Vento teso e pioggerellina gelida: così ci ha accolto Bari qualche giorno fa. Ci vuole ben altro, però, per scoraggiare chi ha intrapreso un viaggio in aereo, per scoprire le specialità del cibo di strada pugliese. Così ho trascinato mia moglie a N-ddèrr’a la lanze, vecchio porto della città, dove sotto una tettoia c’è una sfilata di banchi adibiti alla vendita di pesce freschissimo.
Damiano, vecchio amico e nostra guida, ci racconta che venire qui a mangiare pesce crudo è il rito della domenica mattina per molte famiglie baresi da molti secoli prima dell’apparizione in Italia del primo sushi bar. Pesce, ho scritto, ma per essere più preciso avrei dovuto dire soprattutto molluschi, crostacei ed echinodermi. Fra questi, le seppioline che ho fotografato e assaggiato.
Qui si chiamano allievi o meglio allìive. Anche il modo di servirtele ha un che di rituale. Il pescatore tuffa un piatto della bilancia in una tinozza piena d’acqua di mare, riempiendolo per un quarto, e poi ci adagia gli allievi nel numero che tu gli hai indicato.
Ne ho mangiati due. Sapidi e appena un po’ metallici. Per descriverne la consistenza mi viene in mente un termine dell’italiano regionale campano: callosi. Respingono la stretta dei denti con elasticità, poi cedono di botto, lacerandosi con un taglio perfetto. Danno soddisfazione a chi ama masticare.
Di solito qui si trovano anche polpi, cozze, cozze pelose, altri frutti di mare e soprattutto ricci, che insieme agli allievi fanno impazzire i baresi. Ma oggi non è domenica, fa freddo e piove, perciò pochi sono andati a pescare e meno ancora sono rimasti qui a vendere. Mi tocca tornarci in un’altra stagione.
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