martedì 15 settembre 2020

“Le mafie puntano ai soldi del Recovery Fund, bisogna vigilare sui fondi in arrivo”: l’allarme dell’Europol sul rischio di infiltrazioni dei clan.

 












La direttrice esecutiva Catherine De Bolle chiedere di monitorare attentamente le mosse dei clan in vista dell'erogazione delle risorse Ue per sostenere la ripresa dell'economia, fiaccata dai mesi di lockdown e dalle restrizioni per contenere la diffusione del coronavirus: "Incremento infiltrazioni già in atto, lo saranno ancora di più". Il direttore della Criminapol: "Se qualcuno pensa di essere immune, è miope. Se si arriva in ritardo, danni irreparabili all'economia".

Sarà necessario monitorare i soldi del Recovery Fund perché le mafie hanno già preso di mira le risorse economiche messe in campo per fronteggiare la pandemia di coronavirus e i miliardi per la ricostruzione scateneranno ancora di più gli appetiti dei clan. La direttrice esecutiva dell’Europol, Catherine De Bolle, lancia l’allarme riguardo le infiltrazioni criminali in vista dell’erogazione delle risorse Ue per sostenere la ripresa dell’economia, fiaccata dai mesi di lockdown e dalle restrizioni per contenere la diffusione del coronavirus. Per il direttore della Criminapol, Vittorio Rizzi, il rischio principale è legato allo scoprire “troppo tardi” le infiltrazioni, quando “il danno all’economia reale diventa irreparabile”.

“I fondi per la ricostruzione sono già presi di mira dalle organizzazioni criminali e lo saranno ancora più. Sui finanziamenti per il recupero dovremo essere attenti e monitorare per evitare il rischio di infiltrazione delle mafie”, ha spiegato. “È importante che al massimo livello dell’Unione Europea ci sia consapevolezza dei rischi per la somministrazione di sussidi legati alla crisi durante pandemia”, ha continuato De Bolle nel suo discorso di apertura del secondo incontro del gruppo di lavoro sulle minacce criminali correlate all’emergenza Covid-19 in corso a Roma.

L’esperta investigatrice belga ha ricordato come i prodotti più richiesti nel corso della pandemia – come disinfettantimascherinetermometriventilatori meccanici – così come “fantomatiche cure per il coronavirus” continuano a essere “oggetto di truffe di vasta portata anche online”. Non l’unico modus operandi dei criminali, impegnati anche in sistemi “più sofisticati” come “sequestrare l’identità di imprese e offrire alle vittime la vendita di prodotti legati alla pandemia, per poi sparire nel nulla”. Tra le vittime, ha rivelato De Bolle, “ci sono state autorità sanitarie di Stati membri e aziende private”.

Un “incremento delle infiltrazioni nell’economia” da parte delle organizzazioni criminali si sta già verificando, ha sottolineato la direttrice esecutiva dell’Europol. Per questo è fondamentale che i paesi Ue comprendano che le mafie hanno puntato i fondi stanziati per superare la crisi prodotta dal Covid-19. “L’incremento delle infiltrazioni – ha aggiunto De Bolle – è il motivo per il quale Europol ha chiesto di monitorare con attenzione i finanziamenti” connessi al Recovery fund poiché i “fondi costituiti dagli Stati membri sono già presi di mira dalle organizzazioni criminali e prevediamo lo saranno ancora di più”.

Sul tema è intervenuto anche il vice capo della Polizia e direttore della Ciminalpol Vittorio Rizzi, rilevando come il rischio che corrono i Paesi europei è di scoprire “troppo tardi” le infiltrazioni, quando “il danno all’economia reale diventa irreparabile”. Per quanto riguarda l’Italia, ha precisato Rizzi, al momento “riscontri concreti sotto il profilo processuale” di infiltrazioni “non ce ne sono”.

“Se le infiltrazioni ci sono state ancora non ne abbiamo piena consapevolezza ma pensare che ci siano Paesi e sistemi economici immuni dal rischio infiltrazioni sarebbe un errore gravissimo, una grave miopia – ha messo in guardia Rizzi – Così come nessun paese è stato immune dal Covid-19, nessuno lo sarà dalle organizzazioni criminali, già da molti anni inserire nel tessuto europeo e mondiale”. La “pervasività” del virus è infatti la stessa delle mafie e nessuno “può sottovalutare l’enorme disponibilità delle organizzazioni mafiose” perché “in tempi di recessione economica occorre liquidità, chi ha denaro disponibile conquista il mercato”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/15/le-mafie-puntano-ai-soldi-del-recovery-fund-bisogna-vigilare-sui-fondi-in-arrivo-lallarme-delleuropol-sul-rischio-di-infiltrazioni-dei-clan/5931879/

BANCHI CON LE ROTELLE. - Gianluca Daluiso (scrittore):




1) “L’' Azzolina ha voluto comprare questi banchi”

FALSO La Ministra Azzolina non hai mai imposto l’acquisto di nulla. Il Comitato Tecnico Scientifico ha detto che in classe ci deve essere il metro di distanza da studente a studente, quindi servono banchi singoli. Tante scuole d’Italia avevano solo banchi da due posti e la Ministra, invece di dire ai Presidi “arrangiatevi comprateli da soli”, ha pensato di centralizzare l’acquisto dei banchi monoposto (in modo anche da risparmiare visto che ovviamente il prezzo cambia se devi comprare 50 banchi o se ne compri 2 milioni). Quindi la Ministra HA CHIESTO ai presidi di tutta Italia quale banco preferissero in base alle loro esigenze didattiche. Se quello tradizionale o se quello di tipo innovativo (con le rotelle). Sono i presidi ad AVER SCELTO in base all’esigenza della propria scuola, non la Ministra. È così difficile da capire? Su 2,5 milioni di richieste, 400 mila banchi saranno di tipo innovativo. Gli altri tradizionali.

2) “Hanno speso tutti i soldi solo sui banchi con le rotelle”
FALSO Da gennaio ad oggi sono stati investiti 7 miliardi in più sulla scuola per lavori di edilizia scolastica, edilizia leggera, aumento personale scolastico, acquisto di libri, tablet, materiale didattico per le famiglie in difficoltà e molto altro. La spesa per il rinnovo dei banchi è una piccolissima parte di quella cifra. E no, non costano 300 euro a banco come qualcuno ha diffuso falsamente, ma molto meno.

3) “Ma i bambini delle elementari come fanno con dei banchi così”
Infatti sono banchi solo ed esclusivamente per gli studenti più grandi di età, mica per i bambini delle elementari.

4) “Eh ma questi banchi non vanno bene per i mancini”
FALSO Il tavolino si può girare anche dall’altro lato per essere utilizzato dai mancini.

5) “Non serviva comprare banchi nuovi”
FALSO A parte che servivano banchi monoposto per garantire il metro di distanza in classe, ma oltre a questo erano 30 anni che non si investiva sugli arredi scolastici. C’erano ragazzi che studiavano sugli stessi banchi dei loro nonni. Direi che era ora che si rinnovassero anche gli arredi scolastici. (e io aggiungo "fatevi una ricerca sulla presenza della formaldeide nei banchi di scuola).

CONCLUDENDO
Invidiamo tante le scuole del nord Europa dicendo che sono “molto avanzate” e quando un Ministro dell’Istruzione prova ad innovare le scuole, anche attraverso gli arredi, le diamo tutti contro attaccandola dicendo che è una cosa sbagliata? Questi banchi sono GIÀ UTILIZZATI nelle scuole più innovative d’Italia e d’Europa. Perché permettono una didattica diversa, innovativa. Non la classica lezione frontale. E no, i ragazzi non ci fanno gli autoscontri perché sono molto più intelligenti e maturi di voi che dite certe sciocchezze.
E se i presidi vogliono acquistare per la propria scuola questa tipologia di banco che rispecchia la loro esigenza didattica, fidatevi di loro. Invece di lamentarvi sempre per tutto.

Vita su Venere: tracce di possibile origine biologica. - Marco Malaspina

 














La rappresentazione artistica mostra la superficie e l'atmosfera del pianeta Venere, con le molecole di fosfina in evidenza (nella realtà sono naturalmente così piccole da non essere visibili). Le molecole sono trasportate dalle nubi spinte dal vento di Venere ad altitudini comprese tra 55 e 80 km e assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori. Sono state rilevate nei dati del James Clerk Maxwell Telescope e di Alma, di cui l'Eso è partner. Crediti: Eso/M. Kornmesser/L. Calçada

Tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo. Questi gli ingredienti della fosfina, la molecola che potrebbe cambiare per sempre la storia della vita nell’universo. La sua presenza nelle nubi di Venere – rivelata da osservazioni con il James Clerk Maxwell Telescope (Jcmt), alle Hawaii, e confermata da Alma, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array – potrebbe infatti rappresentare la prima prova dell’esistenza di forme di vita aliena. Microbi extraterrestri. Se l’ipotesi sulla sua origine riportata oggi su Nature Astronomy troverà anch’essa conferma, saremmo davanti a una scoperta epocale.

Tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo, dicevamo. Formula chimica PH3. Non è uno degli innumerevoli precursori che periodicamente vengono rinvenuti nello spazio e presentati come “mattoni della vita”. Non è nemmeno una sostanza organica. Questa volta è una molecola semplicissima. Eppure quando, nel giugno del 2017, al termine di cinque giorni di osservazioni dell’atmosfera di Venere, Jane Greaves, astrofisica alla Cardiff University (Regno Unito), ne scorse la firma spettroscopica – la riga a 1,123 mm di quella che i fisici chiamano transizione rotazionale 1-0 – nei dati acquisiti con il Jcmt, rimase letteralmente scioccata.

«Vedere i primi segnali della presenza di fosfina nello spettro di Venere è stato un colpo!», ricorda ora Greaves, a distanza di tre anni.

Scioccata perché quella molecola, in quell’ambiente e a quella concentrazione – circa venti parti per miliardo – semplicemente non poteva esserci. La fosfina è una sostanza altamente tossica per la quale gli scienziati conoscono, almeno qui sulla Terra, solo due possibili processi di produzione. Uno è quello industriale, adottato per esempio nella fabbricazione dei prodotti che si usano per sterminare i parassiti attraverso la fumigazione. L’altro è un processo biologico: la fosfina può infatti essere sintetizzata da batteri anaerobici. Parliamo di microbi che vivono in assenza di ossigeno, assorbono fosfato dai minerali o da materiale biologico, aggiungono l’idrogeno e infine espellono, appunto, fosfina.

Rappresentazione artistica con Venere e molecole di fosfina, la cui forma è mostrata graficamente nel riquadro. Crediti: Eso/M. Kornmesser/L. Calçada & Nasa/JPL/Caltech

Escludendo dunque la presenza su Venere di impianti industriali, l’ipotesi al momento più plausibile – per quanto straordinaria – è che nelle acidissime nubi della sorella della Terra siano all’opera microorganismi alieni. «Trovare la fosfina su Venere è stato un regalo del tutto inaspettato. È una scoperta che solleva molte domande, come per esempio sul modo in cui un qualsiasi organismo potrebbe sopravvivere», osserva un’altra delle autrici dello studio, Clara Sousa Silva del Massachusetts Institute of Technology. «Sulla Terra, alcuni microbi possono sopportare fino a circa il 5 per cento di acido nell’ambiente, ma le nubi di Venere sono fatte quasi interamente di acido».

Ipotesi, dicevamo. Se infatti è pressoché sicuro che la fosfina, nell’atmosfera di Venere, ci sia – e questo grazie alle successive verifiche compiute nel marzo del 2019 con 45 delle 66 antenne di Alma, il miglior strumento al mondo per questo tipo di osservazioni – non è altrettanto certo che non possa avere un’origine che ancora ci sfugge. Anzitutto va detto che concentrazioni piuttosto elevate di fosfina erano state già rinvenute altrove nel Sistema solare, in particolare nell’atmosfera di Giove e Saturno, seppure in condizioni di pressione e temperatura talmente estreme da essere del tutto improbabile incontrarle su un pianeta roccioso. Altri potenziali “agenti produttori” di fosfina potrebbero poi essere la luce solare, i fulmini o fenomeni geologici come i vulcani. Ma nessuno di questi sembrerebbe in grado di produrne una quantità anche solo lontanamente paragonabile a quella misurata dal Jcmt e da Alma. Ai microbi terrestri, al contrario, per riuscirci basterebbe funzionare ad appena il dieci per cento della loro produttività massima.

Impronta della fosfina nello spettro di Venere. Crediti: Alma(Eso/Naoj/Nrao), Greaves et al. & Jcmt (East Asian Observatory)

Insomma, nelle concentrazioni rilevate e in ambienti come quelli che caratterizzano i pianeti rocciosi la fosfina, per quanto ne sappiamo, può avere – a differenza per esempio del metano – solo origine antropogenica o biologica. Ecco perché gli astrobiologi l’hanno messa da tempo in cima alla lista dei loro obiettiviè un eccellente indicatore della potenziale presenza di vita.

«La produzione non biologica di fosfina su Venere è esclusa dalla nostra attuale conoscenza della chimica della fosfina nelle atmosfere dei pianeti rocciosi. Confermare l’esistenza della vita nell’atmosfera di Venere sarebbe un importante passo avanti per l’astrobiologia», commenta il direttore operativo europeo di Alma Leonardo Testi, astronomo dell’Eso e dell’Inaf di Arcetri, non direttamente coinvolto nello studio, «quindi è essenziale far seguire a questo risultato entusiasmante studi teorici e osservativi, per escludere la possibilità che la fosfina sui pianeti rocciosi possa anche avere un’origine chimica diversa da quella che ha sulla Terra».

https://www.media.inaf.it/2020/09/14/venere-vita-fosfina/?fbclid=IwAR2sxOeFVF6cZQ4N_AVpoq-Bz-b9cLF-4_Ld5dX6MgKRsonBzP1FKDEEloI

Guida al referendum. Le ragioni del Sì, le obiezioni del No. - Marco Travaglio











Qual è il numero perfetto di parlamentari? La domanda se la posero già i Padri costituenti eletti nel 1946 (556 in tutto). E ovviamente risposero che il numero perfetto non esiste: si tratta di una pura convenzione che, come tale, può cambiare a seconda dei tempi e delle circostanze. L’Assemblea si divise fra chi – come i liberali Einaudi e Nitti, i repubblicani Conti e Perassi e il comunista Nobile – voleva un organo più snello, rappresentativo ed efficiente (3-400 deputati e metà senatori), e chi – come il comunista Terracini e l’indipendente Ruini – pensava che quantità fosse sinonimo di qualità. Alla fine, nella Costituzione, si decise di non fissare un numero preciso, ma un criterio elastico: un deputato ogni 80mila abitanti o frazione superiore a 40mila; un senatore ogni 200mila abitanti o frazione superiore a 100mila. Risultato: nelle prime tre legislature il numero dei parlamentari cambiò tre volte col crescere della popolazione. Nella I (1948-’53) i deputati furono 574 e i senatori 237; nella II (1953-’58) 590 e 237; nella III (1958-’63) 596 e 246. Ma ormai la democrazia era già degenerata in partitocrazia e infatti all’inizio del 1963, a pochi mesi dalle elezioni, la maggioranza del governo Fanfani IV (Dc, Psdi e Pri con l’appoggio esterno del Psi) varò una legge costituzionale che cambiava per la quarta volta il numero degli eletti, moltiplicando le poltrone ben oltre il rapporto fissato dalla Carta: 630 deputati e 315 senatori (più quelli a vita). È quella legge targata Dc, non la Costituzione, che oggi difende chi fa campagna per il No: i Padri Costituenti non c’entrano.

Allora il potere legislativo era affidato in esclusiva al Parlamento. Poi, nel 1970, arrivarono le Regioni e in seguito il Parlamento europeo. E i nostri legislatori elettivi raddoppiarono, da quasi 945 a 1918 (945 parlamentari, 897 consiglieri regionali, 76 eurodeputati). Fu così che dagli anni 80 non i 5Stelle, ancora nel grembo di Giove, la gran parte dei partiti, dei giuristi e dell’opinione pubblica si convinsero che il Parlamento andasse sfoltito: in linea con le Camere elettive delle altre grandi democrazie, tutte meno pletoriche e costose delle nostre. La prima riforma costituzionale che invertiva la marcia rispetto alla legge del 1963 fu quella della commissione presieduta dal liberale Aldo Bozzi nel 1983: abortita in Parlamento. Poi quella della commissione De Mita-Iotti del 1993-’94: abortita in Parlamento. Poi quella della Bicamerale D’Alema del 1997-’99: abortita in Parlamento. Il gioco dei partiti era chiaro: promettere tagli alla Casta più impopolare del mondo e usarli per nascondere varie porcate; poi litigare perché c’era troppa carne al fuoco e lasciare tutto come prima, anzi peggio.

La svolta fu la terrificante Devolution di B.&Bossi, che stravolgeva oltre un terzo della Costituzione e usava il taglio degli eletti come specchietto per le allodole: approvata anzi imposta a colpi di maggioranza nel 2005, fu fortunatamente bocciata dagli elettori nel referendum del 2006. Stesso copione dieci anni dopo con la controriforma Renzi-Boschi-Verdini, che stravolgeva oltre un terzo della Costituzione e indorava la pillola col solito taglio (ma solo al Senato): imposta dal centrosinistra dopo quattro letture nel 2015, fu sacrosantamente bocciata dagli elettori nel referendum del 2016. Il messaggio del popolo italiano era chiaro: basta maxi-riforme costituzionali che costringono gli elettori a un Sì o a un No “prendere o lasciare” su norme diverse ed eterogenee; vogliamo mini-riforme “un passo alla volta”, puntuali, chirurgiche e il più possibile condivise, per correggere o aggiornare pochissimi articoli della Carta e consentire ai cittadini un voto omogeneo e consapevole. Il tutto in linea con lo spirito dell’articolo 138, che prevede modifiche limitate, non blocchi enormi e indistinti.

Così è nato in questa legislatura il ddl costituzionale “Quagliariello-Fraccaro” che recepisce i progetti gemelli dell’esponente di centrodestra e dei 5Stelle (e quello del Pd del 2008) per ridurre i parlamentari da 945 a 600 r risponde a entrambi i requisiti da tutti invocati: è puntuale (modifica i tre articoli della Carta sul numero degli eletti: 56, 57 e 59) e condiviso (grazie ai 5Stelle che l’hanno posto come condizione per il patto con la Lega e per l’alleanza col centrosinistra, è stato approvato nelle quattro letture con maggioranze del 59, 49, 57 e 88%). Siccome nella prima “seconda lettura” non si sono raggiunti i due terzi, era possibile ricorrere al referendum “confermativo” e allontanare l’amaro calice. Così FI e Lega – dopo aver approvato la riforma quattro volte su quattro – hanno raccolto le firme necessarie di 71 senatori: è per questi voltagabbana, che rappresentano appena il 7,5% dei parlamentari, che domenica e lunedì voteremo su una legge approvata da tutti e promessa da 40 anni. Se vince il No, il Parlamento ha un’ottima scusa per interrompere le autoriforme e magari riprendersi i privilegi perduti (vitalizi in primis). Se vince il Sì, si impone una nuova legge elettorale e si possono accontentare pure i benaltristi che al taglio degli eletti preferiscono quello degli stipendi.

Da lunedì, se vince il Sì, il Fatto inizierà una campagna a tappeto per adeguare gli stipendi dei parlamentari a quelli dei colleghi europei e, soprattutto, per una legge elettorale che restituisca agli elettori il potere di scegliersi i propri rappresentanti: meno numerosi, ma migliori. Come li voleva Einaudi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/15/guida-al-referendum-le-ragioni-del-si-le-obiezioni-del-no/5931696/

lunedì 14 settembre 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 Totò: Ma mi faccia il piacere… | Giornalemio.it

Sambuca e De Luca. “Attorno al No si coagula una coalizione di voci che non potrebbero essere più eterogenee… A conti fatti un po’ tutti, progressisti e moderati, si ritrovano nella sintesi dello scrittore Erri De Luca: ‘Dobbiamo sempre e solo difendere quel nobile pezzo di carta che si chiama Costituzione’” (Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, 13.9). Infatti Erri De Luca vota Sì.

La mascotte. “Se vince il No, Conte va a casa” (Roberto Formigoni, pregiudicato per corruzione agli arresti domiciliari, Libero, 13.9). Mo’ me lo segno.

Lo smemorato di Cologno. “Se il presidente Berlusconi cade, bisogna andare alle elezioni per rispetto della gente” (Alessandro Costacurta, allora calciatore del Milan, dopo la caduta del primo governo B. per la sfiducia della Lega, Repubblica, 22.12.94). “Renzi è il nuovo Berlusconi, ha coraggio, vuole cambiare la via normale di fare politica e lavorare per il bene del Paese, come un tempo accadde a Berlusconi. Alle primarie del Pd lo sosterrò, anche se io ho sempre votato dall’altra parte” (Costacurta, 1 e 3.11.2011). “Voto No. Non sono mai stato berlusconiano” (Costacurta, Repubblica, 9.9.2020). Mi sarà scappato un pro, ma sempre stato anti.

Facce ride. “Il mio No convinto al referendum. Vogliono uccidere il Parlamento. Gli assassini vengono da lontano” (Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione, ex presidente della Camera, il Riformista, 12.9). Buono, Fausto, adesso viene l’infermiera e ti dà la pastiglia.

Modica quantità. “Salvini nervoso e contestato in piazza: ‘Su due dei tre commercialisti arrestati garantisco io” (Repubblica, 12.9). Non vorremmo essere nei panni del terzo. Ma neppure dei primi due.

Congiuntivite. “Torno a mettere la mascherina, prima che il ministro mi rimprovera!” (Nunzia De Girolamo, ex ministra e deputata FI, ora conduttrice Rai, Instagram, beccata da @nonleggerlo.it, 4.9). Fantocci, è lei?

Compagni che votano. “Svolta di Giorgetti: voto No al referendum”, “Il colpo di Giorgetti alla linea del leader: ‘Al referendum un No convinto’” (Repubblica, 12.9). “Parlare di una fronda nella Lega non è corretto. Basti pensare che si sono schierati per il No, oltre a Giorgetti, anche Borghi, Siri e Centinaio” (Repubblica, 13.9). E sono soddisfazioni.

Si scopron le tombe. “Il nostro è un No liberaldemocratico e progressista in cui si riconosceranno molti elettori che sulla Costituzione non vogliono confondersi con i populisti a 5 Stelle che amano Chavez” (Emma Bonino, senatrice Pd e leader +Europa, Repubblica, 12.9). Qualcuno avverta la Bonino, quella che nel ’94 si fece eleggere con Berlusconi, Previti e Bossi, che Chavez è morto da sette anni.

Il tirapiedi. “’L’opzione Draghi non è tramontata’. La rivelazione di un consigliere di Mattarella al leghista Tiramani” (Augusto Minzolini, il Giornale, 12.9). Ah beh, allora è fatta.

Insaputismi. “Se l’insulto o lo spintone arrivasse da Trump o da Salvini ecco che scatta l’allarme democratico da titolone in prima pagina con commento sdegnato di Gad Lerner, Roberto Saviano, Marco Travaglio… Se il fetentone è invece il leader del partito che regge la maggioranza di sinistra (Grillo, ndr), ecco che la cosa non ha alcun risalto” (Alessandro Sallusti, il Giornale, pag.1, 9.9). “Lerner spara su Grillo: ‘Si scusi con il cronista’” (il Giornale, pag. 12, 9.9). Se ne deduce che Sallusti non legge il suo Giornale. Il che – intendiamoci – gli fa onore.
Poche idee, ma confuse. “Bonaccini: Renzi e Bersani rientrino nel Pd” (Corriere della sera,13.9).Finalmente un po’ di chiarezza.

Mamma mia che impressione. “Il talk senza pubblico ora spaventa i leader populisti” (Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita, Repubblica, 10.9). Brrr che paura.

Pirlinas. “Niente nuovi contagi se Conte mi ascoltava” (Christian Solinas, presidente Regione Sardegna, Libero, 7.9). Cioè se tu non riaprivi le discoteche.

Heather. “Per Roma serve un grande progetto. Raggi? Vediamo se i romani sono così masochisti’” (Stefano Parisi, consigliere regionale centrodestra nel Lazio, Corriere della sera, 5.9). Ha paura che votino per lui, ma non c’è pericolo.

Il titolo della settimana/1. “La serie A non è pronta” (Libero, 12.9). Tutta colpa della Azzolina e di Arcuri.

Il titolo della settimana/2. “Topi in piazza San Babila a Milano, i roditori escono dai cespugli vicino alla fontana” (ilfattoquotidiano.it, 13.9). Raggi, dimettiti.

Il titolo della settimana/3. “La sinistra ce l’ha fatta: Salvini picchiato” (il Giornale, 10.9). Tranquilli, ragazzi: se fosse stata la sinistra, si sarebbe picchiata da sola.

Il titolo della settimana/4. “Scuola: banchi in ritardo, l’ansia del Quirinale” (Corriere della sera, 7.9). Mi sa che Mattarella ha la sindrome di Peter Pan.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/14/ma-mi-faccia-il-piacere-202/5930345/

Speronata dal fratello perché ha una relazione con trans, cade da scooter e muore.

 Maria Paola Gaglione (Da Facebook) © ANSA

Attesa oggi la convalida del arresto di Michele Antonio.

Maria Paola, 18 anni compiuti a luglio, e Ciro, 22 anni e qualche precedente per spaccio, si erano conosciuti in quel mix di dignità e miserie umane che è il Parco Verde di Caivano (Napoli) quando lui era ancora Cira. Il loro amore transgender, mai accettato dalla famiglia di lei, è finito tragicamente nella notte tra venerdì e sabato nel fosso di una stradina di campagna della vicina Acerra dove Maria Paola, in fuga con Ciro sullo scooter, è caduta sbattendo la testa contro una colonnina di cemento che provvede all'irrigazione dei vicini campi agricoli.

Un incidente come tanti se non fosse che a determinarlo, secondo le prime indagini dei carabinieri, sarebbe stato il fratello di lei Michele Antonio, 30 anni, al termine di un inseguimento fatto di calci e tentativi di speronamento. Con la sorella a terra esanime l'uomo, in preda a un raptus di violenza, si sarebbe scagliato sul suo compagno che era sul selciato prima di rendersi conto delle condizioni in cui versava la sorella. Nessuno indossava il casco. Ciro è in ospedale, ma le sue condizioni non preoccupano.

Il post di Ciro su Instagram

"Amore mio..., oggi sono esattamente 3 anni di noi, 3 anni. A prenderci e lasciarsi in continuazione... avevo la mia vita come tu avevi la tua.. ma non abbiamo mai smesso di amarci.. dopo 3 anni ti stavo vivendo ma la vita mi ha tolto l'amore mio più grande la mia piccola. Non posso accettarlo, perché Dio non ha chiamato me? Perché proprio a te amore mio.. non riesco più a immaginare la mia vita senza te.. non ci riesco". Così su Instagram Ciro, con il quale Maria Paola Gaglione aveva una relazione.

La famiglia di Maria Paola 

"Michele era uscito per convincere la sorella Maria Paola a rientrare a casa ma non l' ha speronata, è stato un incidente". È la versione dei fatti fornita dalla famiglia di Maria Paola e Michele Gaglione e riportata dal parroco del Parco Verde di Caivano don Maurizio Patriciello.

"E' una famiglia distrutta e che non si da' pace per una figlia appena maggiorenne. Ma stiamo attenti a dipingerla come una storia di omofobia. Forse non sanno nemmeno cos'è. Quel che e' vero è che non erano preparati e non vedevano di buon occhio la relazione con Ciro ma so che si stavano abituando all'idea. Tuttavia erano preoccupati perché Maria Paola era andata via di casa a soli 18 anni e temevano per un futuro senza lavoro e più che mai incerto", riferisce Don Patricello dopo aver portato il suo conforto a Franco e Pina, i genitori di Maria Paola. Sembra, infatti, che la giovane vivesse la sua storia d'amore con Ciro appoggiandosi presso residenze provvisorie, ora da amici, ora dai parenti di lui. Situazione che non era ben vista dalla famiglia di lei.

La mamma di Ciro: "I figli si accettano"

Su Facebook, subito dopo la tragedia di Caivano, la mamma di Ciro ha gridato tutto il suo dolore, accusando apertamente Michele Antonio "di aver commesso deliberatamente un omicidio perché non sopportava che la sorella frequentasse un uomo trans. I figli si accettano così come vengono. Paola riposa in pace".

I due l'altro ieri sera erano in viaggio da Caivano ad Acerra quando sono stati raggiunti dal giovane, anch'egli a bordo di uno scooter, che ha tamponato con violenza il mezzo provocando la caduta dei due occupanti il mezzo. Maria Paola è morta all'istante mentre il compagno è ferito; ancora a terra è stato picchiato dal ragazzo che gli ha rivolto l'accusa di aver plagiato la sorella.  E' stato portato in una clinica della zona, le sue condizioni non sono gravi.

La versione del fratello

"Volevo darle una lezione, non ucciderla. Ma era stata infettata", ha detto ai carabinieri, secondo quanto riferito, Antonio Gaglione, fermato per la morte della sorella. Inizialmente rispondeva di lesioni personali, morte come conseguenza di un altro delitto e violenza privata, ma la sua posizione si è aggravata ed è finito in cella per omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall'omofobia.

Le reazioni 

Secondo Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center, "quanto accaduto, dimostra quanto siano duri i contesti che da tempo denunciamo con il nostro numero verde Gay Help Line 800 713 713. Per questo serve una legge seria contro l'omotransfobia, che prevenga situazioni di questi tipo e che senza dubbi condanni le dichiarazioni che vedono l'omosessualità come una malattia o qualcosa di inferiore, mentre l'emendamento "Salva Opinioni Omofobe", voluto da Costa (ex FI) ed approvato dalla maggioranza, renderebbe queste espressioni lecite. Espressioni e pregiudizi per i quali Paola è stata uccisa. Questo emendamento va cambiato e vanno resi certi i supporti per i centri di protezione, da noi richiesto e previsti dalla legge contro l'omotransfobia, che ora la commissione bilancio sembra che li voglia ulteriormente limitare." "Chiediamo giustizia per Paola, il colpevole non è solo il fratello, ma anche gli altri familiari che la hanno maltrattata ed hanno consentito quanto accaduto senza proteggerla e senza denunciare", conclude Marrazzo.

https://www.ansa.it/campania/notizie/2020/09/13/-speronata-dal-fratello-perche-gaycade-da-scooter-e-muore-_e732c33a-2fc2-4526-a38f-6add43fc1f13.html

Non riuscirò mai a capire perché, anche si non si fa altro che parlare di libertà, nessuno è padrone di essere ciò che è. Chi non si conforma ai canoni di chissà quale status quo viene emarginato o tolto di mezzo.

C.

Roma, il No fa flop. E Santori scappa. - Tommaso Rodano

 Roma, il No fa flop. E Santori scappa

Poca gente al sit-in promosso pure dalle Sardine: il leader molla gli altri e non ci mette la faccia.

Ma Santori? Dov’è Mattia Santori? Imbarazzo nel retropalco: “Santori è venuto alla manifestazione, ma è rimasto poco, aveva impegni, è dovuto andare via”. La festa del No è un mezzo flop, Piazza Santi Apostoli è troppo grande: a terra, appiccicati sui sampietrini, ci sono migliaia di bollini rossi contro il taglio dei parlamentari (“Così No!”): servono per segnalare il distanziamento ai partecipanti. Mancano i partecipanti però. E i bollini restano inoccupati, a prendersi il sole dell’ultima domenica estiva di Roma.

Così il riccioluto ragazzo-immagine delle Sardine, quando apprende della piazza semivuota a debita distanza, decide di non farsi neppure vedere – dicono gli organizzatori – lasciando i suoi compagni da soli nel vuoto (per le Sardine ci sono, tra gli altri, Jasmine Cristallo e Lorenzo Donnoli, per nulla spaventati dalla scarsa affluenza). Il movimento di Santori è tra gli organizzatori della manifestazione insieme ai ragazzi di Volt Italia e di NOstra, il comitato dei giovani (del Pd) per il No al referendum. Costo dell’evento tra i 4 e i 5mila euro: tutto sudato autofinanziamento. Ma il leader delle Sardine, con apprezzabile coraggio e innegabile carisma, deve aver valutato che non ci fosse molto da guadagnare in quello scenario desertico. E via.

Sul palco si alternano furori giovanili (“L’ultimo che ha provato a tagliare il Parlamento è stato Mussolini”) e pareri più ponderati e autorevoli, come quello del costituzionalista Massimo Villone. Il problema è che manca proprio la gente. Quando il compagno Jacopo Ricci di NOstra conclude il suo accorato intervento mostrando il pugno chiuso alla folla, sotto al palco ci sono Andrea Cangini e Lucio Malan di Forza Italia, Emma Bonino, Riccardo Magi e un’altra pattuglia di Radicali. Il più a sinistra rischia di essere Matteo Orfini: “Sono qui per difendere i valori della Costituzione”, dice, barricadero. Poi un po’ s’abbacchia: “La campagna elettorale è difficile, direi una sfida quasi impossibile, ma merita di essere combattuta fino all’ultimo”. Si vede anche Susanna Camusso. In un angoletto c’è Roberto Giachetti, il deputato renziano che a Montecitorio, il giorno dell’approvazione della legge, regalò la dichiarazione più fantasiosa dell’anno: “Voto a favore del taglio dei parlamentari, ma da domani raccoglierò le firme per cancellarlo con il referendum”.

A giudicare dal colpo d’occhio della piazza, non pare esattamente una battaglia di popolo, ma Giachetti risponde ironico e stizzito: “E Madonna, daje tempo, so’ le 5 e 10” (la manifestazione iniziava alle 17, ndr). “Poi se è una battaglia di popolo lo vediamo il 21, alle urne”. Bonino invece è ottimista: “Non mi aspettavo che venisse più gente di così, molti amici e compagni sono spaventati per via degli assembramenti”. Non c’è pericolo.

In mezzo alla piccola folla – tra quelle di Volt, Anpi e +Europa – spiccano quattro bandiere col garofano del Partito Socialista Italiano e una addirittura con la falce e il martello e l’iconica barba di Che Guevara. La fa sventolare il signor Paolo Berretta, indomito comunista di Rignano Flaminio. Sul palco interviene anche Adelmo Cervi, figlio di Aldo e simbolo vivente di una famiglia distrutta dalla violenza fascista. Discorso verace, chiosa malinconica, “Inutile dire che siamo pochi ma buoni: il problema è che siamo pochi”.

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