lunedì 17 agosto 2015

Il cane che si morde la coda.



Hanno deciso: siamo troppi.

Intanto, in mancanza di guerre invasive create per occupare ed espandere i propri spazi vitali, si occupano gli spazi altrui per accaparrarsi le ricchezze del sottosuolo avvalendosi della scusa dell'instaurazione della democrazia ove si ritiene che sussista una dittatura. 
E a parlare di democrazia sono li stessi che ne distruggono e demoliscono il significato giornalmente, un pezzettino alla volta.

Ma il problema sussiste: restiamo sempre troppi; si potrebbe risparmiare sul consumo di prodotti alimentari se buona parte della popolazione venisse a mancare. 
Ma siamo in democrazia, così, almeno, dicono le leggi che loro stessi hanno ideato e non si può procedere istintivamente in modo cruento. Allora, che si fa? 
Si studiano altri metodi, anch'essi coercitivi, ma apparentemente non cruenti. 

Uno dei metodi ammantati di protezionismo e tutela amorevole consiste nel costringere la popolazione a fare vaccini dei quali tanto si discute: (http://www.mednat.org/vaccini/dannivacc.htm). 
Questo è un metodo ottimistico/quadripolare: 
1) si ammanta di buonismo democratico, 
2) insinua il concetto di tutela e protezione da parte di chi governa, 
3) foraggia l'industria lobbistico/farmaceutica,
4) foraggia quella parte malata della sanità pubblica che specula sulle disgrazie altrui. 

Un altro metodo molto utilizzato è quello di affamare intere popolazioni.
Qui il problema si aggrava ulteriormente, perchè sulla fame nel mondo c'è chi ci specula con la creazione di onlus che racimolano ingenti somme di denaro del quale solo il 10% viene utilizzato per lo scopo iniziale, il restante 90% viene utilizzato per foraggiare le tasche di avvoltoi senz'anima che riempiono le loro pance di prelibatezze alla faccia di chi muore di fame.

Un altro metodo è quello di spargere nell'aria sostanze dannose attraverso scie chimiche, ma questa è una delle tante teorie di pazzi "complottisti-populisti-cheagiscononell'ombra". Meglio non credergli anche se non guadagnano nulla nel rendere la popolazione partecipe, meglio credere a chi le porcate le fa e ci guadagna.

Una altro metodo efficace è quello di inquinare fiumi e territori coltivabili.
A questo provvedono la grandi industrie che, oltretutto, scaricano sul sociale le spese di ripristino dell'ambiente. A guadagnarci sono le industrie generiche che non pagano le spese di bonifica, le industrie farmaceutiche, una delle più potenti lobby esistente, e la sanità pubblica e privata che specula sulle malattie indotte dallle industrie con il beneplacito della politica asservita. 

Meglio fermarsi qui!
Non senza citare, però, un altro aspetto riprovevole dell'epoca che stiamo vivendo, quello più intimo, quello legato al tenore di vita, quello individuale: l'aumento dell'instabilità, dell'insicurezza, della coscienza di sapere che mai si potrà sperare di migliorare la propria condizione sociale, che sarà sempre più difficile accedere al sapere con l'istruzione pubblica, che diventerà impossibile curarsi.
Il metodo è quello di rendere schiava la popolazione con la carenza di lavoro, con l'instabilità, con l'austerità imposta per avviare una fantomatica ricrescita economica utilizzando il metodo opposto e imponendolo come l'unica panacea possibile ed utilizzabile. 

Anche una casalinga capirebbe che l'austerità può dar vita solo ad una decrescita... ma non abbiamo casalinghe al potere, abbiamo solo affaristi, servi di lobbisti, ammalati di protagonismo, tutta gente che non ama pensare e prodigarsi per il bene comune, ma ha scelto di prostrarsi ai potenti con la speranza di usufruire delle briciole del loro potere.

Non so se si potrà mai ripristinare una vera democrazia basata sulla logica, sulla meritocrazia, sulla giusta ed equa distribuzione dei beni disponibili, offerti ed elargiti con tanta generosità dalla terra che ci ospita. 
Chissà se sarà più possibile sentirsi parte di un mondo in cui non esistono differenze di nessun tipo, dove sia possibile vivere senza sentirsi stranieri o ospiti.

Utopia? Forse, ma la speranza che qualcosa cambi non mi abbandona.

Cetta.

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