un anno e mezzo, è stato scoperto. “Nel momento in cui viene individuato un plagio – spiega Grassi – la tesi è annullata, lo studente deve riscriverla, è sottoposto a un provvedimento disciplinare e scatta la sanzione, legata a quelle previste dal ministero dell’Istruzione: sospensione da sei mesi a tre anni e allontanamento dalla vita universitaria”. In sintesi, a uno studente che copia, viene bloccata la carriera eritardato l’accesso nel mondo del lavoro. “Possiamo soltanto sospendere e non espellere lo studente – dice Grassi – fatto che avviene per esempio negli Stati uniti, perché l’espulsione non è prevista dalla normativa italiana”. Ai 13 mila bocconiani, l’università manda ogni anno una lettera con tutte le tipologie di provvedimenti disciplinari con equivalente sanzione.
“Ciò che ci caratterizza – continua Grassi – è che noi abbiamo inserito questo software anti plagio in automatico, quindi tutti i lavori di laurea, una volta completati, passano al vaglio del sistema Turing. Il docente, dunque, riceve insieme alla copia della tesi anche la copia del report anti plagio”. Insomma, la chiave del successo, è un prodotto made in Bocconi, che verifica l’autenticità di un elaborato, in pochi minuti, incrociando le informazioni pubblicate sul web e quelle presenti nella base dati della Bocconi.
Usato in chiave politica, il software sarebbe stato utile per scoprire che l’ex premier Monti era stato “ispirato” dal giuslavorista Pietro Ichino per esprimere le idee della sua agenda. Nessuna smentita dal professore e Ichino intervistato da Radio 24 ha dichiarato che il suo documento era online da mesi. Bastava confrontare l’agenda Monti sulla rete e il saccheggio sarebbe stato scoperto. Invece nessuno ha fiatato. Il Turing avrebbe funzionato anche per la neo ministra della Salute Beatrice Lorenzin che, al primo esordio ufficiale a un congresso di medici, ha presentato un programma con parti interamente copiate dal Libro bianco dell’ex ministro, Maurizio Sacconi. Anche in questo caso, la fonte non è stata indicata. Tutt’altra storia in Germania dove, per il copia e incolla della tesi di dottorato, il ministro della Difesa, Karl Theodor zu Guttemberg, nel 2011, ha dovuto dimettersi. E pensare che non c’è stato neanche bisogno del sistema elaborato dalla Bocconi.

Caso Ablyazov, il tribunale accusa la polizia: “Omissioni e fretta insolita”.

Figlia Mukhtar Ablyazov


Il magistrato di Roma, Mario Bresciano, dopo la richiesta di verifiche da parte del ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, assolve il giudice di Pace Stefania Lavore e punta il dito contro le forze dell'ordine: "Nel lavoro della collega nessuna irregolarità. Non altrettanto si può dire di chi ha effettuato la procedura di espulsione".

Il giudice di pace Stefania Lavore “è stato tratto in inganno dalla polizia”. L’accusa arriva dal presidente del tribunale di Roma Mario Bresciano, che in merito al caso Ablyazov e all’espulsione di figlia e moglie del dissidente, assolve le colpe della collega, ma punta il dito contro la polizia. Il magistrato sollecita l’apertura di un’indagine e dopo la richiesta di verifiche da parte del ministro della giustizia Annamaria Cancellieri commenta: “Nel lavoro della dottoressa Stefania Lavore non ho riscontrato alcuna irregolarità, anzi. Non posso negare che al suo posto un togato con maggiore esperienza avrebbe potuto accorgersi delle tante stranezze, ma questo non inficia assolutamente quanto è stato fatto. Il comportamento della giudice è stato ineccepibile. L’ho scritto nella relazione che ho trasmesso al ministro”. Il problema dunque, riguarda il comportamento delle forze dell’ordine: “Non altrettanto si può dire della polizia che certamente ha agito con una fretta insolita e anomala. Ma soprattutto ha tenuto per sé delle informazioni preziose»
”La nota dell’ambasciata kazaka non mi è mai stata data”. Stefania Lavore, giudice di pace che ha convalidato il trattenimento di Alma Shalabayeva nel Cie di Ponte Galeria, ha dichiarato di non avere mai visto il documento del 30 maggio, indirizzato all’Ufficio immigrazione della Questura che fornisce indicazioni sulle generalità della Shabalayeva, con la data di nascita della donna e il riferimento a due passaporti nazionali del Kazakistan. Proprio su questo documento e sul perché il giudice non lo avesse visionato, il ministro della Giustizia aveva disposto verifiche tramite l’ispettorato. E gli accertamenti preliminari sono partiti subito. Stefania Levore, infatti, è stata sentita dal presidente del tribunale di Roma, Marco Bresciano, quale organo di vigilanza rispetto al giudice di pace, al quale ho consegnato una relazione scritta.
Se il giudice di pace avesse avuto quella nota, il corso della vicenda avrebbe potuto essere diverso? Di certo, il giudice avrebbe potuto porsi una domanda centrale, e cioè se la donna di cui stava convalidando il trattenimento nel Cie fosse Alma Ayan, in base all’identità da lei stessa fornita, o Alma Shalabayeva, come indicava la nota. I legali di Alma hanno sempre sostenuto che la moglie di Mukthar Alyazov, dissidente kazako, non abbia voluto dire chi realmente fosse temendo ritorsioni per sé e la figlia. Ma certo, il verbale di convalida di trattenimento firmato da Stefania Lavore dopo un’udienza durata circa 40 minuti, fa riferimento ad Alma Ayan.
“Io ho solo applicato la legge – ha spiegato Lavore, rappresentata dall’avvocato Lorenzo Contrada – Sulla base della documentazione fornita dal Prefetto ho convalidato il trattenimento della signora, non certo l’espulsione che non rientra nella mia competenza e che spetta, eventualmente, all’autorità di polizia. Gli unici documenti posti alla mia attenzione sono stati quelli della difesa: si tratta di dichiarazioni della Repubblica Centrafricana secondo cui la donna era un soggetto da loro conosciuto con il nome di Alma Ayan, lo stesso che per il prefetto era presente su documentazione contraffatta e falsa. Con queste carte non avrei potuto adottare decisione diversa da quella che ho preso”.
Il giudice di pace ha preso posizione anche su un altro punto: “Nessuna richiesta di asilo politico mi è stata avanzata dalle parti in quella sede”. Semmai la scelta di trattenere la donna era “finalizzata proprio ad accertare la sua reale identità e non certo ad agevolarne l’espulsione”. Impossibile, a partire da qui, “immaginare cosa sarebbe successo dopo”. “Se mi avesse detto che era in pericolo – ammette Lavore, interpellata telefonicamente – forse le cose sarebbero andate diversamente”.

venerdì 26 luglio 2013

“La Costituzione stravolta nel silenzio”. L’appello contro la riforma presidenziale

Costituzione


Lucarelli, Salvi, Ingroia, La Valle, Giulietti e altri chiedono una firma per fermare la procedura di modifica della Carta messa in opera dalla maggioranza delle larghe intese. Che affossa l'articolo 138, umilia i parlamentari e tiene all'oscuro l'opinione pubblica. Mentre il Porcellum resta.

Pubblichiamo l’appello contro il ddl di riforma costituzionale firmato da Alessandro Pace, Alberto Lucarelli, Paolo Maddalena, Gianni Ferrara, Cesare Salvi, Massimo Villone, Silvio Gambino, Antonio Ingroia, Antonello Falomi, Domenico Gallo, Raffaele D’ Agata, Raniero La Valle, Beppe Giulietti e Mario Serio.
Ignorando il risultato del referendum popolare del 2006 che bocciò a grande maggioranza la proposta di mettere tutto il potere nelle mani di un “premier assoluto”, è ripartito un nuovo e ancor più pericoloso tentativo di stravolgere in senso presidenzialista la nostra forma di governo, posponendo a questa la indilazionabile modifica dell’attuale legge elettorale. In fretta e furia e nel pressoché unanime silenzio dei grandi mezzi d’informazione la Camera ha iniziato a esaminare il disegno di legge governativo, già approvato dal Senato, di revisione della Costituzione in plateale violazione della disciplina prevista dall’articolo 138, che costituisce la “valvola di sicurezza” pensata dai nostri Padri costituenti per impedire stravolgimenti della Costituzione.
Ci appelliamo a voi che avete il potere di decidere, perché il processo di revisione costituzionale in atto sia riportato nei binari della legalità costituzionale. Chiediamo che l’iter di discussione del disegno di legge costituzionale presentato dal governo Letta segua tempi e modi rispettosi del dettato costituzionale (…). Chiudere, a ridosso delle ferie estive, la prima lettura del disegno di legge, contrastando con le finalità dell’articolo 138 della Costituzione, impedisce un vero e serio coinvolgimento dell’opinione pubblica nel dibattito. In secondo luogo vi chiediamo di restituire al Parlamento e ai parlamentari il ruolo loro spettante nel processo di revisione della nostra Carta.
L’aver abbandonato la procedura normale di esame esplicitamente prevista dall’articolo 72 della Costituzione per l’esame delle leggi costituzionali, l’aver attribuito al governo un potere emendativo privilegiato, la proibizione di porre le questioni pregiudiziali, sospensive o di non passaggio agli articoli, l’ impossibilità per i singoli parlamentari di sub-emendare le proposte del governo o del comitato, la proibizione per i parlamentari in dissenso con i propri gruppi di presentare propri emendamenti, le deroghe previste ai regolamenti di Camera e Senato, costituiscono altrettante scelte che umiliano e comprimono l’autonomia e la libertà dei parlamentari e quindi il ruolo e la funzione del Parlamento.
Le conseguenze di tali scelte si riveleranno in tutta la loro gravità allorché, una volta approvato questo disegno di legge, l’istituendo comitato per le riforme costituzionali porrà mano alla riforma delle strutture portanti della nostra organizzazione costituzionale (dal Parlamento al presidente della Repubblica, dal governo alle Regioni) sulla base delle norme che oggi la Camera sta approvando in flagrante violazione dell’art. 138. (…) Vi chiediamo ancora che le singole leggi costituzionali, omogenee nel loro contenuto, indichino con precisione le parti della Costituzione sottoposte a revisione. (…) Non si tratta, in definitiva, di un intervento di “manutenzione” ma di una riscrittura radicale della nostra Carta non consentita dalla Costituzione, che apre ampi spazi all’arbitrio delle contingenti maggioranze parlamentari.
Chiediamo, infine, che nell’esprimere il vostro voto in seconda lettura del provvedimento di modifica dell’articolo 138, consideriate che la maggioranza parlamentare dei due terzi dei componenti le Camere per evitare il referendum confermativo, in ragione di una legge elettorale che distorce gravemente e incostituzionalmente la rappresentanza popolare, non coincide con la realtà politica del corpo elettorale del nostro Paese. Rispettare questa realtà, vuol dire esprimere in Parlamento un voto che consenta l’indizione di un referendum confermativo sulla revisione dell’articolo 138. È in gioco il futuro della nostra democrazia. Assumetevi la responsabilità di garantirlo.