giovedì 31 dicembre 2020

Conte: “Sintesi urgente sul Recovery, governo non può galleggiare”. Renzi? “Non sfido nessuno. Se manca fiducia andrò in Aula”. E sulla delega ai Servizi: “È prerogativa premier”. Vaccino: “Escludo obbligo”.

 

LA CONFERENZA DI FINE ANNO - Il premier replica ai malumori della maggioranza: “Abbiamo un patrimonio di fiducia e credibilità da non disperdere”. Sulle minacce di Italia Viva: "Il passaggio parlamentare è fondamentale e ognuno si assumerà le rispettive responsabilità". E sulla delega ai Servizi: "Chi chiede al premier di abbandonarla deve spiegare perché. Altrimenti dobbiamo cambiare la legge". Sulle critiche alla manovra: "E' un collage di favori? Sì, ma a sostegno della sanità, delle famiglie e del lavoro".

Sul Recovery Plan serve subito una “sintesi politica” e ci sarà un Consiglio dei ministri già “nei primi giorni di gennaio”. È “urgente” arrivare subito a un accordo, perché il governo “non può permettersi di disperdere il patrimonio di fiducia e di credibilità” che si è costruito in Italia e in Europa. Ma, “se verrà meno la fiducia di un partito, andrò in Parlamento“. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte evita preamboli ed nella conferenza stampa di fine anno entra subito nel cuore del dibattito politico di questi giorni, chiedendo alle forze di maggioranza una sterzata decisiva, perché l’Esecutivo “non può permettersi di galleggiare“. Occorre “accelerare” la cosiddetta verifica di maggioranza, spiega, così da affrontare “nei primi giorni di gennaio” il Recovery Plan, da consegnare poi alle “parti sociali e alle Camere” per definirlo in via definitiva “a febbraio“. “Dobbiamo correre”, ripete più volte il premier. Il Piano, dai progetti alla governance, è uno dei temi che divide la maggioranza. Ma Conte affronta anche il nodo Mes e soprattutto il tema della delega ai Servizi, altro argomento al centro delle critiche di Renzi: “Chi chiede al premier di abbandonare la delega deve lui spiegare perché: è una prerogativa del premier. Altrimenti dobbiamo cambiare la legge“. La conferenza è anche l’occasione per parlare agli italiani di come proseguirà la lotta alla pandemia: il vaccino non sarà obbligatorio, la scuola e i trasporti restano i punti “più critici” e a marzo la fine del blocco dei licenziamenti è “uno scenario molto preoccupante“. Infine c’è la manovraapprovata oggi dal Senato: “Concordo, è un collage di favori a sostengo della sanità, delle famiglie e del lavoro“, risponde il premier al Corriere della Sera che citava le durissime critiche contenute in un commento del giurista Sabino Cassese, che parlava di “corporativismo”.

La replica a Renzi e la verifica in Aula – La conferenza di fine anno di Conte, iniziata poco dopo le ore 11 con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime del Covid e poi con le parole del presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna, è l’occasione per parlare agli italiani della lotta al Covid: dal piano vaccini alle eventuali riaperture post-Epifania. Ma è anche la sponda ideale per una replica a Matteo Renzi e ai malumori che animano la maggioranza sul Recovery Plan. “Il premier non sfida nessuno, ha la responsabilità di una sintesi politica e di un programma di governo. Per rafforzare la fiducia e la credibilità del governo e della classe politica bisogna agire con trasparenza e confrontarsi in modo franco”, risponde Conte a chi gli chiede del leader di Italia Viva. “E’ chiaro che non si può governare senza la coesione delle forze di maggioranza, si può vivacchiare“, ripete più volte il premier. Per questo “il passaggio parlamentare è fondamentale“, afferma Conte, confermando la possibilità di ‘testare’ la tenuta della maggioranza proprio con il voto dell’Aula sul Recovery Plan. “Finché ci sarò io ci saranno sempre passaggi chiari, franchi, dove tutti i cittadini potranno partecipare e i protagonisti si assumeranno le rispettive responsabilità“, ribadisce il premier parlando proprio di un eventuale voto di fiducia in Parlamento al termine della verifica di governo. “Non ho sfidato Salvini col voto di fiducia: ho evitato che una crisi di governo si consumasse nel chiuso di un appartamento di rappresentanza o di un salotto“, ricorda ancora Conte.

Rimpasto: se ne può discutere – Il premier cita Aldo Moro e spiega che gli “ultimatum non sono ammissibili”. “Io sono per il dialogo”, ripete. “Un’altra cosa non mi appartiene oltre agli ultimatum. Noi stiamo lavorando al futuro del Paese, stiamo lavorando per il Recovery Plan, abbiamo fatto una manovra espansiva di 40 miliardi, lavoriamo al Bilancio europeo, sono qui per programmare il futuro. Non potrei distogliermi da questo per impegnarmi in una campagna elettorale“, sottolinea Conte. Che aggiunge poi: “Lavoro con disciplina e onore, non certo per fare una mia lista elettorale”. La prospettiva di un rimpasto non è esclusa: “Per quanto riguarda la squadra di governo, il capitano la difende in tutti i modi“. “Se verrà posto il problema se ne discuterà per cercare risposte funzionali che aiutino l’interesse nazionale. Io sono disponibile – chiarisce Conte – nel perimetro di soluzioni che aiutino l’interesse nazionale”. Sull’ipotesi di avere dei vicepremier, risponde: “Una formula rispettata nel precedente governo con scarso successo. Ma non c’è un problema di cambiare squadra, si lavora con le forze di maggioranza, si fa quello che serve al Paese“.

Servizi: legge attribuisce delega al premier – L’altro argomento spinoso è la delega ai Servizi. Renzi da tempo preme affinché Conte ceda la delega e ancora due giorni fa è tornato ad attaccare: “C’è una legge che dice che il presidente del Consiglio affida la delega a una personalità di chiara importanza a cui affida il compito strategico di gestire l’intelligence, che non è la polizia personale di qualcuno”. Il premier in conferenza replica: “La legge del 2007 attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale”, spiega. “Io ne rispondo comunque. Che mi avvalga o meno di nominare una persona di fiducia”, aggiunge Conte, ricordando che anche il premier Gentiloni non aveva affidato la delega a un sottosegretario. “E poi – prosegue – abbiamo il Copasir che è un organismo fondamentale, composto da tutte le forze rappresentate in parlamento, presieduto da un esponente delle forze di opposizione. Il Copasir garantisce che ci sia il rispetto dell’interesse generale e la direzione politica per il rafforzamento dei presidi”. Il punto, secondo il premier, è un altro: “Chi mi chiede di abbandonare la delega deve spiegare. Domanda: perché si chiede a un presidente del Consiglio di liberarsi dei suoi poteri? Io non posso liberarmi, è una prerogativa del premier. Altrimenti dobbiamo cambiare la legge“, conclude Conte sull’argomento.

I nodi Mes e governance – Conte affronta anche il tema del fondo salva-Stati: “A un tavolo di maggioranza si può discutere di tutto, fermo restando che parlando di Mes, l’ho già detto, sarà il Parlamento a dover decidere se attivarlo o meno. Quello che va chiarito è che non possiamo usare tutti i prestiti in modo aggiuntivi, se lo facessimo avremmo vari inconvenienti“, chiarisce ancora una volta il premier, evidenziando che “nel 2020, sul fronte dei fondi, non siamo riusciti a spendere il 60%. Quindi c’è un limite alla capacità di spesa”. Per quanto riguarda il meccanismo di governance del Recovery Plans, occorre pensare a “una clausola di salvaguardia“, spiega Conte. “Il meccanismo europeo funziona con erogazioni semestrali, se non si rispetta il cronoprogramma le erogazioni sono sospese o addirittura si devono restituire i fondi. Per questo serve un meccanismo che stabilisca una volta per tutte cosa succede se si accumulano ritardi e si rischia di perdere le somme”, sottolinea il premier. “Sulla struttura di governance penso a un decreto: è una richiesta precisa della Commissione europea“, specifica poi Conte.

Il vaccino e il contratto Ue – Oltre le tensioni politiche e i malumori della maggioranza, Conte affronta anche i temi che riguardano più direttamente la lotta alla pandemia, a partire dal vaccino anti-Covid: “Io stesso per dare il buon esempio lo farei subito ma è giusto rispettare le priorità approvate dalle Camere”. Conte ribadisce inoltre che il governo esclude la possibilità di una “vaccinazione obbligatoria“. Quanto alle dosi extra comprate dalla Germania fuori dal recinto Ue, il premier replica: “Italia, Francia, Germania e Olanda sono stati i primi paesi che in modo sintonico si sono mossi per l’alleanza per i vaccini, dopo aver già preso contatti con le ditte. E’ stata una scelta politica. L’Italia non ha tentato di assicurarsi altre commesse perché le dosi contrattualmente negoziate sono centinaia di milioni. E poi L’Italia non l’ha fatto perché all’articolo 7 del contratto della commissione europea c’è il divieto di approvvigionarsi a livello bilaterale”, chiarisce Conte. Che poi dedica un passaggio anche agli insulti ricevuti dalla prima infermiera vaccinata in Italia, Claudia Alivernini: “E’ inaccettabile. Ancor più inaccettabile adesso che stiamo realizzando un piano vaccinale che consentirà di mettere in sicurezza il Paese”.

I licenziamenti – Il premier ammette invece la sua preoccupazione per la fine del blocco dei licenziamenti: “La ministra con i sindacati e le forze sociali sta già lavorando allo scenario che dovremo affrontare dopo marzo“. “È uno scenario molto preoccupante. Abbiamo costruito una cintura di protezione sociale che più o meno sta funzionando, ha scongiurato il licenziamento per 600mila persone. Ma dobbiamo lavorare alla riforma e riordino degli ammortizzatori sociali e rendere più incisive le politiche attive del lavoro. Dovremo lavorare per non farci trovare impreparati. Il mercato del lavoro si preannuncia molto critico dopo marzo”, ammette Conte. L’Italia ha dati economici più negativi di altri Paesi? “I nostri dati economici non lo sono. Aspettiamo l’ultimo trimestre e vediamo”, risponde poi il premier.

La scuola e i trasporti – “Auspico che il 7 gennaio le scuole secondarie di secondo grado possano ripartire con una didattica integrata mista almeno al 50% in presenza, nel segno della responsabilità, senza mettere a rischio le comunità scolastiche”, annuncia invece Conte parlando delle restrizioni post-Epifania e dell’eventuale rientro in classe per gli studenti più grandi. “Se, come mi dicono, i tavoli delle prefetture, hanno lavorato in modo efficace, potremo ripartire quantomeno col 50%“, afferma il premier. “Abbiamo approfittato di dicembre per un ulteriore passo avanti, in una logica di massima flessibilità. Abbiamo compreso che il sistema è così integrato che non è possibile decongestionare i flussi attorno alla scuola, anche per il trasporto pubblico locale, se non si integrano i comparti diversi. Le prefetture hanno avuto il compito di coordinare soluzioni flessibili, da valutare paese per paese, scuola per scuola. C’è stata disponibilità a differenziare gli orari di ingresso anche negli uffici pubblici”, spiega ancora Conte. “Il trasporto si è rivelato uno dei momenti più critici nella fase pandemica, perché se dovessimo rispettare il distanziamento, dovremmo quintuplicare la flotta dei mezzi di trasporto – ammette il premier – ma abbiamo stanziato tre miliardi per sostituire la flotta dei bus e stanziato 390 milioni per favorire il noleggio dei mezzi privati. Sono iniziative che vanno messe a terra a livello regionale”.

Le critiche sulla gestione della pandemia – In Italia i dati peggiori sul Covid che altrove? “Teniamo conto che l’Italia è stato il primo Paese europeo e occidentale in cui è scoppiata la pandemia in modo così incisivo. Questo ci ha complicato la risposta e abbiamo dovuto elaborare risposte che non ci consentivano di riprodurre quelle applicate altrove”, risponde il premier Conte alle osservazioni e critiche ricevute. E chiede aspettare prima di fare bilanci: “Avremo sempre il massimo impegno per limitare le limitazioni delle libertà personali. Nella seconda ondata le misure restrittive sono dappertutto e a volte anche in modo più incisivo che da noi”. Poi sul numero di decessi aggiunge: “Lascio agli scienziati e agli esperti le valutazioni. Dagli esperti ci viene detto che fattori che hanno contribuito c’è che abbiamo la popolazione più anziana d’Europa: in Italia si muore tardi ma si invecchia male. Tutti questi fattori, associati alle abitudini di vita dei nostri anziani che facciamo vivere con noi, possono aver contribuito”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/30/conte-recovery-rapida-sintesi-per-ok-a-febbraio-governo-non-puo-galleggiare-su-renzi-premier-non-sfida-nessuno-vaccino-escludo-obbligo/6051183/

mercoledì 30 dicembre 2020

Carlassare: “La Carta tutela la vita, il vaccino può essere obbligatorio per legge”. - Silvia Truzzi

 

Covid-19 - La pandemia tra diritti e doveri.

Di cosa parliamo quando parliamo di vaccino? Dell’articolo 32 della Costituzione e del diritto alla salute, l’unico caso in cui un diritto viene qualificato come “fondamentale.” Lo aveva sottolineato Lorenza Carlassare, professore emerito di diritto costituzionale a Padova, che all’alba del Fatto aveva guidato i nostri lettori in una lettura ragionata della Carta. Oggi, tornando a parlare di diritto alla salute, la professoressa spiega quali sono i punti cardine da cui partire: “La salute è tutelata nella Carta come diritto fondamentale dell’individuo e come interesse della collettività”. Due sono i riferimenti costituzionali “l’individuo e la collettività: il diritto del primo può cedere, eccezionalmente, soltanto di fronte a un interesse della seconda”.

Così, non sembra esserci dubbio: il vaccino potrebbe essere obbligatorio. C’è chi però sostiene che sarebbe una violazione della libertà dell’individuo.

Il legislatore – nel limitare la libertà individuale, inviolabile secondo l’articolo 13 – si muove entro i margini ben definiti dall’articolo 32: la salute come fondamentale diritto della persona e come libertà di rifiutare ogni trattamento quando non sia in gioco l’interesse della collettività. Della possibilità di rifiutare trattamenti sanitari si è parlato a lungo a proposito del fine vita. Ma la situazione che stiamo vivendo ora riguarda chiaramente l’interesse della comunità.

Lei ha scritto che ‘la Costituzione rimette la persona al centro del sistema segnando una svolta decisa con il sistema autoritario dove è la collettività, identificata spesso con lo Stato, il valore centrale rispetto al quale il singolo è strumento’. Non vale nel caso dell’epidemia?

L’ultimo comma dell’articolo 32 dice che ‘la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona’. Trattamenti sanitari imposti, ai quali il paziente non abbia consentito, sono rigorosamente vietati. Il trattamento sanitario può essere imposto soltanto quando sia direttamente in gioco l’interesse collettivo: sicuramente legittimo è ogni intervento diretto a prevenire o fermare malattie contagiose che si risolvono in un diretto danno sociale. La vaccinazione è un esempio tipico. Non si può essere costretti a curarsi quando è in pericolo la propria vita, ma non quando la mancanza di cure mette in pericolo la vita di altri.

Il governo per ora pare orientato alla volontarietà: scelta che è stata letta da alcuni come il tentativo di non prevaricare l’arbitrio dei cittadini.

Io credo che il motivo sia pratico: non sappiamo ancora con ragionevole certezza quante dosi saranno disponibili e in quali tempi.

E cosa risponde a chi dice che il vaccino obbligatorio sarebbe un’intromissione dello Stato?

Che sbaglia, per i motivi che ho spiegato prima. La legge può imporre la vaccinazione. Solo la legge naturalmente, nessun atto diverso: la riserva di legge per la limitazione dei diritti individuali è assoluta.

Secondo il dottor Guariniello gli operatori sanitari che rifiutino il vaccino possono essere licenziati in base alla legge sulla sicurezza sul lavoro.

Secondo me medici e infermieri devono vaccinarsi, perché mettono a rischio i pazienti con cui entrano in contatto. In questi mesi abbiamo visto quel che è accaduto nelle rsa e negli ospedali. Credo basti questo. Per consentire trattamenti sanitari imposti, l’interesse della collettività dev’essere anche attuale, come accade oggi con tutta evidenza in questa epidemia mondiale.

Si parla di un possibile obbligo per i dipendenti pubblici e non per quelli del settore privato. Discriminante?

I lavoratori del pubblico, pensiamo alla sanità e alla scuola ma anche alla giustizia, entrano nella stragrande maggioranza a contatto con le persone. La Consulta l’ha spiegato bene: eguaglianza vuol dire trattare in modo uguale situazioni uguali, ma anche trattare in modo diverso situazioni diverse. Se una persona disabile ha un accompagnatore, questo non è un privilegio: il criterio che prevale nel trattare situazioni differenti è quello della ragionevolezza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/30/la-carta-tutela-la-vita-il-vaccino-puo-essere-obbligatorio-per-legge/6051047/

Cazzari a rotelle. - Marco Travaglio

 

A furia di sentirlo ripetere a reti ed edicole unificate, pensavamo che in Italia il vaccino non sarebbe arrivato per colpa di quei dementi di Conte, Speranza e Arcuri, che lo promettevano a fine 2020, mentre l’avremmo visto fra uno-due anni. Invece oggi siamo a 480mila dosi. Allora dicevano: sì, ma non avremo le siringhe per colpa di quei dementi di Speranza e Arcuri. “Il mondo fa scorta di siringhe. L’Italia rischia di restare senza aghi per il vaccino” (Stampa, 9.11). “Vaccino senza siringhe: ‘Ordini da tutta Europa, ma non dall’Italia’” (Luciano Capone, Foglio, 18.11). “Vaccino anti-Covid, Italia senza siringhe? Arcuri: ‘Non so dirglielo’. Gelo in conferenza stampa” (Libero, 19.11). Invece sono arrivate pure le siringhe. Allora si è detto: sono quelle sbagliate, costano troppo e sono introvabili. Colpa di quel demente di Arcuri che, invece di fare scorta nella farmacia sotto casa, s’è fissato – chissà con quale tornaconto – con le “luer lock”. “Arcuri paga le siringhe a peso d’oro. Le luer lock costano 14 volte di più di quelle scelte dagli altri paesi Ue” (Mario Giordano, Verità, 10.12). “Le siringhe a rotelle e altri nonsense di Napoleone Arcuri” (Christian Rocca, Linkiesta, 11.12). “‘Niente tappi alle siringhe’: un nuovo flop di Arcuri?” (Giornale, 16.12). “Vaccino: Arcuri fa il buco con le siringhe” (Nicola Porro, 19.12). E giù battutone sulle “siringhe a rotelle”. E giù puntatone di Diritto e rovescio (Del Debbio), Quarta Repubblica (Porro), Non è l’Arena (Giletti) sulle “siringhe d’oro”. E giù tweet di Calenda (“Arcuri va licenziato”), Salvini (“Mancano milioni di siringhe… Visto lo ‘storico’ di Arcuri, evitiamo di dover nominare un nuovo commissario agli aghi e alle siringhe a marzo”) e interrogazioni di Lega e Fd’I.

Ora si scopre che a raccomandare le “luer lock” è il bugiardino di Pfizer, infatti tutta l’Ue ha acquistato quelle (ma non erano introvabili?), che non costano né il doppio né 14 volte quelle normali, ma pochi cent in più. Londra invece, furba lei, ha preso le standard (“luer slip”). Ora l’Aifa ha autorizzato l’estrazione di 6 dosi anziché 5 da ogni fiala Pfizer, cioè ad avere un 20% di vaccini gratis ogni cinque già acquistati, ma solo se la siringa è la famigerata “luer lock” di quel demente di Arcuri (che evita sprechi di siero residuo e consente di recuperarli per la sesta dose). Cosa che potranno fare l’Italia e gli altri paesi Ue e non il Regno Unito (salvo che ricompri tutte le siringhe). Risultato: le fiale Pfizer acquistate dall’Italia per 26,5 milioni di italiani vaccinati in sei mesi con 5 dosi ciascuna serviranno a vaccinarne 31,8 (5,3 in più). Con un risparmio di 63 milioni di euro che, detratti gli 1,7 milioni di costi in più per le “luer lock”, fanno 61,3 milioni pubblici guadagnati. Si attendono le scuse dei cazzari a rotelle.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/30/cazzari-a-rotelle/6051046/

martedì 29 dicembre 2020

I tg deprimenti e la nostalgia della tv di Biagi. - Antonio Padellaro

 

Il Covid è pessimo ma a peggiorarlo concorrono i tg e non soltanto, come dice Massimo Cacciari a La Verità, per “il martellante bollettino di guerra che sfianca la gente e butta a terra il morale” (lui non fa certo mancare il suo contributo). Abbiamo fatto anche l’abitudine alla deprimente sfilata serale delle figurine partitiche. Quelle che in occasione della pausa natalizia ricorrono alla panchina lunga con dei tizi riconoscibili solo ai propri affetti stabili, chi afflitto da alopecia invasiva e chi intubato nella mascherina (non manca mai Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, la cui presenza resta rassicurante come il pastorello nella Grotta). Sui contenuti dei dichiaranti non ci soffermeremo se non per segnalare le due categorie che sostanziano le polemiche di giornata. “Si dimetta e si vergogni”, se “insorge l’opposizione”. “Chieda scusa e si vergogni”, se “insorge la maggioranza” (tutti i tg usano il medesimo format).

Tale scambio insurrezionale di vergogne evidenzia nel personale politico di ogni livello l’inclinazione a pontificare, senza mai azzardare uno straccio di argomento che uno. Mentre in studio si rifugge da qualsiasi valutazione nel merito, come se l’esercizio della ragion critica equivalesse ad afferrare un tizzone ardente a mani nude. O forse soltanto per pigrizia. Sono le occasioni nelle quali cresce il rimpianto per il giornalismo televisivo di Enzo Biagi, Ezio Zefferi (scomparso in questi giorni), Andrea Barbato, per citarne alcuni soltanto. Prendiamo la comica distribuzione dei regali ad uso social dell’uomo dei pacchi Matteo Salvini. Oppure la genialata vaccinale del presidente campano Vincenzo De Luca, più Crozza di Crozza ogni giorno di più. Pensate a cosa ne avrebbero ricavato di intelligente e di brillante il Fatto di Biagi, o la Cartolina di Barbato. Altro che vegetare con i “si dimetta” e con i “chieda scusa”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/29/i-tg-deprimenti-e-la-nostalgia-della-tv-di-biagi/6050006/

Verdini e le visite in carcere: da Salvini a Renzi, politici in processione a Rebibbia.

 

Se il saluto del segretario leghista al "suocero" appare scontato, meno ovvio è quello del leader di Italia Viva proprio nei giorni in cui soffiavano venti di crisi.

Sarà che spira aria di crisi di governo, ma è un fatto che tra il 23 e il 24 dicembre molti politici sono andati a trovare Denis Verdini, 69 anni, fiorentino, recluso nel carcere di Rebibbia dal 3 novembre, dopo la condanna a sei anni e sei mesi per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino. Una processione bipartisan, che va da Matteo Salvini a Matteo Renzi e Luca Lotti, passando per diversi esponenti del centrodestra.

Se, di fatto, la visita di Salvini appare piuttosto scontata, dal momento che il leader leghista è fidanzato da due anni con la figlia di Verdini, Francesca, meno ovvia invece è quella del leader di Italia viva. Che forse ha sentito il bisogno di consultarsi con il banchiere ed ex senatore proprio nei giorni in cui teneva il premier Conte con le spalle al muro sul Recovery fund minacciando la crisi. Singolare anche la visita di Luca Lotti: il deputato renziano, già ministro dello Sport, ma rimasto nel Pd (a suo tempo motivò la sua scelta di non trasferirsi nel partito di Renzi perché "il frazionismo mina la credibilità in politica") è tra i personaggi coinvolti nel caso Consip, assieme a Tiziano Renzi (padre di Matteo) e lo stesso Verdini.

A portare un saluto a Verdini, che nel frattempo si è fatto crescere una lunga barba bianca, anche molti ex compagni di centrodestra come Ignazio Larussa, Daniela Santanché, Maurizio Lupi e Renata Polverini. Ma anche il re delle cliniche romane e forzista Antonio Angelucci.

Come accennato la condanna per Verdini per la bancarotta dell'ex Credito cooperativo fiorentino è diventata definitiva il 3 novembre. lI giudici della Quinta sezione penale della Cassazione, presieduta da Paolo Antonio Bruno, hanno confermato la condanna a più di sei anni inflitta in Appello, ad eccezione di quattro mesi caduti per prescrizione. I supremi giudici non hanno accolto quindi la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione che aveva chiesto per Verdini un nuovo processo d'Appello in relazione ad alcuni capi di imputazione.

https://www.repubblica.it/politica/2020/12/28/news/verdini_e_le_visite_in_carcere_da_salvini_a_renzi_politici_in_processione_a_rebibbia-280149938/

Io credo che uno dei motivi che spingono alcuni personaggi a fare visita al condannato Verdini, sia il fatto che lui sappia tutto di loro e che, pertanto, potrebbe distruggerli politicamente e legalmente.
Verdini è la vittima sacrificale provvista di un grande potenziale, quello di tenere in pugno personaggi da lui addestrati che risiedono in parlamento e che, a loro volta, in virtù dei "consigli" ed "aiuti" ricevuti, hanno il compito di portare a termine i programmi preventivamente pattuiti, quelli, cioè, meno graditi ai cittadini in quanto imposti da chi detiene il potere economico; per cui, alla prima inadempienza del contratto, scatta la ritorsione...
E, per evitare e bloccare la ritorsione, è necessario munirsi di spiegazioni che dimostrino, senza ombra di dubbio, i motivi del ritardo dell'adempienza. 
Renzi, conscio del suo scarso seguito, lo fa pubblicamente, lapalissianamente, (della serie: lo faccio a te, ma è per farlo sapere a mia suocera) ostacolando il governo. 

Verdini, a mio parere, è l'altra faccia della politica quella che perde il suo onorevole significato di arte di governare, per cui, chi si rivolge a lui per consigli e suggerimenti, è l'esempio del politico da non supportare.
cetta.

Recovery, Renzi: “Piano di Conte giustizialista, no alla prescrizione”. Ma è l’Europa che ha chiesto più volte all’Italia di riformarla. -

 

Per attaccare il governo e provare a dividere la maggioranza il leader d'Italia viva ha tirato fuori la prescrizione, che nelle bozze del piano Next generation Ue è citata solo 4 volte visto che è in vigore dal gennaio scorso. A chiederci la riforma è stata per anni la Commissione Europea ma l'argomento è fonte di attrito tra il Pd e i 5 stelle. Come il Mes, altro argomento sul quale l'ex premier sta puntando per provare a creare crepe nell'esecutivo.

Matteo Renzi sostiene che il Recovery plan preparato dal governo di Giuseppe Conte sia un piano “impregnato di cinquestellismo giustizialista nel momento in cui si parla della prescrizione”. Un attacco a testa bassa quello del leader d’Italia viva, che al Senato ha presentato una sorta di piano alternativo preparato dal suo partito. “Noi partiamo dalla cultura: no al manettarismo di seconda mano di alcuni membri di questa coalizione”, dice il senatore di Firenze. Ma a cosa si riferisce? La bozza del Recovery cosa c’entra col “cinquestellismo giustizialista“? E perché il leader d’Italia viva parla ancora di prescrizione, che è una riforma approvata nel gennaio del 2019 ed entrata in vigore in quello successivo, quindi prima dell’esplosione della pandemia?

E infatti la prescrizione con il Recovery plan c’entra davvero poco. A chiederci di riformare l’istituto giuridico che fava evaporare processi dopo un certo periodo di tempo è da anni l’Europa. Il motivo? Sono più di uno. “Il termine della prescrizione ostacola la lotta contro la corruzione”, perché “incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati” e il risultato è che “un’alta percentuale di cause cade in prescrizione dopo la condanna di primo grado“. E quindi se “la questione non sarà affrontata, la fiducia dei cittadini e degli investitori nello Stato di diritto potrebbe diminuire”, scriveva la Commissione Europea nell’ultimo richiamo formale al nostro Paese. Era il 2017, Paolo Gentiloni sedeva a Palazzo Chigi e per l’Italia arrivava l’ultima grande bocciatura sul tema della prescrizione. L’anno dopo il primo esecutivo guidato da Conte ha iniziato a studiare una riforma che rispondesse a quanto da Bruxelles chiedevano da anni. Una legge che tra mille polemiche sarebbe poi entrata in vigore durante il secondo governo di Conte, quello dei 5 stelle e del Pd. E del quale farebbe parte lo stesso Renzi.

Il condizionale è d’obbligo visti i toni usati negli ultimi giorni dal leader d’Italia viva. Che forse non a caso ha tirato fuori la prescrizione per creare divisioni all’interno della maggioranza: si tratta infatti di una riforma che ha creato più di qualche attrito tra i 5 stelle e il Pd tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. Un po’ come il Mes, altro argomento che divide le due principali forze di governo, e sul quale Renzi ha furbamente puntato nelle ultime settimane. Lo stesso si può dire per la giustizia. La miccia che ha infiammato l’ex segretario del Pd è rappresentata da un paragrafo del piano Next generation Ue. Una parte neanche troppo estesa: solo undici di pagine (su 125) sono dedicate alla riforma della giustizia. Non c’entra niente il “manettarismo” ma invece il fatto che tutti i Recovery plan dei Paesi Ue devono rispettare i rigidi paletti fissati dalla Commissione europea. Regole necessarie per assicurare che i 750 miliardi del Next generation Eu raggiungano gli obiettivi stabiliti da Bruxelles. Ma non si tratta solo di “paletti” generali: ogni Paese è anche tenuto a proporre misure con cui “affrontare efficacemente” i punti deboli rilevati dal Consiglio nelle sue raccomandazioni specifiche pubblicate ogni anno. Per l’Italia la lista è lunga: al primo posto c’è la lentezza della giustizia, soprattutto quella civileSecondo l’ultima stima del Cepej, la commissione europea per l’efficacia della giustizia del consiglio d’Europa, in alcuni casi i processi più lenti dell’intera Unione sono quelli che si celebrano nei tribunali italiani.

E infatti nel Recovery plan di Conte la riforma della giustizia è considerata una riforma “abilitante” di sistema. “Vogliamo rimuovere i principali ostacoli che impediscono al Paese e al suo ricco tessuto imprenditoriale di crescere come sa e può fare. Questo vuol dire innanzitutto affrontare con determinazione alcune riforme essenziali: quella della giustizia civile e penale, per garantire un’effettiva tutela dei diritti e degli interessi attraverso procedimenti snelli e processi rapidi”, è il preambolo del dossier preparato dall’esecutivo. Il governo spiega che “la tempestività delle decisioni giudiziarie è elemento essenziale per le imprese, per gli investitori e per i consumatori. Nelle loro decisioni di investimento, le imprese hanno bisogno di informazioni certe sul quadro regolamentare, devono poter calcolare il rischio di essere coinvolte in contenziosi commerciali, di lavoro, tributari o in procedure d’insolvenza; devono poter prevedere tempi e contenuti delle decisioni. Ad essere svantaggiate sono soprattutto le imprese di minori dimensioni, particolarmente esposte agli effetti negativi di una giustizia inefficiente”. Vuol dire che una giustizia veloce attrae investimenti, mentre una lenta, farraginosa e che non funziona li respinge.

Nella bozza dell’esecutivo si riportano i dati di uno studio condotto da Cer-Eures: “Si evidenzia che lentezze ed inefficienze della giustizia ci costano 2,5 punti Pil, pari a circa 40 miliardi di euro. Alcuni autori ritengono che una riduzione della durata delle procedure civili del 50 per cento accrescerebbe le dimensioni medie delle imprese manifatturiere di circa il 10 per cento. Una giustizia più rapida creerebbe anche 130mila posti di lavoro in più e circa mille euro all’anno di reddito pro-capite”. Ma non solo. “Altri studi – continua sempre la bozza del Recovery – mostrano che i ritardi nei tempi di consegna dei lavori pubblici crescono laddove la giustizia è più inefficiente, a causa della riduzione del valore atteso della sanzione comminata. Una riforma efficace dei tempi e della qualità delle decisioni giudiziarie è dunque una riforma per il Paese e per il sistema economico europeo”. Insomma di “manettarismo” c’è ben poco, anzi è proprio grazie a una seria riforma giudiziaria che i lavori pubblici potranno ripartire ed essere completati nei tempi previsti.

D’altra parte quelle 11 pagine dedicate alla giustizia non sono solo un’idea di Conte ma rispondono alle raccomandazioni della Commissione Ue per il 2019-2020, che per l’ennesima volta chiedeva al nostro Paese un intervento su alcuni aspetti del nostro sistema giudiziario. A cominciare dalla “riduzione della durata dei processi civili e penali nei tre gradi di giudizio” per proseguire con la “riduzione del carico della sezione tributaria della Cassazione” la “necessità di semplificazione delle procedure“, fino alla “repressione della corruzione“. È l’Europa che chiede a Roma la riforma della giustizia come condizione fondamentale per avere i fondi del Recovery.

Fin qui si parla di riforma della giustizia e velocizzazione dei processi. Cosa c’entra dunque la prescrizione?Per presentare il piano Ciao, come Italia viva ha battezzato la sua proposta al governo, Renzi ha più volte ripetuto una frase usata come fosse uno slogan: “No alla prescrizione, sì alla cultura. Io parto dalla cultura, chi vuole partire dal giustizialismo può farlo ma io voglio partire dalla cultura possiamo discuterne”. Ma è davvero così? Per la verità nella bozza del Recovery di Conte la parola “prescrizione” compare solo quattro volte e tutte nello stesso breve periodo. Viene usata per spiegare che tra i punti a favore di una giustizia più veloce (quella che l’Europa ci chiede di realizzare coi fondi del Recovery) c’è anche quello di “massimizzare gli effetti della riforma del regime della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 (entrata in vigore, in questa parte, nel gennaio 2020) che, stabilendo il blocco del corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado o l’emissione del decreto penale di condanna, ha restituito competitività ai procedimenti speciali (patteggiamento e giudizio abbreviato)”. Cosa vuol dire? “Nel nostro sistema – prosegue il documento – la scelta di queste forme più rapide di definizione del processo era scoraggiata – soprattutto per i reati sanzionati con pene detentive meno gravi e perciò assoggettati a più brevi termini di prescrizione – dalla prospettiva concreta di fruire ‘gratuitamente’ dell’estinzione del reato per effetto della prescrizione, una prospettiva evidentemente più appetibile degli ‘sconti di pena‘ collegati alla scelta dei riti alternativi”.

Tradotto: con la scure della prescrizione sempre in agguato, per gli imputati era conveniente far durare i processi il più a lungo possibile e non fare ricorso ai riti speciali che garantiscono pene più miti in cambio di un processo più veloce. Con la riforma della prescrizione in vigore – seppur tra le polemiche – dal gennaio scorso – resta dunque da rendere più agili i procedimenti per avere un sistema funzionante, celere e che garantisce la certezza della pena. E che quindi attrae anche gli investimenti. È quello che chiedono tutte le forze politiche, spesso solo a parole. Lo fanno da anni, come da anni l’Europa ci chiedeva di riformare la prescrizione mentre continua a chiederci di velocizzare i processi. Renzi, però, pare non essersene accorto.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/28/recovery-renzi-piano-di-conte-giustizialista-no-alla-prescrizione-ma-e-leuropa-che-ha-chiesto-piu-volte-allitalia-di-riformarla/6049875/