LE CARTE - Si chiama Vadolive ed è definita come il “bunker”. Nel 2018 veicolò 260 mila euro del gruppo leghista alla cosiddetta "Bestia", la struttura per la propaganda social di Matteo Salvini.
A fine aprile del 2018, i vertici della Lega mostrano una strana fretta. E non per le elezioni vinte, ma per l’apertura di una piccola e sconosciuta società bresciana. Il 20, Alberto Di Rubba, allora contabile del partito per il Senato, scrive ad Andrea Paganella, tra le persone più vicine a Matteo Salvini. “Società ok trovato tutto!”. Paganella: “Procedete in modo definitivo e risolutivo, altrimenti non tengo più le truppe. E i generali”. Il 2 maggio il tesoriere del partito, Giulio Centemero, scrive all’amico Di Rubba: “Alby il bunker è ok?”. Di Rubba: “Tra un’ora è costituita”. Centemero: “Grande!”. Il 21 maggio l’allora capo della macchina social di Salvini, Luca Morisi, scrive anche lui a Di Rubba: “Ciao Alberto, ti scrivo qui la riga generica sulla mansione dei miei ragazzi bunker”. Il bunker è il nome con cui i “generali” del partito chiamano la Vadolive srl nata il 2 maggio 2018 e nelle cui casse (unica voce di entrata), per circa sei mesi, sono arrivati 260 mila euro pubblici dal gruppo parlamentare del Senato a loro volta, in violazione del regolamento di Palazzo Madama, usati per pagare i collaboratori della stessa società, vicini alla cerchia di Salvini e poi in parte assunti dal Viminale di cui Salvini a giugno diventerà ministro, percependo due stipendi.
Insomma, la storia segreta della Vadolive svela gli interessi non proprio chiari di buona parte dei vertici leghisti, segretario federale compreso. Gestita da prestanomi legati ai due ex contabili del partito, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ma di fatto diretta dai più stretti collaboratori di Salvini, Luca Morisi e Andrea Paganella, la vicenda di questa srl è riassunta in una annotazione di circa 60 pagine scritta dalla Guardia di finanza di Milano nel gennaio scorso e depositata agli atti dell’ultima chiusura indagine che ha riguardato fatti e protagonisti minori della maxi-inchiesta sulla fondazione regionale Lombardia Film Commission. Il documento, per il quale ancora non è stata fatta un’iscrizione, è al vaglio dei magistrati. Tutto si svolge dal maggio 2018 con Salvini prossimo vicepremier e ministro dell’Interno. Scrive la Finanza: “Vadolive” appare “preordinata all’appropriazione di fondi di natura pubblica erogati, per legge, a favore dei Gruppi Parlamentari”. Il regolamento del Senato, come quello della Camera, consente l’utilizzo dei soldi solo per “scopi istituzionali” dei vari gruppi parlamentari. La fretta si diceva. Il 2 maggio 2018 nasce “il bunker” leghista, il 9 Morisi e amici sono assunti da Vadolive che il giorno dopo firma un contratto per 480 mila euro annui con il gruppo Lega al Senato. A siglarlo per il partito è l’allora presidente del gruppo Gian Marco Centinaio, deputato leghista e sottosegretario di Stato nel governo Draghi. Vadolive si impegna alla “promozione social delle attività del Gruppo”. Nulla che si riferisca all’assunzione degli stessi leghisti. Tra questi, Morisi e Paganella, i quali, scrive la Finanza, “con la loro società Sistemaintranet.com vantano rapporti attivi (come fornitori) con la Lega o con entità alla stessa riconducibili, dal 2017 al 2020, per 1,1 milioni”. A chiarire il vero scopo del “bunker” è una nota riservata in cui Di Rubba elenca i collaboratori, pagati con oltre 80 mila euro e precisa: “Costituzione società con spese anticipate da persone di nostra fiducia perché c’era solo fretta di iniziare”. Quindi aggiunge 43 mila euro di spese per “affitto costo loro abitazione”. E cioè un appartamento nel centro di Roma in via delle Tre Cannelle 7. Un simile contratto sarà pensato anche tra “il bunker” e la Camera. Tanto che Andrea Manzoni, contabile per Montecitorio, scrive al deputato Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del gruppo, proponendo un contratto annuo con Vadolive per oltre 1 milione. La email è di giugno. Nello stesso mese alcuni collaboratori della srl vengono assunti al Viminale. La cosa crea allarme. Manzoni scrive a Centemero: “Bisogna essere più accorti (…). Molinari (presidente allora del gruppo alla Camera) solleva più di un dubbio sull’eventuale contratto”. Centemero: “È una cosa cui tiene Salvini. Va fatta. Molinari vada lui da Matteo a dire che non può”. Alla fine Molinari non firmerà il contratto, quello con il Senato sarà chiuso nell’ottobre 2018. In totale Vadolive veicolerà per le varie spese legate ai fedelissimi di Salvini 260 mila euro di denaro pubblico.
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