venerdì 1 maggio 2020

Covid, anche l’ex amico Gori critica le frasi di Renzi sui morti che ‘se potessero parlare vorrebbero riaprire’: ‘Uscita a dir poco infelice’.

Covid, anche l’ex amico Gori critica le frasi di Renzi sui morti che ‘se potessero parlare vorrebbero riaprire’: ‘Uscita a dir poco infelice’

Le frasi dell'ex premier hanno provocato una serie di reazioni, tra cui anche quella del sindaco di Bergamo ed ex renziano. Le sardine: "Non tolga a vittime dignità che meritano".

Le lodi dai seguaci, le critiche aspre da tutti gli altri. Hanno creato polemiche a non finire le frasi di Matteo Renzi al Senato, dove il leader di Italia Viva nel suo intervento di risposta all’informativa del premier Conte ha citato le vittime delle città più colpite dal Covid per dare forza al proprio discorso. “La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare ci direbbe di riaprire” ha detto l’ex sindaco di Firenze, per chiedere al governo di accelerare la ripresa delle attività nella cosiddetta Fase 2 che partirà dal 4 maggio.
La citazione delle vittime bergamasche e bresciane, però, non è piaciuta a molti. Tra i tanti commenti negativi alle parole del senatore semplice di Scandicci da segnalare quelle di Giorgio Gori. Che è sindaco di Bergamo eletto col Pd, ma in passato è stato vicinissimo all’ex Rottamatore, sin dai tempi delle prime Leopolde. Oggi, però, Gori non ha usato mezzi termini per definite ciò che ha detto Renzi: “Mi pare un’uscita a dir poco infelice. Se voleva rendere omaggio ai nostri morti, il modo – coinvolgerli a sostegno della sua proposta di riapertura delle attività – è decisamente quello sbagliato”. Gori ha poi provato a cercare una spiegazione dietro le parole dell’ex premier, giungendo però alla stessa conclusione: “Immagino che il leader di Italia Viva volesse sottolineare l’attaccamento al lavoro della gente di Bergamo e di Brescia – ha spiegato il sindaco di Bergamo – Ma sostenere che le vittime del virus, se potessero parlare, ‘vorrebbero’ oggi la riapertura appare purtroppo stonato e strumentale. Sono certo che Renzi ha pieno rispetto del dolore di queste province – ha concluso – Ma quella pronunciata al Senato è però una frase decisamente fuori luogo“.
Tra le accuse a Renzi c’è anche quella delle sardine, che hanno scritto sul loro profilo Twitter per stigmatizzare le parole dell’ex presidente del Consiglio: “‘I morti di Bergamo, se potessero, direbbero aprite anche per noi’. Non è #Salvini, non è Meloni e non è Fontana. Senatore #Renzi, i morti non parlano, non tolga a loro e a i loro parenti la dignità che meritano. #Parlamento”, si legge sul profilo ufficiale del movimento. Durissimo, invece, il commento dell’europarlamentare M5s Fabio Massimo Castaldo: “Sono rimasto inorridito dalle parole utilizzate da Matteo Renzi. Ma stiamo forse scherzando?” ha scritto su facebook, per poi aggiungere: “Ma come si permette questo personaggio in cerca d’autore, malato di visibilità, di strumentalizzare il dolore delle famiglie? Come si permette di utilizzare la sofferenza delle persone per fare propaganda? – ha attaccato Castaldo – Come si permette di sfruttare i morti per fare un attacco al governo? Vergogna! Renzi sappia che nessuno lo autorizza a farsi interprete dei sentimenti e dei desideri di chi purtroppo non c’è più – ha detto ancora – e men che meno del dolore delle loro famiglie! Chieda immediatamente scusa a tutti gli italiani – ha concluso – specialmente alle famiglie colpite gravemente dall’epidemia, la smetta con queste sparate”.

I Bolsonari de noantri. - Marco Travaglio

Governo, ultimatum di Renzi a Conte: "Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli a lei". Il premier: "La maggioranza c'è ancora"

Da due mesi e mezzo vediamo cose che noi umani… eccetera. Ma qui si esagera. Ieri, durante l’ennesima puntata della serie tv Funeral Parliament, mi è accaduto qualcosa di impensabile: davo ragione Ignazio La Russa. Mi sono subito misurato la febbre, ma era nella norma. Essendo astemio e allergico alle droghe, ho escluso pure lo stato di ebbrezza e quello allucinogeno. Allora ho riascoltato l’intervento del camerata siculo-milanese per sincerarmi di aver capito bene e ho dovuto concluderne, con mio sommo sgomento, che aveva proprio ragione: a prendere sul serio il discorso (si fa per dire) dell’Innominabile, il governo Conte non ha più la maggioranza. Dunque, in un Paese serio, il premier avrebbe due sole strade: chiedere alle Camere un voto di fiducia per verificare l’esistenza della sua maggioranza, o salire al Quirinale per comunicare l’inesistenza della medesima. Ma siamo in Italia, e soprattutto parliamo dello Statista di Rignano, il più monumentale bugiardo della storia, al cui confronto Pinocchio, Wanna Marchi e B. sono gente sincera e il pagliaccio Bagonghi era una persona seria. Uno che, da quando lo si conosce, non fa che minacciare di lasciare qualcuno o di andarsene da qualcosa, purtroppo senza mai farlo. Uno che, non avendo mai combinato nulla di buono nella vita, si diverte a sfasciare quello che di buono fanno gli altri.
Infatti nessuno, a parte La Russa, se l’è filato di pezza, perché tutti sanno che anche questo ultimatum a Conte non produrrà effetto alcuno, come tutte le precedenti promesse, minacce e annunci (tipo abbandonare la politica in caso di sconfitta al referendum). Per almeno due motivi. Primo: l’intrinseca ridicolaggine delle sue parole. Il gaglioffo ha difeso la Costituzione dalle “violenze” contiane, con grande allarme della Costituzione medesima che si è sentita come Asia Argento se Weinstein le si offrisse come bodyguard. Poi ha accusato il premier di “populismo” perché non dice che va tutto bene e si riapre tutto subito, cioè perché – diversamente da lui – non è populista. Mancava soltanto che saltasse su Gasparri ad accusare Conte di strabismo, o la Bellanova di pinguedine, o Fassino di magrezza. Poi ha ricordato gl’italiani “agli arresti domiciliari” (un pensiero commosso ai suoi genitori), con l’aria di chi pensa che il virus l’abbia importato il premier. Infine ha detto che “non possiamo delegare tutto alla comunità scientifica”, perché già “troppe volte la politica ha abdicato in passato: nel 1992-93 abdicò alla magistratura” (anziché impedirle di processare ladri e mafiosi).
E poi “ai tecnici” (il governo Monti che lui applaudiva inneggiando da Palazzo Vecchio alle letterine della Bce e al massacro sociale conseguente). Ergo ora “non possiamo abdicare ai virologi”, tipo il compare Burioni che ai tempi del suo governo voleva vaccinarci pure contro i brufoli e le ragadi. Del resto, assicura, “la gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare, ci direbbe di riaprire”: deve averlo saputo in una seduta spiritica della fondazione Open alla Leopolda, o forse sente direttamente le voci come Giovanna d’Arco. Ora si attende una class action dei parenti delle vittime per vilipendio di cadaveri. Il secondo motivo del flop dell’ennesimo penultimatum è lo stato larvale in cui versa la nanoparticella denominata umoristicamente Italia Viva, che doveva “svuotare il Pd” e invece ha riempito tutti gli altri partiti della maggioranza e precipita nei sondaggi a rotta di collo verso lo zero assoluto, mentre Pd, 5Stelle e Sinistra crescono. L’insuccesso, si sa, dà alla testa. Ma a lui dà alla pancia: più voti perde, più chili guadagna; più cala nei sondaggi, più sale sulla bilancia; più l’elettorato si restringe, più il girovita si dilata; ogni mezzo punto in meno, un doppio mento in più. E il colesterolo acceca più dell’onanismo. Ma gli altri parlamentari italovivi, famigli a parte, ci vedono benissimo. Sanno che questo è l’ultimo giro di giostra ed è bene tenersi stretto il governo, cioè il cadreghino. Ove mai l’Innominabile se ne andasse, non dietro agli elettori che non ha, ma alle lobby che ha, molti resterebbero dove sono, lasciandolo solo. Anche perché, se del governo Conte sono la ruota di scorta, di un’ammucchiata Draghi (o chi per lui) sarebbero il pelo superfluo.
Quindi, almeno per ora, nulla cambia. A meno che l’intervento del senatore Pd Dario Stefàno non rifletta la posizione del Pd, che a sentire Orlando alla Camera pareva opposta. Noto voltagabbana salentino, passato da Confindustria alla Margherita a Sel, con fuitina presso l’Udc prima di planare nel Pd, lo Stefàno ha chiesto a Conte di “abbandonare la prudenza” per riaprire tutto subito, associandosi agli altri Bolsonaro de noantri che ciarlavano come se il virus fosse scomparso dal suolo patrio e i 205.463 contagiati e i 27.967 morti non fossero mai esistiti (l’unica a ricordarli è stata la M5S Maiorino). E autorizzavano il sospetto di essere tutti pagati da Conte per esaltarne il solitario buonsenso. Geniale anche l’idea di Stefàno di riaprire subito per battere sul tempo le “fughe in avanti di alcune regioni”. Cioè: visto che la Santelli fa cazzate in Calabria, facciamole prima noi in tutta Italia, così la freghiamo. Furbo, lui.

Zagrebelsky: “Chi dice Costituzione violata non sa di cosa sta parlando”. - Silvia Truzzi

Zagrebelsky: “Chi dice Costituzione violata non sa di cosa sta parlando”

Il professore - “I Dpcm discendono da due decreti legge, uno dei quali votato dal Parlamento. Il governo non ha usurpato poteri non concessi”.
In questi giorni alcuni leader politici stanno scoprendo la Costituzione (Salvini), mentre altri la riscoprono dopo tentativi di sfregio (Renzi). Gustavo Zagrebelsky ha scritto su Repubblica: “Mi chiedo quanto ci sia di esagerato e di strumentale in questi ‘al lupo, al lupo’ e quanta incomprensione della natura del problema che abbiamo di fronte”. Proviamo a rispondere.
Professore, volano parole grosse sia da parte di esponenti politici che di suoi colleghi: “Scandalo costituzionale”, “Costituzione violata”, “democrazia sospesa”, un premier “che scavalcando il Quirinale compie un mezzo golpe”.
Quando scendono in campo i giuristi, vuol dire che non siamo molto ben messi. Ci si rivolge ai giuristi per avere una parola chiara e normalmente se ne ottengono molte e oscure, spesso contraddittorie. Una delle più frequenti prestazioni dei giuristi, nel loro insieme, è di rendere meravigliosamente oscure (Rabelais) persino le questioni chiare.
Si mette in discussione la legittimità dei provvedimenti del governo. Lei che pensa?
Stiamo ai testi. Abbiamo due decreti-legge, il primo convertito in legge e il secondo, a quanto mi risulta, non ancora esaminato dal Parlamento, ma in vigore. E poi 11 decreti del presidente del Consiglio, gli ormai celeberrimi dpcm. I decreti legge sono equivalenti alle leggi, che servono, secondo Costituzione, a fronteggiare i “casi straordinari di necessità e urgenza”. Credo che nessuno dubiti che si sia in uno di questi casi. Il decreto legge numero 6 di febbraio stabilisce che le autorità competenti sono “tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”. Successivamente indica le materie in cui tali misure possono intervenire: circolazione, trasporti, scuola, manifestazioni pubbliche, ecc. In breve: le misure attuative (i dpcm) sono autorizzate dalla legge e il governo ha fatto uso dell’autorizzazione in quanto “autorità competente”. Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia.
Quindi tutto bene?
Sto parlando degli aspetti formali. Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto. “In base alla legge” e non necessariamente dalla legge approvata dal Parlamento: ci immaginiamo che cosa sarebbe una discussione parlamentare articolo per articolo? Nella sostanza, le misure oggetto della decretazione possono essere valutate come si vuole, ma questa è un’altra questione. L’opinione di chi sostiene che i diritti costituzionali siano stati limitati per arroganza del governo è errata.
C’è chi dice che il governo e il suo capo si siano dati i famigerati pieni poteri.
Appunto: c’è chi lo dice, ma non è detto che sappia quel che dice. Questi cosiddetti pieni poteri in realtà sono stati attribuiti dal Parlamento e dunque non se li sono “presi”. In secondo luogo, si tratta di poteri tutt’altro che pieni, essendo limitati dallo scopo: il contenimento della diffusione del virus. Fuori da questa finalità sarebbero illegittimi.
Non le sembra che il Parlamento sia emarginato?
In un certo senso sì, perché una grande questione nazionale come è questa meriterebbe dibattiti e deliberazioni d’alto livello, appelli alla solidarietà nazionale, dimostrazioni di consapevolezza della gravità del momento, insomma ciò che ci si aspetterebbe dai nostri “eletti”. La sede naturale è il Parlamento. Se il Parlamento (o meglio alcune forze politiche) lamenta l’emarginazione, la imputi a se stesso che ha votato l’autorizzazione con una sua legge. In ogni caso, il Parlamento dispone in qualunque momento di strumenti per aprire dibattiti e confronti, per modificare ed, eventualmente, anche per togliere al governo ogni potere e riprenderselo. Se vuole e può, lo faccia. Ma mi pare piuttosto che si preferisca litigare per mostrare di esistere e fare propaganda.
C’è una forte tensione anche tra Stato e Regioni.
La tensione è politica. Giuridicamente, la questione è risolta dal principio costituzionale di sussidiarietà: la competenza segue la dimensione del problema. È come un cursore che si arresta e conferisce la competenza nel punto (alto o basso che sia) adeguato alle funzioni da gestire: funzioni piccole, in basso; funzioni grandi, in alto. Il cursore va dai Comuni fino allo Stato, passando per le dimensioni intermedie. Questa è una pandemia: il minimo è che se ne occupi lo Stato.
Se le responsabilità sono statali, si possono ammettere deroghe locali come in Calabria?
Date le dimensioni dell’emergenza, la responsabilità è del governo. Le Regioni possono essere autorizzate a prendere misure più o meno restrittive, a seconda delle condizioni in cui si trovano. Ma non possono agire di propria iniziativa. Ci possono essere trattative, però è il governo che apre o chiude i rubinetti perché del governo è la responsabilità generale.
Si è parlato di scaglionare la popolazione in base all’età: è costituzionalmente ammissibile?
La “questione anziani” è emersa nella prima fase dell’emergenza in maniera drammatica, quando le strutture sanitarie disponevano di poche risorse rispetto alle necessità. Si poneva un dilemma tremendo. Non potendo assistere tutti, a chi dare la precedenza? Oggi per fortuna non siamo più in queste condizioni, perché la pressione sulle strutture di terapia intensiva è diminuita. Tuttavia, è emerso allora un pensiero, un retropensiero che, come un virus, è, per ora silenziosamente, tra noi. I vecchi hanno già vissuto la loro vita, che cosa pretendono rispetto a chi la sua vita deve ancora viverla? Questione terribile, che dobbiamo essere preparati ad affrontare perché ritornerà, tanto più in quanto gli anziani saranno percepiti come soggetti improduttivi, pesi e costi per la società tutta intera che, in nome del proprio sviluppo, non può permettersi di sostenere. Il darwinismo sociale busserà alle nostre porte finché il valore essenziale proposto alle nostre vite sarà il successo. Ogni mattina, quando mi alzo dal letto, mi assale l’idea che la mia vita vale, agli occhi degli altri, un po’ meno del giorno prima, fino al momento in cui arriverà finalmente la rottamazione. Poi si è proposto di prolungare l’isolamento solo per gli anziani perché più vulnerabili. Le limitazioni dei diritti si possono mettere in atto solo se, come dice la Costituzione, si mettono in pericolo i diritti altrui, non i propri. Alla propria salute ognuno pensa per sé. L’essere anziano non è sinonimo di particolare pericolosità.
È arrivato il momento in cui la competenza mostra la sua importanza?
Ci sono questioni che non possono essere affrontate e risolte in base soltanto alle proprie preferenze, o ai propri capricci, come vorrebbero i bambini. Detto questo, l’appello che si fa alla comunità scientifica, non sempre, anzi quasi mai, è risolutivo. All’interno della comunità scientifica esistono divergenze di opinione. Aggiungo che, contro le apparenze, non è un male per la democrazia: se la scienza si pronunciasse all’unanimità in nome di una verità assoluta e indiscutibile, non ci sarebbe nulla da fare se non ubbidire. Buona cosa è che la scienza prospetti argomenti, ma poi la scelta è responsabilità della politica. In una situazione d’incertezza come è questa nostra, la politica gioca necessariamente d’azzardo. Le decisioni che le si richiedono, non possiamo dire con certezza quali effetti potranno avere. Gli uomini politici responsabili, che studiano e agiscono con prudenza ascoltando chi ne sa più di loro meritano comprensione e rispetto, pur nella totale libertà di tutti di manifestare il proprio dissenso. Ma, anch’esso è basato sull’azzardo senza, però, la corrispondente assunzione di responsabilità. Facile criticare, più difficile decidere.
A proposito: si parla di un governo tecnico per gestire la ripresa.
Il governo tecnico si dice tale perché composto da persone competenti che non debbono agire per ottenere un consenso elettorale. Ma la tecnica non è mai neutra. La versione più ovvia è quella conservatrice. Tra non molto ci troveremo davanti alla domanda della “ripartenza”: così “come eravamo”, o secondo visioni nuove della salute, dell’ambiente, del lavoro, dell’abitazione, della produzione e del consumo, eccetera? La risposta innovatrice non la darà la tecnica.

Salvini, Meloni, Renzi, l'accozzaglia politica che avanza spedita verso il baratro...

Adesso Salvini e la Meloni incalzano Renzi: "Metta fine a governo ...

I tre fanno parte di schieramenti diversi, Salvini e Meloni di destra e Renzi di sinistra, ma, stranamente, la pensano allo stesso modo e votano le stesse leggi.
Esaminiamo le loro personalità.

- Salvini - è il classico grezzo, cresciuto e pasciuto in politica, senza arte, nè parte (cultura e intelligenza, che non dico che non abbia, ma che applica poco) non saprebbe che altro fare fuori dal contesto parlamentare, e non inteso in senso materiale, perchè è un accanito assenteista, ma in senso di convenienza. Una volta vinto il biglietto della lotteria, è difficile rinunciarvi, a meno che, prendendo ad esempio l'operato di alcuni suoi predecessori, approfittando opportunisticamente della politica, non riesci a crearti un businnes che ti dia la possibilità di far quattrini a volontà anche fuori dal quel contesto.

- Meloni - di lei so molto poco, come se non esistesse, anche se pare che abbia un buon seguito; dalla sua ha il fatto di essere cresciuta, politicamente parlando, sotto la guida del Berlusca, buon mentore se non fosse per le sue pessime frequentazioni, per il liberalismo eccessivo e per i suoi molteplici vizietti. Di lei ho impresso il tono fastidioso della voce quando arringa le folle, gli occhi sgranati, la nullità dei suoi slogan, e la volgarità che emana. 


- Renzi - lui è un caso a parte, fuori da ogni contesto logico; ha rivestito cariche di una certa importanza da sindaco di Firenze - è non è poco - a segretario di un partito del quale non ha capito nulla, a Presidente del Consiglio. Ammiratore sfegatato del Berlusca, che ha cercato di emulare senza averne le basi (intelligenza) e gli appoggi economici (Banca Rasini&C.), ama frequentare personaggi altolocati: ha partecipato anche ad una riunione del gruppo Bilderberg.
Peccato, però, che la sua famiglia non gli sia d'aiuto commettendo svariati reati penali che speravano sarebbero rimasti impuniti grazie alle sue millantate influenze in magistratura..
A questo punto mi sorge il sospetto che non sia stato lui a voler uscire dal partito per crearne uno suo, ma che sia stato il partito a defenestrarlo. viste le svariate performance negative prodotte. Ha, oltretutto, una scarsa conoscenza della Costituzione e non si riesce a comprendere come abbia potuto conseguire una laurea in giurisprudenza pur essendo a digiuno degli elementi basilari della stessa. E' un flop, questa è la definizione che gli si addice maggiormente. Non ha più un seguito, tranne quei pochi che si sono fusi e bruciati con lui. 

Infine c'è da.... dire che. che non ha più niente da.... dire, e non si può....dire che prima lo facesse.
Cetta.

giovedì 30 aprile 2020

Confindustria, Bonomi: 'Fase 2, incerta e contraddittoria. Lavoriamo ad un piano Italia 2030-2050'.

Il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi ©
Il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi.

Inaccettabile l'avvio di una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le aziende a iperindebitarsi' ha detto al consiglio di confindustria. Scelti i vicepresidenti.

"Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese ad iperindebitarsi": il presidente designato Carlo Bonomi, parlando al Consiglio generale di Confindustria, avverte "La tentazione di una nuova stagione di nazionalizzazioni è errata nei presupposti e assai rischiosa nelle conseguenze, sottraendo risorse preziose alle aziende per soli fini elettorali". 
"Stiamo andando verso una riapertura delle attività economiche purtroppo caratterizzata da un caotico susseguirsi di misure incerte e contraddittorie". Il presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi, lo ha sottolineato parlando a porte chiuse agli industriali riuniti, oggi, in videoconferenza per il consiglio generale di via dell'Astronomia. Emerge da un audio trapelato dalla riunione e pubblicato dal sito Affari Italiani. "Sono personalmente stupefatto che nel 'dpcm riaperture' non ci sia alcun metodo di massa di tracciamento dei contatti finalizzato ad una diagnostica precoce da parte delle sanità regionali". E "l'app immuni non risulta collegata e validata da sanità centrali e regionali", dice Bonomi, che avverte: "Non c'è un Paese democratico al mondo che va verso il terzo mese di misure restrittive senza aver adottato un preciso metodo di raccolta dati epidemiologici e di concentrazione degli interventi sanitari territoriali". Poi aggiunge: "Dobbiamo batterci perché tra pochi giorni sia assicurata la tenuta del trasporto pubblico locale poiché le misure adottate appaiono difficilmente conciliabili con l'intensità dei flussi nelle grandi conurbazioni dove recarsi al lavoro non è possibile massivamente con mezzi privati". E "anche la chiusura persistente delle scuole è un enorme problema che impatta sulla serenità dei nostri collaboratori, sulla conciliazione del lavoro". "Il Governo agevoli quel confronto leale e necessario in ogni impresa per ridefinire dal basso turni, orari di lavoro, numero giorni di lavoro settimanale e di settimane in questo 2020", "da definire in ogni impresa e settore al di là delle norme contrattuali", dice il presidente designato, Carlo Bonomi. "Senza questo sforzo collettivo la ripresa resta sotto ipoteca. E' impossibile pensare di perdere lì8/10%, del pil e che dopo due mesi possa tutto ritornare come disposto dai contratti vigenti".
"Le scelte che ci attendono sono da togliere il respiro. Chiedono una dedizione integrale e il meglio delle risorse intellettuali e morali". Il presidente designato Carlo Bonomi parla agli industriali riuniti a porte chiuse per il Consiglio Generale di via Confindustria e dice: "Per questo dobbiamo metterci rapidamente al lavoro perché entro l'estate sia pronto un grande piano Italia 2030-2050. Un grande libro bianco di medio periodo degli obiettivi dell'industria e della crescita dell'Italia.
Bonomi ha scelto i suoi vice. Nella squadra dei vicepresidenti, 13 in tutto, entrano Luigi Gubitosi, Maurizio Stirpe, Maria Cristina Piovesana, Emanuele Orsini, Barbara Beltrame, Giovanni Brugnoli, Francesco De Santis, Alberto Marenghi, Maurizio Marchesini, Natale Mazzuca. Si aggiungono i tre vicepresidenti 'di diritto': Carlo Robiglio, Alessio Rossi, Vito Grassi. 
"Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese ad iperindebitarsi".
E chi sarebbe stato il farabutto che ha indotto le imprese ad iperindebitarsi?
Ah! Capisco, il coronavirus che ha una sua personalità materiale, quindi agisce...
Io sarei favorevole ad una nazionalizzazione, invece, perché eviterebbe a voi di speculare su tutto spendendo meno per guadagnare di più e di creare, conseguentemente, le basi per il verificarsi dei disastri ai quali ci avete fatto assistere inerti, e che abbiamo dovuto pagare in termini di vite e di denaro, anche se a pagare sareste dovuti essere voi in termini penali e pecuniari.
Cetta.

Fase 2, le misure per gli esercizi commerciali.

IMMAGINE SUPERMERCATO

Nella cosiddetta "fase 2" gli esercizi commerciali la cui attività non è sospesa, al fine di limitare e contrastare la circolazione del nuovo coronavirus e garantire acquisti in sicurezza, devono rispettare le seguenti misure di igiene e prevenzione previste dal decreto del 26 aprile.
1. DISTANZA
Assicurare il mantenimento di un metro di distanza interpersonale in tutte le attività
2. PULIZA DEI LOCALI 
Garantire l'igiene ambientale con una frequenza di almeno due volte al giorno 
3. ARIA 
Mantenere un'adeguata aerazione naturale e il ricambio d'aria
4. IGIENE DELLE MANI
Mettere a disposizione gel igienizzante per la disinfezione delle mani (in particolare accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento) 
5. MASCHERINE
Utilizzare le mascherine negli ambienti chiusi e dove non sia possibile il distanziamento sociale
6. GUANTI
Usare guanti "usa e getta" nelle attività di acquisto, in particolare in caso di alimenti e bevande 
7. INGRESSI DILAZIONATI
Accessi regolamentati e scaglionati secondo le seguenti modalità:
  • attraverso ampliamenti delle fasce orarie 
  • per locali fino a 40 metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori 
  • per locali di dimensioni superiori a 40 metri quadrati, l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita
8. INFORMAZIONI 
Dare adeguata comunicazione alla clientela per garantire il distanziamento in attesa di entrare 
Data di pubblicazione: 29 aprile 2020 , ultimo aggiornamento 29 aprile 2020

Il filosofo e docente Michele Illiceto scrive una lettera a Vittorio Feltri. - Michele Illiceto

Il filosofo e docente Michele Illiceto scrive una lettera a Vittorio Feltri

A seguito delle ultime sgradevoli affermazioni nei confronti degli abitanti del mezzogiorno da parte del direttore e giornalista Vittorio Feltri, Michele Illiceto, insegnante di Storia e Filosofia presso il Liceo Classico “A. Moro” di Manfredonia gli ha voluto rispondere con una lettera pubblica.

"Caro Feltri,
Non volevo scriverti, ma i miei alunni di Liceo mi hanno chiesto cosa pensassi di quello che tu hai dichiarato a proposito di noi meridionali. Pertanto, scrivendo a te, io scrivo a loro. Perché a me non interessi tu, ma loro: i miei alunni. Scrivo per educarli. Tu sei solo un’occasione per filosofare con loro come faccio ogni giorno a lezione.
Ti devi essere sentito molto frustrato in questi giorni se ti sei spinto a fare un’affermazione così pesante come quella dove hai dichiarato che i meridionali sono inferiori. E sappi che ti scrivo non perché sono meridionale, ma solo perché sono italiano. Europeo. Cittadino del mondo. Anzi, per il solo fatto che quando accade qualcosa sono portato a riflettere e pensare sul perché ciò che è accaduto è accaduto. Ti scrivo come educatore.
Sono certo che forse in questa tua decisione deve aver influito il giudizio che, in questi giorni, quelli del Nord Europa hanno fatto paventare nei confronti di tutti gli italiani, te compreso, di essere inaffidabili in questioni di eurobond, di debito e di economia. E, si sa, l’inaffidabilità spesso è stata usata come criterio per tacciare di inferiorità quanti si mostrano tali.
Hai pensato di superare il tuo complesso di inferiorità nei confronti dei paesi del Nord Europa, creando sotto di te altri livelli di inferiorità, facendo pagare ad altri quell’inferiorità che tu da giornalista avresti dovuto smascherare con argomenti razionali e validi, come un vero giornalista avrebbe dovuto e saputo fare. Ma tu non sei di questa razza. Tu non sei al servizio della verità, né di quella logica né di quella fattuale, ma della stupidità travestita - con una buona ma falsa retorica - di argomentazioni che di razionale e di logicità non hanno nessun tipo di parentela.
Devi esserti sentito troppo a sud degli olandesi e dei danesi, o dei tedeschi e dei finlandesi, per tirarti fuori dalla mischia di questo sud che come un marchio anche tu ti porti addosso. E tu che hai fatto per attenuare questa tua frustrazione? Hai sentito la necessità di scaricarla sugli altri. Si è trattata di un’operazione infantile oltre che banale. Hai peccato di puerilità.
Saprai pure fare cronaca, ma di certo non sai tessere pensieri e trame argomentative di un certo spessore etico e quindi anche politico. Ti limiti a giudicare senza ponderare o valutare, senza neanche riflettere. Sei più impulsivo che riflessivo. Sei collerico e, a volte anche isterico, piuttosto che razionale e intento a cercare ragioni e cause.
Sappi però che a sconcertarmi di più non è stato tanto l’affermazione in sé, quanto piuttosto che tu l’abbia fatta in un momento convulso e tragico come quello che stiamo attraversando, sia come Italia sia come Europa e sia come mondo intero. Mentre l’Italia tutta, da nord a sud, si è stretta unita per affrontare insieme questa pandemia, tu ti sei scomodato per andare a scoperchiare argomenti obsoleti e figli di un pensiero che di razionale non ha proprio niente, perché figlio del pregiudizio e dell’ignoranza.
Hai voluto catalogare di geografia nord-sud anche la morte che in questi giorni è entrata preponderante nelle nostre case da nord a sud, senza alcuna distinzione. Anche il dolore hai voluto colorare di superiorità e di inferiorità. Meno male che né la morte né il dolore rientrano in schemi di tal genere. In Italia, in queste settimane, il pianto è stato uno e unico. Senza distinzioni né geografie. E sui balconi abbiamo sbandierato tutti l’unica e medesima bandiera, simbolo di quella Costituzione che ci fa tutti uguali e che tu, invece,, hai oltraggiato.
Mentre molti medici e infermieri volontari, da questo meridione a te inferiore, si sono trasferiti per portare la loro competenza e professionalità negli ospedali del tuo nord che tu vuoi superiore, tu hai pensato bene, comodamente installato sulla tua poltrona, di nasconderti dietro le parole e uno schermo televisivo che ti fa più grande di quanto tu davvero sia, sciorinando la tua pseudofilosofia fatta di sofismi senza alcuna valida e logica giustificazione, ma anche senza alcun dialogo o confronto dialettico.
Si, perché in fondo tu sei un ignorante. E il fatto che tu sappia mettere insieme un soggetto e un predicato, o sappia usare il congiuntivo, o sappia scrivere qualche articolo di giornale – che poi è sempre lo stesso: il tuo - non fa di te un intellettuale come tu credi di essere.
Ciò che inoltre mi fa specie è il tuo incessante e incontrollato bisogno di sentirti superiore a tutti i costi rispetto a qualcuno. E che per farlo hai bisogno di creare da qualche parte una qualche figura che, corrispondendo ai tuoi desiderata, ti appaia inferiore, consolandoti e rassicurandoti che tu, appunto, non sei come lui.
Ma dovresti sapere, caro Feltri - se hai qualche reminiscenza di psicanalisi - che chi ha bisogno di ricorrere a questa strategia (che si chiama transfert) deve avere qualche grossa fragilità da nascondere, qualcosa che necessita di scaricare sugli altri per non imputarla a se medesimo.
Ebbene, io contesto non tanto che tu ti senta superiore a noi meridionali o che tu consideri noi del sud inferiori per natura (mi chiedo poi chissà poi rispetto a chi). Se sei tu il nostro punto di paragone, beh, sono contento di esserti inferiore e ti lascio tutta la superiorità che ti attribuisci da solo. Il problema è che chi si sente superiore, paradossalmente finisce col trovarsi ad essere inferiore. E’ questa la tua inferiorità: la morbosa necessità che hai di sentirti a tutti i costi superiore a qualcuno.
Ma, dicevo, non contesto tanto questo quanto piuttosto la mal posta necessità che ci sia da qualche parte qualcuno che per forza di cose debba sentirsi superiore rispetto ad un altro, che invece deve sentirsi, senza alcuna ragione, inferiore. Contesto proprio le due categorie di superiorità-inferiorità da te usate come se fossero categorie che hanno in natura un qualche loro fondamento. E’ inutile ricordarti - se sai un po’ di storia - che altri idioti e folli, su questa falsa convinzione, che non definirei neanche ideologica, ma soltanto infantile e stupida, hanno costruito i loro regimi totalitari che in seguito hanno portato, nel secolo scorso, la nostra Europa e il mondo intero verso una guerra tragica e folle.
Quelle che tu usi sono categorie che di naturale non hanno proprio nulla, perché sono soltanto convenzioni e convinzioni create da chi ha il potere che può assumere di erse forme: del denaro, delle parole, delle immagini, degli strumenti di comunicazione, delle religioni, etc.
Per tutto questo e per molto altro che non ho il tempo di scriverti, perché ho cose molto più serie da fare, caro Feltri, ti dico che questa tua dichiarazione in me non ha tanto suscitato indignazione, ma soltanto pena. Un’irresistibile pena, la quale tuttavia non mi dà il diritto di sentirmi per nulla superiore a te.
Cordialmente, e con tutta la mia inferiorità".