PORDENONE - Un centinaio di dipendenti da mandare a casa, magari anche l’anziano operaio con il quale era solito scambiare quattro chiacchiere o quello che aveva visto crescere in un paese dove ci si conosce tutti. Un pensiero fisso che era diventato un fardello troppo pesante da portare, soprattutto per un imprenditore "vecchio stampo" come Fermo (Firmino) Santarossa.
Ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel laghetto del grande giardino che circonda la villa di via Oderzo a Prata di Pordenone. Senza testimoni, senza lasciare un biglietto, senza disturbare nessuno. A trovare il corpo ormai senza vita è stata la moglie Graziella Bianchin, che si era addormentata col marito accanto. Dalle telecamere esterne della villa sono state registrate le immagini dell’imprenditore di 73 anni che esce di casa dal balcone della camera intorno alle 4 del mattino per dirigersi verso il laghetto, recintato con una rete alta un’ottantina di centimetri.
Il dolore che non trova parole, la telefonata ai carabinieri di Prata e la notizia che si diffonde in un batter d’occhio nel paese dove dagli anni Settanta Firmino Santarossa, assieme al fratello Mario, ha mosso i primi passi nel mondo dell’imprenditoria per poi dare vita a un colosso che dà lavoro a circa seicento persone, che con l’indotto arrivano a mille.
La morte arriva anche in fabbrica e ferma tutto: chiudono per lutto gli stabilimenti del gruppo Santarossa a Prata, Caneva e Mansuè, in provincia di Treviso che producono cucine, soggiorni, camere da letto, antine e arredamenti per navi. Un gruppo che, come tanti altri in questo momento difficile, sta accusando qualche problema. Proprio queste difficoltà da tempo preoccupavano molto Firmino.
Ma la situazione di difficoltà del gruppo Santarossa - a detta anche del sindacato -, vista la solidità della società presenta tutte le caratteristiche per essere gestita senza ripercussioni occupazionali drammatiche. Il colosso di Prata è certamente coinvolto in un rallentamento produttivo, ma la situazione è decisamente migliore rispetto a molte altre aziende del distretto mobiliero. Ma quella riorganizzazione - legata anche a una tensione finanziaria sulla filiera dei pagamenti da parte di alcuni clienti - che dovrebbe riguardare meno di un centinaio di addetti non era stata accettata dal vecchio timoniere dell’impresa.
La famiglia si è chiusa nel dolore. Da Unindustria arrivano le parole del presidente Michelangelo Agrusti: «Siamo consapevoli che la situazione dell’economia provinciale è di una gravità inaudita. È il momento di rafforzare le prospettive di rilancio e salvaguardia dei posti di lavoro».
Ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel laghetto del grande giardino che circonda la villa di via Oderzo a Prata di Pordenone. Senza testimoni, senza lasciare un biglietto, senza disturbare nessuno. A trovare il corpo ormai senza vita è stata la moglie Graziella Bianchin, che si era addormentata col marito accanto. Dalle telecamere esterne della villa sono state registrate le immagini dell’imprenditore di 73 anni che esce di casa dal balcone della camera intorno alle 4 del mattino per dirigersi verso il laghetto, recintato con una rete alta un’ottantina di centimetri.
Il dolore che non trova parole, la telefonata ai carabinieri di Prata e la notizia che si diffonde in un batter d’occhio nel paese dove dagli anni Settanta Firmino Santarossa, assieme al fratello Mario, ha mosso i primi passi nel mondo dell’imprenditoria per poi dare vita a un colosso che dà lavoro a circa seicento persone, che con l’indotto arrivano a mille.
La morte arriva anche in fabbrica e ferma tutto: chiudono per lutto gli stabilimenti del gruppo Santarossa a Prata, Caneva e Mansuè, in provincia di Treviso che producono cucine, soggiorni, camere da letto, antine e arredamenti per navi. Un gruppo che, come tanti altri in questo momento difficile, sta accusando qualche problema. Proprio queste difficoltà da tempo preoccupavano molto Firmino.
Ma la situazione di difficoltà del gruppo Santarossa - a detta anche del sindacato -, vista la solidità della società presenta tutte le caratteristiche per essere gestita senza ripercussioni occupazionali drammatiche. Il colosso di Prata è certamente coinvolto in un rallentamento produttivo, ma la situazione è decisamente migliore rispetto a molte altre aziende del distretto mobiliero. Ma quella riorganizzazione - legata anche a una tensione finanziaria sulla filiera dei pagamenti da parte di alcuni clienti - che dovrebbe riguardare meno di un centinaio di addetti non era stata accettata dal vecchio timoniere dell’impresa.
La famiglia si è chiusa nel dolore. Da Unindustria arrivano le parole del presidente Michelangelo Agrusti: «Siamo consapevoli che la situazione dell’economia provinciale è di una gravità inaudita. È il momento di rafforzare le prospettive di rilancio e salvaguardia dei posti di lavoro».
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