Il problema per il neoministro all’Agricoltura Saverio Romano sono le vacche. Ottuagenarie e fantasma. Sì, perché in Italia ci sono 300 mila mucche che producono latte ma non esistono o hanno fino a 83 anni d’età, quando la vita media è di otto. Lo hanno scoperto i Carabinieri del Nac (Comando politiche agricole e alimentari): capi inventati per giustificare la produzione di latte dichiarata dal Governo all’Unione Europea. Intorno a questa inesistente mandria gli uomini dell’Arma hanno ricostruito una girandola di favori, appalti e truffe per miliardi di euro legati alla gestione delle quote latte e ora al vaglio della procura di Roma.
I Carabinieri, in un rapporto consegnato a settembre, che Il Fatto Quotidiano ha potuto leggere, descrivono “un quadro di sorprendente e diffusa mancanza di rispetto e non ottemperanza alle normative di settore che attraverso condotte omissive e dolose” ha portato “all’alterazione di un intero settore dell’economia nazionale, con ripercussioni anche a livello Comunitario”. In pratica ogni anno nel nostro Paese finiscono sul mercato 12 milioni di quintali di latte di provenienza sconosciuta ma spacciato come prodotto da mucche tricolore.
Chi sarebbe riuscito nell’intento, truffando per anni in un colpo solo Stato, Ue, produttori e consumatori? Secondo le indagini i responsabili sono, principalmente, un ente governativo (Agea) e un’agenzia ministeriale (Izs di Teramo). Uomini dello Stato. Un ruolo chiave, riferiscono i Nac, lo svolge il capo gabinetto del ministero dell’Agricoltura. Una casella occupata da Giuseppe Ambrosio. Fino a mercoledì scorso. Quando Romano ha nominato un suo uomo di fiducia:Antonello Colosimo. Un 62enne napoletano, da trenta anni nei Palazzi, consigliere della Corte dei Conti ma più noto per essere stato uno dei beneficiari delle ristrutturazioni dono dell’imprenditore Diego Anemone. Colosimo non risulta indagato nell’inchiesta sulla cricca ma nelle carte ci sono paginate di intercettazioni che rivelano il suo interessamento per gli amici.
Anche il suo predecessore è più volte finito sotto la lente degli investigatori. A partire dal 1998 è stato segnalato per reati contro la pubblica amministrazione, tra cui truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Molto vicino a Gianni Alemanno, che l’ha portato al ministero dell’Agricoltura, è finito nell’inchiesta sulla parentopoli romana del sindaco e ha una richiesta di rinvio a giudizio per reati che vanno dall’abuso d’ufficio alla concussione, per irregolarità in un concorso del 2005 per sei posti da dirigente al ministero delle Politiche agricole vinto, tra gli altri, da moglie e segretaria di Ambrosio. I Carabinieri, ricostruendo il suo curriculum, si stupiscono: “Non può essere sottaciuto quanto emerso dalla banca dati delle forze di Polizia” considerati “gli incarichi di assoluto rilievo e responsabilità” ricoperti. Del resto Agea gestisce il fiume di miliardi che dalla Ue arriva in Italia per sostenere l’agricoltura. E il capo gabinetto ha il compito di dettare la linea strategica del Sian, il sistema agricolo nazionale, braccio di Agea.
I Nac ricostruiscono il ruolo di ciascuna pedina. Partendo da una scoperta: le mucche fantasma. Agea e Izs di Teramo, istituto che gestisce l’anagrafe bovina e deve verificare la correttezza dei dati sui capi forniti dagli allevatori per il conferimento dei premi Pac (fondi europei), “si organizzano” nel “tentativo, riuscito, di addivenire a un numero di capi tale da poter giustificare il livello produttivo nazionale” dichiarato. Come? Alzando l’età massima dei bovini, portandola da 120 a 999 mesi. Fino cioè a 83 anni. Lo spostamento “consente di aumentare il numero di capi di circa 300 mila unità, pari a oltre il 20% dell’intera popolazione bovina a indirizzo lattifero”. I Carabinieri intercettano uno scambio di mail tra i due enti piuttosto eloquente. L’Agea scrive a Izs: “Vorremo togliere il limite superiore di età che attualmente è impostato a 120. Come preferisci procedere? Per farla molto semplice impostiamo il dato a 999?”. La risposta arriva pochi giorni dopo: “Non ci sono problemi”.
Ecco le mucche fantasma. Che però, producono latte. Perché il latte c’è. 110 milioni di quintali. Di cui “oltre il 10%” di provenienza sconosciuta. Ma spacciato per italiano. È latte in polvere? Da dove arriva? E come entra nel circuito nazionale? Secondo i Nac le vacche fantasma servirebbero proprio a questo: a coprire un mercato parallelo. Gli uomini dell’Arma oltre a prendere in considerazione la vita media effettiva di un bovino in lattazione decidono di verificare tutti i dati dell’anagrafe e scoprono che il numero reale è “circa la metà del numero dei capi indicati da Agea”. Per il 2008/2009, scrivono i Carabinieri, “ad Agea risultano 2.905.228 capi presenti, mentre il complessivo è pari a 1.668.156”. E concludono: “Una differenza talmente significativa che si tradurrebbe in una minore produttività di latte pari a 12 milioni di quintali”.
Un surplus fra l’altro dannoso da dichiarare perché comporta lo sforamento alla produzione concessa dalla Ue all’Italia e costringe il Governo a vedersi trattenere gli incentivi agricoli e a dover anticipare le sanzioni che poi vengono recuperate con le multe per le quote latte agli allevatori. Multe che ammontano complessivamente a 4 miliardi di euro. I Carabinieri nell’informativa ipotizzano “che alcuni soggetti – persone fisiche o giuridiche (produttore, associazione sindacale ovvero funzionari Agea) – abbiano potuto percepire indebitamentefinanziamenti comunitari”. E citano una relazione del 2003: “Sono state verificate ed appurate condotte irregolari da parte di determinati soggetti della filiera – ben individuati e individuabili – tese a conseguire illegittimi vantaggi economici sia diretti, in termini di elusione delle sanzioni connesse all’esubero rispetto alle quote assegnate, sia indiretti, in termini di evasione fiscale connessa alla mancata fatturazione”.
Relazione caduta nel vuoto. Ripescata grazie all’intervento di Luca Zaia quando, nel giugno 2009 da ministro dell’agricoltura, insedia una commissione per capire come mai l’Italia ogni anno si ritrova a dover pagare le multe per aver sforato la produzione di latte. E’ l’Agea che comunica i dati alla Ue. E per il 2009 le sanzioni non arrivano: perché non c’è nessuno sforamento. Ma gli uomini del Nac ormai sono al lavoro. E nel 2010 scoprono “una differenza produttiva media, rispetto a quella dichiarata, da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato”. Inviano l’informativa a 70 procure e 32 chiedono un supplemento di indagini. Consegnato lo scorso settembre ai magistrato. Con le 300 mila vacche che, seppur vecchie o fantasma, valgono miliardi. Della questione ora dovrà occuparsi Romano insieme al suo capo gabinetto, l’amico di Anemone, Colosimo.
I Carabinieri, in un rapporto consegnato a settembre, che Il Fatto Quotidiano ha potuto leggere, descrivono “un quadro di sorprendente e diffusa mancanza di rispetto e non ottemperanza alle normative di settore che attraverso condotte omissive e dolose” ha portato “all’alterazione di un intero settore dell’economia nazionale, con ripercussioni anche a livello Comunitario”. In pratica ogni anno nel nostro Paese finiscono sul mercato 12 milioni di quintali di latte di provenienza sconosciuta ma spacciato come prodotto da mucche tricolore.
Chi sarebbe riuscito nell’intento, truffando per anni in un colpo solo Stato, Ue, produttori e consumatori? Secondo le indagini i responsabili sono, principalmente, un ente governativo (Agea) e un’agenzia ministeriale (Izs di Teramo). Uomini dello Stato. Un ruolo chiave, riferiscono i Nac, lo svolge il capo gabinetto del ministero dell’Agricoltura. Una casella occupata da Giuseppe Ambrosio. Fino a mercoledì scorso. Quando Romano ha nominato un suo uomo di fiducia:Antonello Colosimo. Un 62enne napoletano, da trenta anni nei Palazzi, consigliere della Corte dei Conti ma più noto per essere stato uno dei beneficiari delle ristrutturazioni dono dell’imprenditore Diego Anemone. Colosimo non risulta indagato nell’inchiesta sulla cricca ma nelle carte ci sono paginate di intercettazioni che rivelano il suo interessamento per gli amici.
Anche il suo predecessore è più volte finito sotto la lente degli investigatori. A partire dal 1998 è stato segnalato per reati contro la pubblica amministrazione, tra cui truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Molto vicino a Gianni Alemanno, che l’ha portato al ministero dell’Agricoltura, è finito nell’inchiesta sulla parentopoli romana del sindaco e ha una richiesta di rinvio a giudizio per reati che vanno dall’abuso d’ufficio alla concussione, per irregolarità in un concorso del 2005 per sei posti da dirigente al ministero delle Politiche agricole vinto, tra gli altri, da moglie e segretaria di Ambrosio. I Carabinieri, ricostruendo il suo curriculum, si stupiscono: “Non può essere sottaciuto quanto emerso dalla banca dati delle forze di Polizia” considerati “gli incarichi di assoluto rilievo e responsabilità” ricoperti. Del resto Agea gestisce il fiume di miliardi che dalla Ue arriva in Italia per sostenere l’agricoltura. E il capo gabinetto ha il compito di dettare la linea strategica del Sian, il sistema agricolo nazionale, braccio di Agea.
I Nac ricostruiscono il ruolo di ciascuna pedina. Partendo da una scoperta: le mucche fantasma. Agea e Izs di Teramo, istituto che gestisce l’anagrafe bovina e deve verificare la correttezza dei dati sui capi forniti dagli allevatori per il conferimento dei premi Pac (fondi europei), “si organizzano” nel “tentativo, riuscito, di addivenire a un numero di capi tale da poter giustificare il livello produttivo nazionale” dichiarato. Come? Alzando l’età massima dei bovini, portandola da 120 a 999 mesi. Fino cioè a 83 anni. Lo spostamento “consente di aumentare il numero di capi di circa 300 mila unità, pari a oltre il 20% dell’intera popolazione bovina a indirizzo lattifero”. I Carabinieri intercettano uno scambio di mail tra i due enti piuttosto eloquente. L’Agea scrive a Izs: “Vorremo togliere il limite superiore di età che attualmente è impostato a 120. Come preferisci procedere? Per farla molto semplice impostiamo il dato a 999?”. La risposta arriva pochi giorni dopo: “Non ci sono problemi”.
Ecco le mucche fantasma. Che però, producono latte. Perché il latte c’è. 110 milioni di quintali. Di cui “oltre il 10%” di provenienza sconosciuta. Ma spacciato per italiano. È latte in polvere? Da dove arriva? E come entra nel circuito nazionale? Secondo i Nac le vacche fantasma servirebbero proprio a questo: a coprire un mercato parallelo. Gli uomini dell’Arma oltre a prendere in considerazione la vita media effettiva di un bovino in lattazione decidono di verificare tutti i dati dell’anagrafe e scoprono che il numero reale è “circa la metà del numero dei capi indicati da Agea”. Per il 2008/2009, scrivono i Carabinieri, “ad Agea risultano 2.905.228 capi presenti, mentre il complessivo è pari a 1.668.156”. E concludono: “Una differenza talmente significativa che si tradurrebbe in una minore produttività di latte pari a 12 milioni di quintali”.
Un surplus fra l’altro dannoso da dichiarare perché comporta lo sforamento alla produzione concessa dalla Ue all’Italia e costringe il Governo a vedersi trattenere gli incentivi agricoli e a dover anticipare le sanzioni che poi vengono recuperate con le multe per le quote latte agli allevatori. Multe che ammontano complessivamente a 4 miliardi di euro. I Carabinieri nell’informativa ipotizzano “che alcuni soggetti – persone fisiche o giuridiche (produttore, associazione sindacale ovvero funzionari Agea) – abbiano potuto percepire indebitamentefinanziamenti comunitari”. E citano una relazione del 2003: “Sono state verificate ed appurate condotte irregolari da parte di determinati soggetti della filiera – ben individuati e individuabili – tese a conseguire illegittimi vantaggi economici sia diretti, in termini di elusione delle sanzioni connesse all’esubero rispetto alle quote assegnate, sia indiretti, in termini di evasione fiscale connessa alla mancata fatturazione”.
Relazione caduta nel vuoto. Ripescata grazie all’intervento di Luca Zaia quando, nel giugno 2009 da ministro dell’agricoltura, insedia una commissione per capire come mai l’Italia ogni anno si ritrova a dover pagare le multe per aver sforato la produzione di latte. E’ l’Agea che comunica i dati alla Ue. E per il 2009 le sanzioni non arrivano: perché non c’è nessuno sforamento. Ma gli uomini del Nac ormai sono al lavoro. E nel 2010 scoprono “una differenza produttiva media, rispetto a quella dichiarata, da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato”. Inviano l’informativa a 70 procure e 32 chiedono un supplemento di indagini. Consegnato lo scorso settembre ai magistrato. Con le 300 mila vacche che, seppur vecchie o fantasma, valgono miliardi. Della questione ora dovrà occuparsi Romano insieme al suo capo gabinetto, l’amico di Anemone, Colosimo.
DELINQUENTI!
RispondiEliminaAlla faccia nostra...
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