mercoledì 3 maggio 2023

Stai zitto! - Massimo Erbetti

 

Un paio di notizie per far capire che la democrazia per questo governo è roba superata…un macigno di cui disfarsi al più presto:
-Primo maggio, il ministro Crosetto risponde a Rovelli sulle armi: "Non sa di cosa parla, faccia il fisico*
(Open 2 maggio 2023)
-Dl lavoro, Giorgetti sul reddito di cittadinanza:" Abbiamo distinto chi ne ha bisogno da chi deve darsi una mossa"
(Open 2 maggio 2023)

"Tu…si si proprio tu…devi stare zitto…non devi parlare…"
"Ma stiamo parlando della guerra stiamo parlando del futuro di tutti…perché non posso dire ciò che penso sulla guerra?"
"Non puoi parlare perché sei un incompetente…di guerra possono parlare solo gli esperti…e poco conta che tu sia uno scienziato…fai il tuo lavoro e muto"

"Non sa di cosa parla"...ma voi lo capite quanto è grave un'affermazione del genere? La guerra è cosa loro? E se non fai parte di quella élite che decide non ne devi parlare?
Ho sempre pensato che la vera natura delle persone…si riconosca da piccolissimi ed impercettibili comportamenti…una frase…uno sguardo…una parola…detti o fatti sovrappensiero…così senza pensare, senza prepararsi…e il "Non sa di cosa parla" la dice lunga.

"E tu? Sì, sì…sto parlando con te…il lavoro te lo devi cercare…non puoi vivere sulle spalle dei contribuenti…"
"Ma il lavoro non c'è e quello che c'è è sottopagato, sfruttato…"
"Non è un nostro problema, te la devi vedere per conto tuo"

Anche in questo caso la vera natura di chi parla è riconoscibile dalle affermazioni fatte da Giorgetti:
"Abbiamo detto che avremmo distinto l’intervento per chi è in stato di effettivo bisogno rispetto a quello che deve semplicemente darsi una mossa e cercarsi un lavoro"... "Abbiamo creato questa distinzione: sono due diversi istituti, uno per le famiglie con soggetti fragili, situazioni di difficoltà, l’altra misura è destinata per coloro che non hanno un lavoro e devono dimostrare di cercarselo. E se non lo cercano non avranno niente"

Capito come stanno le cose? Se sei disoccupato in età lavorativa…insomma "occupabile"...come ti chiamano loro…è solo colpa tua…sì, colpa tua…"il lavoro te lo devi cercare…chiaro?"

Incompetenti e fannulloni parassiti…ecco come trattano i componenti di questo governo quelli che in qualche modo non la pensa come loro, o hanno la sfortuna di essere poveri e senza lavoro…

Per cui…
Stai zitto!
Devi stare zitto…e non importa chi tu sia…scienziato o disoccupato…non devi parlare…muto come un pesce devi essere…perché qui c'è gente che "comanda" e decide…punto!

E a te…sì sì…proprio a te…a te che piacciono così tanto i modi di questa gente…a te che li hai votati e sostenuti…sappi che prima o poi arriverà il tuo momento…il tuo momento di dover star zitto…ti troverai dalla parte di chi deve tacere…e allora (forse) ti renderai conto di cosa hai combinato.

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martedì 2 maggio 2023

SCOPERTA LA PRIMA RAFFIGURAZIONE DELLA SFINGE.

 

...Quella che vedete nella foto è la cosiddetta “Tavoletta di Narmer”, una lastra datata attorno al XXXI secolo a.C., contenente alcune delle più antiche iscrizioni geroglifiche rinvenute. Secondo la maggior parte degli egittologi rappresenterebbe l’unificazione del Basso Egitto con l’Alto Egitto effettuata da Narmer, un faraone dell’Alto Egitto, verso il 3.100 a.C. Nel riquadro in rosso si vede un falco, probabilmente il dio Horus, che “cattura” qualcuno o qualcosa, cucendogli un cavo per prigionieri al naso.

Cosa rappresenta questa scena? Per molto tempo il suo significato per gli archeologi è stato un rebus, visto che la testa umana che viene “catturata” da Horus non ha ne gambe ne braccia. L’unica spiegazione che si è saputa dare è che si trattava di un prigioniero con le mani e le gambe in acqua. Ma questa spiegazione non ha mai convinto, perché quando un corpo umano si trova immerso in acqua spunta solo la testa. Invece il “prigioniero” è ritratto in maniera “innaturale”, in quanto si vede tutta la schiena e il bacino, ma mancano braccia e gambe. Non può quindi rappresentare la testa di un prigioniero che spunta dal fiume Nilo. Cosa rappresenta allora?
Qui possiamo fare una prima riflessione. La scena mostra il dio Horus, il falco, che cattura qualcosa. Cosa può catturare un “dio”? La logica ci dice che sta catturando “un’altra divinità”, un dio straniero e avversario, e non un semplice mortale. Il “dio” catturato e raffigurato nella stele è la Sfinge di Giza.
Infatti, ora sappiamo che la “Sfinge originale”, situata a Giza, e quindi nel Basso Egitto, era una statua senza zampe anteriori e posteriori. Sappiamo che aveva il volto umano. Sappiamo anche che molto probabilmente aveva sul dorso una gigantesca pianta di papiro (probabilmente finta) a simboleggiare il Basso Egitto. Sappiamo anche che rappresentava un potente dio. E, come vedremo in seguito, abbiamo la certezza che la “prima Sfinge” esisteva prima di un periodo che va dal 2560 a.C. e il 3640 a.C. Quindi è estremamente probabile che esisteva prima del 3.100 a.C., il tempo di Narmer.
Quindi, nella tavola di Narmer, la Sfinge viene riprodotta simbolicamente nel momento in cui questa viene “conquistata” e “fatta prigioniera”, come mettendogli una corda al naso, dalle divinità dell’Alto Egitto, rappresentate da Horus. Tutto questo non solo conferma quanto scoperto dagli archeologi, vale a dire che la “prima Sfinge” non aveva le zampe né la coda. Ma ci dice anche che quella immensa statua esisteva già nel 3.100 a.C., quando il faraone dell’Alto Egitto, Narmer, conquistò il Basso Egitto, e creò in questo modo l’Egitto unito.
Narmer è stato il primo dei faraoni egizi. La scena che lo vede “catturare” la Sfinge ci indica che la sua costruzione è precedente agli egizi. Allora chi ha costruito questo gigantesco capolavoro, che è in piedi da diverse migliaia di anni?
L’articolo continua sul libro:
HOMO RELOADED – 75.000 ANNI DI STORIA NASCOSTA

domenica 30 aprile 2023

Un articolo di oggi del «New York Times» - Francesco Esparmer

Un articolo di oggi del «New York Times» racconta l’ascesa e caduta di un avvocato di grido dell’Oregon (uno degli stati americani più ricchi e in impetuosa crescita), eletto sindaco della sua città prima di precipitare nella miseria assoluta sino a morire di freddo e stenti un paio di mesi fa. La sua caduta è così sintetizzata dal giornalista: «Era stato risucchiato in un vortice consueto in tante ricche città del West degli Stati Uniti: malattie mentali, tossicodipendenza diffusa, rapido aumento dei costi delle case e scomparsa di un senso di comunità».

In realtà non succede solo sulla costa del Pacifico; in tutta l’America, Boston inclusa, le patologie sociali sono evidenti e spesso epidemiche: i giornali (le televisioni e i social molto meno) ne parlano e le descrivono. Ma solo come effetti collaterali e inevitabili di un progresso, quello verso il consumismo fine a se stesso (caro ai liberisti della nuova destra) e verso la piena realizzazione dell’individualismo fine a se stesso (caro ai liberal della nuova sinistra), che non solo non si può fermare me neppure mettere in discussione.
Non c’è bisogno di fare riferimento al bispensiero orwelliano; molto più semplicemente si tratta di utilitarismo (tipico della mentalità anglosassone ma prossimamente planetaria), ossia della convinzione che la realtà sia totalmente determinata dalla mano invisibile del Mercato, non solo a livello economico ma anche culturale (nelle scuole e università si insegna ciò che piace agli studenti/clienti, non ciò che si consideri educativo; e non parliamo dei media), contro qualsiasi tentativo, anzi, qualsiasi ipotesi di pianificazione. Una specie di divina Provvidenza, il Mercato; con la significativa differenza che la prima agiva, almeno in teoria, a fini di bene (e dunque se il bene non accadeva c’era un problema), mentre il secondo considera bene qualunque risultato ottenga e pertanto è inattaccabile.
La depressione di massa, l’abuso di oppiacei e di droghe pesanti, l’obesità epidemica, le paranoie che sfociano in quotidiane sparatorie in scuole o uffici, l'alcolismo, il disfacimento delle famiglie e il disinteresse dei genitori per i figli e viceversa, i conseguenti disturbi da iperattività e insufficienza di attenzione che affliggono bambini e ragazzi che passano metà della giornata interagendo con uno schermo; in sostanza l’incapacità di distinguere realtà e virtualità e il rifiuto di qualsiasi forma di disciplinamento, sono tutt’al più problemi da risolvere (possibilmente con medicine prodotte dalle multinazionali farmaceutiche) ma in nessun caso da eliminare alla radice. Perché il disfacimento delle comunità e la mobilità compulsiva sono le condizioni necessarie e sufficienti del neoliberismo.
L’ho dichiarato altre volte ma giustamente non tanti leggono tutti i miei interventi per cui mi ripeto: vivo negli Stati Uniti da parecchi anni ma mi considero un ospite; per cui non mi sognerei di criticarli per quello che avviene nel loro territorio: sono fatti loro e se gli piace il tipo di vita che conducono non so a che titolo potrei sostenere che sbagliano. Li critico perché il loro modo di vivere lo vogliono esportare ovunque e a me, invece, piace la diversità. Non quella fasulla dei globalisti e dei multiculturalisti, ampia ma limitata e identica ovunque, in sostanza una opulenta omologazione da centro commerciale, meglio se in rete; la diversità che intendo difendere è conflittuale, una diversità che divide, separa, rivela reciproche incompatibilità e va dunque accettata con tolleranza, non con un’imperialistica ambizione all’universalità. Se mi occupo dell’America (rigorosamente in italiano) è perché tanti italiani, pur sospettosi nei confronti del mito americano (quelli che non lo sono li considero irrecuperabili), lo subiscono come un destino manifesto o come una necessità storica. Ecco, lo scopo di questo mio breve articolo è mostrare che tale attitudine rinunciataria (spacciata come pragmatica) è già una forma di americanizzazione, la più subdola in quanto esprime una rinuncia preventiva a quella graduale costruzione di valori condivisi (non necessariamente realizzata) che ha caratterizzato in profondità, nei secoli e sino a tempi recenti, la cultura italiana (e non solo italiana ma non quella americana). Se non ci si comincia a opporre adesso, si diventa come l'Oregon.
Francesco Esparmer

https://www.facebook.com/frerspamer


Non si pensa più e, se lo si fa, non si comunica con gli altri per paura di essere contestati. Il dividi et impera si è ampliato con i mezzi di informazione pilotati dal potere economico. Questo mezzo di comunicazione, fb, dovrebbe essere, invece, tra i pochi mezzi che abbiamo a nostra disposizione per contestare il pensiero unico che vogliono imporci, continuando a contestare come fai tu, senza tregua e remore, da eroe di nuova generazione, quello che non combatte con le armi, ma con il pensiero libero.
Grazie, Francesco, io sono con te.

cetta. 

NAVIGARE NECESSE EST - VIVERE NON EST NECESSE. - Simone Terreni

 

Navigare è necessario, Vivere non lo è!
Il Latino non è una lingua morta.
Una settimana fa ho fatto un post dove lo affermavo convintamente. Ha avuto un successo pazzesco. Tantissime persone la pensavano come me. Questa lingua può ancora darci tanto. Ho deciso dunque, ogni domenica mattina, di raccontare una Locuzione Latina, un Motto, cercando non solo di spiegarlo ma anche di attualizzarlo.
Comincio oggi con la mia preferita.
Navigare Necesse est,
Vivere non est Necesse
Il mare era in tempesta.
Soffiava un gran vento. I marinai non ne volevano sapere di imbarcarsi. Dovevano portare il grano a Roma il prima possibile perché da mesi in città c’era una tremenda carestia. Ma la paura era troppa e non volevano salpare. Allora Gneo Pompeo, il militare e politico che sarà prima alleato e poi avversario di Cesare, salì a bordo per primo. Poi si girò verso di loro e li esortò con determinazione: “È necessario navigare, non è necessario vivere!” I marinai ritrovarono il coraggio e partirono.
[Fonte: Plutarco, Vita di Pompeo]
Cosa significa?
L’esigenza di impegnarsi, anche a costo della vita, per assicurare un servizio indispensabile alla collettività. Oppure l’uomo è costretto a navigare giorno per giorno e il suo solcare i mari assume un concetto superiore, la necessità di galleggiare in senso morale.
Divenne nel Medioevo il motto della Lega Anseatica, formata da città marinare dell’Europa Settentrionale. Era il motto di Magellano. D’Annunzio la usa all’inizio delle sue Laudi.
E oggi?
Che significato possiamo dargli oggi?
Non lasciamoci scorrere la vita addosso.
È necessario avere un ideale, uno scopo, un bene superiore, un obiettivo e far di tutto per raggiungerlo. Uscire dalla nostra zona di comfort, senza paura, correndo rischi, mettendo tutto in discussione. Ma anche scoprire nuove cose, nuove avventure.
Insomma vivere una vita degna di essere vissuta. Mi ricorda tantissimo il dantesco, Fatti non fosti a viver come bruti, ma per seguir virtute canoscenza.
Vi è piaciuto questo Latinismo? Lo conoscevate? Continuo? Ne racconto altri?
Ne avete qualcuno da suggerirmi?

venerdì 28 aprile 2023

«Nuova generazione» - Francesco Esparmer

 

Perlomeno hanno scritto «nuova generazione» e non «new generation», come avrebbe certamente fatto il Ministero del Turismo, quello open to meraviglia; parlo dei «100 classici di nuova generazione» promossi dalle Librerie Feltrinelli con la seguente motivazione: «100 titoli contemporanei che un giorno saranno classici, alcuni anche in lingua inglese».

Ma perché annunciare, quasi fosse un merito o una garanzia, che in questa centuria di presunti capolavori ce ne sono alcuni in inglese? Immagino per mostrarsi cosmopoliti, difetto attribuito già un secolo fa da Gramsci agli intellettuali italiani, cortigiani felici di mettersi al servizio dei ricchi e dei potenti, ancor meglio se stranieri; che è la ragione per cui, se scorrerete la lista dei cento titoli (se non sono troppo lunghi preferisco scrivere i numeri in lettere invece che in cifre come da un po’ usa pe’ fa’ l’americani), vi troverete ben pochi autori italiani; del resto delle sette sezioni in cui i libri vengono divisi, ce n’è una interamente dedicata al «Grande Romanzo Americano» (tutte le parole con la maiuscola, ancora un omaggio all’inglese che così scrive i titoli) e una alle «Storie che vengono da lontano»: nessuna al grande romanzo italiano o alle storie che vengono da vicino – del resto anche i calciatori occorre importarli, non importa se brocchi, basta che siano esotici, e non si tratta di provincialismo, si tratta di vocazione alla subalternità.
Quanto alla convinzione che sia possibile dire oggi cosa diventerà classico un giorno, purtroppo è molto peggio che una bieca trovata pubblicitaria; è una resa incondizionata, proprio nella sua disattenta superficialità, al presentismo neoliberista, che chiama futuro (e lo usa per cancellare tutti i passati) l’amplificazione delle tendenze culturali dominanti in questo momento. Viene detto apertamente: per la Feltrinelli la priorità è «scoprire e approfondire le passioni che sempre di più interessano ed emozionano i lettori»; in sostanza, cavalcare il mercato. Lo si fa ormai da decenni, in ogni settore: come è giusto che sia in un mondo compiaciuto del proprio individualismo e consumismo. Perché allora non lasciare in pace i classici? Perché non permettere a noi che non viviamo di sola attualità di chiamare con un suo nome specifico e un po’ antiquato ciò che ci piace proprio per la sua durata e la sua diversità (l’unica possibile nel totalitarismo liberista: la diacronia, la transgenerazionalità, la tradizione, forme di resistenza al culto del nuovo fine a se stesso)? Nelle librerie le sezioni dedicate ai classici sono minuscole e nascoste; perché riempirle di libri di moda? Dei cento titoli proposti dalla Feltrinelli credo che fra un secolo (se fra un secolo ancora ci saranno lettori e uomini) ne verranno ricordati quattro o cinque al massimo; o forse mi sbaglio ma non ha importanza in quanto non sta a noi decidere cosa i posteri vorranno ricordare, e chi dice di saperlo sta mentendo.

Francesco Esparmer

Giuseppe Conte - 27.4.2023

La Venere del Botticelli - Simone Terreni

 

Cara Agenzia Armando Testa,
sono la Venere di Botticelli, quella vera.
Quella laggiù in fondo alla sala, appesa alla parete. Come ogni giorno sono circondata da migliaia di turisti.

Fino a qualche giorno fa, sono sincera, non vi conoscevo. Poi ho scoperto che avete realizzato una Campagna Pubblicitaria per promuovere il turismo in Italia usando e distorcendo la mia immagine: #opentomeraviglia.

Mi avete fatto diventare, come dite voi moderni, un’Influencer.
Mi avete fatto sorridere.
Mi avete vestito.
Mi avete messo in altri contesti stereotipati italiani, ad esempio con la Pizza in mano,

Io non ho detto nulla.
Sono abituata a queste manipolazioni.
Lo faceva già Andy Warhol nelle sue famose serigrafie nel 1984.
Anche Chiara Ferragni è venuta a farsi un selfie con me.
Viviamo nell’epoca del turismo di massa fatto di superficialità e likes.
Magari volevate solo creare un Hype, come dite voi moderni.

Però quando ieri ho letto la vostra lettera, tracotante e supponente, pubblicata sul Corriere, non ci ho visto più.
C’è una cosa che proprio non mi torna.
Voi dite, cito testualmente: “La Armando Testa ringrazia, e Venere con noi.
Erano più di 500 anni che non si parlava di lei cosi tanto”.

Ma stiamo scherzando?
Se solo foste venuti agli Uffizi, invece di andare in Slovenia, avreste visto che io NON sono per niente con voi.
Anzi io non ho bisogno di voi.
Io vado benissimo così come sono.
Nuda, con tutti i significati neoplatonici nascosti, che non credo voi capirete mai.

Io sono da sempre, da quando Sandro Botticelli mi dipinse, dandomi il volto di Simonetta Vespucci, il simbolo della bellezza femminile nell’arte.
Per me vengono da tutto il mondo.
Un milione e 800 mila visitatori passano a trovarmi ogni anno.
Grazie a me gli Uffizi sono il primo museo in Italia, più visitato del Colosseo.
E nel mondo sono al decimo posto.

Quindi, diciamolo con chiarezza, è grazie a me che siete diventati famosi in questi giorni e non vice versa!
Tra qualche mese nessuno si ricorderà di voi, se non per la figuraccia fatta.
Tra dieci anni io invece sarò ancora, ogni giorno, circondata dai miei fan, come dite voi moderni.

Un’ultima cosa.
Sapete perché sono stata dipinta?
Per promuovere l’immagine nel mondo dei miei committenti, la famiglia dei Medici. In pratica, se non ve ne foste resi conto, io ho la stessa funzione di una vostra campagna pubblicitaria. Solo che ai miei tempi gli artisti creavano capolavori, bellezza eterna e il Rinascimento. Oggi invece i vostri creativi scopiazzano sul web dei meme ridicoli.
Tutto molto imbarazzante!
O, come direste voi moderni, Cringe!!
Cordialmente
La Venere

Simone Terreni

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