venerdì 1 marzo 2019

Lettera di un giovane economista ai critici del reddito di cittadinanza.



(L’autore di questo post è Gabriele Guzzi, laurea con lode in Economia alla Luiss e poi alla Bocconi. Ha lavorato per lavoce.info come fact-checker, è stato presidente di Rethinking Economics Bocconi e attualmente è dottorando presso l’Università Roma Tre.)

Il Reddito di Cittadinanza varato dal governo italiano sta raccogliendo diverse critiche nel nostro Paese. Da giovane economista di 25 anni, sento la necessità di rispondere a queste obiezioni, non con scopo polemico ma per aprire un dibattito ampio su questa tematica.
Tralasciando le questioni di implementazione tecnica, su cui il dibattito pubblico già sta ragionando ampiamente, vorrei infatti rispondere a due obiezioni di fondo a questo tipo di provvedimento, che credo possano essere comprese solo analizzando i lineamenti della cultura politica oggi dominante in Italia e in altri paesi avanzati.
I due punti possono essere semplificati in questa maniera: da una parte si argomenta che una misura di welfare che assicura un reddito minimo di 780 euro possa scoraggiare l’accettazione di tutti quei lavori a basso salario; dall’altra si sostiene che una larga fetta di italiani, i cosiddetti furbetti, riusciranno ad aggirare i requisiti minimi e ad accaparrarsi il reddito senza averne un reale diritto.
Cercherò ora di argomentare il motivo per cui entrambe le critiche mi sembrano comprensibili solo all’interno di una visione molto precisa del mondo, di una cultura cioè che fonda la società sulla disuguaglianza e sulla competizione al ribasso dei diritti e dei salari, il cosiddetto neoliberismo delle corporation, per come lo ha definito il sociologo Colin Crouch. Con tale impostazione vorrei argomentare che la maggior parte delle critiche non mi sembrano affatto interpretazioni neutre o oggettive del provvedimento, ma piuttosto implicazioni in termini di politica economica di una cultura pervasiva, ai più implicita ed inconscia, che giustifica lo stato di esclusione e di povertà di milioni di persone in nome di una tanto presunta, quanto mai realmente verificata, efficienza del mercato globale.
Iniziamo con la prima obiezione, che in breve accusa il reddito di cittadinanza di essere troppo elevato in rapporto ai salari medi percepiti oggi in Italia. Il punto che meglio fa capire come questa obiezione sia radicata su una visione iniqua dei rapporti economici, è che dinanzi a una misura che vuole offrire una compensazione di reddito a tutti quelli che vivono sotto la soglia di povertà, non ci si indigna per il fatto che il salario di milioni di lavoratori è inferiore o di poco superiore alla soglia minima di povertà, fatto quanto mai allarmante per un paese civile che si fonda sull’art.36 della Costituzione, o che in Italia più di 5 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. No, dinanzi a questa situazione ci si indigna perché una misura di welfare potrebbe spingere al rialzo la soglia dei lavori accettati dai nostri giovani in termini di dignità, di salari e di condizioni lavorative. Certo, il reddito di cittadinanza potrebbe disincentivare un ragazzo ad accettare un lavoro da 500 euro al mese per 40 ore alla settimana. Ma è proprio l’esistenza di un tale lavoro che dovrebbe quantomeno destare preoccupazione nella classe politica e intellettuale di un paese avanzato.
Infatti, che questi ultimi trenta anni siano stati l’epoca dell’erosione dei diritti, della stagnazione dei salari, del crollo della quota del reddito che va al lavoro, della perdita di potere contrattuale delle fasce più deboli della popolazione, e allo stesso tempo della crescita dei salari dei grandi manager, delle disuguaglianze di ricchezza e di salario, dell’abbassamento generalizzato delle tasse sui profitti e sui dividendi, non è un’opinione di uno sparuto gruppo di idealisti, ma le conclusioni a cui oramai giungono tutti, economisti eterodossi e ortodossi, proprio perché sono i dati che ci stanno urlando da anni lo stato allarmante in cui sopravvive il capitalismo internazionale, ossia in quel famoso squilibrio del potere democratico, per come lo definisce Anthony Atkinson, tutto a favore di un élite finanziariamente potente, e a scapito del restante 99% della popolazione.
Basta dare uno sguardo alla figura 3, qui in basso, tratta dal rapporto dell’Ilo e dell’Ocse in occasione del G20 del 2015, per vedere come l’Italia sia, all’interno del processo di disuguaglianza che caratterizza tutto l’Occidente, uno dei paesi in cui il crollo della quota del reddito che va ai lavoratori è stato più marcato. Questo processo di stagnazione dei salari, accompagnato alle più recenti politiche di contenimento della spesa pubblica e al crollo degli investimenti, ha causato che il numero dei poveri assoluti triplicasse in Italia in soli dieci anni.
Figura 3: La quota salari crolla nei paesi avanzati, e in Italia di più del 12% negli ultimi 40 anni
schermata-2019-02-12-alle-10-14-40
Fonte: OCSE
La successiva figura, poi, evidenzia che i cosiddetti guadagni di produttività, tanto cari a una certa narrazione economica e poco presenti nel contesto italiano, non abbiano affatto portato a una crescita dei salari e siano stati invece esclusivamente accumulati come profitto dalle grandi aziende. Infatti mentre nei paesi avanzati il salario reale medio stagnava, la crescita della produttività continuava la sua salita, creando un gap iniquo tra il contributo effettivo apportato dai lavoratori e la loro retribuzione in termini reali. Senza considerare inoltre che questa discrasia reddituale non tiene in considerazione la crescita esponenziale dei salari dei manager delle grandi imprese. Se negli Usa, ad esempio, il rapporto tra il reddito degli amministratori delegati e quello medio era nel 1965 pari a 20 a uno, oggi questo rapporto ha superato i 300 a uno, come ha affermato l’Economic Policy Institute.
Figura 5: La crescita della produttività del lavoro non è accompagnata dalla crescita dei salari reali
schermata-2019-02-12-alle-10-14-57
È insomma un intero capitalismo che tende a fondarsi sulla disuguaglianza dei redditi, sulla soppressione dei diritti e sul calo dei salari. E in Italia ciò è peggiorato da una situazione di crescita stagnante ultradecennale. Quello che forse dovremmo capire è che questa è una visione assolutamente miope dello sviluppo economico, che sebbene crei instabilità politica, depressione economica e frammentazione culturale, continua a dominare le politiche economiche dell’Unione Europea. Per questi motivi è politicamente suicida ed economicamente discutibile contrapporre al reddito di cittadinanza la storia che l’offerta di lavoro potrebbe risentirne.
Bisognerebbe invece lavorare ad un rialzo generale dei salari, guidato da investimenti produttivi in innovazione e spostando la frontiera produttiva italiana verso settori a maggiore valore aggiunto, e inoltre contribuire a indirizzare il conflitto distributivo europeo, ad oggi ancora fortemente dominato da una logica mercantilistica di stampo tedesco, verso una situazione più equa e maggiormente a favore del lavoro. Anche perché sappiamo, con la lezione di Keynes e Kalecki, che sono proprio le classi lavoratrici ad avere una maggiore propensione al consumo e che quindi una migliore distribuzione del reddito favorisce anche la crescita della domanda effettiva.
La seconda obiezione che vorrei affrontare riguarda invece la possibilità che alcuni furbetti si aggiudichino impropriamente il reddito di cittadinanza. Ribadito il principio per cui questi atteggiamenti vanno stigmatizzati e adeguatamente combattuti, con politiche di controllo che il provvedimento comunque mette in atto, mi piacerebbe, da normale cittadino, che questa attenzione mediatica fosse diretta non solo ai piccoli furbetti da qualche migliaia di euro all’anno, ma anche e soprattutto ai grandi evasori o a chi fa dell’elusione fiscale la politica aziendale fondamentale.
Mi sarebbe piaciuto, ad esempio, che i talk show avessero fatto inchieste giornalistiche anche sui 630 miliardi di euro di profitti che le imprese multinazionali hanno spostato nei paradisi fiscali nel solo 2015 per eludere il fisco di decine di paesi, causandogli una perdita in termini di gettito fiscale di circa 200 miliardi di euro all’anno – cifra che è stata stimata da una ricerca di Tørsløv, Wier, e Zucman dell’Università di Berkeley e di Copenaghen e riportata da Federico Fubini sul Corriere.
Mi sarebbe piaciuto cioè che questo giusto sdegno mediatico fosse rivolto soprattutto ai grandi furbetti del fisco, a quelli che solo dall’Italia spostano più di 23 miliardi di euro all’anno in paradisi fiscali facendo gravare sul resto dei cittadini e delle imprese il peso delle loro strategie di elusione. Mi sarebbe piaciuto che i servizi con telecamere nascoste, come sono stati giustamente fatti nei Caf di Palermo, fossero organizzati anche negli uffici legali delle grandi capitali europee dei paradisi fiscali, come l’Olanda, il Lussemburgo o l’Irlanda, che anche se contano solo il 6% della popolazione dell’Unione monetaria, rappresentano circa la metà dell’elusione fiscale internazionale della grandi multinazionali.
Dico questo non per uno sterile benaltrismo, ma perché la richiesta di giustizia può arrivare a prendere le forme di un grande inganno o di uno stigma per le fasce meno abbienti, se essa non è ugualmente, e direi anche più intensamente, destinata ai grandi poteri finanziari del capitalismo internazionale.
Inoltre, se fosse giusto criticare un provvedimento di welfare solo perché alcuni potrebbero appropriarsene indebitamente, allora dovremmo arrivare ad abolire anche le pensioni di invalidità, l’esenzione del ticket per i redditi bassi, il bonus sulle bollette, e tutte le altre misure dirette e indirette di supporto al reddito. Altrimenti, se riteniamo che il welfare abbia ancora un significato politico da difendere, in questo mondo sempre più iniquo, dovremmo adoperarci affinché sia maggiormente inclusivo ed efficace, perseguendo ovviamente i vari e dannosi casi di infrazione.
Da giovane economista, in conclusione, mi piacerebbe che il mio Paese si unisse una volta tanto con il solo obiettivo di contribuire alla crescita morale ed economica dell’Italia, mettendo da parte le fazioni e i campanilismi politici. Abbiamo un Paese che è in un profondo stato di crisi da più di vent’anni, e che necessita di una grande politica di rilancio. Il Reddito di Cittadinanza è, come ogni altra cosa al mondo, potenzialmente sempre migliorabile, ma il principio a cui si ispira mi sembra vada nella giusta direzione di una maggiore equità e coesione sociale. Elementi di cui abbiamo estremamente bisogno in quest’epoca così complicata.

Genova, analisi gratis e veloci per amici e parenti: procura indaga 2300 persone.

Genova, analisi gratis e veloci per amici e parenti: procura indaga 2300 persone

I fatti, secondo quanto ricostruito dalla procura di Genova, sono accaduti all'ospedale San Martino tra il 2015 e il 2016. Le accuse sono, a vario titolo, di falso, truffa ai danni dello Stato e accesso abusivo al sistema informatico.

Facevano fare ad amici e parenti analisi di laboratorio gratis, evitando quindi il ticket, e veloci, saltando le lunghe code delle prenotazioni. Per questo 2300 persone sono indagate a vario titolo per falsotruffa ai danni dello Stato e accesso abusivo al sistema informatico, dalla procura di Genova. I fatti, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nas, sono accaduti all’ospedale San Martino tra il 2015 e il 2016 e coinvolgono almeno 600 dipendenti.
Il sistema scoperto dagli investigatori era semplice. Per evitare attese e ticket il paziente veniva fatto risultare ricoverato: forzando il sistema elettronico il dipendente registrava i dati della persona. Tra coloro che hanno usufruito dei “favori” anche alcune suore. Gli importi da pagare erano spesso anche minimi: le forze dell’ordine hanno contestato somme da 6, 15 o 36 euro.

A far partire l’indagine alcuni esposti, presentati in procura tre anni fa. Già nel 2017 la Corte dei conti era intervenuta, condannando a un risarcimento di quasi 96mila euro 37 ex dipendenti del laboratorio analisi. Tra loro anche il direttore, Michele Mussap.

Registrati strani segnali da stelle con “megastrutture aliene”.

Universe

Un gruppo di scienziati dell'Università della California a Berkeley ha condotto una ricerca di technomarker sulla stella KIC 8462852. Si sospetta che intorno a questa stella, insolita per i suoi cambiamenti aperiodici di luminosità, orbitino mega-strutture aliene. Gli astronomi hanno registrato segnali anomali, descritti in un articolo su arXiv.
I ricercatori hanno studiato 177 spettri ad alta risoluzione della stella Tabbi, ottenuti utilizzando il telescopio Automated Planet Finder presso Lick Observatory (USA) e coprendo la gamma di lunghezze d'onda da 374 a 970 nanometri. Hanno cercato tracce di radiazioni laser con una potenza di oltre 24 megawatt, che è il limite inferiore della sensibilità del dispositivo, tenendo conto dei 1470 anni luce di distanza dell'oggetto. L'algoritmo sviluppato per questo ha analizzato ogni spettro pixel per pixel al fine di trovare linee di emissione difficili da distinguere che potrebbero sorgere a causa dei laser.
In totale, gli scienziati hanno identificato 58 segnali candidati che potrebbero derivare dalle attività di civiltà aliene. In un'ulteriore analisi, i ricercatori hanno verificato se questi segnali hanno una spiegazione diversa, incluso il contatto con i rivelatori di raggi cosmici del telescopio, la propria luce nell'atmosfera e oscillazioni casuali nello spettro stellare. È risultato che tutte le linee spettrali anomale erano molto probabilmente dovute a cause naturali e non a causa di laser.
Secondo gli scienziati, nonostante il risultato negativo, il loro lavoro getta le basi per un'ulteriore ricerca di technomarker alieni associate alla tecnologia laser. Per aumentare la probabilità di scoprire civiltà aliene, si dovrebbero analizzare spettri di stelle di vario tipo, comprese quelle che assomigliano al Sole.
La stella di Tabby è conosciuta per i cambiamenti di luminosità dal 2015. La luminosità della stella calava del 22 percento a intervalli diversi. Alcuni scienziati hanno suggerito che la ragione di ciò potrebbe essere una gigantesca struttura astronomica costruita da una civiltà extraterrestre, ad esempio una sfera di Dyson. Tuttavia, al momento, gli astronomi sono inclini a credere che il comportamento anormale della stella sia spiegato da una nuvola di polvere o altri corpi celesti di origine naturale.

Scoperto nelle ossa un nuovo 'motore' della crescita.

Tessuto ossero (fonte: University of Rochester) © Ansa
Tessuto ossero (fonte: University of Rochester)

Composto da staminali, apre a nuove terapie.


Identificato un nuovo 'motore' che alimenta l'allungamento delle ossa: scoperto nei topi, è fatto di staminali e garantisce un continuo rinnovo delle cellule progenitrici del tessuto, proprio come accade nel sangue e nella pelle. Se la sua esistenza venisse confermata anche nell'uomo, potrebbe spiegare fenomeni enigmatici, come la crescita smisurata di alcune persone portatrici di specifiche mutazioni genetiche, ma soprattutto potrebbe aprire la strada a nuove terapie per i bambini con disturbi della crescita.
Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Nature dal gruppo internazionale coordinato dal Karolinska Institutet in Svezia. I suoi risultati potrebbero cambiare radicalmente la comprensione del meccanismo di crescita delle ossa lunghe come femore e tibia. Questo processo avviene in due aree, chiamate 'fisi di accrescimento', che sono vicine all'estremità dell'osso: al loro interno ci sono cellule cartilaginee (condrociti), derivanti da cellule progenitrici simili a staminali, che hanno il compito di formare una sorta di impalcatura di supporto alla crescita di nuovo tessuto osseo.
Finora si pensava che il numero di cellule progenitrici formate durante lo sviluppo embrionale fosse finito e che il loro esaurimento determinasse l'interruzione del processo di crescita. I ricercatori svedesi, invece, hanno dimostrato che nelle fasi di accrescimento si conservano anche dopo la nascita delle 'nicchie' in cui le cellule progenitrici simili a staminali possono continuamente rigenerarsi: quando questo micro-ambiente viene distrutto o danneggiato si determina un impoverimento di cellule progenitrici con ripercussioni negative sull'osso.
http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2019/02/27/scoperto-nelle-ossa-un-nuovo-motore-della-crescita-_314d368d-be0a-4f83-9adc-184534d3e295.html

Macchine, soldi e scarpe sparite "Supercazzola" nei beni sequestrati. - Riccardo Lo Verso

negozi bagagli, nuova sport car, palermo scandalo saguto, rappa nuova sport car, sequestro beni rappa, walter virga, Cronaca

Nuova Sport Car e Bagagli: amministrazioni giudiziarie sotto inchiesta.

PALERMO - Dal consulente che guadagnava 5 mila euro al mese senza autorizzazione del giudice alle scarpe, 240 paia, scomparse dal magazzino. La gestione della Nuova Sport Car di Isola delle Femmine e dei negozi Bagagli di Palermo e provincia sono state tutto fuorché trasparenti.
L'amministratore giudiziario Walter Virga, i coadiutori e i consulenti da lui nominati hanno ricevuto nei giorni scorsi l'avviso di conclusione delle indagini firmato dal pubblico ministero Claudia Ferrari. Ci sarà, dunque, un processo anche a Palermo per lo scandalo della gestione dei beni sequestrati che ha travolto Silvana Saguto, l'ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale sotto accusa a Caltanissetta.

L'inchiesta dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria è partita ascoltando le parole del dipendente di una concessionaria di macchine di Gela, nel Nisseno: “.... ma come si può prendere i soldi per vendere le macchine... c'è proprio lo schifo, lo schifo, lo schifo... mille euro dieci macchine... guardano solo alla propria tasca”. Il riferimento era a Giuseppe Rizzo, il direttore commerciale voluto da Virga alla Nuova Sport Car. La storia del pizzo sulle forniture delle macchine in uscita dalla concessionaria non è stata riscontrata, ma è venuto fuori tutto il resto.

A cominciare dallo stipendio mensile di Rizzo, pagato nonostante Virga non fosse stato autorizzato da Fabio Licata, giudice delegato della misura di prevenzione Rappa. Anzi, a giudicare dalle parole pronunciate da Virga, Licata aveva definito il compenso “una follia”. “Licata chiamò la Saguto su questo e disse ma tu hai mai autorizzato qualcuno a cinquemila euro al mese?... dice è una follia - raccontava Virga ad Alessio Cordova -... bisogna pensare una giustificazione di questo... non c'è nessun contratto di assunzione.... sul discorso di Giuseppe (Giuseppe Rizzo, ndr) se noi ne usciamo vivi... si trova una soluzione diversa...”.

La soluzione era, secondo l'accusa, quella di fare carte false per giustificare il compenso legandolo a fantomatiche provvigioni. Talmente false che Virga definiva il suo piano “una supercazzola” da prospettare al giudice, salvo poi rendersi conto che “se il problema è direttamente Rizzo e non abbiamo nemmeno modo di difenderci, siamo fottuti”.

Per la gestione della concessionaria Virga si avvalse della collaborazione, oltre che di Rizzo, anche di Alessio Cordova e Dario Majuri. Sono tutti indagati anche perché avrebbero ottenuto dei prezzi di favore per le macchine comprate da alcuni loro parenti. Gli sconti ammonterebbero a dodici mila euro. A proposito di macchine, Vincenzo Corrado Rappa, a cui la Nuova Sport Car è stata di recente restituita dal Tribunale, ha spiegato in aula a Caltanissetta, dove si è costituito parte civile, che “quando la concessionaria la gestivo io le auto aziendali erano solo due, ora ne ho trovate 68”.

Fra queste potrebbe esserci anche la Mercedes classe C di cui Rizzo parlava a Cordova. Majuri, stando alle sue parole intercettate, “si è assicurato la C station, da più di un mese, una 220 grigia, io pensavo che lo sapessi”. Oppure potrebbe esserci anche l'autovettura a cui faceva cenno Cordova: “... Alessandro la macchina la deve pagare.. Alessandro ci deve dare la macchina... noi gli abbiamo fatto il passaggio è nostra la macchina”.

Alessandro Kallinen Garipoli, pure lui indagato, era coadiutore di Virga nella gestione dei negozi Bagagli, il primo sequestro affidato da Saguto al giovane avvocato Walter, figlio di Tommaso, presidente di una sezione del Tribunale e membro del Csm (nella scorse settimane Tommaso Virga è stato assolto a Caltanissetta dall'accusa di abuso d'ufficio in un troncone del processo principale). Anche la gestione dei negozi, andati di recente in confisca perché considerati di proprietà della famiglia mafiosa Milano di Porta Nuova, non si è contraddistinta per la trasparenza.

Nel 2015 le cimici piazzate dentro la concessionaria di macchine registrarono il triste resoconto che un consulente fiscale faceva a Virga, Majuri e Cordova: “.. ci dovete mettere un punto... quella persona si è fottuta soldi, ma assai, ve lo assicuro io al 100 per cento... è un comportamento inaccettabile... per fortuna non sono io l'amministratore perché altrimenti gli andrei a rompere le corna”. Virga replicava: “.... gli ho detto chiaramente... Alessandro mi devi trovare i giustificativi... mi basta che siano credibili...”. Era Cordova a fornire le cifre del buco: “... mancano 7 mila euro, 6 mila euro, pigliamo noi i soldi, li mettiamo e appariamo tutte cose... però si deve togliere da in mezzo ai piedi”. Virga, Majuri e Cordova sono anche indagati perché avrebbero omesso di denunciare le appropriazioni indebite di Garipoli.

A quest'ultimo la Procura contesta 14.935 euro per l'amministrazione Rappa 

(sono i compensi per attività che non avrebbe mai svolto) e 25.251 euro per l'amministrazione Bagagli nella quale, per stessa ammissione di Virga, “è stato perso il controllo della situazione... dal magazzino mancano 240 paia di scarpe... oggi c'è uno là dentro che ruba, che è dipendente se oggi noi lo allontaniamo ce ne usciamo meglio”. Garipoli ammetteva che nella contabilità del 2013 “c'è un bordello”. Così diceva a una commercialista secondo la quale, “mancano 12 mila euro... più altri soldi.... penso che mi manchino gli incassi di Bagheria, per 6 mila euro a dicembre 2013...”. In realtà, ultimati i conti, all'appello mancherebbero 25 mila euro, prelevati in contanti delle casse dei punti vendita. E le scarpe? Mai scovate, tranne le nove paia che i finanzieri trovarono a casa di Garipoli durante una perquisizione.  

https://livesicilia.it/2019/03/01/macchine-soldi-e-scarpe-sparite-supercazzola-nei-beni-sequestrati_1039614/

Non si salva nessuno, tutti ad arraffare l'afferrabile a portata di mano...

Rifiuti tossici nell’asfalto, a Bologna coinvolti 21 comuni. - Cristina Degliesposti

I Comuni erano del tutto all'oscuro

Inchiesta Dda, sotto accusa tre imprenditori veneti. Nel conglomerato presenti sostanze come nichel, piombo e cromo ben oltre i limiti.

Bologna, 28 febbraio 2019 - Spuntano anche 21 Comuni del Bolognese nella maxi inchiesta della Dda di Venezia, ‘Strade al veleno’, sulle presunte sostanze nocive ben al di sopra della soglia di legge (tra cui nichel, cromo, cloruro e piombo) riscontrate nel conglomerato ecologico utilizzato per asfaltare piazze e strade.

AGGIORNAMENTO Rifiuti tossici nell'asfalto, a Bologna spuntano cantieri Hera.

Secondo le accuse, il materiale sarebbe stato venduto ai Comuni come conglomerato ecologico certificato a un prezzo concorrenziale ma – sempre stando agli addebiti della procura che ha coordinato le indagini dei carabinieri forestali – senza essere sottoposto alla decontaminazione prevista. Il pubblico ministero veneziano Giovanni Zorzi ha chiesto quindi il rinvio a giudizio per tre imprenditori veronesi indagati per traffico e gestione illegale di rifiuti usati tra il 2014 e il 2016 in Veneto, Lombardia e nella nostra regione.
Il 20 marzo si terrà l’udienza preliminare a Venezia, nella quale potranno costituirsi parte civile decine di enti pubblici del nord Italia: la Regione Emilia-Romagna, che ha già incaricato l’avvocato Mariano Rossetti, ma anche le Regioni Veneto e Lombardia, le province di Bologna, Verona, Padova, Rovigo, Mantova, Modena e Ferrara.

Per quanto riguarda il Bolognese, poi, le indagini della forestale hanno portato a individuare come parti offese i Comuni di Budrio, Calderara di Reno, Casalecchio di Reno, Castel San Pietro, Castello d’Argile, Crespellano, Crevalcore, Galliera, Granarolo, Imola, Loiano, Molinella, Monghidoro, Monteveglio, Ozzano, Pieve di Cento, San Lazzaro di Savena, San Pietro in Casale, Sant’Agata Bolognese, Sasso Marconi e Zola Predosa.

Sulla vicenda si sono già mossi i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia Giancarlo Tagliaferri e la pentastellata Silvia Piccinini, il primo con un’interrogazione e la seconda con una risoluzione con la quale impegna la giunta a coinvolgere le consulente e gli osservatori per la legalità. Tra le richiesta della Piccinini c’è anche quella che la Regione garantisca supporto agli enti locali e ai comitati di cittadini che volessero prepararsi ad azioni legali o a una class action.

https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/rifiuti-asfalto-inchiesta-1.4466307?fbclid=IwAR1FoWf7n9nsopfu5zs8paOBN0SOMscHNvTRd2rVo3KnWtXb7NJjxQyEe1k

giovedì 28 febbraio 2019

Ecotassa: ecco le auto che non la pagheranno. - Corrado Canali

Uno dei padiglioni del Salone dell'Auto di Ginevra
Uno dei padiglioni del Salone dell'Auto di Ginevra

Alfa Mito, Fiat 500, Panda, Lancia Ypsilon sotto le emissioni consentite. Come Peugeot 2008, 3008 e 5008, la up di VW e la Dacia Sendero.


Citroën C3 anche in variante crossover, la C3 Aircross e la berlina C3 Cactus. 

Sempre stando nell’ambito di marchi francesi, non pagano nulla i tre modelli della “famiglia” di suv-crossover di Peugeot e cioè la 2008, la 3008 e la 5008. Oltre ad un’altra citycar, ma in questo caso di produzione tedesca, la Volkswagen up! e una compatta premium come la Mini in tutte le sue varianti di carrozzeria. Così come un modello del brand low cost per antonomasia, la Dacia Sandero, una berlina molto apprezzata dalle famiglie italiane. Come dire che un buon motivo quando si deve scegliere una nuova vettura è anche non incorrere in ulteriori intoppi e magari riuscire a spuntare un prezzo di acquisto vantaggioso dal concessionario di fiducia.