Secondo il rapporto di 'Greco', braccio anti-corruzione dell’organizzazione paneuropea, il sistema dei controlli è inefficace. Dal 1997 al 2009 sono ben 91 le formazioni politiche che hanno presentato rendicontazioni false o incomplete. Eppure hanno ricevuto dallo Stato fino al 400% delle spese sostenute.
Controlli e sanzioni inefficienti sui bilanci irregolari dei partiti, e corruzione soggetta a tempi di prescrizione troppo brevi. Il risultato? Dal 1997 al 2009 sono ben 91 le formazioni politiche, nate e morte nel corso di quegli anni, che hanno presentato rendicontazioni false o incomplete. Eppure hanno ricevuto dallo Stato fino al 400% delle spese sostenute. La commissione Greco (Groupe d’Etats Contre la Corruptione), braccio anti-corruzione del Consiglio d’Europa in cui l’Italia è entrata solo nel 2007, ha bocciato il nostro sistema di finanziamento ai partiti. E ha richiamato l’urgenza di norme più stringenti contro il reato di corruzione a garanzia di un maggiore controllo. L’analisi effettuata si basa sui dati forniti dalla Corte dei Conti ma non riporta i nomi dei partiti sanzionati o coinvolti nei procedimenti giudiziari.
In Italia la normativa presenta “carenze “importanti”, controlli “inefficienti” e sanzioni “inefficaci”. Una situazione a cui, secondo Strasburgo, è “urgente” porre rimedio. E alla luce delle inchieste giudiziarie che hanno travolto la Lega Nord e la Margherita, anche i leader di Pd, Pdl e Udc hanno sollecitato l’introduzione di nuove norme per garantire la supervisione sui bilanci. I dati del rapporto fanno luce su un sistema complesso e opaco dal quale emerge che tra il 1994 e il 2008 i partiti politici hanno speso in totale 570 milioni di euro, ma i rimborsi ricevuti per le campagne elettorali sono stati 2,25 miliardi di euro. Perché in Italia l’erogazione dei fondi è legata al numero di voti ottenuti e non alle spese sostenute.
Nel documento elaborato dalla commissione si sottolinea che “la maggiore debolezza” del sistema sta nei controlli e anche il ruolo che i cittadini possono svolgere è “molto limitato”. Non va meglio per quello esercitato dalle autorità pubbliche, che risulta “molto frammentato, più formale che sostanziale”. Non solo: dai dati emerge che dal 1997 al 2009, sono 91 partiti politici hanno presentato rendicontazioni irregolari. Eppure “soltanto sei di loro sono stati sanzionati con la sospensione dei rimborsi elettorali di cui erano ancora beneficiari, visto che avevano comunque accumulato i fondi annuali dopo la notifica delle irregolarità”. Ragione per cui sono entrati in possesso dei fondi soltanto dopo la piena regolarizzazione dei loro bilanci. Gli altri 85 invece, “avendo ricevuto la notifica dopo la completa ricezione del denaro (ovvero la quinta e ultima tranche della legislatura) non sono stati soggetti alla sospensione”. E hanno ricevuto regolarmente i soldi pubblici che in Italia rappresentano l’82% delle risorse economiche per i partiti, a fronte del 16,5% elargito da privati l’1,5% con fondi di altra natura che provengono da eventi e attività promosse dagli stessi partiti.
Per quanto riguarda la violazione delle norme sulle dichiarazioni, “nel 2009 sono stati conclusi 4 procedimenti giudiziari e tre sono ancora pendenti. E per il finanziamento illecito nel 2009 soltanto un procedimento è stato concluso, a fronte di cinque sospesi”.
Greco analizza i dati della “Corte dei Conti che dal 1996 ha iniziato 7 procedimenti amministrativi dovute a bilanci non corretti. A seguito della presentazione della documentazione, ai 6 partiti sono stati di nuovo elargiti i fondi pubblici. Verso i partiti che invece non avevano diritto alle risorse pubbliche sono stati avviati 17 procedimenti e soltanto 9 si sono conclusi con l’effettiva applicazione della sanzione, per una multa complessiva di 51.645,70 euro. Un procedimento è stato invece intrapreso contro un partito che non aveva dichiarato la provenienza dei fondi nel rendiconto finale e si è risolto con una multa di 5.164,57 euro”.
La commissione del Consiglio d’Europa ha rilevato che “a seguito dello scandalo di Tangentopoli i partiti hanno avvertito la necessità di formulare nuove norme per garantire la trasparenza nei controlli dei bilanci” ma la normativa è ancora insufficiente. Per questo Greco suggerisce l’introduzione di regole che definiscano in primis lo “status legale” dei movimenti. Cruciale anche l’introduzione del divieto generale di donazioni provenienti da soggetti anonimi e l’abbassamento della relativa soglia, che oggi è fissata a 20mila euro per i singoli candidati e a 50mila euro per i partiti. Da pubblicare anche i bilanci delle sezioni territoriali, che devono esser consultabili in maniera trasparente e chiara. E rimodellare il sistema al fine di garantire che le sanzioni siano proporzionate alle irregolarità commesse e, soprattutto, applicate.
Nel panorama che emerge dai dati, un migliore sistema di controllo deve affiancarsi alla revisione dei tempi di prescrizione per il reato di corruzione, considerati “tropo brevi”. Un fattore determinante che mette a rischio il lavoro dei giudici. “Nonostante tutte le lacune rilevate – si legge nel documento – in Italia sono stati comunque perseguiti un numero considerevole di casi di corruzione. Questo è stato possibile grazie al lavoro proattivo dei giudici che hanno acquisito una vasta esperienza e hanno giocato un ruolo nello sviluppare la giurisprudenza in quest’area”. E Il Consiglio d’Europa guarda con “preoccupazione” alle sanzioni previste per il reato di corruzione perché, nella pratica, non si rivelano “proporzionate, dissuasive ed efficaci”.
In Italia la normativa presenta “carenze “importanti”, controlli “inefficienti” e sanzioni “inefficaci”. Una situazione a cui, secondo Strasburgo, è “urgente” porre rimedio. E alla luce delle inchieste giudiziarie che hanno travolto la Lega Nord e la Margherita, anche i leader di Pd, Pdl e Udc hanno sollecitato l’introduzione di nuove norme per garantire la supervisione sui bilanci. I dati del rapporto fanno luce su un sistema complesso e opaco dal quale emerge che tra il 1994 e il 2008 i partiti politici hanno speso in totale 570 milioni di euro, ma i rimborsi ricevuti per le campagne elettorali sono stati 2,25 miliardi di euro. Perché in Italia l’erogazione dei fondi è legata al numero di voti ottenuti e non alle spese sostenute.
Nel documento elaborato dalla commissione si sottolinea che “la maggiore debolezza” del sistema sta nei controlli e anche il ruolo che i cittadini possono svolgere è “molto limitato”. Non va meglio per quello esercitato dalle autorità pubbliche, che risulta “molto frammentato, più formale che sostanziale”. Non solo: dai dati emerge che dal 1997 al 2009, sono 91 partiti politici hanno presentato rendicontazioni irregolari. Eppure “soltanto sei di loro sono stati sanzionati con la sospensione dei rimborsi elettorali di cui erano ancora beneficiari, visto che avevano comunque accumulato i fondi annuali dopo la notifica delle irregolarità”. Ragione per cui sono entrati in possesso dei fondi soltanto dopo la piena regolarizzazione dei loro bilanci. Gli altri 85 invece, “avendo ricevuto la notifica dopo la completa ricezione del denaro (ovvero la quinta e ultima tranche della legislatura) non sono stati soggetti alla sospensione”. E hanno ricevuto regolarmente i soldi pubblici che in Italia rappresentano l’82% delle risorse economiche per i partiti, a fronte del 16,5% elargito da privati l’1,5% con fondi di altra natura che provengono da eventi e attività promosse dagli stessi partiti.
Per quanto riguarda la violazione delle norme sulle dichiarazioni, “nel 2009 sono stati conclusi 4 procedimenti giudiziari e tre sono ancora pendenti. E per il finanziamento illecito nel 2009 soltanto un procedimento è stato concluso, a fronte di cinque sospesi”.
Greco analizza i dati della “Corte dei Conti che dal 1996 ha iniziato 7 procedimenti amministrativi dovute a bilanci non corretti. A seguito della presentazione della documentazione, ai 6 partiti sono stati di nuovo elargiti i fondi pubblici. Verso i partiti che invece non avevano diritto alle risorse pubbliche sono stati avviati 17 procedimenti e soltanto 9 si sono conclusi con l’effettiva applicazione della sanzione, per una multa complessiva di 51.645,70 euro. Un procedimento è stato invece intrapreso contro un partito che non aveva dichiarato la provenienza dei fondi nel rendiconto finale e si è risolto con una multa di 5.164,57 euro”.
La commissione del Consiglio d’Europa ha rilevato che “a seguito dello scandalo di Tangentopoli i partiti hanno avvertito la necessità di formulare nuove norme per garantire la trasparenza nei controlli dei bilanci” ma la normativa è ancora insufficiente. Per questo Greco suggerisce l’introduzione di regole che definiscano in primis lo “status legale” dei movimenti. Cruciale anche l’introduzione del divieto generale di donazioni provenienti da soggetti anonimi e l’abbassamento della relativa soglia, che oggi è fissata a 20mila euro per i singoli candidati e a 50mila euro per i partiti. Da pubblicare anche i bilanci delle sezioni territoriali, che devono esser consultabili in maniera trasparente e chiara. E rimodellare il sistema al fine di garantire che le sanzioni siano proporzionate alle irregolarità commesse e, soprattutto, applicate.
Nel panorama che emerge dai dati, un migliore sistema di controllo deve affiancarsi alla revisione dei tempi di prescrizione per il reato di corruzione, considerati “tropo brevi”. Un fattore determinante che mette a rischio il lavoro dei giudici. “Nonostante tutte le lacune rilevate – si legge nel documento – in Italia sono stati comunque perseguiti un numero considerevole di casi di corruzione. Questo è stato possibile grazie al lavoro proattivo dei giudici che hanno acquisito una vasta esperienza e hanno giocato un ruolo nello sviluppare la giurisprudenza in quest’area”. E Il Consiglio d’Europa guarda con “preoccupazione” alle sanzioni previste per il reato di corruzione perché, nella pratica, non si rivelano “proporzionate, dissuasive ed efficaci”.
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