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venerdì 26 gennaio 2024

Una specie tecnologicamente avanzata ha abitato la Terra in un lontano passato. - Deslok

 

Questo è un documento della Penn State University del Dr. Jason T. Wright, professore associato di astronomia e astrofisica. Pubblicato questa settimana da arXic , “specie indigene tecnologiche del passato” si basa sull’idea di Wright che una specie antica abbia abitato la Terra e, eventualmente, uno o più altri pianeti del nostro sistema solare miliardi di anni fa. Queste specie possono provenire da fuori del sistema solare, ma anche dagli indizi con la possibilità che hanno avuto origine sulla Terra. Allora, dove sono ora? E se ne sono andati, dov’è la prova che erano qui?

La questione non è di quanto tempo passato noi siamo in grado di rilevare i resti fossili di questa specie, ma che non sappiamo come misurare l’intelligenza in modo affidabile da fossili di ossa, per rilevare prove inequivocabili.

Wright osserva giustamente che i fossili, strumenti, e di altri manufatti tradizionali di vita quotidiana non sono sopravvissuti per questi miliardi di anni fa. La bio-degenerazione, l’erosione, tettonica e altre forze avrebbero ridotto tutto in polvere. Se loro sono sopravvissuti, sono sepolti molto più profondamente rispetto alla superficie, dove gli esseri umani non sono ancora riusciti ad esplorare. Se così non fosse, abbiamo bisogno di cercare nuove forme di prove, dove e come questa antica specie indigena ha vissuto.
Per non parlare di ‘quando’. E ‘stato, ovviamente, prima della esplosione del Cambriano, 541 milioni di anni fa, quando la vita animale è comparsa sulla Terra, ma quanto tempo prima? E’ stato un evento catastrofico di massa l’esplosione del Cambriano? Se è così, ha fatto anche estinguere qualsiasi specie nel passato per poi seppellirli profondamente dove potremmo trovare la prova della loro esistenza? Wright ipotizza inoltre che questa specie potenzialmente intelligente poteva vivere sotto la superficie della Terra. In tal caso, sarà necessario una nuova tecnologia di radar per il sottosuolo in grado di penetrare abbastanza in profondità per trovarli.

La tecnologia potrebbe già esistere, ma è puntata nella direzione sbagliata. Wright suggerisce che Marte e Venere sono anche candidati per trovare  specie antiche che sono state spazzate via, forse per la perdita di acqua su Marte o per un grave cambiamento climatico su Venere. Si propone di utilizzare gli strumenti per lo spazio sulla Terra, per cercare rapporti isotopici innaturali, elementi sintetici o prova di estrazione mineraria.
Tali scoperte potrebbero verificarsi utilizzando gli strumenti del settore in rapida crescita dell’archeologia dello spazio che comprendono la ricerca, la ricerca, e interpretare artefatti umani nello spazio.
Se queste specie antiche esistevano su Marte, Venere o una delle lune di Saturno o Giove, potrebbe essere necessario portare degli esseri umani o robot sulla loro superficie per scavare abbastanza in profondità per trovare antichi reperti. Ma in primo luogo, abbiamo bisogno di fare la stessa cosa sulla Terra per trovare le prove di “specie indigene tecnologiche del passato”, dove hanno avuto origine e perché ci hanno lasciato … o quello che ha posto fine alla loro esistenza sulla Terra.
Forse non c’è bisogno di viaggi nello spazio, potremmo trovare gli stranieri semplicemente scavando in profondità sul nostro pianeta…

https://www.hackthematrix.it/specie-tecnologica-abitato-la-terra-un-lontano-passato-scritto-un-lavoro-scientifico/?feed_id=169494&_unique_id=65b2da0f157e8

mercoledì 26 aprile 2023

Questa è la VENERE di BOTTICELLI!. - Simone Terreni

 

In questi giorni è sulla bocca di tutti.
Il Ministro Santanchè l’ha usata per realizzare una ridicola campagna turistica pubblicitaria sui social. Ma tra i tanti esperti di marketing e guru di comunicazione non ho letto un solo intervento che andasse al nocciolo.
Forse perché non è ben chiaro né il significato della Venere, né il segreto in essa celato.
Ascoltate la sua storia.
All’età di 16 anni la bellissima Simonetta Cattaneo, genovese, sposa il ricco banchiere fiorentino Marco Vespucci.
Marco è un lontano cugino di Amerigo Vespucci, il fiorentino esploratore che ha dato il nome al continente Americano.
Quando la giovane arriva a Firenze viene ricevuta con tutti gli onori dai Medici.
Lorenzo il Magnifico e suo fratello si innamorano entrambi di lei.
Lorenzo le dedicherà alcune poesie.
Il giovane Giuliano invece ne diventerà l’amante. Addirittura vinse una Giostra in suo onore, dove Simonetta Vespucci era la madrina. Le consegnò uno stendardo dove c’era scritto La Sans Par, la senza pari. Quello stendardo era stato fatto dal giovane pittore SANDRO BOTTICELLI.
La Venere Vivente.
Così veniva chiamata Simonetta.
Bionda, occhi chiari, lineamenti morbidi, figura slanciata e aggraziata, a Firenze era considerata la donna più bella del mondo.
Purtroppo il 26 Aprile del 1476, all’età di 26 anni morì di tisi. Anche il suo amato Giuliano, morirà proprio il 26 Aprile, due anni dopo, nella Congiura dei Pazzi. Simonetta però diventò la musa di Botticelli, un’ossessione.
È lei la Venere del dipinto simbolo del Rinascimento e della bellezza femminile nell’arte: la NASCITA DI VENERE
Rappresenta il momento esatto in cui la neo nata Dea della Bellezza e dell’Amore giunge sulle rive di Cipro. Sulla sinistra il vento Zefiro [il maschile] e la brezza Aura [il femminile] soffiando spingono una conchiglia che, al posto di una perla, ha la Dea, che si sta coprendo il pube con la mano e i capelli, e il seno con l’altra mano. A destra un’Ancella le porge un manto fiorito.
Capite?
È una Dea ma è UMANA.
È una Venere Pudica, si copre le grazie, in un gesto umano nel momento della sua nascita. Insieme alla sua purezza, viene narrata quindi la sua Humanitas, la sua umanità. Che diventa l’AMORE, la forza vivificatrice della natura stessa.
Per questo la Venere DEVE ESSERE NUDA!
Non può essere rappresentata vestita!
Neppure in un’assurda campagna social.
È una sciocchezza colossale.
E i turisti stranieri lo sanno bene.
E vengono a Firenze a vedere lei e il David, simbolo della bellezza maschile, da tutto il mondo. Proprio perché sono NUDI!!
Simonetta sarà sempre la musa di Botticelli, quasi un amore.
Quando il pittore fiorentino morirà sarà sepolto nella Chiesa di Ognissanti in riva all’Arno, nella stessa Chiesa dove anche Simonetta riposa.
A pochissimi passi da lei.
Botticelli dipingerà Simonetta anche in un altro suo capolavoro. Lo chiamerà PRIMAVERA perché dopo la morte torna sempre la vita.

venerdì 1 gennaio 2021

Crateri, pianure, colli e scarpate: Venere, l’unico pianeta a misura di donna. - Angelo Molica Franco

 

Dista 41 milioni di chilometri da noi, ma ogni elemento riporta il nome di un'eccellenza femminile: dalle divinità come Pandia o Molpe, alle scrittrici Jane Asuten o Simone de Beauvoir, alle scienziate Sophia Jex-Blake o Caterina Scarpellini. Dobbiamo solo aspettare che la Nasa lo renda vivibile.

Sembrerà provocatorio (ma è vero): per trovare un mondo – nel senso più geofisico del termine – a misura di donna bisogna andare a 41 milioni di chilometri da noi. Così lontano? Eh già! Bisogna arrivare fino al pianeta Venere. Per chi infatti non vuole attendere che la nostra civiltà ricucia le maglie sdrucite del gender gap, diminuendo le discriminazioni ai danni dell’universo femminile, può invece sempre aspettare che il pianeta Venere – definito dagli studiosi “il pianeta gemello della terra” – divenga abitabile… basta solo risolvere il problema dell’aria incredibilmente gassosa e densa, le frequenti scariche elettriche di notevole potenza, i venti violenti, la pressione atmosferica di 90 atmosfere e il trascurabile dato del clima: si stima che la temperatura al suolo sia di circa 437-467°C (e chi lo sa se la Nasa, o chi per essa, ci stia lavorando dato il problema di sovrappopolamento che la Terra sta affrontando nell’ultimo decennio).

Infatti, per una convenzione stabilita dall’Unione Astronomica Internazionale (fondata nel 1919), chiamata “Nomenclatura di Venere”, tutte le strutture sulla superficie del pianeta hanno nomi femminili, in memoria della parte muliebre del mondo, tra passato e presente, tra mito e realtà. Da questo – e da altri motivi tra cui il nome – deriva l’adagio secondo cui le donne verrebbero da Venere. Dunque basta tergiversare, e partiamo con la fantasticheria: in questi giorni di immobilità, nessuno ci vieta, seduti sulla poltrona più comoda del salotto, di fare una bella passeggiata immaginaria – questa non la preclude nessun Dpcm – per le strade, i viottoli, i percorsi astrali di Venere. Il consiglio è di farla a piedi, per non perdersi nulla.

Ecco qui, allora, un’agile guida di cosa s’incontra sul pianeta, la cui visita corrisponde a una specie di enciclopedia tribale al femminile.

Mentre camminiamo, potrà capitare di rischiare di cadere in un avvallamento particolarmente scosceso, una specie di canyon. Quello è un Chasma, ognuno dei quali si chiama con il nome di divinità lunari, della caccia o dei boschi nelle diverse culture. Così, sui cartelli che ne attestano la presenza, si possono leggere i nomi di Selene, Artemide, Pandia; e Giunone, Febe, Ecate. Risaliti da un chasma, possiamo inerpicarci su di un leggero rilievo o una collina di piccole dimensioni. Cercando indicazioni nella segnaletica, se leggiamo nomi di divinità marine o della pesca – come per esempio Molpe, Mena, Akkruva, Olosa, Urutonga –, allora siamo su un Colles. Dall’altezza di questo promontorietto, si possono notare delle buche a forma di uovo (quasi fossero delle impronte di esplosioni): queste sono le Coronae, intitolate alle dee della fertilità.

Tuttavia, l’aspetto per cui è più famosa la superficie di Venere sono i crateri. Per quelli con diametro inferiore a 20 km, si utilizzano i nomi propri provenienti da tutte le lingue del mondo (dunque Abigail, ma anche Alima, Cynthia, Dyasya, Eini, Maria, Nomeda, Oivit, Pamela e giù fino a Zurka, che è d’origine gitana). I crateri più grandi recano il nome di donne celebri nella Storia. E qui inizia un viaggio nel viaggio: soprattutto, alla scoperta.

Tra i primi, incrociamo con la A il cratere intitolato alla poetessa russa Anna Achmatova, lei che cantava “Il miele selvatico/sa di libertà”. Accanto, proprio subito dopo, le scrittrici Louisa May Alcott e Jane Asuten. Mentre l’autrice di Orgoglio e pregiudizio non ha mai fatto riferimenti astronomici nei suoi romanzi, Jo di Piccole donne – una volta, mentre è su in soffitta con le sue sorelle – parla di galassie, cieli e altri mondi. Non appena incrociamo un cratere che vagamente ricorda la gonna arricciata di un abito da charleston, è quello di Joséphine Baker, la danzatrice americana naturalizzata francese, nota anche per essere stata una spia durante la seconda Guerra mondiale a favore della Francia Libera. Rimanendo sul palcoscenico, non lontano da lì, possiamo scorgere la cavità dedicata alla divina Maria Callas. Se si accosta l’orecchio a terra, si possono ascoltare i melismi di “A noi volgi/a noi volgi/ il bel sembiante” direttamente dall’aria Casta Diva. E se parliamo di Francia come non citare, a 1° di longitudine, 96,1 ° di latitudine il craterone (ben 52 km) dedicato a Simone de Beauvoir, accanto a quello più piccolo di Madame de Staёl, scrittrice e detentrice – nel ’700 – di uno dei salotti politici più importanti d’Europa.

A due passi da lì, troviamo una formazione rocciosa dall’aspetto ondulato. È un Fluctus: sono intitolati a divinità secondarie e alcuni possono arrivare a una lunghezza di 1000 chilometri. Attorno al cratere dedicato a Sophia Jex-Blake, una delle prime mediche (parola medievale ormai in disuso ma esistente) del Regno Unito, creatrice di due scuole di medicina per donne a Londra e Edinburgo a fine ’800, possiamo invece scorgere quelli che si chiamano Labyrinthi, vaste pianure attraversate da canyon orientati a diverse angolazioni e che si intersecano a vicenda.

Ma la superficie di Venere è anche nota per le variazioni cromatiche, che la rende – in esogeologia – divisibile in Regiones. Consacrate alle gigantesse e alle titanidi della mitologia come Dione (figlia di Urano, amante di Zeus e madre di Afrodite) o Eistla (eroina dalla forza sovrumana della tradizione norrena), si caratterizzano per il diverso colore o per la maggiore o minore riflettività della luce.

Bisogna, però, fare sempre attenzione tra un cratere e l’altro – dunque tra un Selma Lagerlöf (prima scrittrice a vincere il Nobel), un Caterina Scarpellini (prima astronoma italiana a osservare una cometa), un Mary Wallstonecraft (prima filosofa femminista) e un Maria Montessori (la pedagogista più importante della Storia) – alle scarpate in cui inciampare e ruzzolare: si chiamano Rupes e portano il nome delle divinità del focolare. E dopo aver attraversato un cratere a forma di grande psiche (specchiera oscillante di forma volare molto in voga tra i secoli XVIII e XIX) intitolato alla pittrice impressionista Berthe Morisot perché somiglia al suo celebre dipinto Dévant la Psyche, passando per l’irosa moglie di Socrate Santippe, si giunge alla fine della passeggiata con la Z di Lidiya Zvereva, la prima donna russa a diventare aviatrice e a solcare (guarda un po’) i cieli.

La passeggiata è finita. Possiamo ridestarci sulla nostra poltrona e svegliarci dall’incantesimo. Marina Cvetaeva – anche a lei è dedicato un cratere – scriveva a Boris Pasternak: “Credo soltanto agli incantesimi”. Tuttavia, la magia più affatturante e seduttiva è quello della memoria. E certo fa riflettere – dopo aver esperito il piacere – che per ricordare, eternare e magnificare le donne serva arrivare fino al pianeta Venere, con il telescopio, la sonda spaziale o l’immaginazione, come se qui, da noi sulla Terra, non ci fosse… lo spazio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/30/crateri-pianure-colli-e-scarpate-venere-lunico-pianeta-a-misura-di-donna/6047984/

martedì 15 settembre 2020

Vita su Venere: tracce di possibile origine biologica. - Marco Malaspina

 














La rappresentazione artistica mostra la superficie e l'atmosfera del pianeta Venere, con le molecole di fosfina in evidenza (nella realtà sono naturalmente così piccole da non essere visibili). Le molecole sono trasportate dalle nubi spinte dal vento di Venere ad altitudini comprese tra 55 e 80 km e assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori. Sono state rilevate nei dati del James Clerk Maxwell Telescope e di Alma, di cui l'Eso è partner. Crediti: Eso/M. Kornmesser/L. Calçada

Tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo. Questi gli ingredienti della fosfina, la molecola che potrebbe cambiare per sempre la storia della vita nell’universo. La sua presenza nelle nubi di Venere – rivelata da osservazioni con il James Clerk Maxwell Telescope (Jcmt), alle Hawaii, e confermata da Alma, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array – potrebbe infatti rappresentare la prima prova dell’esistenza di forme di vita aliena. Microbi extraterrestri. Se l’ipotesi sulla sua origine riportata oggi su Nature Astronomy troverà anch’essa conferma, saremmo davanti a una scoperta epocale.

Tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo, dicevamo. Formula chimica PH3. Non è uno degli innumerevoli precursori che periodicamente vengono rinvenuti nello spazio e presentati come “mattoni della vita”. Non è nemmeno una sostanza organica. Questa volta è una molecola semplicissima. Eppure quando, nel giugno del 2017, al termine di cinque giorni di osservazioni dell’atmosfera di Venere, Jane Greaves, astrofisica alla Cardiff University (Regno Unito), ne scorse la firma spettroscopica – la riga a 1,123 mm di quella che i fisici chiamano transizione rotazionale 1-0 – nei dati acquisiti con il Jcmt, rimase letteralmente scioccata.

«Vedere i primi segnali della presenza di fosfina nello spettro di Venere è stato un colpo!», ricorda ora Greaves, a distanza di tre anni.

Scioccata perché quella molecola, in quell’ambiente e a quella concentrazione – circa venti parti per miliardo – semplicemente non poteva esserci. La fosfina è una sostanza altamente tossica per la quale gli scienziati conoscono, almeno qui sulla Terra, solo due possibili processi di produzione. Uno è quello industriale, adottato per esempio nella fabbricazione dei prodotti che si usano per sterminare i parassiti attraverso la fumigazione. L’altro è un processo biologico: la fosfina può infatti essere sintetizzata da batteri anaerobici. Parliamo di microbi che vivono in assenza di ossigeno, assorbono fosfato dai minerali o da materiale biologico, aggiungono l’idrogeno e infine espellono, appunto, fosfina.

Rappresentazione artistica con Venere e molecole di fosfina, la cui forma è mostrata graficamente nel riquadro. Crediti: Eso/M. Kornmesser/L. Calçada & Nasa/JPL/Caltech

Escludendo dunque la presenza su Venere di impianti industriali, l’ipotesi al momento più plausibile – per quanto straordinaria – è che nelle acidissime nubi della sorella della Terra siano all’opera microorganismi alieni. «Trovare la fosfina su Venere è stato un regalo del tutto inaspettato. È una scoperta che solleva molte domande, come per esempio sul modo in cui un qualsiasi organismo potrebbe sopravvivere», osserva un’altra delle autrici dello studio, Clara Sousa Silva del Massachusetts Institute of Technology. «Sulla Terra, alcuni microbi possono sopportare fino a circa il 5 per cento di acido nell’ambiente, ma le nubi di Venere sono fatte quasi interamente di acido».

Ipotesi, dicevamo. Se infatti è pressoché sicuro che la fosfina, nell’atmosfera di Venere, ci sia – e questo grazie alle successive verifiche compiute nel marzo del 2019 con 45 delle 66 antenne di Alma, il miglior strumento al mondo per questo tipo di osservazioni – non è altrettanto certo che non possa avere un’origine che ancora ci sfugge. Anzitutto va detto che concentrazioni piuttosto elevate di fosfina erano state già rinvenute altrove nel Sistema solare, in particolare nell’atmosfera di Giove e Saturno, seppure in condizioni di pressione e temperatura talmente estreme da essere del tutto improbabile incontrarle su un pianeta roccioso. Altri potenziali “agenti produttori” di fosfina potrebbero poi essere la luce solare, i fulmini o fenomeni geologici come i vulcani. Ma nessuno di questi sembrerebbe in grado di produrne una quantità anche solo lontanamente paragonabile a quella misurata dal Jcmt e da Alma. Ai microbi terrestri, al contrario, per riuscirci basterebbe funzionare ad appena il dieci per cento della loro produttività massima.

Impronta della fosfina nello spettro di Venere. Crediti: Alma(Eso/Naoj/Nrao), Greaves et al. & Jcmt (East Asian Observatory)

Insomma, nelle concentrazioni rilevate e in ambienti come quelli che caratterizzano i pianeti rocciosi la fosfina, per quanto ne sappiamo, può avere – a differenza per esempio del metano – solo origine antropogenica o biologica. Ecco perché gli astrobiologi l’hanno messa da tempo in cima alla lista dei loro obiettiviè un eccellente indicatore della potenziale presenza di vita.

«La produzione non biologica di fosfina su Venere è esclusa dalla nostra attuale conoscenza della chimica della fosfina nelle atmosfere dei pianeti rocciosi. Confermare l’esistenza della vita nell’atmosfera di Venere sarebbe un importante passo avanti per l’astrobiologia», commenta il direttore operativo europeo di Alma Leonardo Testi, astronomo dell’Eso e dell’Inaf di Arcetri, non direttamente coinvolto nello studio, «quindi è essenziale far seguire a questo risultato entusiasmante studi teorici e osservativi, per escludere la possibilità che la fosfina sui pianeti rocciosi possa anche avere un’origine chimica diversa da quella che ha sulla Terra».

https://www.media.inaf.it/2020/09/14/venere-vita-fosfina/?fbclid=IwAR2sxOeFVF6cZQ4N_AVpoq-Bz-b9cLF-4_Ld5dX6MgKRsonBzP1FKDEEloI

sabato 8 febbraio 2020

ASTRONOMIA: Venere SUPERSTAR e 3 Pianeti in Congiunzione con la LUNA. Ecco Cosa Succederà in questo Mese. - Stefano Rossi

Il firmamento darà spettacolo in questo mese

Il cielo darà spettacolo in questo mese di febbraio. I protagonisti principali saranno i pianeti più importanti del sistema solare. In primis Venere che dopo la Luna è l'oggetto naturale più luminoso del cielo.
Ebbene, Venere come detto brillerà magnificamente subito dopo il tramonto e lo potremmo osservare quasi alto nel cielo verso Sudovest.


Oltre a Venere ci saranno anche Giove, Saturno e Marte che dal 18 febbraio si troveranno, poco prima dell'alba, quasi allineati e inoltre in congiunzione con la Luna (sia il 18 sia il 19 sia il 20).
Ultima congiunzione degna di nota e più facilmente visibile sarà quella tra Luna e Venere, prevista per il giorno 27 dopo il tramonto.

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