Un cameriere serve da bare con la mascherina e la visiera in un locale a Torino.
Niente baci e abbracci: resta l'obbligo di distanziamento sociale. E non si può uscire di casa con la febbre se si ha una infiammazione respiratoria con febbre sopra 37.5.
Via la (vituperata) autocertificazione ma non le mascherine o l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora. La 'Fase 3' delle misure anti-pandemia non è certo un 'tana libera tutti' e permangono una serie ben precisa di divieti da rispettare.
Ecco cosa non si potrà fare anche dopo il via libera della circolazione tra le regioni:
TOGLIERE MASCHERINE - Non ci si potrà togliere la mascherina nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto.
NIENTE BACI E ABBRACCI - L'arrivo della Fase 3 non prevede allentamenti per quanto riguarda i contatti fisici: restano le norme previste del Dpcm in vigore che prevede l'obbligo del distanziamento sociale a un metro.
LA QUARANTENA RESTA OBBLIGATORIA - Non può uscire di casa chi ha una infezione respiratoria con febbre superiore ai 37,5 gradi.
ANCHE LA MOVIDA RESTA OFF LIMITS - Niente assembramenti che restano vietati su tutto il territorio nazionale.
NIENTE CONSUMAZIONI 'A TUTTE LE ORE' - Restano 'sorvegliati speciali' i luoghi delle città più frequentati per la presenza di bar e ristoranti e rimane l'obbligo di consumare ai tavoli entro una certa ora.
NIENTE CENTRI ESTIVI, MA ANCORA PER POCO - Non riaprono ancora i centri estivi per i minori che potranno, però, ripartire dal 15 giugno.
NO AGLI SPETTACOLI (PER ORA), NEMMENO SE ALL'APERTO - Stessa data di riapertura per cinema e teatri mantenendo però il rispetto della distanza di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori, con il numero massimo di 1.000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 persone per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala.
Non so cosa abbiamo fatto qui in Lombardia per meritarci tutto questo. Dev’essere ancora per quel rito dell’ampolla con l’acqua del Po o quella colletta pro Formigoni o Fedez&Ferragni che si lanciano la frutta al supermercato o l’indimenticato stand “Choco Kebab” (il kebab al cioccolato all’Expo). Di sicuro, per spiegare quel che ci sta capitando, c’è un peccato originale, una colpa atavica, un’eredità karmica da scontare. “Ve li siete votati voi”, potreste replicare. Ma in un mondo giusto la pena dev’essere proporzionata alla colpa: i lombardi non si meriterebbero Gallera, Fontana, la pm che dice che la Val Seriana doveva chiuderla il governo e Patrizia Baffi presidente della commissione d’inchiesta, neppure se fossero colpevoli del genocidio di tutti i milanesi mezzosangue pugliesi. Ed è proprio della Baffi che mi tocca parlare perché la sua nomina a presidente della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza coronavirus è un altro tassello nel mosaico del malinconico disastro lombardo. Se il Covid nasce da un pipistrello che trasmette il virus al pangolino che lo trasmette all’uomo, qui Italia Viva è il pipistrello e la Baffi il pangolino, il serbatoio, il vettore tra passato e disastro futuro. La Baffi, va detto, era partita bene: non aveva votato la mozione di sfiducia del Pd contro l’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Considerato che, secondo l’indice R0 locale, ci vogliono almeno 2 milioni di lombardi per trovarne uno che abbia una flebile fiducia in Gallera (come podista, non come assessore), la Baffi destava già qualche sospetto. Il fatto che all’ultimo momento si sia candidata a presidente della commissione e sia stata votata solo dal centrodestra e da sé stessa, genera un ulteriore sospetto, ma di quelli vaghi, appena accennati. In realtà il centrodestra l’ha votata perché, forte della sua onestà intellettuale, sa che troverà nel sergente Baffi un irriducibile, spietato rottweiler che azzannerà Gallera e Fontana alla giugulare finché non ammetteranno i loro inciampi.
Non è da Instagram che si giudica un giocatore, lo so, ma già dalle sue pagine social la Baffi rivela il suo distaccato rigore, quella freddezza istituzionale che fa sentire noi lombardi in una botte di ferro. Rassicurante quella foto sorridente con Fontana e la scritta “Noi ci fidiamo di te”. Scritta profetica almeno quanto “Grillo faccia un partito poi vediamo quanti voti prende!” di fassiniana memoria. Rassicuranti anche le numerose foto con Gallera (lei e Gallera in Regione che sorridono al fotografo, lei e Gallera che inaugurano la nuova cardiologia a Codogno, lei e Gallera al festival delle eccellenze agroalimentari, lei e Gallera alla Cooperativa Amicizia di Codogno), giusto a ribadire il concetto da lei stessa espresso di essere stata votata dal centrodestra “perché la mia persona è stata considerata un elemento di garanzia”. E in effetti elemento di garanzia lo è eccome. Più garanzia di così! Che poi sia un presidente di commissione, lo si intuisce dalla coerenza con cui giudicava la Regione in tempi non sospetti. “La Lombardia non utilizzi le Rsa per i pazienti Covid. Ritengo opportuno modificare in tempi brevi la delibera che indica le case di riposo tra le strutture abilitate a ricevere i pazienti positivi!”, scriveva infervorata il 6 aprile su Instagram. “Con onestà intellettuale, non è stato quella delibera a causare tutti quei morti”, dichiarava invece il 27 maggio con onestà intellettuale dopo che con onestà intellettuale era stata eletta presidente della commissione per indagare con onestà intellettuale anche sulla gestione delle Rsa. Ma noi ci fidiamo del sergente Baffi. Quella stessa Baffi che il 29 febbraio, con onestà intellettuale, commentava su Instagram un articolo sui contagi a Codogno: “Sulla base di quanto sostiene anche Repubblica, l’esistenza di un contagio sfuggito al controllo e alla prevenzione delle autorità è la vera ragione dell’attuale crisi”. Insomma, sono almeno tre mesi che è consapevole delle origini del disastro lombardo: ora, con onestà intellettuale, non dimenticherà le sue intime convinzioni. In attesa della sua aspra, fiscale, rigorosa inchiesta, coltiviamo certezze sulla sua austera gravità scorrendo i suoi selfie mentre scruta l’orizzonte dal Pirellone, i suoi selfie allo specchio in abiti di pizzo nero, i sui selfie con Renzi, Gori, Sala, financo Guerini, nonché il selfie alle sue gambe e la foto a uno schermo tv col suo primo piano ad Antenna3, tanto per fermare i momenti che contano. Ma ciò che più di tutto mi ha rassicurata sulla solidità intellettuale e culturale della Baffi è la foto col presidente Conte corredata dal commento lapidario, solenne, autorevole: “Siamo nati lo stesso giorno, 8 agosto, non potevo non dirglielo”. Seguono emoticon sorridente e tag a Conte, che ovviamente avrà subito chiesto un consulto a Branko per approfondire le affinità astrologiche con la Baffi. Cosa avremo fatto di male noi lombardi per meritarci tutto questo, resta mistero fitto. Mi sa che chiedo anch’io a Branko.
Quando il primo ministro ungherese, Viktor Orbán giudica “assurdo e perverso” il Recovery Fund proposto dalla Commissione europea, dice qualcosa di perfettamente coerente con la dottrina sovranista di cui appare come l’alfiere più convinto. C’è il giudizio di merito sul piano Von der Leyen che nel fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro, all’Ungheria ne riserverebbe 15 in tutto, di cui 8,1 a fondo perduto e 6,9 in prestiti. Infatti Orbán sostiene che “finanziare i ricchi con i soldi dei poveri non è una buona idea”. Il suo no, inoltre, rientra in pieno nella definizione politica di “sovranismo” secondo l’enciclopedia Larousse: “La preservazione della sovranità nazionale da parte di un popolo e di uno Stato in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali o sovranazionali”. Nel pieno rispetto di questo principio, il premier magiaro avrebbe già dovuto annunciare l’uscita dell’Ungheria dall’Unione europea, tipica organizzazione sovranazionale (cosa possibile visto il pugno di ferro con cui ha messo in riga il Paese). Lecito anche chiedersi cosa diavolo ci fa questo autocrate di razza nel Partito popolare europeo, accanto alla Merkel, a Berlusconi e ai repubblicani di Giscard d’Estaing, ma non sottilizziamo. Veniamo al punto: poiché il Paese più finanziato dall’Unione risulta essere l’Italia (172 miliardi) è probabile che ciò avvenga anche con i “soldi dei poveri” di cui si duole Orbán. Infatti, l’Ungheria riceverebbe meno di un decimo di quanto destinato alla “ricca” Italia. Sarebbe interessante conoscere sull’argomento il pensiero di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che con Orbán mantengono un affetto stabile. Daranno ragione al caro Viktor, battendosi in tutte le sedi perché l’Italia rinunci a una fetta del RF, per correre in soccorso del “povero” sovranismo magiaro? Oppure difenderanno le casse della Patria sulla base del principio più sovranista di tutti: padroni a casa nostra? https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/30/la-scelta-di-orban-e-i-sovranisti-italiani/5818639/
Se il buon giorno si vede dal mattino, la vita della commissione regionale d’inchiesta sull’emergenza sanitaria in Lombardia si annuncia pessima. Già la scelta del presidente aveva generato polemiche durissime. Ora Patrizia Baffi, renziana di Iv, eletta al vertice della commissione con i voti di Lega e Forza Italia, ha anticipato che i lavori della commissione saranno segreti e si svolgeranno a porte chiuse.
La presidenza di una commissione d’inchiesta spetta all’opposizione (Pd, Cinquestelle, Italia Viva, +Europa). Il Pd aveva indicato come presidente Jacopo Scandella, raccogliendo anche il sostegno dei Cinquestelle. Ma la maggioranza leghista e forzista ha votato Patrizia Baffi, che aveva ben meritato la loro fiducia non partecipando al voto di sfiducia che il Pd con il sostegno dei Cinquestelle aveva promosso contro Giulio Gallera, l’assessore che sta gestendo il disastro sanitario lombardo di questi mesi.
Risultato: il Pd ha deciso di non partecipare ai lavori della commissione, ritirando i suoi membri, Scandella, Gian Antonio Girelli e Carmela Rozza. Stessa decisione del Movimento 5 Stelle, annunciata subito dopo che Patrizia Baffi aveva ribadito che non si sarebbe dimessa, malgrado gli inviti che le erano arrivati anche dal suo partito.
La commissione d’inchiesta, protesta l’opposizione, non solo sarà guidata da una consigliera scelta dalla maggioranza, ma si svolgerà anche a porte chiuse: “Sarà una commissione segreta, chiusa e sorda, dispiace per i lombardi che non sapranno mai la verità”, protesta Marco Fumagalli, capogruppo M5S Lombardia.
“È legittimo che i lavori di una commissione d’inchiesta siano segreti”, spiega il consigliere Pd Piero Bussolati, “se è fatto per tutelare quelli che sono auditi. Era successo con la commissione d’inchiesta sull’ospedale San Raffaele. Ma qui la decisione di lavorare a porte chiuse è stata anticipata dalla presidente, che non la può prendere: la decisione deve essere presa dalla commissione. È un segnale che Baffi manda alla maggioranza che l’ha eletta”.
“Il regolamento dà la possibilità di lavorare anche a porte aperte”, aggiunge Fumagalli, “quindi se la scelta sarà invece quella del segreto, vuol dire che avevamo ragione: non solo sarà una commissione chiusa e sorda, ma dimostrerà che la Baffi esegue la volontà della maggioranza, non avrà la libertà di agire secondo coscienza. Chiusi nel palazzo del loro potere, occulteranno le malefatte avvenute per imperizia della giunta, lavoreranno con il favore delle tenebre”.
Indignato anche Michele Usuelli, consigliere radicale di +Europa e medico, che ricorda il regolamento: “Le sedute della commissione d’inchiesta non sono pubbliche, salvo diversa decisione della commissione stessa: così dice la norma. Invece Patrizia Baffi, in maniera del tutto arbitraria, ha anticipato che saranno segrete”.
Il Cinquestelle Fumagalli punta sulla commissione alternativa, che sarà costituita dalle opposizioni: “La nostra commissione parallela sarà itinerante sui territorio, aperta a tutti in modo trasparente”.
La prima volta che conobbi Piercamillo Davigo era il 1997: presentavamo a Milano il mio libro-intervista al procuratore aggiunto di Torino Marcello Maddalena "Meno grazia, più giustizia", a cui aveva scritto la prefazione. Era ancora pm del pool Mani Pulite. Il suo intervento fu uno show di battute taglienti e aforismi fulminanti, come quelli a cui poi assistetti negli anni successivi in tanti convegni e dibattiti insieme. La frase che più mi colpì illuminava la differenza fra responsabilità penale e responsabilità politico-morale: la prima la appura la magistratura, nei modi, nei tempi (biblici) e nei limiti previsti dalla legge; la seconda la accerta chiunque legga le carte giudiziarie, quando emergono fatti incontrovertibili (confessioni, intercettazioni, filmati, documenti, testimonianze oculari) che dimostrano una condotta sconveniente e consentono di farsi subito un’idea sulla correttezza o meno dell’autore. Che, se è un pubblico ufficiale, deve adempiere le sue funzioni “con disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione), può essere tranquillamente dimissionato su due piedi, senza attendere la sentenza definitiva. Per spiegare questa fondamentale differenza, Davigo se ne uscì con uno dei suoi cavalli di battaglia: “Se vedo il mio vicino uscire da casa mia con la mia argenteria in tasca, non aspetto la condanna in Cassazione per smettere di invitarlo a cena. E non lo invito più nemmeno se poi lo assolvono. Non è giustizialismo: è prudenza”.
Non so quante volte, in questi 23 anni, gliel’ho sentito ripetere: la gente sorrideva, rifletteva, capiva e conveniva con lui. Tranne, ovviamente, i ladri e gli amici dei ladri, che con l’argenteria altrui ci campano. L’altra sera l’ha ridetto a Piazzapulita ed è scoppiato il putiferio. Politici e commentatori, anche incensurati, hanno cominciato a stracciarsi le vesti, come se la traduzione in italiano dell’art. 54 della Costituzione fosse diventata una bestemmia. E non solo per i ladri e i loro compari. La vera notizia è proprio questa: non la (stravecchia) battuta di Davigo, ma le reazioni, che cambiano a seconda dei tempi. Una volta facevano incazzare B. e i suoi numerosi pali, ora fanno incazzare anche la cosiddetta sinistra. Infatti, a menare scandalo, ha cominciato Repubblica, che fino all’altroieri ospitava fior di interviste a Davigo con risposte come quella e non batteva ciglio perché condivideva con lui il massimo rigore sulla questione morale (ben diversa e più ampia di quella penale). Ora invece le trova improvvisamente scandalose, al punto di squalificarle come “giustizialiste” e addirittura di pubblicare una sfilza di insulti al giudice scagliati sui social dai soliti conigli da tastiera.
Seguono le fesserie dei politici, a partire dal capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci: “Per Davigo la civiltà giuridica sancita dalla nostra Costituzione è carta straccia. Quanto ha detto ieri sera in tv il magistrato, fa tremare le vene dei polsi”. A parte la virgola sbagliata e la citazione sbagliata dell’incolpevole Dante Alighieri (“… ella mi fa tremar le vene e i polsi…”: Divina Commedia, Inferno), il giureconsulto della Garfagnana non capisce o finge di non capire che la Costituzione non dice da nessuna parte che il giudizio politico-morale su un pubblico ufficiale sia riservato alle sentenze. Dice soltanto che nessuno, per la legge, è penalmente colpevole fino a condanna definitiva. Dopodiché, per fare un altro esempio, nessuno sarebbe così incosciente da affidare i propri bambini a un vicino di casa imputato per pedofilia perché non ha condanne: nel dubbio, chiunque abbia un minimo di prudenza li affida a qualcun altro. Poteva mancare, nel festival della scemenza, il contributo dell’Innominabile? Non poteva: “Per i giustizialisti basta la condanna mediatica. Aspettare le sentenze non è un errore: si chiama civiltà. E Davigo fa paura”. Quindi, per dire, sospendere dall’insegnamento un professore imputato di stupro o levare dalla cassa di una banca un impiegato indagato per rapina sarebbe giustizialismo e condanna mediatica, mentre lasciarli al loro posto (per dar loro un’altra chance) sarebbe civiltà. Basta domandare in giro al primo che passa: “Le fa più paura Davigo che consiglia di cacciare quelli che vengono fotografati o intercettati a rubare, o chi li lascia al loro posto?”. E godersi la risposta, casomai non bastassero i sondaggi che danno l’Innominabile all’1,5% (mentre, quando diceva le stesse cose di Davigo chiedendo le dimissioni di ministri “solo” indagati come Idem e De Girolamo, o neppure inquisiti tipo Alfano e Cancellieri, prima che finissero nei guai i suoi fidi e agli arresti i suoi genitori, era giunto al 40,8%).
Il bello è che questi fresconi cianciano di “primato della politica” e poi delegano ai magistrati le decisioni politiche che potrebbero assumere in proprio, e in anticipo. Ma è proprio questo che i vecchi politici non sopportano in Davigo: che smascheri davanti a tutti, con esempi di vita quotidiana, le loro pretese impunitarie classiste e castali. Lorsignori non inviterebbero mai a cena chi li ha derubati, né affiderebbero i loro bambini a un indagato per pedofilia e strillerebbero come aquile se il prof delle loro figlie fosse imputato per stupro. Ma per mazzette, intrallazzi, mafierie e altre specialità della casa, le regole di quotidiana prudenza e precauzione diventano orrore: perché lì l’argenteria non è la loro, ma la nostra.
Credo che anche in questo caso, la toppa sia peggio del buco, sembrerebbe che l'assessore Gallera, ascoltato ieri dai magistrati, abbia dichiarato, rispetto alla zona rossa a Alzano e Nembro: "Non sapevo che avremmo potuto chiudere noi" e avrebbe poi aggiunto che, solo in seguito ha verificato e scoperto che poteva essere una decisione regionale. A parte il fatto che se ricopri una carica e non sai cosa puoi e cosa non puoi fare, è di una gravità inaudita, quello che mi domando è: perché non hai fatto pressioni sullo stato? Se tu, assessore hai dati chiari e inconfutabili sul fatto che già dal 23 febbraio I contagi erano fuori controllo, perché non hai fatto nulla? Qui non si tratta di sapere o meno quali siano le tue competenze, perché la gente stava morendo e tu aspettavi che altri facessero qualcosa? Ti sei messo alla finestra, senza muovere un dito? Ricoprire certi ruoli, significa anche prendersi delle responsabilità, che a quanto pare Gallera, non si è sognato di prendere. Ma la questione non finisce qui, perché i magistrati stanno indagando anche su sospette pressioni da parte degli industriali locali verso la regione, per non chiudere le proprie aziende, o al massimo di chiuderle solo su base volontaria, ma se così fosse, come mai gli industriali non sono stati indirizzati verso il governo? In questo caso la regione aveva la possibilità di decidere se farle chiudere o meno? Sicuramente se gli industriali si rivolgono a te è perché sanno benissimo, che sei tu quello che può decidere...o sbaglio? Altro fatto inquietante è la chiusura e l'immediata riapertura dell’ ospedale di Alzano, il 23 febbraio, durata solo poche ore, a differenza di Codogno. L’assessore ha ribadito di aver ricevuto "rassicurazioni" sulla sanificazione, in quella fase, dall’azienda ospedaliera, spiegando che l’ospedale poteva restare aperto per far fronte all’ emergenza. "Rassicurazioni"? Che cosa significa? Ha fatto una telefonata e l'azienda ha risposto: "tranquillo assessore, qui è tutto a posto", ma veramente funziona così? Ci saranno dei documenti, ci saranno delle mail, ci sarà qualcosa che certifichi il tutto, no? Beh, ma cosa potevamo aspettarci da chi è convinto che con un tasso di contagio a 0,51, per infettarci dobbiamo farci sputare addosso non da uno, ma contemporaneamente da due positivi? https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10217534510220265&set=a.2888902147289&type=3&theater
I lampi radio veloci sono fenomeni cosmici misteriosi e intriganti. Sono stati identificati per la prima volta nel 2007, ma le loro origini continuano a sfuggire agli scienziati. Sono ancora abbastanza rari, ma stiamo migliorando nel rilevarli. Ora abbiamo trovato il modo di usarli per imparare qualcosa in più sull'universo..
In un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Naturemercoledì, Jean-Pierre Macquart e un team di astronomi internazionali viene descritto come hanno utilizzato il rilevamento di alcuni Fast Radio Burst per risolvere un mistero che ha afflitto gli astrofisici per lungo tempo relativo alla materia normale nell’universo, la cosiddetta materia barionica, – e in che modo la loro tecnica ha fornito un modo completamente nuovo di guardare il cosmo.
Il problema della “materia mancante”.
Macquart, astronomo dell’International Centre for Radio Astronomy Research in Australia, e il suo team hanno analizzato una serie di Fast radio Burst (FRB), rilevati dall’enorme array di telescopi noto come Australian Square Kilometer Array Pathfinder.
Macquart e un gruppo di collaboratori provenienti da istituzioni di tutto il mondo, parte del gruppo investigativo Commensal Real-time ASKAP Fast Transients Survey, hanno capito che i burst potevano anche essere usati per rilevare la “materia mancante” dell’universo.
L’universo è costituito da “materia ordinaria”, materia oscura ed energia oscura. Gli ultimi due costituenti rappresentano circa il 95% dell’universo noto e sono incredibilmente misteriosi. Sappiamo che esistono ma non siamo mai stati in grado di rilevarli.
Il 5% restante è costituito da materia ordinaria, quella che compone le stelle, i pianeti, la nostra auto e noi stessi.
“Quando hanno guardato … qualche decennio fa, potevano spiegare solo la metà della materia ordinaria“, afferma Macquart. Contando tutto ciò che si può vedere – le galassie, le stelle, i pianeti, i gas – si poteva rintracciare circa la metà di quel 5%.
Da tempo, però, gli astronomi hanno capito dove trovare questa materia mancante. Nel corso degli anni, sono stati utilizzati numerosi metodi diversi per cercare di rilevare la materia mancante, ma i ricercatori non sono stati in grado di rilevare adeguatamente tutta la materia normale in tutto l’universo, principalmente perché si sono concentrati su specifiche regioni dello spazio. Macquart paragona questo al tentativo di dire quanto è grande un cane “guardando le dimensioni della sua coda”.
Ma la nuova tecnica introdotta dal team – utilizzando i FRB – consente di guardare l’intero scenario.
“Quello che fanno gli FRB è attraversare spazi [dello spazio] in cui [altre] tecniche semplicemente non funzionano“, dice.
Una visualizzazione di come un segnale FRB viaggia attraverso lo spazio vuoto e cosa succede al segnale quando si imbatte in materia mancante. – ICRAR
Segnali improvvisi dal passato.
I lampi radio veloci sono fenomeni cosmici misteriosi e intriganti. Sono stati identificati per la prima volta nel 2007, ma le loro origini continuano a sfuggire agli scienziati. Sono ancora abbastanza rari, ma stiamo migliorando nel rilevarli. Nuovi telescopi e array radio, come l’ASKAP, consentono agli astronomi di individuare la fonte di queste esplosioni di onde radio dallo spazio profondo.
ASKAP è un pezzo chiave del nuovo studio perché, fondamentalmente, guarda un’ampia area di cielo, come un Grande Fratello cosmico. Ogni secondo prende 10 trilioni di misurazioni e quindi esegue una media di circa 1 miliardo di misurazioni al secondo, alla ricerca di segni di FRB.
Per giungere alle antenne di ASKAP sulla Terra, le onde radio viaggiano da galassie lontane, sopportando un lungo viaggio che le porta attraverso il vasto nulla dello spazio tra le galassie. Noi vediamo queste regioni dello spazio come vuote, ma in realtà sono piene di particelle come gli elettroni che vengono urtate dall’onda radio durante il suo viaggio attraverso l’universo.
“Le onde radio, mentre viaggiano attraverso il cosmo interagiscono con gli elettroni liberi, sporcando il segnale radio“, afferma Geraint Lewis, un astrofisico dell’Università di Sydney che non era affiliato allo studio.
È questa sbavatura del segnale radio che è stata la chiave per trovare la materia mancante.
Gli astronomi hanno contato “il numero di elettroni lungo la linea di visuale” tra noi e la sorgente dei FRB, fornendo una misura della materia nascosta nel cosmo. Dopo aver studiato cinque FRB diversi, provenienti da cinque sorgenti diverse, il team ha trovato le loro misurazioni allineate quasi perfettamente con le previsioni di quanta materia normale dovrebbe esistere nell’universo.
Il mistero è stato finalmente risolto e i cosmologi ora sano che gli attuali modelli sviluppati per comprendere l’universo non sono errati.
Mappatura della rete cosmica.
Risolto il mistero della materia mancante, il team ora pensa di poter usare gli FRB come nuovo strumento per sondare il cosmo.
Il metodo di rilevamento degli FRB è estremamente sensibile rispetto ai metodi precedenti usati e consente ai ricercatori di rilevare la materia ordinaria vagante nel vasto spazio apparentemente vuoto tra le galassie. Ciò significa che gli astronomi potrebbero essere in grado di mappare la cosiddetta rete cosmica, quei filamenti di materia che sotto forma di gas collegano tra loro le galassie.
“Questa tecnica ci permetterà di mappare dove si trova il gas“, afferma Prochaska.
“Ad oggi, disponiamo solo di un’immagine della rete cosmica creata da una simulazione al computer, ma tra cinque anni, dopo avere analizzato almeno altri 100 FRB, dovremmo essere in grado di creare una mappa fedele dell’universo“.
Il team continuerà a cercare FRB con ASKAP, utilizzando, inoltre, il nuovo strumento in corso di costruzione che sarà in grado di individuare molti più FRB, aumentando il tasso di rilevamento di 20 volte. Un tale salto potrebbe consentire al team di raccogliere 100 segnali entro un anno e contribuire a rimodellare il modo in cui vediamo l’universo, fino ai suoi primi giorni.
“Potremmo anche essere in grado di dire qualcosa sull’epoca della reionizzazione, quando l’universo è stato trasformato da materia neutra a materia ionizzata“, afferma.
Certo, la materia barionica mancante costituisce solo una percentuale molto piccola di tutta la materia presente nell’universo e ci sono grandi domande cosmologiche che devono ancora trovare risposta.
Il prossimo passo obbligatorio sarà quello di scoprire qualcosa di più su materia oscura ed energia oscura.