Visualizzazione post con etichetta illeciti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta illeciti. Mostra tutti i post

giovedì 10 marzo 2022

Una società fittizia girava a Morisi & C. i fondi del Senato. - Davide Milosa

 

LE CARTE - Si chiama Vadolive ed è definita come il “bunker”. Nel 2018 veicolò 260 mila euro del gruppo leghista alla cosiddetta "Bestia", la struttura per la propaganda social di Matteo Salvini.

A fine aprile del 2018, i vertici della Lega mostrano una strana fretta. E non per le elezioni vinte, ma per l’apertura di una piccola e sconosciuta società bresciana. Il 20, Alberto Di Rubba, allora contabile del partito per il Senato, scrive ad Andrea Paganella, tra le persone più vicine a Matteo Salvini. “Società ok trovato tutto!”. Paganella: “Procedete in modo definitivo e risolutivo, altrimenti non tengo più le truppe. E i generali”. Il 2 maggio il tesoriere del partito, Giulio Centemero, scrive all’amico Di Rubba: “Alby il bunker è ok?”. Di Rubba: “Tra un’ora è costituita”. Centemero: “Grande!”. Il 21 maggio l’allora capo della macchina social di Salvini, Luca Morisi, scrive anche lui a Di Rubba: “Ciao Alberto, ti scrivo qui la riga generica sulla mansione dei miei ragazzi bunker”. Il bunker è il nome con cui i “generali” del partito chiamano la Vadolive srl nata il 2 maggio 2018 e nelle cui casse (unica voce di entrata), per circa sei mesi, sono arrivati 260 mila euro pubblici dal gruppo parlamentare del Senato a loro volta, in violazione del regolamento di Palazzo Madama, usati per pagare i collaboratori della stessa società, vicini alla cerchia di Salvini e poi in parte assunti dal Viminale di cui Salvini a giugno diventerà ministro, percependo due stipendi.

Insomma, la storia segreta della Vadolive svela gli interessi non proprio chiari di buona parte dei vertici leghisti, segretario federale compreso. Gestita da prestanomi legati ai due ex contabili del partito, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ma di fatto diretta dai più stretti collaboratori di Salvini, Luca Morisi e Andrea Paganella, la vicenda di questa srl è riassunta in una annotazione di circa 60 pagine scritta dalla Guardia di finanza di Milano nel gennaio scorso e depositata agli atti dell’ultima chiusura indagine che ha riguardato fatti e protagonisti minori della maxi-inchiesta sulla fondazione regionale Lombardia Film Commission. Il documento, per il quale ancora non è stata fatta un’iscrizione, è al vaglio dei magistrati. Tutto si svolge dal maggio 2018 con Salvini prossimo vicepremier e ministro dell’Interno. Scrive la Finanza: “Vadolive” appare “preordinata all’appropriazione di fondi di natura pubblica erogati, per legge, a favore dei Gruppi Parlamentari”. Il regolamento del Senato, come quello della Camera, consente l’utilizzo dei soldi solo per “scopi istituzionali” dei vari gruppi parlamentari. La fretta si diceva. Il 2 maggio 2018 nasce “il bunker” leghista, il 9 Morisi e amici sono assunti da Vadolive che il giorno dopo firma un contratto per 480 mila euro annui con il gruppo Lega al Senato. A siglarlo per il partito è l’allora presidente del gruppo Gian Marco Centinaio, deputato leghista e sottosegretario di Stato nel governo Draghi. Vadolive si impegna alla “promozione social delle attività del Gruppo”. Nulla che si riferisca all’assunzione degli stessi leghisti. Tra questi, Morisi e Paganella, i quali, scrive la Finanza, “con la loro società Sistemaintranet.com vantano rapporti attivi (come fornitori) con la Lega o con entità alla stessa riconducibili, dal 2017 al 2020, per 1,1 milioni”. A chiarire il vero scopo del “bunker” è una nota riservata in cui Di Rubba elenca i collaboratori, pagati con oltre 80 mila euro e precisa: “Costituzione società con spese anticipate da persone di nostra fiducia perché c’era solo fretta di iniziare”. Quindi aggiunge 43 mila euro di spese per “affitto costo loro abitazione”. E cioè un appartamento nel centro di Roma in via delle Tre Cannelle 7. Un simile contratto sarà pensato anche tra “il bunker” e la Camera. Tanto che Andrea Manzoni, contabile per Montecitorio, scrive al deputato Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del gruppo, proponendo un contratto annuo con Vadolive per oltre 1 milione. La email è di giugno. Nello stesso mese alcuni collaboratori della srl vengono assunti al Viminale. La cosa crea allarme. Manzoni scrive a Centemero: “Bisogna essere più accorti (…). Molinari (presidente allora del gruppo alla Camera) solleva più di un dubbio sull’eventuale contratto”. Centemero: “È una cosa cui tiene Salvini. Va fatta. Molinari vada lui da Matteo a dire che non può”. Alla fine Molinari non firmerà il contratto, quello con il Senato sarà chiuso nell’ottobre 2018. In totale Vadolive veicolerà per le varie spese legate ai fedelissimi di Salvini 260 mila euro di denaro pubblico.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/10/una-societa-fittizia-girava-a-morisi-c-i-fondi-del-senato/6521126/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0Fbo1020lwINsoE67zwE9Jrh9YlxMH2Jt66jhzNx1BinBV2HIGXO0h5rE#Echobox=1646902562

sabato 30 maggio 2020

La commissione segreta della renziana lombarda. - Gianni Barbacetto

La commissione segreta della renziana lombarda

Se il buon giorno si vede dal mattino, la vita della commissione regionale d’inchiesta sull’emergenza sanitaria in Lombardia si annuncia pessima. Già la scelta del presidente aveva generato polemiche durissime. Ora Patrizia Baffi, renziana di Iv, eletta al vertice della commissione con i voti di Lega e Forza Italia, ha anticipato che i lavori della commissione saranno segreti e si svolgeranno a porte chiuse.
La presidenza di una commissione d’inchiesta spetta all’opposizione (Pd, Cinquestelle, Italia Viva, +Europa). Il Pd aveva indicato come presidente Jacopo Scandella, raccogliendo anche il sostegno dei Cinquestelle. Ma la maggioranza leghista e forzista ha votato Patrizia Baffi, che aveva ben meritato la loro fiducia non partecipando al voto di sfiducia che il Pd con il sostegno dei Cinquestelle aveva promosso contro Giulio Gallera, l’assessore che sta gestendo il disastro sanitario lombardo di questi mesi.
Risultato: il Pd ha deciso di non partecipare ai lavori della commissione, ritirando i suoi membri, Scandella, Gian Antonio Girelli e Carmela Rozza. Stessa decisione del Movimento 5 Stelle, annunciata subito dopo che Patrizia Baffi aveva ribadito che non si sarebbe dimessa, malgrado gli inviti che le erano arrivati anche dal suo partito.
La commissione d’inchiesta, protesta l’opposizione, non solo sarà guidata da una consigliera scelta dalla maggioranza, ma si svolgerà anche a porte chiuse: “Sarà una commissione segreta, chiusa e sorda, dispiace per i lombardi che non sapranno mai la verità”, protesta Marco Fumagalli, capogruppo M5S Lombardia.
“È legittimo che i lavori di una commissione d’inchiesta siano segreti”, spiega il consigliere Pd Piero Bussolati, “se è fatto per tutelare quelli che sono auditi. Era successo con la commissione d’inchiesta sull’ospedale San Raffaele. Ma qui la decisione di lavorare a porte chiuse è stata anticipata dalla presidente, che non la può prendere: la decisione deve essere presa dalla commissione. È un segnale che Baffi manda alla maggioranza che l’ha eletta”.
“Il regolamento dà la possibilità di lavorare anche a porte aperte”, aggiunge Fumagalli, “quindi se la scelta sarà invece quella del segreto, vuol dire che avevamo ragione: non solo sarà una commissione chiusa e sorda, ma dimostrerà che la Baffi esegue la volontà della maggioranza, non avrà la libertà di agire secondo coscienza. Chiusi nel palazzo del loro potere, occulteranno le malefatte avvenute per imperizia della giunta, lavoreranno con il favore delle tenebre”.
Indignato anche Michele Usuelli, consigliere radicale di +Europa e medico, che ricorda il regolamento: “Le sedute della commissione d’inchiesta non sono pubbliche, salvo diversa decisione della commissione stessa: così dice la norma. Invece Patrizia Baffi, in maniera del tutto arbitraria, ha anticipato che saranno segrete”.
Il Cinquestelle Fumagalli punta sulla commissione alternativa, che sarà costituita dalle opposizioni: “La nostra commissione parallela sarà itinerante sui territorio, aperta a tutti in modo trasparente”.

domenica 16 febbraio 2020

Bibbiano, la Cassazione: “Non c’erano elementi per la misura” per il sindaco Andrea Carletti (Pd).

Bibbiano, la Cassazione: “Non c’erano elementi per la misura” per il sindaco Andrea Carletti (Pd)
I supremi giudici rilevano "l'inesistenza di concreti comportamenti", ammessa anche dai giudici di merito, di inquinamento probatorio e la mancanza di "elementi concreti" di reiterazione dei reati.

La procura di Reggio Emilia ne aveva chiesto l’arresto, oggi la Cassazione afferma che non esistevano i presupposti neanche per quella che viene considerata la più lieve tra le misure cautelari. Non c’erano gli elementi per disporre la misura dell’obbligo di dimora nei confronti del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti nell’ambito delle indagini sugli affidi illeciti in Val d’Enza. I giudici lo scrivono nelle motivazioni del verdetto che il 3 dicembre ha annullato senza rinvio la misura cautelare. I supremi giudici rilevano “l’inesistenza di concreti comportamenti“, ammessa anche dai giudici di merito, di inquinamento probatorio e la mancanza di “elementi concreti” di reiterazione dei reati. Il ricorso sottoposto ai giudici di piazza Cavour era stato presentato dagli avvocati difensori Giovanni Tarquini e Vittorio Manes, contro la decisione del Riesame dello scorso 20 settembre che aveva revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari per Carletti, ma aveva applicato l’obbligo di dimora nella sua casa di Albinea, sempre nel Reggiano. Il primo cittadino, sospeso dal ruolo su decisione del Prefetto e autosospeso dal Pd, è accusato di abuso di ufficio e falso per l’affidamento di alcuni locali per la cura di minori. Carletti, che si era autosospeso anche dal Partito Democratico, era stato arrestato il 27 giugno. Erano stati disposti i domiciliari che non sussistevano.

Sul rischio di inquinamento probatorio, gli ermellini sottolineano che l’ordinanza del riesame di Bologna – che il 20 settembre ha revocato i domiciliari a Carletti imponendo però l’obbligo di dimora – non si è basata su “una prognosi incentrata sul probabile accadimento di una situazione di paventata compromissione delle esigenze di giustizia”. Anzi, il Riesame – prosegue il verdetto – “pur ammettendo l’inesistenza di concreti comportamenti posti in essere dall’indagato, ne ha contraddittoriamente ravvisato una possibile influenza sulle persone a lui vicine nell’ambito politico amministrativo per poi inferirne, astrattamente e in assenza di specifici elementi di collegamento storico-fattuale con la fase procedimentale in atto, il pericolo di possibili ripercussioni sulle indagini”. Tutto “senza spiegare se vi siano, e come in concreto risultino declinabili, le ragioni dell’ipotizzata interferenza con il regolare svolgimento di attività investigative ormai da tempo avviate”. Di “natura meramente congetturale” anche il rischio di reiterazione.

In proposito la Cassazione rileva che “già in sede di applicazione dell’originaria misura cautelare”, ossia gli arresti domiciliari, i giudici di merito a fondamenta delle loro motivazioni si erano serviti di “elementi” messi “in relazione con altro passaggio motivazionale, di non univoca e quanto meno dubbia interpretazione, direttamente tratto dalle dichiarazioni rese da Carletti al Pm”. Interrogato dal magistrato, il sindaco di Bibbiano, sottolinea la Suprema Corte, “genericamente ed in via del tutto ipotetica, si limitò ad affermare che, qualora fosse tornato a rivestire la carica di sindaco, avrebbe potuto prendere in considerazione la proposta, proveniente da un interlocutore serio ed onesto, di un investimento su un terreno privato per la progettazione di una struttura, parallela a quella gestita dalla Asl, per la tutela di minori ed anziani”. Per gli ‘ermellini’ questa considerazione è “meramente congetturale e di per sé non sintomatica della intenzione di commettere ulteriori condotte delittuose dello stesso tipo di quelle per cui si procede”. Pertanto il riesame “ha illogicamente ricollegato la manifestazione di un atteggiamento volitivo orientato a proseguire l’esercizio delle funzioni di sindaco con un metodo d’azione volto alla mera realizzazione di fini politici, indifferente alle regole e alla normativa sottostante”. Carletti era stato sospeso dal prefetto ed era tornato a fare il sindaco dopo il verdetto della Cassazione.

È un grande risultato – commenta l’avvocato di Carletti, Giovanni Tarquini all’AdnKronos -, perché si riconosce che, fin dall’inizio, non c’erano i presupposti e le motivazioni per la misura cautelare. Le misure cautelari sono uno strumento molto forte e di fatto un’anticipazione del giudizio e, in questo caso, erano una forzatura. È un atto forte da parte della Cassazione – prosegue – perché nell’impostazione dell’accusa si riteneva che Carletti potesse condizionare le indagini e questo viene smentito e viene riconosciuto che non c’era una volontà di collusione con il mascheramento di condotte illecite o di non far arrivare alla verità. Infatti è tutto il contrario da parte del mio assistito”.

Il caso Bibbiano scoppia il 27 giugno, quando i carabinieri eseguono 18 misure cautelari in un’inchiesta della Procura di Reggio Emilia su un presunto giro di affidi illeciti nella Val d’Enza reggiana. Nei guai finiscono assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi. Agli atti, secondo i pm, ci sarebbero stati lavaggi del cervello ai bambini per raccontare abusi che non ci sono mai stati, relazioni dei servizi sociali falsate e quindi, questa l’accusa principale, minorenni illegittimamente tolti alle famiglie naturali e riaffidati: un business da migliaia di euro. Nelle carte comparivano anche l’uso di una macchinetta dei ricordi, con impulsi elettromagnetici e elettrodi applicati su mani e piedi dei bimbi: un sistema che serviva per alterare lo stato della memoria in prossimità dei colloqui. Ma anche i regali e le lettere dei genitori naturali nascosti in un magazzino, i disegni dei bambini contraffatti per descrivere molestie mai subite in famiglia.

Si parla subito di caso Bibbiano. Carletti è accusato di abuso d’ufficio e falso e di aver ‘coperto’ i reati. L’inchiesta verte su sei-sette casi e alcune figure, tra cui la dirigente del servizio sociale, Federica Anghinolfi, lo psicoterapeuta Claudio Foti della onlus torinese Hansel & Gretel e la moglie, Nadia Bolognini. Fin da subito pero’ lo scandalo esce dalla Val d’Enza e diventa di rilievo nazionale e terreno di scontro politico. Il ministro Bonafede invia ispettori al tribunale per i minorenni e alla Procura di Reggio. Si annuncia presto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul tema affidi e case famiglie. È in particolare il Movimento 5 Stelle a attaccare il Pd, “il partito di Bibbiano” per il vicepremier Luigi Di Maio. I dem rispondono annunciando querele e chiedendo di non strumentalizzare. Nel paese intanto si tengono manifestazioni e fiaccolate e Giorgia Meloni di FdI è una delle prime a arrivare e a incontrare alcuni genitori, seguita da Matteo Salvini che nei prossimi giorni chiuderà la campagna elettorale delle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna. Intanto il tribunale per i minorenni, “parte lesa” come detto dal suo presidente Giuseppe Spadaro, avvia un’ampia rivalutazione dei casi seguiti dal servizio sociale incriminato, non solo quelli al centro dell’inchiesta. In alcuni casi, nel frattempo i bambini sono stati già riaffidati alle famiglie naturali.