sabato 2 ottobre 2021

L’ipocrisia elevata a sistema. - Antonio Padellaro

 

Succede che i dirigenti della sezione romana dell’Unitalsi, la benemerita organizzazione che si occupa del trasporto degli ammalati a Lourdes e negli altri santuari internazionali, siano entrati in possesso di un milione 800mila euro, sottratti alla beneficenza di tante brave persone, per acquistare una villa in Sardegna e fare la bella vita. Così leggiamo sul Corriere della Sera a proposito del patteggiamento della segretaria dell’Unione, che ha ammesso il reato. Vizi privati e pubbliche virtù di chi, approfittando delle altrui infermità, è arrivato a truffare perfino la Madonnina di Lourdes. Mentre, al contrario, per la Bestia di Matteo Salvini possiamo parlare di pubbliche virtù e vizi privati. Poiché mentre, per dirne una, il Capitano (ex) si serviva della macchina schiacciasassi della propaganda leghista per sermoneggiare contro la tossicodipendenza (“La droga fa male sempre”, ironizzò dopo la condanna dei due carabinieri per l’omicidio di Stefano Cucchi), forse non si era accorto che nella stanza accanto qualcosa non andava. Infatti il problema non è la “caduta come uomo” di Morisi, bensì l’ipocrisia elevata a sistema per lucrare like e dunque voti, voti, voti per la maggior gloria del capo, e amen. Luca è un mago della Rete, ma senza la forza propulsiva di Matteo sarebbe come un computer disconnesso.

A differenza dei dirigenti Unitalsi, Salvini ha la fedina penale pulita e da bravo cittadino osserva la legge, eppure come quella coppia di galantuomini anche lui specula sulla fede del prossimo attraverso la martellante comunicazione della Bestia. Facendo credere che esista un mondo di individui (riconducibili a sinistra) tarati dalla droga, o che favoriscono l’immigrazione clandestina di massa, e dunque la sostituzione del popolo italiano con etnie di pelle scura. Un nemico a cui si opporrebbe l’armata del Bene, a difesa dell’Italia migliore: Dio, Patria e Famiglia. Quella che al posto della canne si fa di Nutella. Purtroppo, il Carroccio non è Lourdes o Medjugorje, ma è composto da esseri umani che come tutti hanno le loro qualità e possono avere le loro cadute. Se invece di denunciare la solita “giustizia a orologeria”, o frignare per la “dignità di Morisi distrutta dai media” (la nemesi della gogna che si lamenta della gogna) il leader del primo partito italiano s’interrogasse seriamente sulla catastrofe politica e morale prodotta dal bestiale metodo social dello Shitstorm (tempesta di merda sull’avversario), ne guadagneremmo tutti.

ILFQ (29.9.2021)

venerdì 1 ottobre 2021

Amaro Lucano. - Marco Travaglio

 

Se giudichiamo la sentenza Lucano col senso comune, magari paragonandola alle pene molto inferiori inflitte a grandi corrotti come Formigoni, frodatori come B., bancarottieri come Verdini, complici della mafia come Dell’Utri, per non parlare della Trattativa, possiamo tranquillamente dire che 13 anni e 2 mesi (sia pure in primo grado) sono un’enormità. Se però leggiamo il dispositivo della sentenza del Tribunale di Locri, comprendiamo che quei 13 anni e 2 mesi sono il cumulo delle pene per i singoli reati – quasi tutti molto gravi – per cui è stato condannato l’ex sindaco di Riace. Sgombriamo subito il campo dalle falsità.

1) Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: per la violazione della legge Turco-Napolitano è stato assolto, come per aver fatto carte false per far entrare illegalmente clandestini in Italia o munirli di documenti farlocchi. La sua battaglia contro le leggi sull’immigrazione – ammesso e non concesso che sia ammissibile da parte di un sindaco – non c’entra nulla. E nemmeno il “modello Riace”, cioè il meritorio ripopolamento di un comune depresso con l’integrazione dei migranti.

2) Difficile immaginare che i tre giudici del Tribunale nutrissero intenti persecutorii, come già si era detto dei pm (ora quasi rimpianti perché hanno chiesto la metà della pena poi inflitta dal Tribunale). Al netto di quelli contestati ai suoi 26 coimputati, Lucano rispondeva di 16 capi di imputazione. È stato assolto per 5, condannato per 10 (in parte alleggeriti di diversi fatti, per cui è stato pure assolto) e prescritto per uno.

3) La condanna riguarda non gli aiuti ai migranti, ma una serie impressionante di pasticci finanziari con denaro pubblico. Il primo è l’associazione a delinquere per commettere “un numero indeterminato di delitti contro la Pa, la fede pubblica e il patrimonio” e “soddisfare gli indebiti e illeciti interessi patrimoniali delle associazioni e cooperative” create e controllate da Lucano e dai suoi amici come “enti gestori dei progetti Sprar, Cas e Msna” (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati, Centri accoglienza straordinaria, Minori stranieri non accompagnati), con “indebite rendicontazioni delle presenze degli immigrati”, “derrate alimentari falsamente indicate come destinate agli immigrati ma sistematicamente utilizzate per fini privati”, “costi fittizi per spese carburante”, “numerose false fatturazioni”, nessun “controllo delle spese” né “documentazione dei costi sostenuti dalle associazioni”, “prelievi di denaro contante e assegni bancari dai conti correnti senza alcuna giustificazione”, “indebita destinazione di fondi ottenuti per fini diversi” dall’accoglienza.

L’altro – che forse spiega la discrepanza tra pena richiesta e pena inflitta – è la truffa aggravata allo Stato, cioè alla Prefettura e al Viminale (prima era “solo” abuso d’ufficio) per far versare 2,3 milioni indebiti o ingiustificati alle varie associazioni. Poi c’è un’altra truffa allo Stato da 281mila euro per una miriade di “costi fittizi o non giustificati”, “false fatture”, false annotazioni sui registri Inail di ore lavorate, “fittizi acquisti di bombole, materiale di cancelleria, mobili e schede carburante false”. Ne consegue l’accusa di falso ideologico in atto pubblico per ben 56 determine “propedeutiche al rimborso dei costi di gestione dei progetti Cas e Sprar” in cui Lucano “attestava falsamente di aver effettuato controlli sui rendiconti di spese” fantasiosi.

Un altro reato che porta alle stelle la pena è il peculato, per essersi “appropriato in modo sistematico” di “ingenti fondi ottenuti dallo Stato per l’accoglienza dei rifugiati”, “non meno di 2,4 milioni, distraendoli alle predette finalità” per l’“acquisto, arredo e ristrutturazione di tre case e un frantoio non rendicontati”, più “prelievi in contanti per 531.752 euro”, in parte usati “per il viaggio in Argentina di Lucano”, in parte per “i concerti estivi organizzati dal Comune di Riace”. Concerti che poi il sindaco “attestava falsamente” non essersi svolti “al fine di non pagare i diritti Siae”: altro falso.

L’ultimo reato grave è l’abuso per aver “affidato il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti nel comune di Riace alle cooperative sociali Ecoriace e l’Aquilone, prive dei necessari requisiti richiesti” dalla legge, “dell’iscrizione all’Albo regionale delle cooperative sociali” e “di autorizzazioni alla gestione ambientale”, senza l’ombra di una gara (la turbativa d’asta è prescritta). Infine Lucano rilasciò a Tesfahun Lemlem, sua compagna etiope, un certificato falso: “lo stato civile di nubile anziché di coniugata, a lui noto”.

Fin qui il giudizio penale di primo grado, che potrà essere rivisto in appello. Sul piano politico e morale, a parte qualche spesa privata con soldi pubblici, non si può dire che Lucano sia un corrotto o che agisse per interessi propri, anche se quel sistema di soldi allegri a pioggia drogava certamente i suoi consensi.

È possibile che agisse con le migliori intenzioni. Ma questo incommensurabile pasticcione era pur sempre un sindaco, cioè un pubblico ufficiale tenuto a rispettare e a far rispettare le regole. L’impressione è che la nobile missione del “modello Riace” gli abbia dato alla testa, convincendolo di essere al di sopra, anzi al di fuori della legge. Che si può sempre contestare e persino, per obiezione di coscienza, violare. Ma senza la fascia tricolore a tracolla. E affrontando poi le conseguenze delle proprie azioni.

ILFQ

Nero e più nero. Inchiesta Fanpage inguaia Carlo Fidanza (FdI).

 

"Lavatrici per fare il black" e battute razziste. Richiesta di dimissioni dell'europarlamentare.


“C’hai la svastica sulla schiena”, “Bravo camerata”, “l’allegra brigata nera”. Sono solo alcune delle frasi captate da una telecamera nascosta nell’inchiesta lunga tre anni, realizzata da Fanpage sulla campagna elettorale di Fratelli d’Italia. Negli incontri registrati ci sono riferimenti al nero del fascismo, ma anche al nero dei soldi. Che si possono lavare. Perché questo emerge dall’inchiesta: lavatrici per pulire finanziamenti in nero, incontri con esplicite battute razziste, fasciste e sessiste: questo lo spaccato che emerge, con il sistema dell’insider, da un giornalista sotto copertura, tra esponenti di Fdi a Milano. Il giornalista, tre anni fa, si è finto un uomo d’affari a cui interessava finanziare un gruppo politico italiano al fine di ottenere vantaggi per il proprio business e ha iniziato a frequentare un gruppo di personaggi di estrema destra a Milano.

Il capo, secondo l’inchiesta, è Roberto Jonghi Lavarini, detto il “Barone nero”, condannato a due anni per apologia del fascismo.  “Abbiamo un gruppo trasversale, diciamo esoterici, ci sono massoni...ammiratori di Hitler...più abbiamo il nostro informale servizio di sicurezza, dove ci sono ex militari”, dice, senza sapere di essere registrato. “Abbiamo contatti politici nel centro destra. Nella Lega ma anche in Forza Italia e Fratelli d’Italia”. E il riferimento del partito di Giorgia Meloni è Carlo Fidanza, europarlamentare. “Lo sento tutti i giorni”, dice Lavarini, che lo presenta al giornalista di Fanpage. Si stabilisce così un rapporto che consente all’insider di frequentare il gruppo di esponenti di Fdi durante eventi e riunioni della campagna elettorale per le elezioni comunali a Milano per la quale sostengono la candidatura al consiglio comunale dell’avvocato Chiara Valcepina “patriota tra i patrioti”, la definiscono precisando che “potremmo usare un altro termine”. Nelle registrazioni la si vede ridere mentre un uomo fa allusioni sulla fine che farebbe fare alle barche dei migranti. Ma non sono solo gli stranieri nel mirino: “Come cazzo fai a Milano a eleggere un sindaco siciliano”, il riferimento è al candidato di centrodestra, Luca Bernardo. E giù le risate. 

A questo punto dalle risate si passa ai soldi. Sia Fidanza che Valcepina chiedono finanziamenti al presunto uomo d’affari col quale sono ormai in confidenza. Lui si dimostra disponibile a fornire aiuto in cambio di sostegno a questa società. “Le modalità sono: versare nel conto corrente dedicato. Se invece voi avete l’esigenza del contrario e vi è più comodo fare del black, lei si paga il bar e col black poi coprirà altre spese”, dice Fidanza al finto imprenditore, che è deputato a queste operazioni, entra più nei dettagli: Il “barone nero” spiega di avere “una serie di lavatrici” per il finanziamento alla campagna elettorale che sostiene di avere usato più volte. La procedura è già rodata, insomma.

Durante alcune riunioni del gruppo, inoltre, con la telecamera nascosta si riprende anche altro. E c’è anche un momento in cui si prende in giro Paolo Berizzi, giornalista sotto scorta perché minacciato dai neonazisti. Mentre scattavano una foto, Fidanza invece del tipico “cheeeese”, urla il cognome del giornalista, sottoscorta perché minacciato dai neofascisti.

HuffPost.

Mimmo Lucano e la parabola del 'modello Riace'. - Alessandro Sgherri

 

Per Fortune era tra i politici più influenti. Poi l'arresto e la condanna.


Dal quarantesimo posto nella classifica 2016 dei 50 leader più influenti del mondo della rivista americana "Fortune" alla condanna a 13 anni e due mesi di reclusione. E' la parabola che ha travolto e stravolto la vita di Domenico "Mimmo" Lucano e di Riace, borgo che ha guidato come sindaco per anni facendolo diventare famoso nel mondo come modello di accoglienza e integrazione per i migranti giunti nel nostro Paese.

Una storia, quella di Lucano e di Riace, cominciata quasi per caso nel 1998, con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan a Riace Marina. Lucano e l'associazione Città Futura decisero che dovevano fare qualcosa. E così aprirono le porte delle tante case lasciate vuote da un'emigrazione che stava condannando Riace a diventare un paese fantasma, ai nuovi arrivati. Ma Lucano capì che la semplice accoglienza non era sufficiente. E così anno dopo anno "Mimmo", come tutti lo chiamano, ha orientato l'attività della sua amministrazione all'integrazione dei rifugiati e degli immigrati irregolari. Ha aperto scuole, finanziando micro attività, ha realizzato laboratori, bar, panetterie ed ha messo in piedi anche la raccolta differenziata porta a porta, che era garantita da due ragazzi extracomunitari che la trasportavano sul dorso di asini. Nasce anche una moneta speciale per aiutare gli immigrati nelle spese giornaliere in attesa dell'arrivo dei fondi europei. E nella parte storica del paese nasce quello che era il fiore all'occhiello di Riace, quel "villaggio globale" fortemente voluto da Lucano e diventato famoso nel mondo, dove l'integrazione si toccava con mano. Si calcola che in 17 anni siano passati almeno 6mila richiedenti asilo provenienti da oltre 20 Paesi del mondo. E molti di loro hanno deciso di rimanere in questo piccolo borgo arroccato sulle pendici a 7 chilometri dal mare Ionio.

Il nome di Riace comincia a circolare nel mondo non più o non solo come il luogo dove furono trovati i famosi Bronzi, ma per l'efficacia delle politiche di integrazione messe in atto dal suo sindaco. Nasce il "modello Riace". I riflettori si accendono sul borgo, Lucano viene preso ad esempio di un modo nuovo ed efficace di fare accoglienza. Non mancano, ovviamente, le voci critiche, soprattutto dall'area di centrodestra, ma Lucano va avanti per la sua strada. Che si interrompe improvvisamente la mattina del 2 ottobre 2018, quando la Guardia di finanza gli notifica un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa su richiesta della Procura di Locri proprio per la gestione del "Modello Riace". Pesanti le accuse che gli vengono contestate alle quali in tanti non credono. Il paese inizia a svuotarsi dei migranti, le botteghe artigiane tirano giù le serrande. Il turismo, che il "modello Riace" aveva incentivato, viene meno. Che la parabola di Lucano, adesso, sia orientata verso il basso lo si capisce anche alle comunali del maggio 2019, quando l'ex sindaco non riesce a farsi eleggere come consigliere comunale.

Nonostante le vicissitudini giudiziarie e politiche, la fiducia riposta da molti in Lucano non viene meno e tanti sono convinti che il processo, intanto istruito dalla Procura di Locri sulle presunte irregolarità nella gestione dei migranti a Riace, finirà con un'assoluzione. Certezze che si sono infrante alla lettura del dispositivo della sentenza che condanna l'ex sindaco ad un pena che è quasi il doppio di quella chiesta dalla Procura. Una condanna che tuttavia non convince i sostenitori di Lucano, la cui parabola, in ogni caso e in attesa del processo di appello, segna adesso il punto più basso. 

ANSA

Il leader e il vangelo secondo Luca. - Antonio Padellaro

 

Auguriamo, naturalmente, a Luca Morisi di rialzarsi quanto prima dalla “caduta come uomo” che egli ammette di avere avuto, e ciò al di là dell’indagine per cessione e detenzione di droga che lo riguarda. “Un amico che sbaglia e che può contare su di me”, ha detto Matteo Salvini, parole anche queste che esigono comprensione. Ma quando Morisi saprà riprendere il controllo della sua vita sarebbe importante conoscere una sua riflessione sullo spaventoso e inarrestabile potere di chi usa ossessivamente la Rete per colpire gli avversari, seminare l’odio e rovinare la vita al prossimo. Del resto, difficile saperne più di lui, creatore e gestore della Bestia social, il formidabile sistema di propaganda al servizio della Lega di Salvini, strumento di una strategia comunicativa che ha contribuito alla impetuosa crescita dei consensi a favore del cosiddetto Capitano (ora ex). Con una potenza di fuoco invidiata, temuta e quanto mai ustionante.

Come potrebbe testimoniare Laura Boldrini per anni simbolo dell’odiato “buonismo” di sinistra. Additata al pubblico ludibrio come sponsor dell’“invasione clandestina incontrollata” (anche se non ha mai detto nulla del genere) è stata quotidianamente messa alla gogna dal sito bestiale per aizzarle contro la micidiale armata invisibile degli odiatori. Se per storia personale e ruolo istituzionale Boldrini rappresenta l’esempio più eclatante di questo modo di fare contrasto politico, non si calcolano invece i danni della implacabile pioggia di fango (per non dire peggio) che si è abbattuta su chi individuato come nemico non sapeva difendersi. Lordandone così l’immagine pubblica, e sempre a maggior gloria del Capitano (ex).

Ecco, poiché la Bestia non può essere semplicemente liquidata come l’arma di distruzione reputazionale di una stagione (forse tramontata con la Lega di governo a guida Giorgetti), ascoltare le riflessioni di Morisi sulla violenza social, se e quando ne avesse voglia, ci aiuterebbe a difenderci meglio dai fetidi schizzi. Mentre, nelle presenti circostanze, a Luca (e al suo amico Matteo, spesso con il rosario tra le dita) non farebbe male meditare sul precetto evangelico del non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te (ma forse non farebbe abbastanza like).

ILFQ

giovedì 30 settembre 2021

Mutui a tasso zero, perché l’Italia è indietro rispetto a Francia e Germania. - Vito Lops

 

Gli italiani non stanno cogliendo appieno l’era dei tassi bassi che offre l’opportunità di utilizzare la casa per ottenere una liquidità aggiuntiva.

L’Italia è considerata un Paese «cicala» quanto a debito pubblico (160% del Pil). Se però si capovolge la prospettiva e ci si concentra sul debito privato l’immagine degli italiani cambia profondamente: diventiamo delle formichine. Con un rapporto tra indebitamento delle famiglie e reddito vicino al 60%, l’Italia è sotto della media dell’area euro che secondo gli ultimi dati elaborati dalla European mortgage federation e relativi a fine 2020 si spinge oltre il 90%, con punte oltre il 100% in Francia e Spagna.

Si arriva alla stessa conclusione analizzando lo stock di mutui, il valore dei finanziamenti in essere. In Italia è pari a 391 miliardi rispetto ai 1.136 miliardi di Francia e ai 1.666 del Regno Unito, due Paesi comparabili per popolazione. Spostandoci in Germania, anche se ha 20 milioni di abitanti in più (+25%), il confronto stride comunque dato che la terra dove la parola «debito» si confonde con la parola «colpa» (difatti «schuld» vuol dire entrambe le cose) ha uno stock di mutui quattro volte superiore.

Debito pubblico e debito privato

In sostanza gli italiani utilizzano molto meno la leva del debito privato rispetto ai vicini, magari più virtuosi (si veda la Germania e il suo 60% di debito/Pil pre-pandemico) se l’asse si sposta sulle finanze pubbliche. Ma chi sta sbagliando? Quei Paesi che sono formiche nel pubblico e cicale nel privato, oppure gli italiani, cicale in pubblico e formiche in privato? Per quanto possa sembrare controintuitivo in realtà in passato era piuttosto normale aspettarsi una relazione inversa tra debito pubblico e debito privato. Perché nel momento in cui il debito pubblico – per larga parte espresso attraverso titoli obbligazionari emessi dallo Stato – si trasforma in credito privato quando viene acquistato dai cittadini/investitori è evidente che il peso delle passività domestiche cala.

Oggi però le proporzioni stanno cambiando. La quota di BTp direttamente in mano alle famiglie è scesa drasticamente: siamo sotto il 5% rispetto al 20-30% degli anni Ottanta. Compriamo meno BTp che in passato (anche perché da tempo non offrono rendimenti accettabili) ma continuiamo a mantenere un atteggiamento guardingo quando c’è da utilizzare la leva finanziaria. Come si spiega questo atteggiamento?

Tutti i risparmi nella casa.

«Molto dipende da una vecchia mentalità, ancora radicata, che ha portato tanti ad investire tutti i risparmi nella casa. Questi risparmi poi si tramandavano con l’eredità rendendo meno necessario l’indebitamento per comprare una nuova casa – spiega Alessio Santarelli, direttore generale per la divisione broking di MutuiOnline.it -. Questa mentalità però è permeata così tanto che anche chi oggi si trova a dover acquistare una nuova casa, cerca di utilizzare il più possibile la propria liquidità e il meno possibile quella offerta dalla banca. Lo dimostra il fatto che solo il 54% delle compravendite immobiliari è oggi sostenuta da un mutuo. Inoltre – prosegue Santarelli – tra i Paesi europei siamo quelli che chiedono i mutui più bassi, con un loan to value di poco superiore al 60% a fronte di una media europea superiore all’80%».Insomma, pare che ci portiamo dietro un vecchio mindset, non più adeguato ai tempi moderni, quelli in cui i tassi sono straordinariamente bassi e i prezzi delle case, fatto 100 il valore nel 2010, valgono 78.

Educazione finanziaria, siamo dietro lo Zimbabwe.

«Oggi, abbinando il concetto di mutuo a quello di investimento, è possibile difatti stipulare un mutuo a tasso 0 – sottolinea l’esperto di MutuiOnline.it -. Ma molti non lo sanno. E questo è un problema di cultura finanziaria». Su questo fronte le statistiche sono impietose. Secondo una nota ricerca a «quattro mani» di Standard and Poor’s e Banca mondiale l’Italia si colloca al 63esimo posto nel mondo in termini di educazione finanziaria, dietro lo Zimbabwe. Se ci si sposta sui giovani studenti il quadro migliora, ma resta comunque opaco dato che l’indagine Pisa dell’Ocse su un campione di 20 Paesi europei posiziona l’Italia tra il 12esimo e il 13esimo posto. Sul lato mutui, l’educazione finanziaria «svela» che i tassi sono oggi tra i più bassi in Europa con un Taeg medio dell’1,25% (dati European mortgage federation).

Il mutuo e gli investimenti.

«Ciò vuol dire che se si guarda agli investimenti e ai mutui in modo congiunto è possibile chiedere, utilizzando la leva dell’ipoteca che permette di accedere al denaro a costi inferiori rispetto a un comune prestito, una liquidità aggiuntiva non da destinare alla casa ma agli investimenti», spiega Santarelli. «E con i frutti dell’investimento si può ridurre, fino ad abbattere, la quota interessi sul mutuo».

Insomma, date le condizioni di mercato, il mutuo potrebbe essere visto anche come un’occasione storica per accedere a costi bassissimi a una fonte di liquidità da utilizzare per gli investimenti. Se ci si focalizza solo sul debito non si riesce a compiere quel salto di mentalità su cui altri Paesi vicini, più preparati dal punto di vista finanziario, si sono elevati. «Questo non vuol dire che bisogna correre a super-indebitarsi. Tutt’altro – conclude Santarelli -. Ma allo stesso tempo conservare un atteggiamento da formiche, in questa fase storica ancora di più, è un’occasione sprecata per migliorare la qualità della vita».

ILSole24Ore

mercoledì 29 settembre 2021

Superbonus 110%, per la Cila i vecchi titoli abilitativi restano validi. - Giuseppe Latour e Fabrizio Pistolesi

 

In caso di lavori iniziati prima dell’attivazione della nuova Cila semplificata dedicata al superbonus bisogna fare attenzione alle date e alle diverse situazioni che possono presentarsi.

Nessun obbligo di ripresentare i titoli abilitativi. Anche se, in qualche caso, potrà essere conveniente farlo. Sono questi i principi da considerare, se parliamo di lavori iniziati prima dell’attivazione della nuova Cila semplificata dedicata al superbonus. Bisogna, però, fare attenzione alle date e alle diverse situazioni che possono presentarsi.

Il calendario.

Partiamo dalle date. Tutto ruota attorno al comma 13-ter dell’articolo 119 del Dl 34/2020, introdotto dal Dl 77/2021, in vigore dal primo giugno 2021: qui la Cila diventa il titolo abilitativo per tutti gli interventi che accedono al 110% e viene previsto che la decadenza del beneficio fiscale scatta, in sostanza, solo nel caso di mancata presentazione della Cila o di interventi realizzati in difformità della Cila.
Il 30 luglio il decreto viene convertito e il modello Cilas, dopo l’approvazione in Conferenza Unificata, viene pubblicato sul portale del ministero della Funzione pubblica il 4 agosto del 2021.

Quindi, a partire dal primo giugno 2021 tutti gli interventi che ricadono nel perimetro del superbonus, con la sola esclusione di quelli comportanti la demolizione e ricostruzione dell’edificio, devono essere avviati a seguito di presentazione di Cila. A partire, poi, dal 5 agosto tutti questi interventi devono essere avviati con la presentazione del nuovo modello unificato Cila superbonus o, più semplicemente, Cilas.

I lavori già iniziati.

Cambiamenti così radicali nelle procedure hanno generato qualche incertezza, sia nei professionisti che negli addetti delle pubbliche amministrazioni. Una su tutte, la perplessità per chi aveva già iniziato i lavori, con i titoli edilizi previsti al momento della consegna della pratica, su come muoversi.

Per fare ordine, dobbiamo considerare che le norme non possono essere retroattive: bisogna, quindi, guardare al calendario sintetizzato prima. Partendo dal caso di chi avesse degli interventi già in itinere finalizzati al superbonus in data antecedente al primo giugno, secondo la guida Anci del 29 luglio scorso, è possibile «sia proseguire con la procedura già in essere sia con la presentazione della Cila superbonus».

In questo secondo caso, il modello Cilas prevede che si possa indicare il titolo edilizio con cui sono stati iniziati i lavori e che si possa richiedere all’amministrazione comunale di tenere valida la documentazione progettuale già presente agli atti. Non c’è, però, un obbligo di presentazione della Cilas legato ad una possibile decadenza del beneficio fiscale, in quanto il titolo iniziale resta legittimo e valido.

Discorso simile per chi, dopo il primo giugno ma prima del 4 agosto, si sia trovato a presentare la vecchia Cila senza avere a disposizione il nuovo modello unico: potrà tranquillamente procedere con i lavori senza ulteriori incombenze.

Integrazione con la nuova Cilas.

Resta, tuttavia, la facoltà del soggetto interessato di integrare la Cilas alla precedente pratica edilizia, se eventualmente più funzionale. Il motivo è che, ripresentando la Cilas, tutti gli interventi seguiranno le norme di semplificazione introdotte nei mesi scorsi: non ci sarà, per esempio, la possibilità di perdere il bonus in caso di difformità dall’assentito. Uno scudo extra sul quale sarà opportuno fare una riflessione.

In questo caso, come evidenziato anche dall’Anci, si potrà decidere se mantenere valida la documentazione progettuale già presentata oppure beneficiare di quanto stabilito nella nota dello stesso modello che recita: «L’elaborato progettuale consiste nella mera descrizione, in forma sintetica, dell’intervento da realizzare. Se necessario per una più chiara e compiuta descrizione, il progettista potrà allegare elaborati grafici illustrativi». Una condizione che rimane pertanto facoltativa.

Gli interventi misti.

Bisogna, infine, ricordare che, per gli interventi che prevedono contemporaneamente opere soggette al superbonus 110% e altre opere non rientranti in tali benefici, occorre comunque presentare sia la Cila superbonus sia attivare il procedimento edilizio relativo alle opere non comprese, anche contemporaneamente, come ricordato nello stesso quaderno Anci. In questo modo, l’agenzia delle Entrate potrà distinguere in maniera precisa la procedura relativa al 110% da quella che riguarda altri interventi che potrebbero beneficiare di bonus edilizi diversi.

Se, poi, la realizzazione degli interventi del 110% preveda anche la richiesta di atti o autorizzazioni di enti sovraordinati, la Cila superbonus non supererà la vigente normativa in materia e, in caso di immobili assoggettati a tutela, resta ferma la necessità di acquisire prima dell’inizio lavori i relativi nulla osta da parte degli enti preposti. Succede, per esempio, per gli immobili sottoposto a vincolo paesaggistico o culturale per cui lo Sportello Unico per l’edilizia dovrà, per via telematica, acquisire i relativi pareri da parte degli enti preposti prima di poter dare inizio ai lavori.

(Illustrazione di Giorgio De Marinis)

ILSole24Ore