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lunedì 15 maggio 2017

"Se muoiono 100 persone con questo filtro non va in galera nessuno". Le intercettazioni choc del luminare della Terapia del dolore Guido Fanelli. - Giacomo Talignani



Diceva: "Io procuro i malati e mi prendo il 10%". Le mazzette erano affare di famiglia. Indagati anche moglie e due figli.


Fare soldi con il dolore degli altri era un affare di famiglia. Tale da far dire a Guido Fanelli, luminare delle cure palliative e padre della legge 38, che lui portava "i malati e mi prendo il 10%". Chi soffre è roba da calcolare in percentuali, in volume d'affari, sosteneva il docente di Anestesia e Rianimazione di Parma in una intercettazione con la moglie.

Ed è proprio dalle intercettazioni dei Nas dell'operazione Pasimafi, quella che ha portato a 19 arresti fra dirigenti medici e imprenditori del settore farmaceutico, e 75 indagati, che emerge il ruolo scioccante di Fanelli, insieme a moglie e figli (tutti indagati), e il metodo di corruzione impostato con le case farmaceutiche.
Una frase, contenuta nelle oltre 500 pagine dell'ordinanza, fa capire ancora meglio come ragionava il professore: "Se muoiono 100 persone con questo filtro non va in galera nessuno...". E' datata 2015 e spiega bene come l'organizzazione considerava il ruolo della ricerca scientifica nel delicato campo delle cure palliative.
Lui stesso, che aveva messo in piedi un sistema in cui testava i farmaci su pazienti ignari, creava false relazioni o smentite per promuovere i farmaci e pilotava i convegni medici a favore delle case farmaceutiche amiche spiega come funzionava il modus operandi.
"Non è che faccio il boss, sono io e basta, comando io, ho creato un sistema" dice intercettato dai carabinieri.
"Io prendo soldi dall'uno e dall'altro in maniera uguale e paritaria, sono bravo a tenere il piede in quattro o cinque scarpe. Io ho il centro hub del dolore più grosso di Italia con 19mila interventi all'anno, ho la forza di spostare milioni di euro perchè con la forza scientifica tutti danno credito a ciò che scriviamo"
Dai nuovi dettagli delle indagini si evince che il figlio Roberto era a capo della Crag Up, società di comodo per il riciclaggio del denaro, la stessa che possedeva lo yacht Pasimafi (usato dalla famiglia per le vacanze) sul quale campeggiava il logo di una ditta farmaceutica.
La moglie di Fanelli, Fiorella Edi Nobili, era referente come dirigente medico in Lombardia mentre l'altro figlio, Andrea, avrebbe redatto lavori scientifici richiesti ad hoc dalle case farmaceutiche dall'alto del suo ruolo in una struttura medica di Bologna. Tutti i componenti della famiglia sono indagati.
"Il Pasimafi c'ha il logo della Mundipharma sulla poppa eh!" dice il professore a un altro indagato, azienda che per Fanelli ha incassato "40 milioni col farmaco Targin: sopra ci sono le mie iniziali" dice.
A Parma, dove Fanelli era molto conosciuto sia per le puntuali apparizioni televisive (dalla Rai alle radio), sia per il suo stile di vita (fatevi un giro sul suo profilo Facebook per avere un'idea) il ruolo del medico era chiacchierato da tempo. Tanto che l'Azienda ospedaliero-universitario aveva già sollecitato l'università di Parma a sospenderlo.
Pur di incassare, faceva qualsiasi cosa. "È così io procuro malati e gente per il dolore ... vengono perché ci sei tu e di mezzo ci sono io mollano il 10% e permetti non è che lo facciamo sempre per loro. Loro guadagnano i soldi e noi un cazzo..." si legge sempre nelle intercettazioni del 62enne che definiva i manager delle case farmaceutiche come "marchettari".
In un'altra, sempre parlando con la moglie, dice che "mi sono arrivati dei files bellissimi, notizie scientifiche molto interessanti (che gira su Whatsapp ad amici, ndr). Sai è il mio lavoro lo spionaggio industriale...".
Il gip di Parma, Maria Cristina Sarli, non ha dubbi su Fanelli: "Un uomo che in modo incessante e, a tratti compulsivo, agisce con tutti i mezzi a sua disposizione per realizzare i propri obiettivi".
http://www.huffingtonpost.it/2017/05/09/se-muoiono-100-persone-con-questo-filtro-non-va-in-galera-nessu_a_22077892/

L'uomo è l'essenza dell'intero universo, ha, pertanto, il potere di esprimere quanto di più bello o di più cruento possa essersi verificato nel trascorrere del tempo. In alcuni casi, come questo ad esempio, suscita disgusto, e lo suscita anche nel più incallito degli animi umani.

sabato 28 dicembre 2013

Salute & affari, le case farmaceutiche tagliano venditori. E non pagano la crisi.

Salute & affari, le case farmaceutiche tagliano venditori. E non pagano la crisi


Il settore lascia a casa la categoria dell’informatore medico. Eppure il comparto non mostra sofferenze serie, considerato il contesto generale. Anzi, chiuderà il 2013 con un trend positivo e nel breve-medio termine "nonostante tutto, reggerà". E per andare avanti, la ricetta è più che tradizionale: il mercato italiano, che vive da sempre in simbiosi con la politica, deve trovare un nuovo patto economico dentro il Parlamento.

La scenetta classica della ragazza in minigonna che attende in sala d’aspetto ormai non vale più. Idem per il collega che siede davanti al medico invitandolo al convegno di fine maggio: Costiera amalfitana o Cinque terre, programma di lavoro ridotto al minimo per gustarsi la gita in barca o il pesciolino nel piatto. Niente da fare, tutto finito e tutto molto vietato dal nuovo regolamento Farmindustria.
Le 20 aziende farmaceutiche per vendita in ItaliaVia chi non serve più
La farmaceutica oggi ha mollato la categoria dell’informatore medico. Lo conferma l’inchiesta su 23 top manager (da Pfizer ad AstraZeneca) indagati dalla procura di Milano per aver infilato in unabad company circa 1.200 venditori, gente finita presto per strada causa bancarotta: non servivano più, sono stati eliminati. “Ormai l’affare della sanità è roba per pesci enormi – spiega un informatore – Coi tagli ai finanziamenti pubblici e la fame della politica sempre più aggressiva, l’unica convenienza delle grandi case è fare lobby nelle alte sfere, spingere i prodotti nei protocolli di cura, avere l’ok degli organismi di controllo per i brevetti nuovi. Perder tempo col porta a porta non serve più, e quindi non serviamo più nemmeno noi”.
Chi resta s’adegua e fa salti mortali pur di portare a casa uno stipendio. Eppure il comparto non mostra sofferenze serie, considerato il contesto generale. “Il mercato farmaceutico chiuderà il 2013 con un trend positivo (+2,4% sul cumulato gennaio-settembre) trainato dall’andamento del comparto specialistico e ospedaliero, mentre il canale farmacia è stabile”, ha detto a Quotidianosanita.itSergio Liberatore, general manager di Ims Health Italia, società che organizza il marketing farmaceutico. E nel breve-medio termine? “Il mercato farmaceutico sarà rallentato dagli effetti della crisi economica e dal conseguente contenimento dei costi da parte delle pubbliche amministrazioni. Vanno considerati gli effetti dei possibili ripiani degli sforamenti dei budget per la spesa farmaceutica richiesti alle aziende”.
La piramide
La traduzione è semplice: il mercato, nonostante tutto, regge. E l’obiettivo primario resta la sanità pubblica, i 110 miliardi di euro che serviranno nel 2014 per tenere in piedi il sistema tra medici, farmaci e ospedali. Il problema è che il fondo non basta mai. Lo sforamento dei tetti per le varie voci di spesa è stata una costante negli ultimi decenni: sprechi gestionali e truffe maestose hanno sottratto forze cospicue, ma anche le politiche difensive della lobby farmaceutica hanno impedito di abbassare i costi.
Il monte totale dello stanziamento sanitario fissato dallo Stato viene suddiviso in una piramide di voci via via più dettagliate, dai grandi bacini nazionali (medicinali, ospedali, assistenza domiciliare), passando alle attribuzioni regionali per arrivare alle quote dei singoli prodotti di ciascuna casa autorizzata a vendere in Italia, a prezzo concordato. Cioè per la pillola X si stabilisce il prezzo di vendita e il rimborso che andrà a carico del servizio sanitario nazionale, ma anche il numero massimo di pezzi che ogni medico potrà prescrivere: quando la pillola X viene venduta oltre la quantità stabilita, il medico è sanzionato e il produttore va soggetto al payback, una sorta di mancato rimborso.
La tecnica serve a contenere la spinta commerciale, e nel 2012 ha ottenuto un buon risultato: come spiega l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco), sulla spesa farmaceutica complessiva – 25 miliardi e mezzo di euro – il tetto per le medicine ordinate in studio ha sostanzialmente retto, pur restando differenze territoriali importanti (i siciliani hanno assorbito 1.110 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti, a Bolzano 743 su 1000). Sforata brutalmente invece la spesa farmaceutica ospedaliera (fuori del 101%): vale 5 miliardi di euro contro i 20 del territoriale, ma promette bene per il futuro.
Target ospedaliero
Spiega il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani: “Finora la spesa farmaceutica territoriale ha compensato l’aumento di quella ospedaliera. Ma nel momento in cui si porta il tetto della territoriale al limite minimo di tenuta, non abbiamo più spazio per compensare quella ospedaliera. Visto che quest’ultima sale, perché i farmaci innovativi per fortuna stanno arrivando sul mercato, ma costano tanto e vanno somministrati in ospedale, questo richiederà presumibilmente che si modifichino i tetti di spesa. Basterà aumentare il tetto dell’ospedaliera e il sistema reggerà benissimo”.
Dunque, ricetta più che tradizionale: il mercato italiano, che vive da sempre in simbiosi con la politica, deve trovare un nuovo patto economico dentro il Parlamento. Soprattutto perché da qui al 2018 scadranno decine di brevetti fondamentali per la farmacologia moderna, e tutta la partita dei generici dovrà essere compensata da nuovi prodotti. Chi li produrrà? E chi li venderà in Italia, sesto mercato mondiale per il farmaco?
Usa superstar
Un’idea viene dalla classifica dei top seller nel nostro Paese. In testa c’è l’americana Pfizer, la più grande azienda farmaceutica del pianeta che in Italia fattura oltre un miliardo di euro. La squadra Usa (Pfizer e altri) totalizza 5 miliardi di fatturato, 13mila dipendenti ed esprime il presidente di Federfarma, Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Janssen Cilag (Johnson&Johnson). Una vera corazzata che difende il corpo produttivo nazionale, 26 miliardi di fatturato e 63 mila addetti, cifre che raddoppiano con l’indotto diventando il fiore tecnologico dell’industria italiana, un gioiello di qualità votato all’export (67%) e con la minaccia sempre in canna: se non si fa come conviene a noi, facciamo presto ad andarcene. Ministri, assessori, direttori sanitari e medici fin qui compiacenti hanno poco da ribattere se un mese fa è stato arrestato l’ennesimo consigliere regionale con l’accusa di aver favorito un clan camorristico per gli appalti all’Asl di Caserta; e se i titolari della più importante casa italiana, la Menarini, sono stati rinviati a giudizio lo scorso giugno per evasione fiscale, riciclaggio e corruzione. Una truffa al Servizio sanitario nazionale.