mercoledì 2 dicembre 2020

Elogio della nostra finita esistenza. - Paolo Flores d’Arcais

 

Albert Camus vince il premio Nobel per la Letteratura nel 1957. Jacques Monod vince il premio Nobel per la Medicina nel 1965. Uno scrittore e uno scienziato, dunque. In realtà entrambi anche filosofi, nel senso più vero e profondo: contribuiscono alla filosofia del dopoguerra con testi di straordinaria originalità e di raro rigore, Il mito di Sisifo e L’uomo in rivolta Albert Camus, Il caso e la necessità e i due saggi conclusivi di Per un’etica della conoscenza Jacques Monod.

Filosofi che la filosofia accademica ovviamente non vorrà riconoscere come tali, tanto più che sviluppano entrambi, in perfetta autonomia, tutte le componenti essenziali di una filosofia del finito, rigorosamente antimetafisica, partendo da materiali di riflessione lontanissimi e complementari: l’assurdità dell’esistenza per Albert Camus, che solo la rivolta potrà riscattare mettendo in solidarietà (“mi rivolto, dunque siamo”) gli uomini che si battono per “diminuire aritmeticamente il dolore del mondo”; il radicale disincanto cui la scienza costringe secondo Jacques Monod, l’Homo sapiens, mandando in frantumi plurimillenarie concezioni religiose e filosofiche, “i concetti tradizionali che da tempo immemorabile hanno fornito il fondamento etico alle società umane”, frutto tutte, nella loro differenza e concorrenza, di “ontogenesi immaginarie, nessuna delle quali può resistere al confronto con l’indagine scientifica”.

Se la filosofia ufficiale avesse fatto tesoro dei loro lavori, avrebbe potuto imboccare la strada fecondissima di una filosofia del finito, anziché avvitarsi da mezzo secolo nei piaceri insensati di tutte le varianti metafisiche, e neo e post, e nelle fantasmagorie teologiche o para, e nelle presunzioni autoreferenziali delle ermeneutiche col loro nietzschiano “non esistono fatti, solo interpretazioni”, che ha infine celebrato i suoi trionfi con le “verità alternative” canonizzate da Donald Trump.

Filosofie accademiche in asperrima concorrenza, che hanno tutte in comune, però, la fuga consolatoria dalla finitezza dell’esistenza e il disprezzo per la scienza, banco di prova di ogni pretesa conoscenza e tribunale di ogni filosofia.

Ora, finalmente, una filosofia del finito, che mette in dialogo, e in reciproca ibridazione, e in fruttuosa sinergia il pensiero di Camus con quello di Monod, ha preso corpo. Grazie a Telmo Pievani e al suo Finitudine (Raffaello Cortina editore, 280 pagine, 16 euro). Pievani ha scritto il lavoro filosofico che Monod e Camus avrebbero potuto scrivere insieme, e lo ha fatto unendo alla maturità filosofica e alla competenza scientifica una rara capacità di espressione letteraria, talvolta di poesia, se il termine non fosse abusato. L’argomentazione razionale come unico strumento di indagine, proposto ai lettori con una “leggerezza” che sarebbe piaciuta a Italo Calvino.

Il sottotitolo del libro recita “Un romanzo filosofico su fragilità e libertà”. In effetti la cornice è pura finzione, Pievani immagina che Albert Camus non muoia sul colpo nell’incidente di macchina del 4 gennaio 1960. Resta gravemente ferito, e Jacques Monod lo va a trovare ripetutamente, leggendogli ogni volta le bozze di un capitolo del libro che, nella finzione di Pievani, stanno scrivendo insieme.

La cornice è in realtà la struttura del libro, consente a Pievani di esporre la propria filosofia come sintesi e sinergia di quelle di Monod e Camus, ma anche di far dialogare i due che si raccontano gli episodi salienti delle reciproche vite, e in questo modo rivisitare momenti cruciali del dopoguerra europeo, innanzitutto la Resistenza contro il nazifascismo, l’impegno a sinistra degli intellettuali, la rottura con il mondo comunista, la coerenza di un socialismo libertario minoritario ed eretico.

Camus (nomi di clandestinità Albert Mathé e Bauchard) nella Resistenza sarà l’animatore del giornale clandestino Combat, che giocherà un ruolo fondamentale nella vita civile e politica anche nei primi anni dopo la liberazione di Parigi. Monod fa parte dei gruppi armati Franc-tireurs Partisans fino a diventare, col nome di Commandant Malivert, il numero due delle Forces Françaises de l’Intérieur.

L’alternarsi della lettura delle bozze con il reciproco “raccontarsi” permette inoltre a Pievani di mettere in bocca ai suoi personaggi/autori pagine di affascinante divulgazione scientifica, e di criticare le derive filosofiche del loro tempo, che presentano in evidente filigrana un de te fabula narratur rispetto alle derive successive, diventate il mainstream della filosofia continentale fino ad oggi, ahimé.

Pievani riesce a mostrarci in modo persuasivo, anzi stringente, come tutte queste filosofie di evasione spiritualista o dialettica o ermeneutica dal finito, costituiscano in realtà forme di animismo, forme elaboratissime, sia chiaro, esattamente come le religioni, del resto. Ma di animismo. E qui si saldano in modo inaggirabile la riflessione filosofica e l’accertamento scientifico: è il processo di selezione darwiniano – che per via evolutiva ha dato vita alla peculiarissima scimmia che tutti noi siamo – che ha impregnato di animismo la nostra neocorteccia, perché vantaggioso nella iniziale competizione di Homo sapiens.

La storia della scienza è anche il percorso di emancipazione da tale animismo, che continua a permanere come tentazione e stigmate e imprinting in ciascuno di noi. Non siamo animali razionali. Lo siamo solo potenzialmente, e sempre in lotta con l’animismo prepotente ma resistibile di un viluppo di connessioni sinaptiche inestirpabile nel nostro cervello. Quando riusciamo a venirne a capo e a dominarlo, quando riusciamo a essere razionali, riconosciamo il carattere illusorio delle religioni e di ogni aldilà, il carattere irrimediabilmente finito, materiale, della nostra esistenza. Non è un caso, allora, che Pievani metta in esergo ad ogni capitolo della sua (e di Camus/Monod) filosofia alcuni versi dal De rerum natura di Lucrezio.

Scientismo, materialismo, ateismo, sono le accuse che a questa filosofia saranno ovviamente rivolte, e che Pievani è pronto ad assumere con orgoglio come coerenza del disincanto. Cui consegue l’inaggirabile libertà della nostra scelta etica, perché la natura è muta, non esiste nessuna “morale naturale”, siamo noi i padroni della norma.

Pievani è scrupolosamente fedele ai testi di Camus e Monod. Fino quasi al collage di brani originali o comunque ad ampie parafrasi. Esponendo la loro/sua filosofia del finito critica con sferzante lucidità i continui tentativi di aggirare il finito insensato che la scienza ci squaderna davanti, i trucchi di nuovo finalismo, gli escamotage di Intelligent design con cui il neo animismo teo-filosofico cerca di metabolizzare il carattere sovversivo del darwinismo.

Chiunque ami la filosofia e la scienza, questo libro dovrebbe correre a leggerlo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/01/elogio-della-nostra-finita-esistenza/6022237/

martedì 1 dicembre 2020

Patrimoniale: il Cazzeggio di Orfini & C. - Antonio Padellaro

 

Funziona così: due esponenti di sinistra della maggioranza, Matteo Orfini (Pd) e Nicola Fratoianni (LeU) firmano, con una pattuglia di sodali, un emendamento alla manovra per l’introduzione della patrimoniale. L’idea, leggiamo, è di “eliminare l’Imu e introdurre un prelievo progressivo che intervenga sui patrimoni dei super-ricchi per finanziare la spesa sociale”. Trattasi di proposta destinata all’oblio, perché dargli spago significherebbe per il governo suicidarsi. Aspetto che sicuramente non sfugge a politici navigati come Orfini e Fratoianni, talché esiste il fondato motivo che la loro sia più che altro una provocazione per riconquistare i titoli dei giornali dopo lunga astinenza. Naturalmente, si tratta di autentica leccornia servita su un piatto d’argento a quella destra con il sangue agli occhi e la bava alla bocca, che difatti reagisce da par suo. Matteo Salvini: “Il solo pensare di tassare ora chi ha casa e risparmi è da arresto immediato”. Apertura di Libero: “La patrimoniale è una rapina. Il governo fa debiti e noi li paghiamo”. Apertura de il Giornale: “Patrimoniale. Mettono le tasse e nascondono la mano”. La Verità: “La tosatura del ceto medio è in arrivo”.

Reazioni legittime, esattamente come la provocazione iniziale, due visioni opposte che si sfidano intorno a un tema sensibile di forte impatto sociale. Infatti, anche l’economista Alessandro De Nicola si scatena sulla Stampa accusando la sinistra socialista di proporre balzelli, poiché “prigioniera della sua demonologia e voglia solo di far piangere – per dirla alla Vecchioni – ‘i ricchi signori che mangian le stelle distesi sui prati delle loro ville’”. Toni da vigilia di una nuova Rivoluzione d’Ottobre (anzi di dicembre) che creano qualche comprensibile preoccupazione tra i risparmiatori. Chi non ha molta pratica di sinistra Pd e LeU (capita), chi non si abbevera al cazzeggio retroscenista dei giornali (capita) chiede lumi presso la banche di riferimento, non senza qualche apprensione per il conto corrente. Nessuno ne sa niente e tutti cadono dal pero. Insomma, molto rumore per nulla (ma quello almeno era Shakespeare, e non Orfini e Fratoianni).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/01/patrimoniale-il-cazzeggio-di-orfini-c/6022236/

C’è da avere paura dell’opportunismo del Rinato Brunetta. - Andrea Scanzi

 

Luigi Di Maio? Un “vero leader”, uno “studente preparato”. A dirlo non è Vito Crimi, ma Renato Brunetta. Il falco berlusconiano ha esalato parole di amore puro nei confronti del ministro degli Esteri: “Di Maio è giovane, intelligente, rispettoso, veloce, sa ascoltare e con un vecchio signore come me si è sempre comportato bene”. Non solo: “Di Maio sta trasformando un movimento caotico in un partito strutturato e responsabile. E queste imprese non le raggiungi se non sei un leader”.

Ovviamente è lo stesso Brunetta che, prima delle elezioni del 2018, tuonava parole sature di stima nei confronti del “vero leader” 5 Stelle: “Caro Luigi Di Maio, spudorato e ignorante. Stai truffando i cittadini con la barzelletta del candidato premier e della lista di ministri al Quirinale. Vergognati e studia un po’ di diritto costituzionale. Trovati un lavoro e solo dopo cita il professor Brunetta”.

Cosa è successo? Due cose. La prima è il terrore della scomparsa, che attanaglia (anche se mai lo ammetterà) un navigato marpione della politica come Brunetta. La seconda è il mero opportunismo politico, che è poi in realtà (per Di Maio) null’altro che un bel cetriolone in arrivo. Da quanto tempo non si sente parlare di Brunetta? Mesi, anzi anni. Che in politica son quasi secoli. Troppo intelligente (e orgoglioso) per ridursi a elemosinare scranni televisivi di contrabbando come un Gasparri qualsiasi, Brunetta non dà segno di sé da un bel po’. Sono lontani gli scontri con Bignardi e Gruber, sono lontane le caricature (geniali) di Crozza. Dell’economista che sognava il Nobel, amava Craxi e vinceva il premio Rodolfo Valentino (non è una battuta), non parla più nessuno. L’ultima volta è stato avvistato in un recente servizio di Enrico Lucci a Cartabianca. Lucci provava a chiedergli qualcosa, e Brunetta – camminando senza mai fermarsi – ripeteva ossessivamente e astiosamente: “Grazie, buon lavoro!”.

La smisurata antipatia, che Brunetta ostenta e brandisce come un bizzarro merito padronale, non è certo scemata. L’uomo resta quello di prima, aduso a tuonare contro satira, Pubblica amministrazione “fannullona” e “culturame” de sinistra. A mutare è stato lo scenario politico, che ha reso marginale Forza Italia e dunque anche lui, certo poco entusiasta della crescita (un tempo) di Salvini e (tuttora) di Meloni. “Alleati” che deve detestare così tanto politicamente da arrivare a (fingere di) apprezzare il non plus ultra del grillismo. Ovvero, per berlusconiani e non solo, il male assoluto. E qui viene il secondo punto: l’opportunismo politico. Il “sì” allo scostamento di bilancio. I toni più istituzionali. Addirittura il riconoscimento pubblico al nemico. Tutto questo, in un Paese politicamente normale, sarebbe meraviglioso: l’opposizione che fa squadra col governo, di fronte al vile nemico comune (il Covid). Sarebbe bello. Fidarsi dei berlusconiani è però una perversione ormai sconcia e decaduta, dentro la quale sono naufragati non pochi leader di centrosinistra. Di Maio, sin qui, ha sempre risposto alle avance forziste con una sorta di “Se vogliono appoggiarci esternamente gratis, per me va bene”. Ma Brunetta, uomo tanto scaltro quanto spregiudicato, non fa nulla politicamente gratis. Come Berlusconi. Se Brunetta stima personalmente Di Maio, okay. Se questa corrispondenza (per ora univoca) di amorosi sensi si traduce però in un allargamento ufficiale della maggioranza, allora è la fine. Per i 5 Stelle, e tutto sommato chi se ne frega: chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Ma più che altro per il Paese. E questa sì che sarebbe una sciagura.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/01/ce-da-avere-paura-dellopportunismo-del-rinato-brunetta/6022232/

𝐄𝐧𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐚𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞. 𝐄𝐧𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐫𝐞𝐥𝐚. 𝐄𝐧𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐚 𝐫𝐞𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚. - Davide Casaleggio

 

Ieri ho ricevuto la visita delle Iene che si sono intrufolate nel cortile privato dell’ufficio. Mi avevano già contattato sabato e avevo dato disponibilità ad un’intervista chiedendo loro di rivolgersi all’Ufficio Stampa per un appuntamento. Ma, lo sappiamo tutti, a loro piace essere “Iene” e così si sono appostate sotto l’ufficio e hanno fatto una corsetta dietro la macchina mentre parcheggiavo.
E oggi vedo altro fango sulla carta stampata.

Visto che continua il circo mediatico avviato da un articolo sul Riformista, che in sostanza dice che avrei accettato soldi per far ridurre le tasse ad un comparto, credo di dover tornare sull’argomento oltre a depositare l'ennesima querela per diffamazione. Va bene anche l’ironia e le corsette buffe per fare un po' di scena, ma dal momento che il tema è molto serio dato che stiamo parlando di diffamazioni inaccettabili e di questioni che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone che lavorano in Casaleggio Associati, devo per forza entrare di nuovo nel merito e spero in maniera definitiva.

1 - Casaleggio Associati è uno dei leader nel settore dell’innovazione tecnologica e delle strategie di Rete e in 15 anni, ha accompagnato e supportato molte aziende nella trasformazione digitale dei processi organizzativi e dei propri modelli di business. Ogni anno produce studi e ricerche di settore che vengono scaricati e utilizzati da decine di migliaia di manager, da quelli sull’e-commerce a quelli su Blockchain, dall’intelligenza artificiale applicata ai processi aziendali alle Smart Company fino al recente report sulla digital food strategy nel periodo della pandemia. Per riservatezza e correttezza nei confronti di tutti i nostri clienti, non parliamo mai dei loro progetti, ma lasciamo che siano loro a decidere modalità e tempi se decidono di farlo. Un esempio di successo noto a tutti di come la Casaleggio Associati operi, per competenze e risultati ottenuti, è quello del MoVimento 5 Stelle per il quale ha curato la strategia iniziale ancor prima della sua costituzione avviando una partecipazione civica digitale che ha portato dal blog alla principale forza politica rappresentata in Parlamento. Un caso unico al mondo.

2- Qualunque società che conosce le attività e le competenze tecnologiche e di business presenti all’interno di Casaleggio Associati, ne percepisce i vantaggi di impatto sull’evoluzione del proprio business. Tanto che tutti i nostri clienti hanno avuto modo di fare passi avanti importanti nel mondo dell’innovazione.

3- Casaleggio Associati non si occupa di politica e dal 2016 gli sviluppi tecnologici a supporto del blog e del MoVimento 5 Stelle sono a cura e in gestione dell’Associazione Rousseau, un’associazione senza scopo di lucro con personale e sede distinta.

4- I clienti di Casaleggio Associati appartengono a settori diversi, ma sono accomunati dal voler comprendere come utilizzare la tecnologia per innovare i propri processi di business.

5- Casaleggio Associati non accetta “finanziamenti” o “donazioni”, ma solo contratti a fronte di prestazione di servizi digitali e consulenza strategica nell’ambito del mondo dell’innovazione e della comunicazione digitale. Il lavoro di Casaleggio Associati si focalizza ad esempio su progetti di innovazione digitale, strategie di marketing e comunicazione, ricerche ed analisi sui mercati digitali e applicazioni software.

6- Non ho mai richiesto nulla per i clienti di Casaleggio Associati a eletti o governanti del MoVimento 5 Stelle, mantenendo sempre una distinzione netta tra le due realtà.

7- L’unico conflitto palese che sembra emergere da questo caso è quello del giornalista che ha scritto l’articolo, Aldo Torchiaro, che è anche Media Relation Director di Spencer&Lewis (https://bit.ly/3fRucKd nota: mi spiace che nella giornata di ieri il suo nome sia stato rimosso dalla pagina, qui la versione precedente: https://bit.ly/2VpPyot) che annovera tra i propri clienti i due grandi concorrenti internazionali di Philip Morris (https://bit.ly/2KTaBOthttps://bit.ly/2KPonBz). Due aziende che beneficerebbero della modifica della tassazione di cui scrive il giornalista, senza che però dichiari i suoi legami con queste due società nell'articolo.

8- Le riduzioni delle tasse ad alcuni prodotti specifici a cui ci si riferisce negli articoli di giornale sono state fatte da Renzi prima (https://bit.ly/2ViHohR) e dalla Lega successivamente (https://bit.ly/3fSxGfK). In questo senso credo possa essere qui si opportuno regolare eventuali conflitti di interesse ai 120 parlamentari che scrivono leggi possedendo aziende.

9- Tra le bufale del giorno del Riformista mi tocca anche segnalare che non ho mai partecipato a riunioni governative per definire la finanziaria. L'unico contributo pubblico che ho dato quest'anno é la ricerca sul futuro dell'Italia post Covid realizzato con l'Associazione Gianroberto Casaleggio (https://bit.ly/3mCml65).

10- Come sempre continuerò a querelare chi continuerà ad accusare me o Casaleggio Associati di attività illecite. Questo è quello che mi trovo a fare ogni volta che qualcuno decide di diffamare la nostra azienda. L'ho fatto anche in questo caso nei confronti del giornalista e del giornale.
Purtroppo i tempi della giustizia sono molto più lunghi del circo mediatico che si viene a generare.
Appena uscita la diffamazione sul giornale ho subito replicato sperando che potesse chiudersi nel botta e risposta. Ma evidentemente non è stato così, perchè la diffamazione nei miei confronti e della nostra società, questa volta, evidentemente non è l’unico obiettivo. 

https://www.facebook.com/photo?fbid=219718142852876&set=a.208803463944344

Conte litiga coi partiti sul Recovery. - Luca De Carolis e Wanda Marra

 

Palazzo Chigi insiste per farlo gestire a manager e (pochi) ministri.

Alle 20.30 di un lunedì Palazzo Chigi ammette con una nota che c’è una distanza politica tra Giuseppe Conte e i partiti sulla gestione del Recovery Fund. Perché Conte vuole affidarlo a un esercito di manager e funzionari e a pochissimi ministri fidati, con lui stesso, come premier, a dirigere. Ma i partiti temono di essere commissariati. E allora ci sono diversi nodi aperti.

Il primo è la creazione di un supercommissario che dovrebbe coordinare i sei manager responsabili dei sei programmi del Recovery Plan italiano. Conte ha affidato a se stesso la regia, il Pd pensa alla gestione di una società controllata dal Tesoro. Secondo nodo: i poteri da attribuire ai manager e ai 300 componenti della futura task force, che sono da definire e potrebbero sovrapporsi a quelli non solo dei ministeri, ma anche degli enti locali. La nota di Chigi, diffusa per stemperare il clima, assicura che la “struttura avrà compiti di coordinamento, di monitoraggio e solo in casi estremi poteri sostitutivi”. Terzo problema aperto: la scelta dei ministri coinvolti nella cabina di regia politica. Sarebbero previsti solo Gualtieri e il grillino Stefano Patuanelli (Mise) oltre a Enzo Amendola (Affari europei), delegato ai rapporti con Bruxelles. Una rosa che non soddisfa a pieno i 5Stelle e non è accettabile dal Pd. Per i dem dovrebbero esserci dentro anche i titolari delle Infrastrutture e del Mezzogiorno. Mentre Palazzo Chigi assicura che il “comitato esecutivo non ha poteri decisori, ma di vigilanza politica”.

Punti da chiarire anche nella capidelegazione di governo, ieri saltata. Ufficialmente perché Roberto Gualtieri, ministro del Tesoro, era impegnato con l’Eurogruppo, ma di fatto anche per far abbassare i toni della polemica politica e permettere agli sherpa di Pd e M5S di fare un punto. L’accusa sibilata nei confronti di Conte è sempre quella: eccessivo accentramento. Inoltre, non c’è solo la politica a voler decidere. Nella struttura di missione, che dovrebbe essere a Palazzo Chigi, dovrebbero sedere i principali amministratori delegati delle società controllate dallo Stato (la trattativa è già in corso): promette di diventare una sorta di governo ombra, come denuncia Ettore Rosato (Iv). Resta tra le ipotesi quella di creare un ministero proprio per la gestione del Recovery Fund.

Nell’attesa, arrivano le stilettare fuori microfono. Per esempio da fonti a 5Stelle: “È bene che non si finisca con qualcosa che ricordi il piano Colao”. Ossia il supertecnico che ha vergato un “piano per il rilancio” assieme a una folla di esperti, stritolato dall’insofferenza dei partiti che lo vivevano come un invasore. Incertezze che si aggiungono alle tensioni politiche: Luigi Di Maio non ha per nulla gradito le indiscrezioni rilanciate dal Corsera secondo cui Conte lo vedrebbe tra i fautori di un rimpasto. E Palazzo Chigi ha dovuto smentire.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/01/conte-litiga-coi-partiti-sul-recovery/6022223/

Ritrovata nella Foresta amazzonica la “Cappella Sistina” della preistoria, migliaia di dipinti di più di 12mila anni fa. - Germana Carillo

 

Uno straordinario ritrovamento e una delle più grandi collezioni al mondo di arte rupestre preistorica: in Colombia, nel cuore della Foresta Amazzonica, lungo 12 chilometri di pareti rocciose è stata scoperta quella che gli esperti hanno subito denominato “l’antica Cappella Sistina”. Decine di migliaia di dipinti di animali e umani creati fino a 12.500 anni fa.

Immagini che raccontano una civiltà antica e perduta, popolata tra gli altri, da mastodonti – una specie preistorica di elefante tipica del sud America – bradipi giganti e cavalli dell’era glaciale.

La scoperta in realtà risale all’anno scorso, ma non era è stata annunciata sinora poiché sarà parte di una serie della inglese Channel 4 in programma a dicembre intitolato “Jungle Mystery: Lost Kingdoms of the Amazon”.

(Misteriosamente scomparso il monolite scoperto qualche giorno fa nel deserto dello Utah)

Il sito si trova nella remota Serranía de la Lindosa e la regista del documentario, Ella Al-Shamahi, archeologa ed esploratrice, ha detto all’Observer che “è così nuovo che non gli hanno ancora dato un nome”. Eccitata per aver avuto la possibilità di ammirare un’arte creata migliaia di anni fa, Al Shamahi ha definito la scoperta “mozzafiato”.

La scoperta è stata fatta da un team britannico-colombiano, finanziato dall’European Research Council e guidato da José Iriarte, professore di archeologia all’Università di Exeter e uno dei maggiori esperti di storia dell’Amazzonia e precolombiana.

amazzonia arte rupestre

©Marie-Claire Thomas/Wild Blue Media

Abbiamo iniziato a vedere animali che ora sono estinti – racconta. Le immagini sono così naturali e così ben fatte che abbiamo pochi dubbi che tu stia guardando un cavallo, per esempio. Il cavallo dell’era glaciale aveva una faccia selvaggia e pesante. È così dettagliato che possiamo persino vedere i crini. È affascinante”.

amazzonia arte rupestre

©Marie-Claire Thomas/Wild Blue Media

Le immagini includono pesci, tartarughe, lucertole e uccelli, oltre a persone che ballano e si tengono per mano. Una scoperta eccezionale, insomma, che ancora molto ha da raccontarci.

Fonte: The Guardian Observer

https://www.greenme.it/vivere/arte-e-cultura/amazzonia-cappella-sistina-della-preistoria/

Svelato il mistero della materia oscura mancante. - Maura Sandri

 

Questa immagine presenta la regione attorno alla galassia Ngc 1052-Df4, ripresa dal telescopio Iac80 all’Osservatorio del Teide, a Tenerife. La figura evidenzia le principali galassie nel campo visivo, tra cui Ngc 1052-Df4 (al centro dell’immagine) e la vicina Ngc 1035 (al centro, verso sinistra). Crediti: M. Montes et al.

Nuovi dati del telescopio spaziale Hubble della Nasa/Esa hanno fornito le prove di una distruzione mareale nella galassia Ngc 1052-Df4. Studiando la distribuzione della luce e degli ammassi globulari della galassia, gli astronomi hanno concluso che la forza di gravità esercitata dalla galassia vicina Ngc 1035 ha strappato via la materia oscura da Ngc 1052-Df4. Tutti i dettagli su ApJ

Nel 2018, un team internazionale di ricercatori aveva scoperto – grazie ai dati del telescopio spaziale Hubble e a diversi osservatori terrestri – una galassia con una componente di materia oscura molto bassa: Ngc 1052-Df2, che si era aggiudicata l’appellativo di galassia trasparente. Questa scoperta era stata una vera sorpresa per gli astronomi, poiché è risaputo che la materia oscura è un costituente fondamentale negli attuali modelli di formazione ed evoluzione delle galassie. Senza materia oscura, infatti, il gas primordiale non avrebbe una forza di gravità sufficiente per iniziare a collassare e formare nuove strutture.

Un anno dopo, nel 2019, è stata scoperta un’altra galassia in cui sembra mancare materia oscura, Ngc 1052-Df4, a 45 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, che ha innescato ulteriori intensi dibattiti tra gli astronomi sulla natura di questi due oggetti, Df2 e Df4.

Ora, grazie ai nuovi dati di Hubble, si è trovato il motivo della mancanza di materia oscura in Ngc 1052-Df4. Mireia Montes dell’Università del New South Wales in Australia, ha guidato un team internazionale di astronomi nello studio di questa galassia, utilizzando l’imaging ottico profondo (ossia caratterizzato da una sensibilità molto buona, in grado di rilevare dettagli estremamente deboli). Gli scienziati hanno dunque scoperto che la materia oscura mancante può essere spiegata dagli effetti di tidal disruption, o distruzione mareale, indotti dalla vicina (e massiccia) galassia Ngc 1035, la cui forza di gravità sta letteralmente facendo a pezzi Ngc 1052-Df4. Durante questo processo, la prima a essere strappata via è stata proprio la materia oscura, mentre le stelle hanno risentito degli effetti dell’interazione in una fase successiva.

Fino a ora, questa rimozione della materia oscura è rimasta nascosta agli astronomi, in quanto può essere osservata solo utilizzando immagini molto profonde. «Per scoprire che Ngc 1052-Df4 sta vivendo un’interazione, abbiamo utilizzato Hubble sia per studiare la luce della galassia, sia per capire la distribuzione dei suoi ammassi globulari», ha spiegato Montes.

Grazie all’alta risoluzione di Hubble, gli astronomi hanno potuto identificare la popolazione di ammassi globulari della galassia. Mentre con il telescopio Gran Telescopio Canarias (Gtc) da 10.4 metri e il telescopio Iac80 all’Osservatorio del Teide, sempre alle Canarie, hanno ottenuto nuovi dati che hanno permesso di studiare le sue proprietà fisiche attraverso la fotometria. «Non è sufficiente dedicare molto tempo all’osservazione dell’oggetto, ma occorre anche un trattamento accurato dei dati», spiega Raúl Infante-Sainz dell’Instituto de Astrofísica de Canarias (Spagna). «Era quindi importante utilizzare non solo un strumento, bensì diversi telescopi – sia spaziali che terrestri – per condurre questa ricerca. Con l’alta risoluzione di Hubble possiamo identificare gli ammassi globulari e con la fotometria del Gtc facciamo luce sulle proprietà fisiche».

Si pensa che gli ammassi globulari si formino negli episodi di intensa formazione stellare che modellano le galassie. Le loro dimensioni compatte e la loro luminosità li rendono facilmente osservabili e sono quindi buoni traccianti delle proprietà della galassia che li ospita. In questo modo, studiando e caratterizzando la distribuzione spaziale degli ammassi in Ngc 1052-Df4, gli astronomi hanno potuto derivare informazioni sullo stato della galassia stessa. L’allineamento di questi ammassi suggerisce che siano stati strappati dalla galassia ospite, e questo supporta la conclusione secondo la quale è in atto un evento di distruzione mareale.

Questa immagine mostra il cielo attorno alle galassie ultra diffuse Ngc 1052-Df4 e Ngc 1052-Df2. È stato creato da immagini che fanno parte del Digitized Sky Survey 2. Ngc 1052-Df2 è praticamente invisibile in questa immagine. Crediti: Esa / Hubble, Nasa, Digitized Sky Survey 2, Davide de Martin

Studiando la luce della galassia, gli astronomi hanno anche trovato prove di questa ipotesi in code mareali formate da materiale che si allontana da Ngc 1052-Df4.

Ulteriori analisi hanno concluso che le parti centrali della galassia sono rimaste intatte e solo il 7 per cento circa della massa stellare della galassia è ospitato in queste code. Ciò significa che la materia oscura, che è meno concentrata delle stelle, è stata rimossa dalla galassia precedentemente, e ora anche la componente stellare esterna sta iniziando ad andarsene, strappata dalla galassia vicina. «Con il tempo», spiega Ignacio Trujillo «Ngc 1052-DF4 verrà cannibalizzata dal grande sistema attorno a Ngc 1035».

E così gli astronomi hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Senza la scoperta di queste prove a sostegno del meccanismo di distruzione mareale come spiegazione della materia oscura mancante nella galassia, gli scienziati avrebbero dovuto rivedere la loro comprensione delle leggi che governano la gravità. «Questa scoperta concilia le attuali conoscenze su come si formano ed evolvono le galassie con il modello cosmologico più favorevole», conclude la Montes.

https://www.media.inaf.it/2020/11/30/svelato-il-mistero-della-materia-oscura-mancante/