2012, 11 gennaio. Primo scandalo sul nuovo governo Monti: si dimette il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Malinconico per una storia – svelata dal Fatto – di vacanze all’Argentario da 20.000 euro pagate dal costruttore Piscicelli per conto della “cricca”. Qualcosa cambia, nello stile di governo. In Parlamento, invece, tutto come prima.
12 gennaio. La Camera salva dall’arresto per la seconda volta in un anno Nicola Cosentino, per cui i giudici di Napoli hanno di nuovo disposto la custodia cautelare, stavolta per riciclaggio con l’aggravante camorristica: determinanti i voti pro Cosentino dei radicali eletti nel Pd e della Lega Nord. La Corte costituzionale boccia i referendum promossi da Antonio Di Pietro, Arturo Parisi e Mario Segni per abolire il Porcellum e ripristinare il Mattarellum: le firme di 1.210.466 cittadini che speravano di tornare a scegliere i propri parlamentari finiscono nel cestino.
25 febbraio. Processo Mills a carico di Berlusconi per corruzione giudiziaria del testimone: grazie alle manovre dilatorie della difesa e dei giudici, il Tribunale di Milano salva la tregua politica delle larghe intese e dichiara la prescrizione del reato (scattata il 15 febbraio, cioè da appena dieci giorni). Le motivazioni della sentenza saranno firmate dalla sola presidente Giovanna Vitale, segno evidente del dissenso delle due giudici a latere.
2 marzo. Al vertice europeo del Ppe, Berlusconi confida ai suoi che al segretario del Pdl e suo delfino designato Angelino Alfano “manca un quid e soprattutto la storia”.
9 marzo. Anche la Cassazione salva il clima di larghe intese evitando che una sentenza possa turbare la “tregua” e annulla con rinvio a un nuovo appello la condanna di Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici ritengono provati i suoi rapporti con Cosa Nostra dai primi anni 70 al 1977 e dal 1982 al ’92, ma non nel quinquennio intermedio. Dell’Utri, fuggito a Santo Domingo alla vigilia del verdetto per paura di finire in carcere, può rientrare serenamente in Italia. Anzi, in Senato.
13 giugno. La Procura di Palermo, a fine inchiesta, deposita gli atti sulla trattativa Stato-mafia e si accinge a chiedere il rinvio a giudizio per 12 indagati. Sei per Cosa Nostra: Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca, Cinà e Massimo Ciancimino. E sei per lo Stato: gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il senatore di FI Marcello Dell’Utri e gli ex ministri Dc Calogero Mannino e Nicola Mancino. Sono tutti accusati di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, tranne Mancino che risponde “soltanto” di falsa testimonianza. Il presidente Napolitano scatena la guerra ai pm, trascinandoli addirittura dinanzi alla Consulta, perché hanno intercettato sui telefoni di Mancino diverse chiamate con l’ex ministro, con il consigliere del Colle Loris d’Ambrosio (trascritte e depositate agli atti) e alcune anche con il capo dello Stato in persona.
23 giugno. La Procura di Milano indaga il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, per corruzione: si parla di tangenti dal gruppo Maugeri (e, in seguito, dal San Raffaele).
27 settembre. Napolitano chiede “provvedimenti di clemenza”: amnistia o indulto.
24 ottobre. Berlusconi annuncia che non si ricandiderà alla presidenza del Consiglio e fissa per il 16 dicembre le elezioni primarie del centrodestra per designare il suo successore. Che, secondo il suo entourage, dovrebbe essere Alfano.
26 ottobre. Nel processo sui diritti Mediaset, il Tribunale di Milano condanna Silvio Berlusconi per frode fiscale a 4 anni di reclusione (3 coperti da indulto) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. L’intermediario-prestanome Frank Agrana è condannato a 3 anni, Fedele Confalonieri assolto. Il Cavaliere tuona: “Condanna politica, incredibile e intollerabile, da Paese barbaro e incivile”.
28 ottobre. Pessime notizie per il Cavaliere anche dalle Regionali in Sicilia: i suoi acerrimi nemici 5Stelle diventano il primo partito (14,9%), mentre il Pdl perde 20 punti racimolando soltanto il 12,9. Per effetti della legge elettorale regionale, che premia le coalizioni e le liste civetta, diventa presidente il candidato del centrosinistra Rosario Crocetta.
6 dicembre. Berlusconi fa annunciare da Alfano che si ricandida a premier per il centrodestra e che le primarie sono annullate.
7 dicembre. Berlusconi manda avanti Alfano a dichiarare “conclusa l’esperienza del governo Monti”. L’indomani Monti si dimette e Napolitano, anziché rinviarlo al Parlamento per istituzionalizzare la crisi, accetta le sue dimissioni e scioglie le Camere un mese prima della scadenza. Poi anticipa anche le elezioni comunali e regionali di primavera, per tenerle insieme a quelle parlamentari nell’Election Day del 24-25 febbraio 2013. Così avrà ben due mesi per gestire il dopo-voto prima di dover lasciare la poltrona al successore, visto che il suo mandato “scade” a metà aprile.
31 dicembre. Il Parlamento approva definitivamente il decreto anticorruzione della ministra della Giustizia Paola Severino, votato da tutti i partiti: 480 sì e 19 no alla Camera, 256 sì e 7 no al Senato. Contro la corruzione fa poco o nulla di nuovo (anzi, la norma che spacchetta la concussione, scorporandone la fattispecie per “induzione” e trasformandola nel reato minore di “induzione indebita”, finirà per favorire Berlusconi nel processo Ruby). Ma contiene una norma dirompente che dichiara decaduti dal mandato e ineleggibili per 6 anni i condannati definitivi a pene superiori ai 2 anni. È una versione light della proposta “Parlamento Pulito” lanciata al VDay del 2007 da Beppe Grillo e fatta propria dal Movimento 5 Stelle. Berlusconi, dando il via libera di FI alla legge nella speranza di arginare l’avanzata “grillina”, non sa che sarà il primo a farne le spese.
2013, 4 gennaio. Il premier dimissionario e senatore a vita Mario Monti, che aveva sempre negato di volerlo fare, presenta la sua lista di centro, “Scelta civica”, in alleanza con i finiani di Fli e l’Udc di Casini. Napolitano, che aveva pubblicamente escluso una discesa in campo del suo premier tecnico, ora lo sponsorizza. Tuoni e fulmini invece, da tutti i palazzi e i giornali, contro gli arrembanti 5Stelle. Ma anche contro il nuovo movimento di sinistra Rivoluzione Civile, fondato dall’ex pm Antonio Ingroia (che assorbe Idv, Verdi, Comunisti italiani, Rifondazione e Arancioni di De Magistris), che su pressione del Colle si vede negare l’apparentamento dal Pd di Pierluigi Bersani, alleato della sola Sel di Nichi Vendola. Complici i nuovi scandali che mandano in coma il Monte dei Paschi di Siena, è l’ennesimo suicidio del centrosinistra. Che, prima di sposare il governo Monti, era strafavorito in tutti i sondaggi.
(25 – continua)